IL CARMELO TERESIANO RICORDA LA B. ELIA DI S. CLEMENTE

"Nel dolore mi slancio nell'infinito ove trovo il mio Dio, senza perdere neppure un instante la pace. Sento che Dio è il padrone assoluto di tutta me stessa, sento che Egli vive e dimora in me con la sua grazia, ma tutto questo nelle tenebre, togliendo al mio cuore ogni soddisfazione ... com'è dolce per l'anima amarlo nella povertà assoluta di ogni cosa"
B. Elia di San Clemente


La spiritualità di questa carmelitana scalza, nata a Bari nel 1901, entrata nel Carmelo l'8 aprile 1920 e morta il 25 dicembre 1927,è l'eco di un profondo desiderio di intimità con il Signore. Un esempio di come, figlia spirituale di Teresa d'Avila, Elia di San Clemente (al centro nella foto) abbia incarnato l'invito all'umiltà della santa madre e l'invito a non difendersi se accusata ingiustamente (la sua vita in clausura non fu facile). Nulla ha turbato la sua pace interiore, nè il dolore fisico nè le calunnie, al punto da farle scrivere nel diario spirituale: "Anima mia, offri e taci; ama e spera, immolati e nascondi la tua immolazione sotto un sorriso e sempre avanti!"
La verità patisce, ma non perisce. Credeva profondamente in questo.
Beatificata il 18 marzo 2006, Sr. Elia di San Clemente è un esempio  anche per  noi laici di come il cristiano deve affrontare le difficoltà: con coraggio e speranza, nel completo abbandono in Dio. 

IL GIOVANE RICCO...SIAMO NOI!

Meditiamo insieme le letture di oggi
                                                                 
"Prega davanti a lui e riduci gli ostacoli…"
 leggiamo al capitolo 17 del libro del Siracide. 
Ma quali sono gli ostacoli che ci separano da Dio? 
E’ questo che il Signore oggi ci chiede di verificare nella nostra vita: quali sono gli ostacoli che mi separano da Lui, che m'impediscono di seguirLo. 
Questi sono gli ostacoli da “vendere” come dice Gesù nel Vangelo di Marco .

 Marco 10,17-27:

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

 COME VIVERE OGGI QUESTA PAGINA DEL VANGELO?

Teresa di Gesù, nelle quarte Mansioni, ci propone la figura del giovane ricco per farci comprendere che dopo aver incontrato Gesù, bisogna cercare di assomigliargli, di rimuovere tutto ciò che non ci permette di seguirlo. Non basta fare un'esperienza di grazia (entrare nel Castello e cominciare a sentire i richiami di Dio che abita in noi). La ricerca a volte può cominciare con il piede sbagliato e, paradossalmente, mentre si cerca Dio per conoscerlo e conoscersi, ci concentriamo troppo su noi stessi, fieri di ciò che sappiamo fare… orgogliosi di come ci impegniamo e come abbiamo vestito l’abito del discepolo perfetto. Come se dipendesse tutto dalla nostra abilità, dalla nostra sensibilità, dalle nostre forze … come giovane ricco. Poi, quando si tratta di metterci in gioco, di buttare via le proprie sicurezze, anche quei mezzi che forse ci hanno aiutato scoprire il Signore … ci paralizziamo, torniamo indietro. Tristi, perché il nostro cuore sa che la vera Gioia è altrove.

“Se uno vive un cristianesimo molto buono,  ma che non tocca il nostro tempo, che non denuncia le ingiustizie,  che non proclama il Regno di Dio con coraggio, che non rifiuta il peccato degli uomini, che acconsente, per stare bene con certe classi, i peccati di queste classi, non sta compiendo il suo dovere, sta peccando, sta tradendo la sua missione …”
(Monsignor Oscar Romero)

 Nel Messaggio per la giornata mondiale della Gioventù del 2010, ispirato proprio a questo brano del vangelo  Benedetto XVI disse:

Nel giovane del Vangelo, possiamo scorgere una condizione molto simile a quella di ciascuno di voi. Anche voi siete ricchi di qualità, di energie, di sogni, di speranze: risorse che possedete in abbondanza! La stessa vostra età costituisce una grande ricchezza non soltanto per voi, ma anche per gli altri, per la Chiesa e per il mondo.

 Il giovane ricco chiede a Gesù: “Che cosa devo fare?”. La stagione della vita in cui siete immersi è tempo di scoperta: dei doni che Dio vi ha elargito e delle vostre responsabilità. E’, altresì, tempo di scelte fondamentali per costruire il vostro progetto di vita. E’ il momento, quindi, di interrogarvi sul senso autentico dell’esistenza e di domandarvi: “Sono soddisfatto della mia vita? C'è qualcosa che manca?”.
 Come il giovane del Vangelo, forse anche voi vivete situazioni di instabilità, di turbamento o di sofferenza, che vi portano ad aspirare ad una vita non mediocre e a chiedervi: in che consiste una vita riuscita? Che cosa devo fare? Quale potrebbe essere il mio progetto di vita? “Che cosa devo fare, affinché la mia vita abbia pieno valore e pieno senso?” 
 Non abbiate paura di affrontare queste domande! Lontano dal sopraffarvi, esse esprimono le grandi aspirazioni, che sono presenti nel vostro cuore. Pertanto, vanno ascoltate. Esse attendono risposte non superficiali, ma capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e di felicità.

Per scoprire il progetto di vita che può rendervi pienamente felici, mettetevi in ascolto di Dio, che ha un suo disegno di amore su ciascuno di voi. Con fiducia, chiedetegli: “Signore, qual è il tuo disegno di Creatore e Padre sulla mia vita? Qual è la tua volontà? Io desidero compierla”. Siate certi che vi risponderà. Non abbiate paura della sua risposta! “Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20)!

Vieni e seguimi! _  Gesù, invita il giovane ricco ad andare ben al di là della soddisfazione delle sue aspirazioni e dei suoi progetti personali, gli dice: “Vieni e seguimi!”. La vocazione cristiana scaturisce da una proposta d’amore del Signore e può realizzarsi solo grazie a una risposta d’amore: “Gesù invita i suoi discepoli al dono totale della loro vita, senza calcolo e tornaconto umano, con una fiducia senza riserve in Dio. I santi accolgono quest'invito esigente, e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto. La loro perfezione, nella logica della fede talora umanamente incomprensibile, consiste nel non mettere più al centro se stessi, ma nello scegliere di andare controcorrente vivendo secondo il Vangelo” (Benedetto XVI, Omelia in occasione delle Canonizzazioni: L’Osservatore Romano, 12-13 ottobre 2009, p. 6).

 Sull’esempio di tanti discepoli di Cristo, anche voi, cari amici, accogliete con gioia l’invito alla sequela, per vivere intensamente e con frutto in questo mondo. Con il Battesimo, infatti, egli chiama ciascuno a seguirlo con azioni concrete, ad amarlo sopra ogni cosa e a servirlo nei fratelli. Il giovane ricco, purtroppo, non accolse l’invito di Gesù e se ne andò rattristato. Non aveva trovato il coraggio di distaccarsi dai beni materiali per trovare il bene più grande proposto da Gesù.

   La tristezza del giovane ricco del Vangelo è quella che nasce nel cuore di ciascuno quando non si ha il coraggio di seguire Cristo, di compiere la scelta giusta. Ma non è mai troppo tardi per rispondergli!
   Gesù non si stanca mai di volgere il suo sguardo di amore e chiamare ad essere suoi discepoli, ma Egli propone ad alcuni una scelta più radicale. In quest'Anno Sacerdotale, vorrei esortare i giovani e i ragazzi ad essere attenti se il Signore invita ad un dono più grande, nella via del Sacerdozio ministeriale, e a rendersi disponibili ad accogliere con generosità ed entusiasmo questo segno di speciale predilezione, intraprendendo con un sacerdote, con il direttore spirituale il necessario cammino di discernimento. Non abbiate paura, poi, cari giovani e care giovani, se il Signore vi chiama alla vita religiosa, monastica, missionaria o di speciale consacrazione: Egli sa donare gioia profonda a chi risponde con coraggio!
 Invito, inoltre, quanti sentono la vocazione al matrimonio ad accoglierla con fede, impegnandosi a porre basi solide per vivere un amore grande, fedele e aperto al dono della vita, che è ricchezza e grazia per la società e per la Chiesa.

Orientati verso la vita eterna. _  “Che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Questa domanda del giovane del Vangelo appare lontana dalle preoccupazioni di molti giovani contemporanei, poiché, come osservava il mio Predecessore, “non siamo noi la generazione, alla quale il mondo e il progresso temporale riempiono completamente l'orizzonte dell'esistenza?” (Lettera ai giovani, n. 5). Ma la domanda sulla “vita eterna” affiora in particolari momenti dolorosi dell’esistenza, quando subiamo la perdita di una persona vicina o quando viviamo l’esperienza dell’insuccesso.
    Ma cos’è la “vita eterna” cui si riferisce il giovane ricco? Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: “Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall'amore divino per sempre.
    Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant’Agostino: “Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù” (Commento al Vangelo di San Giovanni, Omelia 35, 9). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all'età di 24 anni, diceva: “Voglio vivere e non vivacchiare!” e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva: “Verso l’alto”, alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna.
 (Benedetto XVI)
E noi, figli e figlie di quella Teresa che ci sta accompagnando nella nostra ricerca di incontrare Dio nel nostro peregrinare in questi tempi, vogliamo orientarci verso la vera Gioia, la Gioia piena?


Una santa da imitare

"Benedetto Dio che ci ha dato di vedere una santa che tutti possiamo imitare: mangia , dorme e parla come noi e vive senza tante cerimonie", fu questo il commento delle monache francescane  "reales" di Madrid che accolsero per qualche tempo la santa Madre. Questo monastero delle Francescane scalze clasisse era proprio nel cuore di Madrid ed era stato fondato nell'antico palazzo in cui risiedette Carlo V e la regina  Isabella, dalla loro figlia minore, Juana, nel 1557.
Qui Teresa alloggia nel periodo in cui cerca risposte ai propri interrogativi sulla povertà nei monasteri che andava fondando secondo la riforma (1562) 

Chi ama Dio ama ogni sua creatura

«Non dovremmo dar per scontata la natura, come se non avesse nulla da dirci. Noi possiamo trovare una grande gioia nella natura, ma dobbiamo anche permettere al nostro intelletto, dopo averlo posto in ascolto, di parlarci a sua volta».

B. Tito Brandsma (carmelitano olandese,  ucciso nel campo di concentramento a Dachau) tenne nel 1936  una conferenza  in cui affermò che se ama Dio, l’uomo deve necessariamente amare anche ciò che Dio ama, anche la natura e le sue creature. L’amore verso gli animali rende più facili anche i rapporti con gli esseri umani.
Anche Teresa di Gesù nel Castello interiore scrive: «Sono persuasa che la più piccola delle creature di Dio rinchiuda in sè più meraviglie di quanti i nostri spiriti non riescano a concepire».


Di recente è stato pubblicato dalla casa  Graphe .it edizioni un  piccolo testo che ripropone l'argomento  che Brandsma tratto in quella conferenza fatto sei anni prima di morire a Dachau: "Per vivere senza crudeltà sugli animali".



SCENDI NEI NOSTRI CUORI E AIUTACI A CAMMINARE


Dal Libro della Vita, 38 9-12

Una vigilia della Pentecoste, dopo la Messa, me ne andai in un luogo molto appartato, dove spesso mi ritiravo a pregare e mi misi a leggere nel Cartusiano ciò che riguardava questa festa. Leggendo i segni dai quali gli incipienti, i proficienti e i perfetti possono capire se lo Spirito santo è in loro, considerati questi tre stati, mi parve – a quanto potevo giudicare – che, per la bontà di Dio, tale spirito fosse anche in me. Ne ringraziai il Signore e mi ricordai di aver letto lo stesso passo altre volte, quando ero del tutto priva di quei segni: ciò mi appariva così chiaramente come ora vedevo l’opposto in me; pertanto, riconobbi l’importanza della grazia concessami dal Signore e, considerando il luogo che mi ero meritata nell’inferno per i miei peccati, rendevo grandi lodi a Dio per il cambiamento operatosi nella mia anima, tale che mi sembrava di non riconoscermi. Mentre facevo queste considerazioni fui presa da un gran rapimento, senza che ne capissi il motivo; pareva che l’anima volesse uscirsene dal corpo, incapace di contenersi in sé e di attendere oltre un tanto bene. Era un trasporto così impetuoso e, a mio giudizio, così diverso da quello avuto altre volte, che non potevo dominarmi. Non capivo cosa avesse né cosa volesse la mia anima per essere così turbata. Cercai un appoggio, non potendo reggermi neppure seduta perché mi veniva meno ogni forza fisica.
In questo stato, vidi sulla mia testa una colomba molto diversa dalle nostre perché non aveva penne, come queste, e le sue ali erano fatte di piccole conchiglie che emanavano un grande splendore. Era più grande delle solite colombe e mi pareva di udirne il frullo delle ali. Avrà volato per lo spazio di un’Ave Maria, ma l’anima nello stato in cui era, fuori di se stessa, la perse di vista; il mio spirito, in compagnia di un così gradito ospite, si rasserenò, mentre, a mio parere, una grazia così sublime avrebbe dovuto turbarlo e sbigottirlo; ma appena cominciai a godere di quell’apparizione, scomparve ogni timore, venne, col godimento, la pace, e io rimasi in estasi.
 La gioia di questo rapimento fu grandissima. Passai la maggior parte di quella festa così sbalordita e istupidita, da non sapere che cosa facessi né come avessi potuto essere oggetto di un favore e di una grazia così eccelsi. Dalla grande gioia mi pareva di non udire né vedere nulla. Mi accorsi di aver fatto, da quel giorno, un enorme progresso per un più elevato amor di Dio e per l’aumento di forza nelle virtù. Sia egli benedetto e lodato per sempre! Amen.
 Un’altra volta vidi la stessa colomba sulla testa di un padre dell’Ordine di san Domenico, salvo che mi sembrò che i raggi e lo stesso splendore delle ali si estendessero molto di più; intesi con ciò che egli avrebbe condotto molte anime a Dio.

Teresa di Gesù

Sposa dello Spirito Santo


Tu, dolce Spirito, che crei ogni bene,
tu, pace della mia anima, luce e forza,
onnipotenza dell’amore eterno,
mostrati a me in forma visibile.

Là presso il Giordano il Figlio dell’uomo si mostrò,
chinò il suo divino capo in profonda umiltà;
allora venisti tu, sovrabbondanza di ogni purezza,
sotto l’aspetto luminoso di una leggera colomba.

Tu ti creasti una fedele immagine,
purissimo fiore della creazione, divino e mite.
In un volto umano, celeste, chiaro,
diviene manifesta la pienezza della tua luce.

Dai suoi occhi irraggia brace d’amore,
e spira fresco come da acqua chiara.
Il suo sorriso è splendore della santa gioia,
si versa come balsamo nel cuore ferito.

Con mano materna ella conduce il suo bambino dolcemente,
e tuttavia forte nella tua forza,
dove camminano i suoi piedi verdeggia e fiorisce la campagna
e lo splendore del cielo rischiara la natura.

La natura gloria della pienezza di grazia
L’ha eletta al trono dell’eternità
E attraverso di lei scorre sulla terra
Ed ogni dono viene dalle sue mani.

Come sposa è unita a te indissolubilmente
O dolce Spirito, io ti ho ritrovato.
Tu mi riveli la luce della tua divinità
Che risplende chiara nel volto di Maria.

Teresa della Croce - Edith Stein

Papa Francesco cita S. Teresina


Alla Messa, concelebrata nella cappella di Santa Marta, Papa Francesco commentando il Vangelo di oggi (Giovanni 21, 20-25)ha detto, fra l'altro:  "E’ bella questa parola di Gesù, è tanto chiara, è tanto amorosa per noi. Come se dicesse: ‘Non fate fantasie, credendo che la salvezza è nella comparazione con gli altri o nelle chiacchiere. La salvezza è andare dietro di me’. Seguire Gesù! Chiediamo oggi al Signore Gesù che ci dia questa grazia di non immischiarci mai nella vita degli altri, di non diventare cristiani di buone maniere e cattive abitudini, di seguire Gesù, di andare dietro Gesù, sulla sua strada. E questo basta!”.  Durante l’omelia, Papa Francesco ha anche rammentato un episodio della vita di Santa Teresina (una santa a lui particolarmente cara) che si chiedeva perché Gesù dava tanto a uno e poco a un altro. La sorella più grande, allora, prese un ditale e un bicchiere e li riempì di acqua e poi chiese a Teresina quali dei due fosse più pieno. “Ma tutti e due sono pieni”, rispose la futura Santa. Gesù, ha detto il Papa, fa “così con noi”, “non gli interessa se tu sei grande, sei piccolo”. Gli interessa “se tu sei pieno dell’amore di Gesù”.

Ecco il breve passaggio del Manoscritto A. che possiamo leggere in Storia di un'anima della piccola carmelitana scalza di Lisieux, dottore della Chiesa per la geniale intuizione di vivere percorrendo "la piccola via":

Paolina riceveva tutte le mie confidenze intime, e gettava luce su tutti i miei dubbi. Una volta mi meravigliavo che il Signore non dia gloria uguale in Cielo a tutti gli eletti, e temevo che non tutti fossero felici; allora Paolina mi disse di andare a prendere il bicchiere grande di Papà e di metterlo accanto al mio piccolissimo ditale, poi di riempirli di acqua tutti due; e mi domandò: «Quale è più pieno?». Le risposi che erano pieni tutti e due, e che non si poteva mettere più acqua di quanta ne potevano contenere. La mia cara Madre mi fece capire così che il buon Dio dà in Cielo ai suoi eletti tanta gloria quanta possono riceverne, e che l'ultimo non avrà niente da invidiare al primo. In tal modo, mettendo alla mia portata le verità più sublimi, lei, Madre, sapeva dare all'anima mia il nutrimento che le occorreva.


La Madre mite che S. Simone Stock tanto amava

La devozione allo scapolare della madonna del Carmelo si lega alla figura che oggi l'Ordine ricorda, S. Simone Stock, al quale la Vergine donò questa parte dell'abito monastico.

Si trova traccia di questo indumento già nella regola di San Benedetto: era indossato durante il lavoro per proteggere l'abito monastico, ma nel Carmelo i religiosi e le religiose lo hanno indossato come parte fondamentale dell'abito. 

Inglese, formatosi in Palestina, proprio dov'era nata la spiritualità carmelitana, nel 1245 Simone Stock fu eletto Priore Generale, carica che ricoprì per circa 20 anni. Fu artefice della migrazione in Europa dei carmelitani, costretti a lasciare il monte Carmelo e della prima mitigazione della Regola, per far sì che i fratelli della Beata Vergine del Monte Carmelo potessero adattarsi a vivere in Occidente e affinché potessero essere fondati i primi conventi in Inghilterra, in Germania, in Francia, nella penisola iberica e in Italia. Dopo un iniziale periodo di felice diffusione della spiritualità carmelitana, cominciò una lunga fase di conflitti e tribolazioni. Padre Simone Stock molto devoto alla santa Vergine, affidò alla protezione della Vergine tutto l'Ordine, pregandola del dono di qualche privilegio e compose per lei la sequenza che ancor oggi intoniamo e consideriamo l'inno ufficiale dell'Ordine: il Flos Carmeli. 
Si racconta allora in un Santorale dell'Ordine di una speciale visione avuta da Stock dopo questa richiesta: la Vergine, contornata di angeli, si china verso di lui per vestirlo con lo scapolare: "Questo sarà per te e per tutti i carmelitani il grande privilegio, che chiunque morirà con questo non patirà il fuoco eterno, ma sarà salvo". Approfondiremo questo aspetto nei post di luglio, quando con la festa della Beata Vergine del Monte Carmelo, sarà il caso di affrontare il tema della devozione allo Scapolare e alla esigenza di indossarlo come segno di appartenenza alla famiglia carmelitana.
Oggi, invece, vorremmo richiamare l'attenzione sulle dolcissime parole con cui Simone Stock pregava la Vergine, definendola  "fiore del Carmelo",  "vite fiorente", "Stella del mare" e soprattutto "Madre mite". Questa è l'immagine di Maria che, agli inizi del suo cammino nel Carmelo, ha la nostra santa Madre Teresa. E in queste parole, noi dobbiamo trovare il senso del nostro sentirci parte di questa famiglia che si è consacrata alla Vergine Maria. E' lei, la forte armatura dei combattenti, con la sua granitica fiducia nel Signore. E' lei il giglio che cresce fra le spine, la purezza che il male non riesce a ferire. In lei la gioia della fede, il senso di protezione. Maria è nostra madre; è lei che c'insegna il senso della maternità, dell'aver cura dell'altro. Ecco il senso della nostra consacrazione alla Vergine, dell'indossare l'abito o l'abitino (lo scapolare): sforzarci di vivere come ha vissuto lei la gioia di abbandonarsi alla volontà di Dio

Fior del Carmelo, vite fiorita,

splendore del cielo,
tu solamente sei vergine e madre.

Madre mite, pura nel cuore,
ai figli tuoi sii propizia,
stella del mare.

Ceppo di Jesse, che produce il fiore,
a noi concedi di rimanere
con te per sempre.

Giglio cresciuto tra alte spine,
conserva pure le menti fragili
e dona aiuto.

Forte armatura dei combattenti,
la guerra infuria, poni a difesa
lo scapolare.

Nell’incertezza dacci consiglio,
nella sventura, dal cielo impetra
consolazione.

Madre e Signora del tuo Carmelo,
di quella gioia che ti rapisce
sazia i cuori.

O chiave e porta del Paradiso,
fa’ che giungiamo dove di gloria
sei coronata. Amen.





IMPARIAMO A CONOSCERE TERESA DI GESÙ

Giornate di studio con p. Arturo Beltràn 

Stiamo trasferendo nella nostra pagina "Per conoscerla meglio" il contributo che ci ha offerto alla conoscenza della nostra santa Madre, il ciclo di conferenze di padre Arturo Beltràn, carmelitano scalzo, licenziato in Storia Ecclesiastica già prof. inviato di Archeologia Cristiana e Bibliotecario del Teresianum.

Come scriveva Teresa di Gesù?


Un cassone di legno come scrivania, in un angolo della sua cella. Inginocchiata lì, con la sua penna d'oca a vergare velocemente il foglio, scrivendo senza punteggiatura, Teresa di Gesù, riformatrice del Carmelo, scrive l'opera sua più importante: Il Castello Interiore. 



Padre Aniano Alvarez, che all' illustrazione del Castello Interiore ha dedicato due giornate di studio nel Centro di Spiritualità di Maddaloni, ha raccontato che  una monaca aveva confidato di aver osservato la santa madre, mentre scriveva: Era come assorta e il suo viso era radioso, luminosissimo. Scriveva a grande velocità senza staccare la penna dal foglio. E lo fece per oltre un'ora. Con il volto sempre più luminoso. Quando terminò di scrivere si buttò in ginocchio con le braccia aperte a croce e pregò per tre ore, immobile. Dormì un'ora poi si unì alla comunità per la preghiera in coro.

Il nostro Blog 

ha compiuto un anno

Benedetto XVI è di nuovo in Vaticano


"Non c'è  al mondo un modo di vivere più dolce nè più felice della continua conversazione con Dio.
Possono comprenderla solo coloro che la praticano e la gustano"
fra Lorenzo della Risurrezione ocd

Accolto da Papa Francesco, oggi pomeriggio è tornato a Roma, in Vaticano, Benedetto XVI. Abiterà nella clausura  della "Mater Ecclesiae" dedicandosi alla vita di preghiera. L'Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi di Napoli (ponti rossi) ringrazia il Signore per questo dono: la preghiera per la Chiesa, per tutto il popolo di Dio, di un uomo umile e innamorato del Signore. E' la forza che ci sosterrà. E' un dono che noi nel nostro piccolo cercheremo di ricambiare, con la nostra  preghiera per questo nostro amato Papa e per il Suo Successore.