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Progetto pastorale "Cristo è un ottimo amico"
La commissione per il V centenario di S. Teresa di Gesù ha presentato un progetto pastorale aperto alle diocesi, le parrocchie i gruppi che a partire dallo schema proposto condividano l'orazione e l'esperienza teresiana del mistero di Cristo. Ma di un Cristo amico. Titolo del progetto pastorale è appunto “Cristo è un ottimo amico”, (Vita, 22,10).
Maria, il coraggio di credere
.... È stato durante il mio lungo soggiorno nel deserto.
Prima del matrimonio s'era scoperta incinta e l'onore della famiglia tradita esigeva quel sacrificio.
Vivevo nell'Hoggar in una fraternità di Piccoli Fratelli del Padre de Foucauld e mi guadagnavo il pane lavorando sulle piste di Tit, Tazrouk, In Amguel, come metereologo. Il lavoro mi piaceva assai perché oltre il sostentamento mi dava la possibilità di vivere nell'ambiente che avevo cercato: il deserto e di unire alla fatica quotidiana i grandi silenzi e la possibilità della preghiera prolungata.
In poco tempo conobbi i tuareg che vivevano sotto la tenda, gli aratini che coltivavano le oasi e gli arabi che venivano dal nord e i mozabiti che si dedicavano ai commerci.
Mi ero affezionato soprattutto ai tuareg che avevano gli accampamenti lungo le «gueltà »(Bacino roccioso dove affiora l'acqua). e sugli altipiani e coglievo le occasioni dei miei viaggi per fermarmi con loro la sera dopo il lavoro.
Fu durante un incontro con loro che io venni a conoscenza di un fatto interessante.
Ero venuto a sapere, quasi per caso, che una ragazza dell’accampamento era stata promessa sposa ad un giovane di un altro accampamento ma che non era ancora andata ad abitare con lo sposo perché troppo giovane. Istintivamente avevo collegato il fatto al brano del Vangelo di Luca dove si racconta proprio che la Vergine Maria era stata promessa a Giuseppe, ma non era ancora andata ad abitare con lui (Matteo 1, 18).
Ripassando due anni dopo in quell'accampamento, spontaneamente, come per trovare motivi di conversazione chiesi se il matrimonio fosse avvenuto.
Notai nel mio interlocutore un turbamento seguito da un evidente imbarazzato silenzio.
Tacqui anch'io. Ma la sera attingendo acqua ad una «gueltà» a qualche centinaio di metri dall’accampamento, vedendo uno dei servi del padrone, non potei resistere alla curiosità di conoscere il motivo del silenzio imbarazzato del capo dell’accampamento.
Il servo si guardò attorno con circospezione, ma, avendo in me molta confidenza perché «marabut» (Religioso-uomo di Dio secondo la terminologia islamica) mi fece un segno che ben conoscevo passando la mano sulla gola col gesto caratteristico degli arabi quando vogliono dire «è stata sgozzata».
Il motivo?

Ebbi un brivido pensando alla ragazza uccisa perché non era stata fedele al suo futuro sposo.
La sera a compieta, sotto il cielo sahariano, volli rileggere il testo di Matteo sul concepimento di Gesù in Maria.
Avevo acceso una candela perché era buio e la notte era senza luna.
Lessi: «Maria, sua madre, era fidanzata a Giuseppe. Ora prima che andassero ad abitare insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo che era un uomo giusto non volendo denunciarla pubblicamente prese la risoluzione di ripudiarla silenziosamente» (Matteo 1, 19).
Insomma Giuseppe non era stato il denunciatore e Gioacchino, padre di Maria, non aveva assunto il ruolo del Khomeiny di turno ammazzando Maria come avrebbe voluto la legge. «Mosè ci disse che questo tipo di donne siano uccise» (cfr. Deuteronomio 22,24).
Ricordo come fosse ora. Sentii Maria vicina vicina seduta sulla sabbia, piccola, debole, indifesa, col suo ventre grosso, con la sua impossibilità a piegarsi, silenziosa.
Spensi la candela.
Nella notte buia non vedevo le stelle.
Vedevo attorno a noi tanti occhi che brillavano come gli occhi degli sciacalli quando attentano gli agnellini.
Erano gli occhi di tutti gli abitanti di Nazaret che spiavano quella ragazza madre e le chiedevano con tutta la potenza dell'incredulità di cui sono capaci gli uomini, e più ancora le donne: «Come hai fatto ad avere quel figlio, sciagurata, scostumata! »
Che notte!
Che so rispondere?
Che è Dio il padre di questo piccolo?
Chi mi crede?
Sto zitta.
Dio sa.
Dio provvede...
Povera, dolce Maria, piccola ragazza madre. Incominci male la tua carriera!
Come fai ad affrontare tanti nemici?
Chi ti crederà?
Quella sera sentii per la prima volta che mi stavo avvicinando al mistero di Maria.
Per la prima volta non la vedevo sull’altare come una statua immobile di cera, addobbata con abiti da regina, ma la sorella, vicino a me, seduta sulla sabbia del mondo, con i sandali logori come i miei e con tanta stanchezza nelle vene.
Allora capii perché sua cugina Elisabetta, che Maria era andata a trovare dopo quei fatti (si esce sempre volentieri dal proprio ambiente quando si è col ventre grosso e gli occhi dei vicini ti guardano in una certa maniera puritana), avesse potuto dire al termine del racconto che Maria le aveva fatto:
«Beata te che hai creduto ».
Sì, veramente beata!
Maria, ci vuole coraggio a credere a queste cose!
È difficile per noi credere a quello che dici testimoniando ci che quel figlio non è frutto di un'avventura notturna che non vuoi spiegare.
Ma è difficile soprattutto per te!
«Beata te che hai creduto» (Luca 1,45).
È il massimo che si può dire ad una ragazzina semplice, umile, povera, che ha avuto la ventura di parlare con gli angeli, lei che è un nulla, e che si è sentita dire che dovrà avere un figlio che sarà il Santo e figlio dell’Altissimo, sì, proprio lei, l'ultimo e il più piccolo «resto» d'Israele.
Così pregava Papa Giovanni XXIII
Preghiera a san Giuseppe
O S. Giuseppe,
scelto da Dio per essere su questa terra
custode di Gesù e sposo purissimo di Maria,
tu hai trascorso la vita
nell'adempimento perfetto del dovere,
sostentando col lavoro delle tue mani
la Santa Famiglia di Nazareth,
proteggi propizio noi che, fiduciosi, ci rivolgiamo a te.
Tu conosci le nostre aspirazioni,
le nostre angustie le nostre speranze:
a te ricorriamo,
perché sappiamo di trovare in te chi ci protegge.
Anche tu hai sperimentato la prova, la fatica, la stanchezza;
ma il tuo animo, ricolmo della più profonda pace,
esulto di gioia per l'intimità
con il figlio di Dio a te affidato,
e con Maria, sua dolcissima Madre.
Aiutaci a comprendere
che non siamo soli nel nostro lavoro,
a saper scoprire Gesù accanto a noi,
ad accoglierlo con la grazia
e custodirlo con la fedeltà come tu hai fatto.
Ottieni che nelle nostre famiglie e comunità
tutto sia santificato nella carità, nella pazienza,
nella giustizia e nella ricerca del bene. Amen.
O S. Giuseppe,
scelto da Dio per essere su questa terra
custode di Gesù e sposo purissimo di Maria,
tu hai trascorso la vita
nell'adempimento perfetto del dovere,
sostentando col lavoro delle tue mani
la Santa Famiglia di Nazareth,
proteggi propizio noi che, fiduciosi, ci rivolgiamo a te.
Tu conosci le nostre aspirazioni,
le nostre angustie le nostre speranze:
a te ricorriamo,
perché sappiamo di trovare in te chi ci protegge.
Anche tu hai sperimentato la prova, la fatica, la stanchezza;
ma il tuo animo, ricolmo della più profonda pace,
esulto di gioia per l'intimità
con il figlio di Dio a te affidato,
e con Maria, sua dolcissima Madre.
Aiutaci a comprendere
che non siamo soli nel nostro lavoro,
a saper scoprire Gesù accanto a noi,
ad accoglierlo con la grazia
e custodirlo con la fedeltà come tu hai fatto.
Ottieni che nelle nostre famiglie e comunità
tutto sia santificato nella carità, nella pazienza,
nella giustizia e nella ricerca del bene. Amen.
(B. Giovanni XXIII)
Uno scambio di beni spirituali

Abbiamo chiesto la cortesia a p. Albert Wach, II Definitore della Casa Generalizia dei Carmelitani Scalzi che ha presieduto la concelebrazione eucaristica in onore della beata Giuseppina di Gesù Crocifisso nella Chiesa dei SS. Teresa e Giuseppe a Napoli, presso il monastero dei Ponti Rossi di inviarci il testo della sua omelia. Come potrete leggere è un testo che ci aiuta a meditare su molti aspetti della vocazione e del nostro essere cristiani. Un grazie di cuore ancora per la disponibilità di p. Albert
La Rivelazione mi insegna che, nel mio cammino di conversione e di fede, io non mi trovo solo. In Cristo e per mezzo di Cristo la mia vita viene congiunta con misterioso legame alla vita di tutti gli altri cristiani nella soprannaturale unità del Corpo mistico. “Chi crede, mai è solo” – soleva ripetere Benedetto XVI.
Forse la verità più consolante sulla Chiesa è proprio questa, che in essa esiste la comunione, la comunione dei santi.
E’ la verità piena di gioia specialmente nel Carmelo, dove la vicinanza costante dei santi è sentita sempre in modo molto forte. E’ la verità che sperimentiamo particolarmente oggi, quando celebriamo il 66esimo anniversario della morte della Beata M. Giuseppina di Gesù Crocifisso, una monaca di questo monastero.
Esattamente 100 anni fa, nella primavera del 1914, passando alcuni giorni nella comunità monastica appena fondata da sua sorella, scopre, specialmente durante la lettura delle opere di San Giovanni della Croce e di Santa Teresa di Gesù Bambino, “come sono belli i santi” e decide “anch’io voglio farmi santa”. Per lei non è importante che si senta debole, malata e incapace. Non è importante che il monastero stesso sia semplice, austero e povero. Non è importante nemmeno che le persone intorno manifestino tante imperfezioni e difetti. Importante è innamorarsi di queste cose così umane (della debolezza, della semplicità, della povertà) e di farle in qualche maniera proprie. “Per farsi santi – scrive durante il ritiro prima della professione solenne – ci vuole una cosa sola, fare la volontà di Dio”. E poi, lungo la sua vita, segnata da tanti limiti umani e da continue sofferenze, ripeterà spesso che “la santità non dipende dagli uomini, ma dalla grazia di Dio e dalla corrispondenza della nostra volontà”.
Questa corrispondenza della nostra volontà alla volontà di Dio il più delle volte avviene attraverso la corrispondenza della nostra volontà alla volontà dei nostri fratelli e sorelle con i quali viviamo nelle nostre case. Per suor Giuseppina tutto questo significava adattarsi alla volontà delle sue consorelle con le quali viveva nella stessa comunità e poi forse ancora di più alla volontà di tante persone, uomini e donne di ogni ceto sociale: aristocratici, umili figli del popolo, professionisti, sacerdoti, che ogni giorno e per molti anni venivano nel parlatorio di questo monastero per chiedere il suo consiglio, conforto, preghiera, parola di consolazione e forse miracolo.
In tutto questo servizio apostolico, molto strano per una monaca carmelitana, Giuseppina mai cercava la propria volontà e non seguiva le proprie attrattive, ciò che le piaceva personalmente. Cercava solo di essere trasparente alla volontà di Dio e di non ostacolare la sua azione. E così in ogni momento, nei dettagli della vita. Anche quando umanamente parlando ciò diventava molto difficile perché entrava in conflitto quasi diretto con la Regola, con la vita comune, con l’osservanza monastica di tanti atti comunitari ai quali non poteva partecipare pienamente come le altre monache e come le sarebbe piaciuto.
Giuseppina portava nel suo cuore le parole che Gesù oggi ricorda anche a noi nel Vangelo: /“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”/ (Mt 5, 20). Si domandava solo: come fare questo nel monastero, come superare la giustizia degli scribi e dei farisei? E non trovava altra risposta, se non questa: vestendosi della misericordia, cioè manifestare agli altri in concreto, /hic et nunc/,/ /l’invisibile amore di Dio. Giuseppina non si limitava a vivere questo amore personalmente, nella solitudine della sua cella o nella preghiera comune. Si sentiva chiamata a sperimentarlo nel vivo, nell’incontro diretto con chi ne aveva bisogno. E non lo faceva solo con lo sguardo, fosse pure il più penetrante e compassionevole, rivolto verso il male morale, fisico o materiale delle persone che incontrava nel parlatorio, ma, con gli occhi penetranti, quasi divini “rivalutava, promuoveva e traeva il bene da tutte le forme di male esistenti nel mondo e nell’uomo” (cfr. Giovanni Paolo II, /Dives in misericordia/, 6).
Per noi, nelle vicende della vita, è estremamente difficile trovare l’equilibrio tra la giustizia e la misericordia. La nostra vita è normalmente ordinata secondo i principi ragionevoli di giustizia, e tale ordine, oltre che necessario, generalmente ci piace. Esso ci garantisce la pace, la tranquillità, la sicurezza. Per manifestare la misericordia invece ci vuole tanto coraggio e molta immaginazione. E questi atteggiamenti sono oggi piuttosto rari. Abbiamo paura di entrare nella nostra povertà, nella nostra miseria, nella nostra solitudine, cioè nel luogo dove si sperimenta la propria precarietà (limitatezza) e dove si attinge dalle ricchezze degli altri. Dove si diventa sensibili alla volontà divina.
Ma grazie a Dio ci sono i santi, come la beata Giuseppina di Gesù Crocifisso, che ci insegnano come fare questo cammino. Loro non si fermano a metà strada e non si chiudono dentro di sé. La loro vita è sempre un’apertura di breccia verso l’origine, verso la sequela immediata e personale di Cristo in cui ritrovano la fonte del loro amore per tutti, anche per noi.
Grazie a loro, grazie al loro amore, che sembra non avere nessun limite, si instaura tra noi tutti un meraviglioso scambio di beni spirituali, in forza del quale – come dice Giovanni Paolo II (nella Bolla di Indizione del Grande Giubileo dell’anno 2000, /Incarnationis mysterium/) – la santità dell'uno giova agli altri ben al di là del danno che il peccato dell'uno ha potuto causare agli altri”. E il Papa continua: “Esistono persone che lasciano dietro di sé come un sovrappiù di amore, di sofferenza sopportata, di purezza e di verità, che coinvolge e sostiene gli altri. E’ la realtà – secondo il Papa – della « vicarietà », sulla quale si fonda tutto il mistero di Cristo. Il suo amore sovrabbondante ci salva tutti” (n. 10).
La Beata Giuseppina ci lascia il “sovrappiù” non soltanto delle sofferenze, ma anche il “sovrappiù” della misericordia. Papa Francesco, durante l’incontro con i preti della diocesi di Roma, ha detto che nella Chiesa intera adesso è il tempo della misericordia. E non è solo la Quaresima; noi stiamo vivendo in tempo di misericordia, da trent’anni o più, fino adesso. Questa è stata – secondo il Papa – un’intuizione del beato Giovanni Paolo II. Lui ha avuto il “fiuto” che questo era il tempo della misericordia. E concretizzava: pensiamo alla beatificazione e canonizzazione di Suor Faustina Kowalska; pensiamo all'introduzione della festa della Divina Misericordia.
Nell’omelia per la canonizzazione, che avvenne nel 2000, Giovanni Paolo II sottolineò che il messaggio di Gesù Cristo a Suor Faustina si colloca temporalmente tra le due guerre mondiali ed è molto legato alla storia del ventesimo secolo.
La Beata Giuseppina di Gesù Crocifisso, che visse più o meno nello stesso arco di tempo, ha ricevuto dal suo Signore Crocifisso la stessa missione di misericordia. E oggi la condivide con noi nella meravigliosa comunione dei santi.Cerchiamo allora di imitarla in tutta la nostra vita e di abbracciare con tutto il cuore la nostra povertà. Ci sarà più facile accogliere il mistero della più grande ricchezza evangelica. In esso, infatti, si trova “la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché anche noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8, 9). Ricchi di misericordia.
P. Albert Wach OCD
Quella piccola donna ostinata - 2a parte

"Egli ha fatto bella ogni cosa ... ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore, senza però che gli uomini possano capire l'opera compiuta da Dio dal principio alla fine".
(dal Libro del Qoelet 3, 11)
"Porrò la mia legge nel loro animo e la scriverò sul loro cuore"
(dal Libro di Geremia 31,33)
Prosegue sul Blog di Maria la pubblicazione della biografia di Caterina Farnese. Questa storia ci porta a riflettere su come si è toccati e trasformati dalla Grazia proprio come riportano le frasi che abbiamo messo ad epigrafe. Ed è il motivo per cui ci soffermiamo sulla nascita della vocazione nella giovane Caterina e, nella trasformazione del suo cuore, fino al suo ingresso nel Carmelo. Impariamo a guardare come, nella quotidianità, queste anime imparano ad ascoltare Dio nel proprio cuore. E' proprio quello che dovremmo fare noi.
E' pubblicata anche dalla rivista il Carmelo Oggi.
Per leggerla clicca qui
Oggi si ricorda a Napoli la Beata Giuseppina di Gesù Crocifisso

Come il 14 marzo del 1948, tanti pellegrini corrono verso il monastero delle carmelitane scalze, nella chiesa dei SS. Teresa e Giuseppe ai Ponti Rossi: stasera alle ore 18, p. Albert Wach ocd, Definitore Generale, celebra la S. Messa per il 66esimo anniversario dalla morte della carmelitana scalza, oggi beata. Oggi come allora la fama della "monaca santa" non si è smorzata. Anzi.
La fatica, per le monache, ma soprattutto per noi secolari, è far comprendere che la bellezza della vocazione di questa donna sta nella sua vita donata a Dio per il prossimo, non nella ricerca di segni, profumi o rumori presso la sua tomba.
Un piccolo impegno per la Quaresima
"Che bella cosa pregare l'uno per l'altro - scriveva la b. Elisabetta della Trinità - darsi appuntamento presso il buon Dio, dove non esiste più né distanza né separazione".
La nostra fraternità ha preso un piccolo impegno alla luce dell'importanza di avere cura l'uno dell'altro: abbiamo "estratto" il nome della persona le cui intenzioni di preghiera porteremo nelle nostre preghiere e nella Messa.
Carlo pregherà per Giosi; Enza pregherà per Carlo;
Giosi pregherà per Ketty; Paolo pregherà per Luigi;
Ketty pregherà per Elena; Sara pregherà per Stefania;
Elena pregherà per Enza; Luigi pregherà per Sara;
Stefania pregherà per Paolo;Rita pregherà per Joanna;
Maria pregherà per Lina; Lina pregherà per Maria
Joanna pregherà per Rita;
Più "intraprendente" la sfida spirituale raccolta e rilanciata da Teresa di Gesù ad alcuni novizi. Clicca qui
Un ruolo attivo nella Chiesa per le donne
Già lo scorso anno nel corso della Giornata Mondiale della Gioventù, il Papa aveva affermato che "Una Chiesa senza le donne è come il Collegio Apostolico senza Maria. Il ruolo della donna nella Chiesa non è soltanto la maternità, la mamma di famiglia, ma è più forte: è proprio l’icona della Vergine, della Madonna; quella che aiuta a crescere la Chiesa!… Non si può capire una Chiesa senza donne, ma donne attive nella Chiesa, con il loro profilo, che portano avanti".
Anche il cardinale Kasper ha di recente affermato (posizione rilanciata dalla stampa internazionale) che le donne "Possono rivestire incarichi di responsabilità in quegli organismi che, anche ai livelli più alti, non implicano necessariamente la potestà di giurisdizione connessa con il ministero ordinato: nei Pontifici Consigli, ad esempio. Nei Consigli per la famiglia, per i laici (ricordiamo che la metà dei laici sono donne), per la cultura, per le comunicazioni sociali, per la promozione della nuova evangelizzazione, solo per citarne alcuni. In essi non troviamo a oggi presenze femminili in posizione di rilievo. Questo è assurdo. Nei Consigli, e in altri organismi vaticani, l’autorità potrebbe essere esercitata dalle donne anche ai livelli più alti, con responsabilità piena".
Attualissimo a tale proposito il pensiero espresso da Edith Stein, filosofa ebrea poi divenuta carmelitana scalza con il nome di Teresa Benedetta della Croce, negli anni Trenta. Rileggiamo insieme un passo dalla raccolta delle conferenze sulla donna da lei tenuta prima di entrare nel monastero di Colonia.
Le donne cattoliche hanno il loro sostegno più valido nella Chiesa, la quale ha bisogno delle loro forze. La Chiesa ha bisogno di noi – cioè il Signore ha bisogno di noi. Non che Egli non possa far nulla senza di noi. Egli però ci ha donato la grazia di divenire membra del suo Corpo mistico e si vuole avvalere di noi come sue membra viventi. Il Signore ha fatto una qualche distinzione tra uomini e donne? Certamente in questo, che ha conferito il sacerdozio ai suoi apostoli ma non alle donne che lo servivano. (Proprio per questo motivo ritengo che l’esclusione delle donne dal sacerdozio non sia una prassi relativa a un dato tempo). Tuttavia, nel suo amore non ha conosciuto né conosce distinzioni. I mezzi della sua Grazia sono a disposizione, indistintamente, di tutti i cristiani, e proprio alle donne ha elargito con particolare abbondanza i suoi doni straordinari, le manifestazioni mistiche. E pare che oggi Egli chiami un numero particolarmente consistente di donne a compiti specifici all’interno della sua Chiesa. Per tale motivo sorge il problema, per quel che concerne l’educazione delle ragazze, se ci sia una preparazione per queste chiamate particolari e per il loro adempimento.(Edith Stein, La donna, Città Nuova-Ocd)
Insomma... siamo pronte da tempo!
s.d.b.
La donna secondo Edith Stein
Che la donna sia in grado di esercitare altre professioni
oltre a quella di sposa e di madre,
lo ha potuto negare solo chi era 'cieco' di fronte alla realtà!
Nessuna donna è solo donna:
ciascuna ha le proprie inclinazioni e i propri talenti naturali,
come gli uomini.
E questi talenti la rendono atta alle varie professioni
di carattere artistico, scientifico, tecnico.
Edith Stein - Teresa Benedetta della Croce
Edith Stein - Teresa Benedetta della Croce
carmelitana scalza, martire ad Auschwitz, compatrona d'Europa
Quaresima.Tuffarsi nel mare della preghiera

“Dinanzi a tante ferite che ci fanno male e che ci potrebbero indurire il cuore”, per il Papa “possiamo tuffarci nel mare della preghiera, che è il mare sconfinato di Dio, per gustare la sua tenerezza”. La preghiera della Quaresima, ha detto il Santo Padre, è una “preghiera più intensa, più assidua, più capace di farsi carico delle necessità dei fratelli, di intercedere davanti a Dio per tante situazioni di povertà e sofferenza”.
Il 14 marzo S. Messa per la b. Giuseppina
“Questa è la mia vita, o Gesù: attività di obbedienza, di fede, di zelo
per portarti anime, per condurle a te … Che mi importa che mi costi sacrificio?
Non mi hai Tu reso mamma delle anime? Darò loro tutte le mie energie per amor
tuo, resisterò al lavoro, pur sentendomi venir menole forze, contenta di patire
fino a morire, purché le anime si salvino e ti glorifichino, o Gesù”.
Così si esprimeva la beata Giuseppina, carmelitana scalza del
monastero dei SS. Teresa e Giuseppe ai Ponti Rossi che – per obbedienza-
trascorreva ore in parlatorio ad accogliere pellegrini bisognosi di preghiera,
di una parola di conforto, di una risposta a tanti interrogativi del cuore.
Il via vai di persone che
salivano a Santa Maria ai Monti, dove fu costruito il monastero delle
carmelitane scalze, per avere qualche minuto di colloquio con suor Giuseppina e
la folla che le rese omaggio quando morì, il 14 marzo del 1948 furono il segno
evidente che quella mamma spirituale aveva dato molti figli alla Chiesa. E continua a darne: il registro, accanto
all’altare in cui è tumulata la carmelitana raccoglie ogni giorno richieste d’intercessione,
che le claustrali fanno proprie accogliendo la missione di ogni carmelitana: generare
figli alla Chiesa, accudirli, offrirsi per loro.
Tra i fedeli anche sacerdoti:
vengono da soli, con la propria parrocchia o con gruppi per esercizi
spirituali, giornate di silenzio tra il verde.
Qui si riunisce anche la nostra fraternità
dei SS. Teresa e Giuseppe. Non è un gruppo formatosi per devozione alla beata,
ma appartenente allo suo stesso Ordine (stesso carisma ereditato da S. Teresa
di Gesù, vissuto però nella vita di tutti i giorni: in famiglia, sul lavoro,
fra gli amici).
Assieme alle venti claustrali del
monastero, ai sacerdoti, ai religiosi dell’Ordine, e soprattutto ai fedeli, il
14 marzo pomeriggio ci riuniremo per una Messa solenne che ricorderà il ritorno
a Cielo della b. Giuseppina.
(Ste.db)
Ritiro di Quaresima a Maddaloni
SABATO 15 MARZO 2014
Casa di Spiritualità SS. Annunziata (Maddaloni)
"Ti condurrò nel deserto e parlerò al tuo cuore"
con la guida di p. Arturo Beltràn
ore 9.30 Lodi
ore 9,45 I meditazione : Deserto, luogo di incontro con Dio
ore 11 Tempo di silenzio e meditazione personale con possibilità di confessione
ore 12 S. Messa
ore 13 Pranzo
a seguire, tempo per l'orazione mentale in cappella
ore 15 II meditazione: Il deserto nella tradizione carmelitana
ore 16.00 Primi Vespri della II domenica di Quaresima
Si ricorda a tutti che per il pranzo (euro 12) è obbligatorio prenotarsi entro e non oltre lunedì 9 marzo, telefonando allo 0823-434030.
Con l’auspicio che questa giornata, con la benedizione della B.V. Maria del Monte Carmelo, possa essere occasione, per ognuno di noi, di riflessione e di meditazione.
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