Cristo, il mio Re

Oggi ricordiamo la festa di Gesù Cristo Re dell’universo. E' l'ultima domenica del tempo ordinario e dalla prossima avrà inizio l'Avvento.
Sperimentando misticamente la presenza del Signore, S. Teresa di Gesù, che si rivolgeva spesso a Lui chiamandolo Re, Maestà pur senza perdere l'intima amicizia dell'orazione, scrive: 
Mi rendevo conto che, pur essendo Dio, egli è anche uomo, e come tale non si meraviglia della debolezza umana, conoscendo la nostra misera natura soggetta a molte cadute a causa del primo peccato che egli è venuto a riparare. Posso trattare con lui come con un amico, benché sia il Signore; capisco, infatti, che egli non è come quelli che quaggiù stimiamo signori, i quali ripongono tutta la loro grandezza in un fittizio sfoggio di autorità. Bisogna attenersi a ore determinate per parlare con loro e non lo possono fare che persone segnalate. Se si tratta di un poveretto che ha qualche affare da sbrigare, non parliamo dei giri, dei favori da chiedere, delle fatiche che gli dovrà costare avere una udienza. Se poi si vuole parlare con il re, la gente povera e non nobile è fuori causa; bisogna che faccia ricorso ai suoi favoriti e si può essere certi che non sono di quelli che tengono il mondo sotto i piedi, perché questi dicono la verità, non hanno timori né devono averne, non sono fatti per le corti, dove non si può agire con franchezza, ma tacere se qualcosa sembra un male, senza neanche pensare che tale sia, per non cadere in disgrazia. Oh, Re della gloria e Signore di tutti i re, il vostro regno non è difeso da fragili barriere, perché è eterno, e per voi non c'è bisogno di intermediari! Basta guardarvi per vedere, dalla maestà che mostrate, che voi solo meritate il nome di Signore; non avete bisogno di scorta né di guardie perché vi riconoscano Re. Difficilmente quaggiù si può riconoscere un re quando è solo. Per quanto egli si sforzi d'essere riconosciuto come tale, nessuno gli crede, non avendo nulla che lo distingua dagli altri. Per essere creduto re, gli occorre qualche insegna esteriore, e pertanto è giusto che usi di uno sfoggio fittizio di autorità perché, se non lo facesse, non godrebbe di alcuna considerazione. Dalla sua persona, infatti, non appare alcuna potenza, e l'autorità deve venirgli da altre cose.

Oh, Signor mio, oh, mio Re! Se qui si potesse descrivere la Vostra Maestà! È impossibile riconoscere che siete la stessa Maestà, la cui contemplazione fa restare sbigottiti, ma più ancora stupisce, Signor mio, insieme con essa, vedere la vostra umiltà e l'amore che dimostrate a una creatura come me. Passato quel primo senso di timore e di sbigottimento che nasce dalla vista della Maestà Vostra, si può trattare con voi e parlarvi liberamente di ogni cosa, pur restando un più grande timore, quello di offendervi, ma non per paura del castigo, mio Signore, perché questo non ha alcuna importanza in confronto al timore di perdervi (Vita 37,5-6).

Sta per aprirsi l'anno della Vita Consacrata

A Roma si apre l'anno dedicato alla Vita Consacrata, voluto dal Papa, con la veglia di preghiera del 29 novembre nella Basilica Papale di Santa Maria Maggior (ore 19,00), il pomeriggio seguente stessa cerimonia nella Cattedrale di Napoli -


«Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sonolievito per la crescita di una società piùgiusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i piccoli e i poveri.
Così intesa e vissuta, la vita consacrataci appare proprio come essa èrealmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa,un dono di Dio al suo Popolo!
Ogni persona consacrata è un dono per il Popolo di Dio in cammino».
(Papa Francesco)

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Il messaggio del Cardinale Sepe, Arcivescovo di Napoli


"Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Sfavillate di gioia con essa, voi tutti che avete partecipato al suo lutto" (Is 66,10).
Fratelli e Sorelle, la prima Domenica di Avvento inaugura l'Anno Liturgico, il cammino della comunità cristiana incontro al Signore che viene.
La stagione liturgica dell'Avvento, ci apre all'attesa del Signore che è venuto nella carne, verrà ancora alla consumazione dei tempi per stringere l'umanità in un abbraccio di misericordia, viene ogni giorno nelle vicende liete e tristi del quotidiano.
Ogni giorno sperimentiamo le fami che attanagliano le nostre esistenze: "La gente ha certamente fame di pane materiale perché oggi, nonostante una sfacciata opulenza messa in mostra da alcuni, cresce sempre più il numero di coloro che vivono nella miseria e non sanno come fare per sopravvivere. Ma c'è una grande fame di giustizia e, soprattutto nei nostri giovani, una drammatica fame di futuro, un disperato bisogno di speranza. La nostra terra somiglia spesso ad un deserto dove nessuno offre il pane della vita, dove tante esistenze vagano nel vuoto, si consumano nella propria autosufficienza, sperimentano delusioni e solitudini" (Lettera pastorale: "Dar da mangiare agli affamati" pp.13-14).
Le fami di giustizia, di futuro e di speranza, sono il sintomo di un mondo triste, che ha smarrito i sentieri che conducono alla vita; sembra che qualcuno ci abbia rubato la gioia.
Abbiamo fame di gioia! "La gioia del Vangelo (che) riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia" (Evangelii gaudium,1).
Il bisogno di gioia è nel cuore di tutti gli uomini. Sperimentiamo la gioia di Dio quando viviamo in armonia con il creato e, soprattutto, nell'incontro, nella partecipazione, nella comunione con gli altri.
La società tecnologica ha moltiplicato le occasioni di piacere, ma non è riuscita a procurare la gioia. La gioia è dono dello Spirito, è il dono messianico per eccellenza, il segno che il Regno di Dio è presente ed operante tra noi. La gioia è una situazione interiore che dispone il cuore all'accoglienza docile del Vangelo e tende alla conversione della vita. Tale situazione si consolida attraverso la tribolazione, le prove della vita e la testimonianza della carità. Non deve essere confusa con il chiasso, con l'effimero e con lo stordimento.
Difatti, il consumismo ha inventato i paradisi artificiali, la noia, la malinconia, la tristezza che attraversano la nostra esistenza opaca.
Inoltre, il progresso ha prodotto molto benessere e molta povertà: affamati, emarginati, vittime di sofferenze fisiche e morali.
Allora, proprio per questo bisogna parlare della gioia, sperare nella gioia. È nel cuore delle nostre angosce e delle nostre solitudini che dobbiamo risentire il canto della gioia.
Necessita rieducarci a gustare le semplici gioie della vita: la gioia di esistere, dell'amore sponsale, del silenzio, del lavoro onesto, del dovere compiuto, della purezza, del sacrificio.
La gioia cristiana suppone uomini e donne capaci di gustare le gioie naturali per testimoniare la pienezza della gioia: "Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena"( Gv 15,11).
San Paolo, scrivendo alla comunità di Corinto (2 Cor 1,24) si definisce "collaboratore della gioia". In questo Avvento, siamo chiamati a divenire "collaboratori" della gioia degli uomini e delle donne che incontriamo sul nostro cammino. Dobbiamo, come gli Angeli a Betlemme portare l'annuncio che dirada la nebbia della tristezza, riapre i cuori alla speranza e dona vigore alla stanchezza.
Con la prima Domenica di Avvento, diamo inizio all'Anno della Vita Consacrata, voluto da Papa Francesco nel contesto dei 50 anni del Concilio Vaticano II, e più in particolare nella ricorrenza dei 50 anni dalla pubblicazione del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita consacrata.
L'Anno della vita consacrata sarà per tutta la Chiesa un evento importante, un'occasione donata dallo Spirito, per "evangelizzare" la propria vocazione e testimoniare la bellezza della sequela Christi nelle molteplici forme, una vita dedita a Dio e agli uomini e alle donne del nostro tempo. I consacrati raccolgono oggi il testimone lasciato loro dai rispettivi fondatori e fondatrici e sono chiamati a renderlo credibile.
In questo tempo privilegiato, esorto i consacrati e le consacrate a ritrovare ogni giorno il senso della vocazione e la gioia di essere discepoli e testimoni, a "gridare" al mondo con forza e con gioia la santità e la vitalità che sono presenti nella vita consacrata, a vivere la gioia della fraternità.
Tale testimonianza di gioia costituisce una grandissima attrazione verso la vita consacrata, una fonte di nuove vocazioni e un sostegno alla perseveranza.
Apriamo il cuore al Bambino che a Betlemme nascerà per noi! Prepariamoci a ricevere la sua luce che illumina i nostri passi e il suo amore che dà vigore alla nostra esistenza.
Ci accompagnino in questa trepida attesa i Santi Fondatori e Fondatrici e la Vergine Santissima, Madre della gioia.

Card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli

Giornata di preghiera per la vita di clausura

In questo V centenario di S. Teresa di Gesù, fondatrice in Spagna dei monasteri della riforma da lei voluta nel Carmelo, dedichiamo un atto della nostra giornata e la preghiera a coloro che hanno dedicato la propria vita al Signore nel silenzio e nell'offerta, promettendo di stare davanti a Lui per tutti.

Il Papa : "in ogni posto si può diventare santo"

«Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (I lettera Pietro 4,10-11)

Un grande dono del Concilio Vaticano II è stato quello di aver recuperato una visione di Chiesa fondata sulla comunione, e di aver ricompreso anche il principio dell’autorità e della gerarchia in tale prospettiva. Questo ci ha aiutato a capire meglio che tutti i cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità (cfr Cost. Lumen Gentium 39-42). Ora ci domandiamo: in che cosa consiste questa vocazione universale ad essere santi? E come possiamo realizzarla?
1. Innanzitutto dobbiamo avere ben presente che la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci riveste di se stesso, ci rende come Lui. Nella Lettera agli Efesini, l’apostolo Paolo afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5,25-26). Ecco, davvero la santità è il volto più bello della Chiesa, il volto più bello: è riscoprirsi in comunione con Dio, nella pienezza della sua vita e del suo amore. Si capisce, allora, che la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano.
2. Tutto questo ci fa comprendere che, per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli. 
“Ma, padre, io lavoro in una fabbrica; io lavoro come ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo…” – “Sì, si può! Lì dove tu lavori tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te”. 
Sempre in ogni posto si può diventare santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità. Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù. E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna, ci vuole tanta pazienza e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza. Sei catechista, educatore o volontario? Sii santo diventando segno visibile dell’amore di Dio e della sua presenza accanto a noi. Ecco: ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua, sulla strada, al lavoro, in Chiesa, in quel momento e nel tuo stato di vita è stata aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa strada. E’ proprio Dio che ci dà la grazia. Solo questo chiede il Signore: che noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli.
3. A questo punto, ciascuno di noi può fare un po’ di esame di coscienza, adesso possiamo farlo, ognuno risponde a se stesso, dentro, in silenzio: come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ho voglia di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Questa è la strada della santità. Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… Tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto. Se comprendiamo questo, tutto cambia e acquista un significato nuovo, un significato bello, un significato a cominciare dalle piccole cose di ogni giorno. Un esempio. Una signora va al mercato a fare la spesa e trova una vicina e incominciano a parlare e poi vengono le chiacchiere e questa signora dice: “No, no, no io non sparlerò di nessuno.” Questo è un passo verso la santità, ti aiuta a diventare più santo. Poi, a casa tua, il figlio ti chiede di parlare un po’ delle sue cose fantasiose: “Oh, sono tanto stanco, ho lavorato tanto oggi…” – “Ma tu accomodati e ascolta tuo figlio, che ha bisogno!”. E tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza: questo è un passo verso la santità. Poi finisce la giornata, siamo tutti stanchi, ma c’è la preghiera. Facciamo la preghiera: anche questo è un passo verso la santità. Poi arriva la domenica e andiamo a Messa, facciamo la comunione, a volte preceduta da una bella confessione che ci pulisca un po’. Questo è un passo verso la santità. Poi pensiamo alla Madonna, tanto buona, tanto bella, e prendiamo il rosario e la preghiamo. Questo è un passo verso la santità. Poi vado per strada, vedo un povero un bisognoso, mi fermo gli domando, gli do qualcosa: è un passo alla santità. Sono piccole cose, ma tanti piccoli passi verso la santità. Ogni passo verso la santità ci renderà delle persone migliori, libere dall’egoismo e dalla chiusura in se stesse, e aperte ai fratelli e alle loro necessità.
Cari amici, nella Prima Lettera di san Pietro ci viene rivolta questa esortazione: «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (4,10-11). Ecco l’invito alla santità! Accogliamolo con gioia, e sosteniamoci gli uni gli altri, perché il cammino verso la santità non si percorre da soli, ognuno per conto proprio, ma si percorre insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa, amata e resa santa dal Signore Gesù Cristo. Andiamo avanti con coraggio, in questa strada della santità. 
Papa Francesco

Novità

Il nostro blog ha aggiunto una pagina (vedere sotto il titolo Scalzi sui passi di Teresa) in cui si potrà consultare il nostro notiziario "Crescere in fraternità" curato dalla nostra incaricata alla formazione. Il notiziario si avvale del contributo delle fraternità della Provincia, del Provinciale e di altri padri carmelitani. Ha avuto l'onore di pubblicare saggi in anteprima e i testi di conferenze e interventi del p. Generale Saverio Cannistrà, dei vicario Emilio MArtinez, di p. Alzinir Debastiani Delegato generale e di p. Aldo Formentin consigliere spirituale del Coordinamento interprovinciale ocds d'Italia.
Quest'anno sarà dedicato principalmente ai temi teresiani.

Martire istruttore apostolo dell'unità

I suoi contemporanei lo chiamavano: “Il martire del

Fu definito il "martire del confessionale” e "l'istruttore delle anime" (vedi qui). Oggi il Carmelo ricorda S. Raffaele Kalinowski, canonizzato nel 1991 dall' allora Pontefice S. Giovanni Paolo II.  Fu apostolo instancabile dell'unione tra le Chiese e vide nel culto alla Vergine Santissima una possibilità per facilitare la soluzione di questo problema. L'unità: un pensiero non l’abbandonò mai e sul letto di morte ripeté spesso: "Padre, che tutti siano una cosa sola!"
Con zelo ecumenico si adoperò in quest’ opera missionaria che lasciò come testamento spirituale: "L’unità sacra! L’unità santa! Questa parola riempie già il cuore di dolore, ma accende anche il fuoco della speranza".


S. Elisabetta d'Ungheria secondo Edith Stein

Nel 1931, poco prima di entrare in monastero, Edith Stein scrisse un saggio sulla "Vita spirituale in santa Elisabetta d'Ungheria",  descrivendola come una persona che " si sollevò dalla sua condizione du vedova prostrata nel dolore acome la mulier fortis, quale la esalta la liturgia e riprese il proprio destino nelle proprie mani "
Rinunciò al suo rango per vivere povera fra i poveri, come una di loro, affidando a mani estranee i suoi figli per appartenere solo al Signore".

Eccomi Signore!

Le carmelitane scalze di Quart hanno pubblicato ieri un commento di Romano Guardini sul significato dell'Adorazioni e della posizione eretta che si assume in momenti particolari della celebrazione eucaricaristica. Talvolta non si comprende bene perché tornare in una posizione eretta dopo essersi inginocchiati. Ecco una bellissima spiegazione. Ringraziamo per questo il Carmelo di Quart il cui sito vi invitiamo a consultare.
Niente di più necessario dell'adorazione! La posizione eretta dell’uomo è un gesto di affermazione. Essa dice: «Sono io. Eccomi. Ho forza e volontà. Sostengo la mia causa e difendo il mio diritto. » È di questo atteggiamento che l’adoratore fa sacrificio…" È di questo atteggiamento che l’adoratore fa sacrificio… L’adoratore dice: «Tu hai potere – non io. Tu sei Colui che è – non io!» Egli fa posto all’interlocutore… Là dove sta lui, nell’orbita della sua personalità, deve affermarsi Iddio… L’atto di adorazione ha una incommensurabile profondità. Questo far posto a Dio, questo volere che Egli sia in noi Colui che è, può diventare sempre più puro, attuarsi sempre più intensamente, sempre più intimamente. Lo spazio che si apre a Dio ha potere di dilatarsi sempre più libero… Adorare Dio è espressione di verità: della verità che non si logora mai, che si dispiega sempre più profonda. Per questo è cosa buona adorare. Per questo la dignità dell’uomo vi rimane tutelata – di più: vi si fonda – perché la dignità dell’uomo viene dalla verità, e l’uomo, quando si inchina dinanzi a Dio, è giusto e libero. … Ci deve essere qualcosa a contatto di cui il cuore si rinnovi sempre da capo nella verità, lo spirito si purifichi, lo sguardo si chiarisca, si rafforzi il carattere. E questo è l’adorazione. Nulla di più importante per l’uomo che imparare ad umiliarsi nell’intimo dell’essere dinanzi a Dio: fargli posto.

Romano Guardini

Talenti, le grazie elargite dal Signore

In questa domenica, il Vangelo di Matteo ci propone la parabola dei talenti (Mt 25,14-30).  I talenti sono doni del Signore, doni che ci sono stati elargiti nel Battestimo, doni che riceviamo ancora per grazia, attraverso la preghiera. 

 Per approfondire il Vangelo di questa XXX Domenica del Tempo Ordinario clicca qui


 ECHI TERESIANI
Nel Libro della Vita la santa Madre ci aiuta a comprendere questo rapporto fra l'Amore di Dio e ciò che siamo ed abbiamo, non per nostro merito.

S. Teresa, "Vita" 15,4-5: È, dunque, questa orazione una piccola scintilla del vero amore di Dio che il Signore comincia ad accendere nell'anima, volendo che essa intenda gradatamente in che cosa consista quest'amore pieno di dolcezze (...) È, questa scintilla, un segno e un pegno che Dio dà all'anima di averla scelta ormai per grandi cose, perché si prepari a riceverle, è un grande dono, molto più grande di quanto io possa dire. Ripeto, conosco molte anime che giungono fin qui, ma quelle che passano oltre, come dovrebbero, sono così poche che ho vergogna a dirlo; non già che siano poche in senso assoluto, anzi, devono essercene molte, perché se Dio ci sopporta, è per qualche cosa; dico solo quello che ho visto. Desidererei vivamente avvertirle di badare a non nascondere il loro talento, perché sembra che Dio le abbia scelte per profitto di molte altre, specialmente in questi tempi in cui sono necessari forti amici di Dio a sostegno dei deboli; pertanto, quelli che riconoscono in sé questa grazia, si reputino davvero tali, se sanno conformarsi alle leggi che richiede una buona amicizia anche nel mondo; altrimenti, come ho già detto, temano ed abbiano paura di far male a se stessi, e Dio voglia che sia soltanto a se stessi!
Vita" 18,4-5: Molte volte, quando mi accade di ricevere queste grazie o quando Dio comincia a darmele (poiché, stando pienamente in esse, ho già detto che è impossibile far nulla) gli dico: "Signore, badate a quel che fate, non dimenticatevi così presto dei miei grandi peccati (...)Non versate, o mio Creatore, un così prezioso liquore in un vaso così incrinato, poiché avete visto già altre volte che io torno a spargerlo fuori; non ponete un simile tesoro dove ancora non si è perduto totalmente - come dovrebbe essere - il desiderio di umane consolazioni; sarebbe sciupato perché male speso (...)E come, mio Signore, dar motivo di ritenerli di poco conto il metterli nelle mani di un essere così spregevole, ignobile, fiacco, miserabile e di nessuna importanza come me perché, per quanto con il vostro favore - e non ne occorre poco, essendo come sono - mi sforzi di non perderli, non posso riuscire a farne trarre giovamento ad alcuno (...) Porre i talenti in una terra così ingrata è come non solo nasconderli, ma sotterrarli. Voi, o Signore, non siete solito concedere simili ricchezze e grazie a un'anima se non perché essa giovi a molte altre. Voi sapete, mio Dio, che vi supplico di ciò fermamente, con tutto il cuore - come già ve ne ho supplicato alcune volte -, giacché ritengo giusto perdere il maggior bene che si possa avere sulla terra, perché voi lo diate a chi se ne gioverà meglio di me, per vostra maggior gloria». Queste e altre cose mi è accaduto di dire molte volte. Poi ho costatato la mia stoltezza e poca umiltà, perché il Signore sa bene ciò che conviene fare e come la mia anima non aveva forze per salvarsi, se Sua Maestà non me ne avesse provveduto con tante grazie.

L'imperativo:Sii come loro

Tutti i Santi carmelitani


di P. Javier de la Cruz*
La festa tutti i Santi dell'Ordine carmelitano non ha una speciale origine, ma deriva da una diffusa pratica già vigente nella vita monastica ed in alcuni ordini religiosi in cui i consacrati ricordavano e pregavano per coloro che li avevano preceduti nella vita religiosa.
Il carmelitano Bostio, del sec. XV, affermava che "i veri figli o fratelli dei santi non sono quelli che sono uniti con legami di sangue, ma coloro che imitano le loro buone opere". In un piccolo poema Santa Teresa invitava le sue monache a camminare verso il cielo: Camminiamo per il cielo, sorelle del Carmelo.
Questo è quanto l'Ordine del Carmelo vuole celebrare il 14 novembre con la festa di tutti i Santi dell'Ordine: la méta del cammino o pellegrinaggio di tutti coloro che hanno vestito l'abito del Carmelo, l'abito della Vergine, e che ora, indipendentemente siano stati canonizzati o no, godono la visione di Dio.
È una festa di gioia ed esultanza perché ricordiamo il trionfo di coloro che sentiamo fratelli e con i quali condividiamo la stessa vocazione nel Carmelo. La Madre Teresa così c'invita: "Ricordiamoci dei nostri Padri, di quei santi eremiti di altri tempi, di cui pretendiamo imitare la vita! ... Teniamo presenti i nostri veri fondatori, che sono quei santi Padri dai quali discendiamo e che, come sappiamo, giunsero al godimento di Dio per la strada stretta della povertà e dell'umiltà".
Questo è il messaggio della festa di tutti i Santi dell'Ordine: "essere come loro".

* tratto dal sito della Curia Generalizia

Un sito carmelitano per "gustare la Parola"

Dal 15 ottobre scorso, parallelo a quello delle Edizioni OCD. Il nuovo sito (www.gustarelaparola.it) è nato come contenitore per gli studenti del Teresianum per accedere a materiale di studio e di lettura spirituale. Poi pian piano gli obiettivi si sono allargati.
Che cosa è possibile o sarà presto possibile trovare?
  • Articoli di esegesi, teologia e spiritualità biblica in italiano, spagnolo, inglese e francese, per lo studio o l’approfondimento personale della teologia o della spiritualità biblica, sia dell’Antico, sia del Nuovo Testamento;
  • Articoli e materiale vario sulla spiritualità carmelitana;
  • sussidi, articoli e materiale per la lectio divina (sezione attiva da gennaio 2015), riprendendo l’esperienza della rivista Pregare, della rubrica Tabor – lo zaino del pellegrino, con commenti e audio mp3 sulla liturgia della Parola domenicale;
  • gran parte della mia bibliografia biblica e carmelitana;
  • (per gli studenti): il materiale e i sussidi per seguire i corsi dell’anno accademico in corso al Teresianum;
  • link a siti utili, quali la Casa Generalizia dei Carmelitani scalzi, le Edizioni OCD, il Teresianum e, presto, i siti delle Province con le informazioni sul centenario teresiano;
  • news e aggiornamenti vari.
È possibile scaricare gratuitamente tutto il materiale, iscriversi a una newsletter e ordinare libri e sussidi alle Edizioni OCD.

Teresa di Gesù una donna che seppe ri-cantare l’Amore




Una vita alla ricerca di Dio
di p. Arturo Beltràn OCD


Introduzione.
In questa prima conferenza parlerò sulla figura di Santa Teresa di Gesù, ma prima di continuare vorrei porvi una domanda: chi era Teresa di Gesù? Molti di voi risponderanno subito: “una santa!”. Ed è vero; ma il concetto di santità che noi abbiamo, che purtroppo ancora è molto debitore della spiritualità barocca, ci può far sbagliare su come comprendere la figura di Santa Teresa. Poiché questa idea è già un filtro che non ci permette di capire la sua realtà umana e ce la fa apparire una santa piena di fenomeni mistici fin dalla sua nascita. Niente di più sbagliato, perché anzitutto Santa Teresa è una donna, un essere umano come noi, una persona di carne e ossa che pian piano, con i propri sforzi e la grazia di Dio, ha saputo darsi completamente all’amore di Dio.
Avvicinarsi alla figura di Teresa di Gesù senza una minima preparazione può, quindi, darci un’immagine sbagliata, più mentale e devozionale che reale della profondità e dell’importanza che Teresa ha avuto nella vita della Chiesa e del nostro Ordine; un’immagine che non ci permette di cogliere tutto il nutrimento che può apportare la sua esperienza e la sua dottrina.
Fino a una cinquantina di anni fa, quando si studiava Santa Teresa, la sua biografia era più una agiografia che una vera biografia. Soltanto applicando metodi critici e criteri storici corretti potremmo capire e comprendere la sua figura, in tutta la sua profondità e ricchezza. Facendo sempre attenzione al fatto che Santa Teresa nacque cinquecento anni fa e visse in una società molto diversa dalla nostra culturalmente, religiosamente, socialmente e politicamente.
 Le fonti. Per conoscere la vita di Santa Teresa di Santa Teresa di Gesù abbiamo parecchie fonti di diverso valore. Molte devono essere ridimensionate e lette con una grande attenzione per tutto quello che abbiamo detto prima. La fonte principale è l’autobiografia scritta dalla stessa santa (nel 1562 per la prima redazione e fra il 1565/66 per la seconda). Di questa autobiografia, oggi nota come “Il Libro della vita”, è molto interessante sono i numerosi dati biografici, quello che dice e anche quello che non dice: il “pleito di hidalguía” e tutte le dispute legali avute fra i figli dopo la morte di D. Alonso Sanchez. Possediamo anche una fonte molto importante come i processi di beatificazione e canonizzazione iniziati subito dopo la morte di Santa Teresa e pubblicati dall’Editoriale Monte Carmelo de Burgos negli anni ’30 del 1900. Anche qui dobbiamo fare molta attenzione perché sono scritti molto parziali nei quali si vede a Santa Teresa esclusivamente come una santa. Sono poco oggettivi. Possiamo dire che a volte l’occasione in cui si raccontano più bugie (inconsapevolmente) è in un processo di beatificazione e canonizzazione. Sono risposte a stereotipi dell’epoca e all’immagine di santità che si aveva. Vero è che allo stesso tempo ci danno molti dettagli della vita di Santa Teresa. Non possiamo dimenticare: le diverse opere e testimonianze scritte dalle persone che hanno conosciuto Santa Teresa fra i quali possiamo distaccare Jerónimo Gracián e Maria di San José; i dati che ci dà Julián de Ávila, cappellano del monastero di San Giuseppe che accompagnò Santa Teresa in molte fondazioni, che è disponibile in italiano; le biografie che scrissero il gesuita Francisco de Ribera e quella del vescovo di Tarazona e confessore di Santa Teresa Diego de Yepes (che molto probabilmente in realtà fu scritta da Tomás de Jesús). Senza dimenticare tutte le altre biografie e gli studi più recenti.
       Quindi abbiamo molti dati di prima mano per conoscere la vita e la spiritualità di Santa Teresa. 

Oggi memoria della b. Elisabetta della Trinità


Nel saggio "Il Cielo che è in te" edizioni Ancora, padre Luigi Borriello, ocd, assistente spirituale delle fraternità dell'ocds di Napoli, delinea la figura e la spiritualità della giovane carmelitana scalza di Digione che aiuta a comprendere come è possibile "realizzare la comunione con Dio nel cuore del mondo".
"La contemplazione -spiega- non significa fuga dai problemi della società, bensì un impegno costruttivo, attraverso la propria azione, in un mondo che percepisce e segue l'intimo e vitale legame che unisce l'uomo a Dio".
E così Maria Giuseppina Elisabetta Catez nata il 18 luglio 1880 nei pressi di Bourges, orfana di padre ad appena 7 anni, si ritrova nella città di Digione a vivere a pochi passi da un monastero di clausura. All'età di 11 anni, il giorno della sua cresima, incontra la Priora di quel monastero delle carmelitane scalze, che le rivela il significato del nome "Elisabetta", "casa di Dio".
Benché attratta intimamente dall'idea di consacrarsi a Dio, la giovane vive una vita nel mondo che la vede anche rincorrere il sogno di una carriera da musicista. Nel 1894 emette il voto privato di verginità e interrompe gli studi al Conservatorio. A 19 anni prende coraggio e confida alla madre di voler entrare in clausura. La mamma si oppone, poi le chiede di aspettare di compiere 21 anni. Pur sffrendo per questa decisione obbedisce e cerca di vivere la spiritualità carmelitana nella sua vita e nelle occupazioni quotidiane. Nel Diario, che aveva cominciato a scrivere nel marzo 1899, annota la propria delusione per non poter essere al Carmelo, ma anche l'intento di vivere nel silenzio (che chiede in dono al Signore) già come una carmelitana.
Ciò, come sottolinea p. Borriello, fa di lei un'autentica mistica. E per spiegarlo cita un passo di Bernardo di Chiaravalle: Dovunque sarai, entra in te stesso e prega.Se sari lontano dall'oratorio non cercare un luogo, perchè tu stesso sei il luogo. Se sarai in un letto o in un altro luogo, prega, perché lì è il tempio". 
Teresa d'Avila insegna che bisogna cercare Dio in se stessi, è nel centro dell'anima che s'incontra l'Amato, il Re del nostro cuore. Ed Elisabetta, sua degna figlia spirituale, esclama di aver trovato il cielo sulla terra.
Entrata nel Carmelo nel 1900 e ammalatasi, dopo un po', del morbo di Addins la giovane vive immersa nella Trinità i suoi sei anni di permanenza al Carmelo, nel corso dei quali scrive anche la bellissima Elevazione alla SS.Trinità.  Il 9 novembre 1906 muore.Il 25 novembre 1984 papa Giovanni Paolo II la dichiara beata.