Card. Ballestrero: La vera contemplazione

 

"Il rapporto tra il silenzio e l'amore è un rapporto squisitamente contemplativo. "Parla Signore che il tuo servo ti ascolta". Se parlo io sta zitto Lui. E se parlo io la contemplazione va a farsi benedire, perché la contemplazione inizia quando quando io sto in ascolto di ciò che il Signore dice. A volte attraverso la parola esterna risuona la parola profonda del cuore. Mantenere il silenzio vuol dire essere disponibile a questo ascolto, vuol dire essere aperti a questo incontro col Signore dove è soprattutto Lui che illumina, è soprattutto Lui che dice, è soprattutto Lui che rende l'anima partecipe dei suoi segreti, dei suoi misteri ed è soprattutto Lui che accende di amore, di comunione profonda la nostra vita".

Anastasio Ballestrero


Il servo di Dio Anastasio Ballestrero, carmelitano scalzo, è una delle figure più belle di fine Novecento. Genovese, temperamento vivace, incontrò nel collegio Bellimbau  un sacerdote “felice di essere prete”, che per primo gli parlò del Carmelo. Fu un amore a prima vista.

Il Signore mi ha preso presto, perché ero un bel tipo! Ho capito poco, ma ho capito


che dovevo dirgli di si”.
Vestì l’abito dei Carmelitani Scalzi il 12 ottobre 1928 a Loano e prese il nome di Fr. Anastasio del SS.mo Rosario. Dal Carmelo "la casa del suo cuore"  fu  "strappato" da  Paolo VI ( dicembre 1973) quando fu nominato vescovo di Bari. Dopo essere stato eletto Provinciale dei Carmelitani Scalzi della Provincia di Genova e poi Preposito Generale, toccò alla diocesi di Genova e poi di Torino accogliere questo carmelitano scalzo che pur indossando la veste porporata non rinunciò a vivere con coerenza gli ideali dei Fondatori del Carmelo dando testimonianza di vita e di supremazia della preghiera.
Convinse Paolo VI a proclamare Teresa di Gesù dottore della Chiesa.
Nel 1979, fu nominato Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) e, nel concistoro dello stesso anno, Giovanni Paolo II lo nominò cardinale. Rimase alla guida della Chiesa di Torino fino al 1989. Lasciata la Diocesi di Torino, si stabilì a Bocca di Magra, presso il Monastero di S. Croce. 
Il Card. Anastasio Ballestrero morì il 21 giugno 1998. Il suo corpo riposa nell’Eremo del Deserto di Varazze (GE).Il 9 ottobre 2014 si è dato inizio, presso l'Arcidiocesi di Torino, all'Inchiesta diocesana sulla "vita, virtù e fama di santità".

Sotto il manto della Maestra degli spirituali

 Pubblichiamo l'omelia del Vicario Generale all'inaugurazione del corso accademico del Teresianum

Vangelo Gv 7,14-18.37-39

 In quel tempo, 14 quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e si mise a insegnare. 15 I Giudei ne erano meravigliati e dicevano: “Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?”. 16 Gesù rispose loro: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. 17 Chi vuol fare la sua volontà, riconoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso. 18 Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia. 37 Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva 38 chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. 39 Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.

Omelia

Il brano del Vangelo di Giovanni che è stato appena proclamato in questa solennità di Santa Teresa ci presenta Gesù come maestro. Nel tempio di Gerusalemme, durante la festa dei Tabernacoli, Gesù insegna e continua la sua rivelazione. Tuttavia, gli ascoltatori restano meravigliati e non lo accolgono, poiché sanno che non ha avuto una formazione regolare: “Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?”. La risposta che dà loro Gesù rimanda direttamente al Padre: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato”. Gesù, perché mandato dal Padre, ha parole di vita eterna, anzi, colui lui stesso è la verità, è la Sapienza incarnata. La sapienza che è presente in Gesù verrà trasmessa ai discepoli che credono in lui grazie allo Spirito, il grande dono offerto ai credenti dopo la glorificazione di Gesù. Lo Spirito è il maestro interiore, che continua a insegnare come ha fatto Gesù, e che diventa fonte dalla quale sgorgano “fiumi di acqua viva”. È lo Spirito della verità, che guida a tutta la verità (cfr. Gv 16,13). Gli ebrei del tempo di Gesù potevano ascoltare lui, imparare da lui. I credenti di tutti i tempi, tra i quali ci siamo anche noi, possono ascoltare lo Spirito che parla nel cuore, possono imparare da lui. Questo insegnamento evangelico ci viene proposto oggi, nel giorno in cui celebriamo santa Teresa, lei che ha voluto sapere, conoscere e imparare. Grazie alla sua ricerca personale, al suo ascolto dello Spirito, alla sua attenzione interiore all’ospite che abita nel castello della sua anima, è diventata non solo buona discepola ma addirittura maestra. Pure lei, come Gesù, “senza avere studiato”, ha insegnato, e continua a farlo.

La festa di quest’anno si situa infatti pochi giorni dopo la ricorrenza del 50º anniversario della proclamazione di Teresa come dottore della Chiesa. Lei, che non era teologa, che non era “letrada” perché non poteva esserlo nel suo tempo, ha raggiunto tuttavia una conoscenza tale del mistero di Dio da essere riconosciuta maestra degli spirituali. Teresa è stata maestra non nelle aule universitarie, ma all’interno delle sue comunità, verso le sue sorelle, ma anche verso tante persone di ogni condizione che avevano la fortuna di essere a contatto con lei. Lo era con le sue parole e con il suo 2 esempio. Già in vita lo era anche con i suoi scritti, e lo è tuttora: maestra di preghiera, di spiritualità, di vita in Dio. Su Teresa si può dire quello che Giovanni della Croce diceva ad Anna di Gesù nel dedicare a lei il Cantico Spirituale: “Infatti, se è vero che a Vostra Reverenza manca la pratica della teologia scolastica, mediante la quale si intendono le verità divine, non le manca quella della mistica, che si conosce per amore, nel quale le cose non solo si conoscono, ma insieme si gustano” (CB prol., 3). Teresa conosce per amore. Fa l’esperienza dell’amore di Dio e conosce Dio grazie al rapporto di amicizia con lui. Ma lei non dimentica mai che l’esperienza personale può essere ingannevole e per questo cerca sempre la conferma della Parola di Dio. La trova mediante i dotti, i suoi famosi “letrados”. Sappiamo che quando parla dei “letrados”, e lo fa spesso, pensa ai teologi, in particolare a quelli che conoscono bene la Scrittura (cfr. V 13,17): “la scienza è gran cosa, perché dà insegnamenti e luce a noi che poco sappiamo, sì che, giunti alle verità della sacra Scrittura, facciamo ciò che dobbiamo.” (V 13,16).

Ma è fondamentale che siano veramente istruiti: Teresa lamenta il grande danno che le hanno fatto i confessori dotti a metà (“medio letrados”, V 5,3; cfr. 5M 1,8), mentre afferma invece che un teologo sapiente mai l’ha ingannata (“buen letrado nunca me engañó”, íd.). È così fino al punto che preferisce un buon teologo che non sia spirituale a uno spirituale che non conosca davvero la Scrittura (cfr. V 13,19; 34,11). Teresa ammira e ringrazia coloro che hanno studiato con impegno e dedizione la Parola di Dio e la scienza dello spirito, e lamenta che ci siano persone che non vogliano ricorrere a loro: “Molte volte mi stupisce la fatica che ai dotti, specialmente religiosi, è costato acquistare quella scienza della quale, senz’altra fatica se non quella di farne richiesta, io posso giovarmi. E pensare che ci sono persone che non vogliono approfittarne!” (V 13,20)

Oggi ricordiamo Teresa come maestra e dottore della Chiesa nel contesto specifico dell’inaugurazione dell’anno accademico 2020-2021 nella Pontifica Facoltà Teologica e nel Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum. Questo centro di studi teologici e spirituali che porta appunto il nome della Santa, è stato creato dalla famiglia fondata di Teresa ed è affidato alla sua protezione, il che dà al Teresianum un’impronta specifica e una responsabilità particolare. Il Teresianum è chiamato proprio a formare “letrados”, teologi che siano a conoscenza della Parola di Dio e possano così illuminare e guidare tutti nelle vie dello spirito. Per questo c’è bisogno di tutti gli elementi adatti alla ricerca ed allo studio, e il Teresianum li ha: strutture, libri, spazi, risorse economiche, tempo, strumenti tecnologici e informatici (questi più necessari che mai nei nostri tempi, e ancora di più nello strano contesto dell’attuale pandemia) …

C’è bisogno poi dell’impegno personale di ognuno per usufruire al meglio di tutte queste possibilità, della fatica per acquisire la scienza della quale parlava Teresa. Tuttavia, allo stesso tempo c’è soprattutto bisogno per tutti, professori e studenti, della disposizione adeguata, della volontà di essere insegnati dallo Spirito. Ci vuole l’ascolto permanente del maestro interiore, è necessaria la docibilitas, la disponibilità allo Spirito. Direi che Teresa chiederebbe senz’altro ad un’istituzione come il Teresianum che serva a formare persone che rispondano al suo ideale di maestri di vita spirituale che siano allo stesso tempo dotti e spirituali, persone di scienza e di esperienza (cfr. 6M 8,9). E che siano, ovviamente, di vita buona (cfr. CV 3,2), cioè, servi di Dio (cfr. F 27,15), umili e virtuosi, pieni di bontà (cfr. CV 5,5) e di santità (cfr. F 17,17). Chiediamo al Signore, per intercessione di Teresa, di ricevere ed accogliere la sapienza che viene dall’alto.

P. Agustí Borrell, ocd. Vicario Generale

Solennità di Santa Teresa di Gesù, fondatrice dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi.


Oggi cerchiamo di onorare la nostra protettrice con la recita della Liturgia delle ore prevista per questa Solennità.

Ricordiamo la nostra s. Madre anche con questo brano
tratto dal libro di papa Luciani "Illustrissimi":

La Teresa mistica dei rapimenti in Dio è pure una vera Teresa. Ma è vera anche l’altra Teresa, che mi piace di più; quella vicina a noi, quale risulta dall’autobiografia e dalle lettere. È la Teresa della vita pratica; che prova le stesse difficoltà e le sa superare con destrezza; che sa sorridere, ridere e far ridere; che si muove con spigliatezza in mezzo al mondo e alle vicende più diverse e tutto ciò in grazia delle abbondanti doti naturali, ma ancora della sua costante unione con Dio”.

A che cosa si riferiva papa Luciani, Vediamo, per un esempio, la lettera scritta al suo confessore, il gesuita Pablo Hernandez, del 4 ottobre 1578 in cui Teresa di Gesù confida: Di me dicono che sono inqueta e vagabonda, e che le mie fondazioni sono state fatte senza licenza…Credo che questa prova venga tutta dall’alto. E siccome Dio vuole che soffriamo per qualche cosa, non vi è alcuno che difenda la verità e che dica una buona parola per me…”. Qui Teresa riprende alcuni temi che noi abbiamo trovato nelle opere. 

Questo ci aiuta a dire che non ha mai parlato da una cattedra, ma quello che ha preteso dalle consorelle è sempre stato quello che ha preteso da se stessa. 


E alle ore 18.30 S. Messa collegandosi qui

Verso la Solennità di S. Teresa di Gesù. Seguiamo questa grande maestra

 

Teresa inizia a capire che amare veramente Dio significa prima di ogni altra cosa accorgersi della verità del suo amore. È l’amore di Dio che ha vinto la morte nella risurrezione di Gesù. Teresa si incontra col Crocifisso risorto e nel suo corpo vede, legge con chiarezza la potenza di questo amore, capace di superare ogni resistenza e abbattere ogni ostacolo (…) 

Oggi Teresa ci ripete che Gesù Cristo è vivo, di una vita  offerta e donata a chiunque voglia accoglierla. Che cosa ci trattiene dal seguirla? Che cosa ci impedisce di fare la sua stessa esperienza? Troppe cose ci occupano, cose che non abbiamo scelto liberamente, ma da cui lasciamo che la nostra vita sia riempita. Non ci nutrono, non ci dissetano, non ci scaldano, e tuttavia non abbiamo la forza di liberarcene. Sappiamo che Teresa ha lottato a lungo per liberarsi da ciò che possedeva o, per meglio dire, da ciò che la possedeva. Non possiamo perciò pensare che per noi sia più facile che per lei, né che sia possibile giungere a una vera trasformazione di noi stessi senza la grazia di Dio, da invocare instancabilmente, e senza un serio impegno da parte nostra. Un impegno che dobbiamo esercitare in una duplice direzione: nello svuotarci di tanta zavorra, che ci rallenta e ci confonde, e nel metterci all’opera per compiere responsabilmente il lavoro che ci è stato affidato. In fondo, l’uomo è fatto in un modo tale che solo l’azione obbediente alla volontà di Dio può trasformarlo. E lo dico ben sapendo quanto sia importante che sia la volontà di Dio e non dell’uomo a dirigere, dall’interno, la nostra volontà. Che Teresa ci insegni a ritrovare la nostra libertà nel consegnarci a Colui che ci vuole effettivamente liberi!”

(P. Saverio Cannistrà, Preposito Genera
le ocd, 15 ottobre 2009)

Oggi ripetiamo co n fede:

"Santa Madre Teresa, luce nella chiesa di Cristo, 

insegnaci la via della perfezione c

he conduce all'unione eterna con Cristo".

Verso la Solennità di S. Teresa di Gesù. Noi creature nate per Dio

 "Signore, ti appartengo, per te sono nata, cosa vuoi che io faccia?"

 Non è un caso che sia proprio questa la frase di Teresa di Gesù a accompagnarci nella scoperta del carisma teresiano e nella ricerca della nostra vocazione. Oggi con S. Teresa possiamo chiedere a Gesù:  “Signore, che cosa desideri da me, cosa devo fare per vivere pienamente il mio Battesimo e la mia comunione con Te, come posso rispondere al Tuo amore?”  La prima tappa del cammino formativo del laico carmelitano è prendere coscienza dell'Amore di Dio che è alla fonte di ogni Vocazione.  La dignità dell’uomo sta nel fatto che Dio ci ha creati per amore e per amore ci ricrea, giorno per giorno, dando pienezza alla nostra vita, saziando la nostra sete d’infinito” (P. Enzo Caiffa, ocd).

 

RIFLETTIAMO:

Io sono creato per fare qualcosa per cui nessun altro è creato.

Io occupo un posto, nel mondo di Dio; un posto da nessun altro occupato.

Poco importa che io sia ricco, povero, disprezzato o stimato dagli uomini:

Dio mi conosce e mi chiama per nome, guarda nel mio cuore, conosce la mia verità

 e nonostante tutto si fida di me. Si fida tanto da affidarmi un compito che non ha affidato a nessun altro.

 

Verso la Solennità di S. Teresa di Gesù: Facciamoci "ingolosire" di Dio

Questa grande maestra, Teresa di Gesù, che ci apprestiamo a festeggiare, nacque come sappiamo in Spagna, ad Avila, il 28 marzo 1515. E’ la fondatrice dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, a cui appartengono le monache di clausura, i frati e l’ordine secolare. Canonizzata il 12 marzo 1622 fu scelta dai napoletani come compatrona.  E' stata proclamata Dottore della Chiesa, nel 1970: questo vuole dire che i suoi insegnamenti spirituali sono validi per tutta la Chiesa, per ciascuno di noi, anche se non ne segue la vocazione. Nessuno deve “considerarsi escluso dalla possibilità di percorrere il suo cammino e di ricevere grazie simili a quelle che lei ha sperimentato” (p. Saverio Cannistrà, Preposito Generale ocd) 
L’originalità e la semplicità del messaggio di Teresa fece dire a Papa Benedetto nella bellissima catechesi che le ha dedicò che questa “Santa rappresenta uno dei vertici della spiritualità cristiana di tutti i tempi”. Chi vuole praticare l'orazione, infatti, non può fare a meno di conoscere quanto ha scritto Teresa di Gesù. Siamo quindi dei privilegiati se, in questi incontri, attraverso la lettura di alcune pagine scritte da questa grande carmelitana, attraverso le pagine del Vangelo, il Rosario Meditato e le funzioni liturgiche a cui parteciperemo imparando da Teresa a essere silenziosi anche quando il sacerdote non è ancora sull’altare, oranti perché non stiamo aspettando l’inizio di uno spettacolo ma siamo piuttosto di fronte a un tabernacolo dal quale Gesù ci aspetta, è pronto ad ascoltare e ci ama. 
Insomma da Teresa d’Avila possiamo imparare a vivere un rapporto personale con il Signore. Teresa è un’innamorata del Signore, già da piccola aveva un unico desiderio: Vedere il volto di Dio e nel Libro della Vita, che è l’autobiografia, la santa manifesta il desiderio di trasmetterci questo desiderio di Dio. “La mia intenzione è d’ingolosire le anime per un bene così elevato” (Vita 18,8). 
Non c’è nessuna manifestazione soprannaturale. Tutto si svolge nel colloquio dell’anima con Dio in un clima composto e soprattutto ancorato alla nostra vita di padri, madri, figli, fratelli, amici. Abituiamoci al termine orazione. S. Teresa ci fa capire che è una cosa diversa dalla preghiera vocale abitudinaria, recitata a memoria, anche se una volta compreso che cos’è l’orazione mentale impareremo a recitare anche la preghiera vocale in modo diverso, più personale e più intimo, più “dialogato”. Ed è la stessa Teresa a scoprirne tutti i vantaggi: era ancora una giovane religiosa, uscita dal monastero dell’Incarnazione per curare una misteriosa malattia. Fermatasi nella casa di suo zio Pedro, bibliofilo, ebbe in dono un libro del francescano Francisco de Osuna: un’opera sull’orazione. Qui Teresa trovò ciò che ha sempre intuito cioè che rivolgersi a Dio non è una questione di intelligenza, di memoria ma di cuore. Il suo cuore sussultò nel leggere che "Preghiera è lasciar parlare il proprio cuore a Dio. Il cuore si slancia verso Dio, sulle ali del desiderio, sostenuto dall'amore".

E' l'invito che oggi Teresa rivolge a ciascuno di noi: prendiamo un attimo in questa giornata per parlare liberamente con Dio, di quello che non abbiamo mai osato parlare con Lui.