“Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?”
visitando, all’alba del terzo giorno, la tomba,
il luogo dove era stato sepolto.
Raccontaci, Maria di Magdala, tu che hai tanto amato.
Ecco, hai trovato la tomba vuota:
“Sepulcrum Christi viventis,
et gloriam vidi Resurgentis”.
Il Signore vive! Ho visto il Risorto.
“Angelicos testes, sudarium et vestes”.
Testo preso da: Il Commento di Giovanni Paolo II alla sequenza "Victimae Paschali"
A chi si mostra per primo Gesù? Appare alle donne. A quelle donne uscite di corsa e di nascosto, per onorare il suo corpo; a quelle donne impaurite e deluse perché anche il corpo del Maestro non c'è più? Eppure in loro c’è un misto di paura e di gioia. E' a questo punto che Gesù stesso va incontro loro e dice: “Rallegratevi!”
Sono le donne a fare per prime esperienza del mistero della Risurrezione. Non ebbero dubbi: si prostrarono ed adorarono.
Cerca nel blog
Auguri dei fratelli e delle sorelle carmelitane
Sr. Cristiana Dobner e la comunità di Concenedo
AUGURI, BUONA SANTA PASQUA.
I PADRI CARMELITANI DI ARENZANO
Dio onnipotente ed eterno, che hai rinnovato il mondo con la gloriosa morte e risurrezione del tuo Cristo, conserva in noi l'opera della tua misericordia, perché la partecipazione a questo grande mistero
ci consacri per sempre al tuo servizio.
(Dalla Liturgia del Venerdì Santo)
Buona Pasqua di Risurrezione
Marisa
Ordine Secolare Carmelitano Teresiano
Segreteria della Provincia Lombarda OCDS
A tutti gli amici, partecipanti e simpatizzanti dei week end di Arcetri
la comunità dei religiosi invia auguri per una felice e Santa Pasqua.
Con l'occasione si ricorda che il prossimo week end si terrà il 16 ed il 17 Aprile
ed avrà per argomento "La Misericordia di Dio di generazione in generazione".
Sarà tenuto da Cristiana Cucinotta, OCDS dottore in letteratura medioevale.
Buona Pasqua.
La comunità di Arcetri
Il giorno del silenzio e del nascondimento
Da una meditazione del Papa Emerito Benedetto XVI sul Sabato Santo
"Il nascondimento di Dio in questo mondo costituisce il vero mistero del Sabato santo, mistero accennato già nelle parole enigmatiche secondo cui Gesù è «disceso all’inferno». Nello stesso tempo l’esperienza del nostro tempo ci ha offerto un approccio completamente nuovo al Sabato santo, giacché il nascondimento di Dio nel mondo che gli appartiene e che dovrebbe con mille lingue annunciare il suo nome, l’esperienza dell’impotenza di Dio che è tuttavia l’onnipotente – questa è l’esperienza e la miseria del nostro tempo.

Ma anche se il Sabato santo in tal modo ci si è avvicinato profondamente, anche se noi comprendiamo il Dio del Sabato santo più della manifestazione potente di Dio in mezzo ai tuoni e ai lampi, di cui parla il Vecchio Testamento, rimane tuttavia insoluta la questione di sapere che cosa si intende veramente quando si dice in maniera misteriosa che Gesù «è disceso all’inferno». Diciamolo con tutta chiarezza: nessuno è in grado di spiegarlo veramente. Né diventa più chiaro dicendo che qui inferno è una cattiva traduzione della parola ebraica shêol, che sta a indicare semplicemente tutto il regno dei morti, e quindi la formula vorrebbe originariamente dire soltanto che Gesù è disceso nella profondità della morte, è realmente morto e ha partecipato all’abisso del nostro destino di morte. Infatti sorge allora la domanda: che cos’è realmente la morte e che cosa accade effettivamente quando si scende nella profondità della morte? Dobbiamo qui porre attenzione al fatto che la morte non è più la stessa cosa dopo che Cristo l’ha subita, dopo che egli l’ha accettata e penetrata, così come la vita, l’essere umano, non sono più la stessa cosa dopo che in Cristo la natura umana poté venire a contatto, e di fatto venne, con l’essere proprio di Dio. Prima la morte era soltanto morte, separazione dal paese dei viventi e, anche se con diversa profondità, qualcosa come “inferno”, lato notturno dell’esistere, buio impenetrabile.
Adesso però la morte è anche vita e quando noi oltrepassiamo la glaciale solitudine della soglia della morte, ci incontriamo sempre nuovamente con colui che è la vita, che è voluto divenire il compagno della nostra solitudine ultima e che, nella solitudine mortale della sua angoscia nell’orto degli ulivi e del suo grido sulla croce «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», è divenuto partecipe delle nostre solitudini. Se un bambino si dovesse avventurare da solo nella notte buia attraverso un bosco, avrebbe paura anche se gli si dimostrasse centinaia di volte che non c’è alcun pericolo. Egli non ha paura di qualcosa di determinato, a cui si può dare un nome, ma nel buio sperimenta l’insicurezza, la condizione di orfano, il carattere sinistro dell’esistenza in sé. Solo una voce umana potrebbe consolarlo; solo la mano di una persona cara potrebbe cacciare via come un brutto sogno l’angoscia.
C’è un’angoscia – quella vera, annidata nella profondità delle nostre solitudini – che non può essere superata mediante la ragione, ma solo con la presenza di una persona che ci ama. Quest’angoscia infatti non ha un oggetto a cui si possa dare un nome, ma è solo l’espressione terribile della nostra solitudine ultima. Chi non ha sentito la sensazione spaventosa di questa condizione di abbandono? Chi non avvertirebbe il miracolo santo e consolatore suscitato in questi frangenti da una parola di affetto? Laddove però si ha una solitudine tale che non può essere più raggiunta dalla parola trasformatrice dell’amore, allora noi parliamo di inferno. E noi sappiamo che non pochi uomini del nostro tempo, apparentemente così ottimistico, sono dell’avviso che ogni incontro rimane in superficie, che nessun uomo ha accesso all'ultima e vera profondità dell’altro e che quindi nel fondo ultimo di ogni esistenza giace la disperazione, anzi l’inferno.
Jean-Paul Sartre ha espresso questo poeticamente in un suo dramma e nello stesso tempo ha esposto il nucleo della sua dottrina sull’uomo. Una cosa è certa: c’è una notte nel cui buio abbandono non penetra alcuna parola di conforto, una porta che noi dobbiamo oltrepassare in solitudine assoluta: la porta della morte. Tutta l’angoscia di questo mondo è in ultima analisi l’angoscia provocata da questa solitudine. Per questo motivo nel Vecchio Testamento il termine per indicare il regno dei morti era identico a quello con cui si indicava l’inferno: shêol. La morte infatti è solitudine assoluta. Ma quella solitudine che non può essere più illuminata dall’amore, che è talmente profonda che l’amore non può più accedere a essa, è l’inferno.
«Disceso all’inferno»: questa confessione del Sabato santo sta a significare che Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo irraggiungibile e insuperabile della nostra condizione di solitudine. Questo sta a significare però che anche nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, nella quale noi tutti siamo come bambini cacciati via, piangenti, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce. La solitudine insuperabile dell’uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. L’inferno è stato vinto dal momento in cui l’amore è anche entrato nella regione della morte e la terra di nessuno della solitudine è stata abitata da lui. Nella sua profondità l’uomo non vive di pane, ma nell'autenticità del suo essere egli vive per il fatto che è amato e gli è permesso di amare. A partire dal momento in cui nello spazio della morte si dà la presenza dell’amore, allora nella morte penetra la vita: ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata – prega la Chiesa nella liturgia funebre.
Nessuno può misurare in ultima analisi la portata di queste parole: «disceso all’inferno». Ma se una volta ci è dato di avvicinarci all’ora della nostra solitudine ultima, ci sarà permesso di comprendere qualcosa della grande chiarezza di questo mistero buio.
Nella certa speranza che in quell’ora di estrema solitudine non saremo soli, possiamo già adesso presagire qualcosa di quello che avverrà. E in mezzo alla nostra protesta contro il buio della morte di Dio cominciamo a diventare grati per la luce che viene a noi proprio da questo buio. "
Joseph Ratzinger
Edith Stein, con Maria presso la Croce
O Maria, oggi sono stata con te presso la Croce e una volta ancora ho sentito così chiaramente che sotto la Croce tu sei diventata nostra Madre.
Come potrebbe la fedeltà di una madre terrena non prendersi cura di esaudire l'ultima volontà del figlio?
Ma tu, tu eri la serva del Signore: l'essere e la vita del Dio fatto uomo erano interamente inscritti nel tuo essere e nella tua vita.
E' per questo che hai accolto i tuoi nel tuo cuore ed è con il sangue delle tue sofferenze che hai guadagnato ogni anima per una vita nuova.
Tu ci conosci bene tutti, con le nostre ferite e le nostre piaghe; conosci anche lo splendore celeste che l'amore del Figlio tuo vorrebbe espandere su di noi nella luce eterna. Guida perciò i nostri passi con cura.
Nessun prezzo per te è troppo alto per condurci alla meta. Ma quelli che tu hai scelto per seguirti, per averli intorno a te un giorno presso il trono nell'eternità, ora devono restare qui con te sotto la Croce.
E' con il sangue delle loro sofferenze che devono acquistare lo splendore celeste delle anime preziose che il Figlio di Dio ha loro affidato in eredità.
Edith Stein
Con Gesù, l'uomo del primo passo

Per una riflessione sul senso della Cena del Signore, riportiamo all'omelia di don Francesco De Franco, che di recente ci ha guidato nella formazione a vivere la nostra vocazione di figlio di Dio e della Chiesa, tenuta la scorsa sera in occasione del Giovedì Santo nella sua parrocchia S. Maria Madre del Redentore.
S. GIUSEPPE SPOSO DELLA B. VERGINE MARIA

Testimonianze carmelitane su San Giuseppe
Dal "libro della Vita" di Santa Teresa d'Avila:
"Presi per avvocato e patrono il glorioso San Giuseppe, raccomandandomi molto a lui. E' cosa che riempie di stupore pensare alle straordinarie grazie elargitemi da Dio e ai pericoli da cui mi ha liberato, sia materiali sia spirituali, per l'intercessione di questo santo benedetto. Mentre ad altri santi sembra che il Signore abbia concesso di soccorrerci in una singola necessità, ho sperimentato che il glorioso San Giuseppe ci soccorre in tutte. Pertanto, il Signore vuol farci capire che allo stesso modo in cui fu a lui soggetto in terra- dove San Giuseppe, che gli faceva le veci di padre, avendone la custodia, poteva dargli ordini- anche in cielo fa quanto gli chiede"."Dovrebbero amarlo specialmente le persone che attendono all'orazione, giacché non so come si possa pensare alla Regina degli angeli nel tempo in cui tanto soffrì con Gesù Bambino, senza ringraziare San Giuseppe per essere stato loro di grande aiuto. Chi non dovesse trovare un maestro che gli insegni l'orazione, prenda questo glorioso santo per guida e non sbaglierà nel cammino".
In occasione di una festa in monastero, estraendo a sorte dei bigliettini (definiti “testamento”) a S. Teresina toccò il "Testamento di San Giuseppe":
"Figlia mia, le lascio le fiamme divine che il Santo Bambino accendeva con la sua bellezza nel mio cuore, che divenne così un braciere, una fornace del più tenero e puro amore. Voi ne parteciperete tanto più quanto più vi distaccherete da ogni affezione alle cose create. Se il vostro cuore è interamente liberato e purificato servirà da letto al Santo Bambino, che vi prenderà un beato riposo"!
Da un componimento scolastico di Santa Teresina:
" San Giuseppe! Chi oserà proclamare le sue lodi? Chi potrà riferire la sua vita e i suoi meriti? Il vangelo parlando di San Giuseppe dice una sola cosa: era un uomo giusto e timorato di Dio. Gesù ha voluto gettare un velo misterioso sulla vita di colui che chiamava padre, affinché le azioni di San Giuseppe fossero per lui solo. Ma attraverso questo velo Gesù ci permette ancora di distinguere qualche tratto della grandezza d'animo di San Giuseppe. San Giuseppe ha sempre corrisposto alle grazie divine né mai ha trovato troppo duro fare la volontà di Dio. Quale esempio di fede ci dà San Giuseppe. Appena l'Angelo gli ha detto di fuggire con Gesù e Maria, si alza e parte. La sua vita è piena di simili azioni, obbediente sempre al beneplacito di Dio".
Dal "Canto al Santo Padre Giuseppe" di Santa Teresa Benedetta della Croce:
"Con la Madre di tutte le Madri. Egli custodisce il Bambino Gesù. Tutti i bambini delle madri fedeli perciò da lui sono protetti. San Giuseppe, una ricca benedizione dona alle nostre piccole madri".
Il Definitorio ha discusso anche dell'ocds
L'ultimo documento del Definitorio Generale, riguarda anche l'Ocds.
Riportiamo il passo che ci interessa direttamente:
Del nostro Ordine fa parte anche il Carmelo Secolare (OCDS), una realtà al contempo tradizionale e moderna, che sta vivendo un momento di grande vitalità e di espansione in diverse zone del mondo. Il Definitorio, a partire dalle indicazioni di P. Alzinir Debastiani, Delegato generale per l’Ordine Secolare, ha riflettuto su alcuni temi, come il ruolo dei Consigli provinciali, la formazione, la comunicazione o gli incontri regionali. Nei prossimi giorni il P. Generale invierà una lettera su questi argomenti.
Oggi ricordiamo l'anniversario della b. Elia
Noi carmelitani scalzi e la diocesi di Bari ricordiamo oggi il decimo anniversario della beatificazione di suor Elia di San Clemente, cui abbiamo dedicato un blog , esempio di contemplazione e di nascondimento. Invitiamo i nostri lettori a seguire quello che pubblicheremo su "Il mare, un giardino e Dio" per conoscerla meglio.
Qui accanto la foto del piccolo reliquiario, preparato dalle carmelitane scalze del monastero in cui visse la giovane barese, prima beata della città e della Provincia. Il reliquiario è da ieri in peregrinatio per Chiese, Santuario e monasteri.
Gesù ci ha rivelato il Padre
Dalle carmelitane di Quart:
Gesù ha ringraziato per tutti, ha ringraziato anche per noi. […] Ebbene, a questa azione di grazie di Cristo noi siamo chiamati a partecipare, bisogna che la nostra vita lo diventi. Dipende da noi; il dono l’abbiamo già dentro. […] Che differenza tra essere dei piagnucoloni, tra essere dei rassegnati, tra essere, diremmo così, dei pessimisti, ed essere delle creature che rendono grazie. […] Non abbiamo mai sorpreso Gesù con una lamentazione sulle labbra; mai, mai. Con l’azione di grazie sì, e si spiega: Lui tutto ha capito del Padre. Anzi, nessuno dei profeti ci ha rivelato che Dio è Padre, ma solo il profeta Gesù ce lo ha rivelato; e la rivelazione della paternità di Dio ha dato il senso dell’azione di grazie alla vita.Card. Anastasio Ballestrero, ocd
Cristo e la Chiesa, segni di salvezza
Sabato 12 marzo, la nostra fraternità ha avuto un secondo appuntamento formativo con don Francesco De Franco, sacerdote della Diocesi di Roma, parroco di Santa Maria Madre del Redentore a Tor bella monaca.
Titolo dell'incontro "Cristo e la Chiesa segni di salvezza" tratto da un libro di p. Renè Latourelle, teologo gesuita e docente della Pontificia Università Gregoriana, un testo del 1980 molto importante per tutte le successive riflessioni sui segni dei nostri tempi.
La meditazione, che è possibile leggere integralmente, è stata preceduta dalla lettura del Vangelo di Giovanni - "Il paralitico di Betesda" (Gv. 5, 1-16) - e da un' importante introduzione sul valore della contestualizzazione dei brani evangelici, per comprenderne il significato profondo e non meramente letterale.
Il Vangelo di Giovanni scritto nel periodo delle persecuzioni di Domiziano è scritto per offrire consolazione e un'ottica di speranza. E' una scelta teologica.
I biblisti usano dividere il Vangelo di Giovanni in 2 libri: il libro dei segni (dal primo al dodicesimo) e il libro della gloria (Gv 21.1-21).
Dopo aver incontrato gli sposi a Cana, Nicodemo, la samaritana, Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme, da perfetto ebreo, per la festa dei Giudei. Entra laddove c'è la piscina di Betesda. Giovanni spiega che grazie al segno che Gesù compie si comprende che non è l'acqua che opera il miracolo (la piscina era considerata miracolosa quando l'acqua si agitava), ma la misericordia di Dio che s'incontra con la fede dell'uomo.
Il segno, infatti, deve necessariamente portare a Dio e riportare Cristo al centro della nostra fede.
Per aiutarci a comprendere come i veri segni di salvezza sono Cristo e la Chiesa, don Francesco ci ha poi proposto un breve excursus sulla teologia dei segni nella dottrina della chiesa con riferimento agli ultimi due concili, il Vaticano I (1870) e il Vaticano II (1959)
Qui il testo integrale della meditazione: Cristo e la Chiesa, segni di salvezza
Titolo dell'incontro "Cristo e la Chiesa segni di salvezza" tratto da un libro di p. Renè Latourelle, teologo gesuita e docente della Pontificia Università Gregoriana, un testo del 1980 molto importante per tutte le successive riflessioni sui segni dei nostri tempi.
La meditazione, che è possibile leggere integralmente, è stata preceduta dalla lettura del Vangelo di Giovanni - "Il paralitico di Betesda" (Gv. 5, 1-16) - e da un' importante introduzione sul valore della contestualizzazione dei brani evangelici, per comprenderne il significato profondo e non meramente letterale.
![]() |
L'evangelista Giovanni secondo il Correggio |
Il Vangelo di Giovanni scritto nel periodo delle persecuzioni di Domiziano è scritto per offrire consolazione e un'ottica di speranza. E' una scelta teologica.
I biblisti usano dividere il Vangelo di Giovanni in 2 libri: il libro dei segni (dal primo al dodicesimo) e il libro della gloria (Gv 21.1-21).
Dopo aver incontrato gli sposi a Cana, Nicodemo, la samaritana, Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme, da perfetto ebreo, per la festa dei Giudei. Entra laddove c'è la piscina di Betesda. Giovanni spiega che grazie al segno che Gesù compie si comprende che non è l'acqua che opera il miracolo (la piscina era considerata miracolosa quando l'acqua si agitava), ma la misericordia di Dio che s'incontra con la fede dell'uomo.
Il segno, infatti, deve necessariamente portare a Dio e riportare Cristo al centro della nostra fede.
Per aiutarci a comprendere come i veri segni di salvezza sono Cristo e la Chiesa, don Francesco ci ha poi proposto un breve excursus sulla teologia dei segni nella dottrina della chiesa con riferimento agli ultimi due concili, il Vaticano I (1870) e il Vaticano II (1959)
Qui il testo integrale della meditazione: Cristo e la Chiesa, segni di salvezza
E che cosa c'insegna s. Teresa di Gesù Bambino sul perdono?
che cosa c'insegna s. Teresa di Gesù Bambino sul perdono? Leggiamo la sua poesia divenuta anche un famoso canto che s'intona nei nostri monasteri:
Se avessi mai commesso il peggiore dei crimini,
per sempre manterrei la stessa fiducia,
poiché io so che questa moltitudine di offese
non è che goccia d'acqua in un braciere ardente.
Oh, se potessi avere un cuore ardente d'amore
che resti il mio sostegno, non m'abbandoni mai,
che ami tutto in me, persino la mia debolezza,
e non mi lasci mai, né il giorno né la notte.
Non ho trovato mai creatura capace
d'amarmi a tal punto e senza mai morire,
di un Dio ho bisogno, che assunta la mia natura
si faccia mio fratello, capace di soffrire.
Io so fin troppo bene che le nostre giustizie
non hanno ai Tuoi occhi il minimo valore,
ed io, per dare un prezzo ad ogni mio sacrificio,
gettare lo vorrei, nel Tuo divino cuore.
No, Tu non hai trovato creatura senza macchia,
dettasti la Tua legge, tra i fulmini del cielo,
e nel Tuo sacro cuore, Gesù mi nascondo,
non tremo perché sei la sola mia virtù.
S. Teresa di Gesù Bambino
(1873-1886)
Se avessi mai commesso il peggiore dei crimini,
per sempre manterrei la stessa fiducia,
poiché io so che questa moltitudine di offese
non è che goccia d'acqua in un braciere ardente.
Oh, se potessi avere un cuore ardente d'amore
che resti il mio sostegno, non m'abbandoni mai,
che ami tutto in me, persino la mia debolezza,
e non mi lasci mai, né il giorno né la notte.
Non ho trovato mai creatura capace
d'amarmi a tal punto e senza mai morire,
di un Dio ho bisogno, che assunta la mia natura
si faccia mio fratello, capace di soffrire.
Io so fin troppo bene che le nostre giustizie
non hanno ai Tuoi occhi il minimo valore,
ed io, per dare un prezzo ad ogni mio sacrificio,
gettare lo vorrei, nel Tuo divino cuore.
No, Tu non hai trovato creatura senza macchia,
dettasti la Tua legge, tra i fulmini del cielo,
e nel Tuo sacro cuore, Gesù mi nascondo,
non tremo perché sei la sola mia virtù.
S. Teresa di Gesù Bambino
(1873-1886)
“Chi è senza peccato scagli la prima pietra!
Giovanni 8,1-11
1Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. 7E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più».Il Vangelo di oggi si sofferma sul confronto tra Gesù da un lato e dall'altro gli scribi ed i farisei che cercano prove contro di lui per poterlo accusare ed eliminare. Ecco il motivo per cui, mentre sta parlando alla folla, gli portano una donna, sorpresa in adulterio, per sapere da lui se dovevano o no osservare la legge di Mosè che ordinava di lapidare un'adultera.
Durante
la lettura di Giovanni 8,1-11, cerchiamo di osservare bene gli atteggiamenti, le parole ed i gesti delle
persone che compaiono nell'episodio: gli scribi, i farisei, la donna, Gesù e la
gente.
Vediamo insieme:
Gv
8,1-2: Gesù si reca al tempio per insegnare alla folla
Gv
8,3-6a: Gli avversari lo provocano
Gv
8,6b: La reazione di Gesù, scrive per terra
Gv
8,7-8: Seconda provocazione, e Gesù, scrive ancora per terra
Gv
8,9-11: Epilogo
Perché
la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita, poniamoci alcune domande
a)
Qual’ è il punto di questo testo che ti ha colpito
maggiormente? Perché?
b) Cerca di metterti nei panni della donna: quali erano i suoi sentimenti in quel
momento?
c)
Perché Gesù cominciò a scrivere per terra con il dito?
d)
Quali sono i passi che la nostra comunità deve e può fare per accogliere gli
esclusi?
Commento del testo:
Giovanni
8,1-2: Gesù e la folla
Dopo
la discussione, descritta alla fine del capitolo 7 (Gv 7,37-52), tutti tornano
a casa (Gv 7,53). Gesù non ha una casa a Gerusalemme. Per questo si reca sul
Monte Oliveto. Lì trova un Giardino, dove è solito trascorrere la notte in
preghiera (Gv 18,1). Il giorno dopo, prima che spunti il sole, Gesù è di nuovo
nel tempio. La folla si avvicina per poterlo ascoltare. Solitamente la gente si
sedeva in circolo, attorno a Gesù e lui insegnava. Cosa mai avrà insegnato
Gesù? Sicuramente sarà stato bello, poiché giungono prima dell’aurora per
poterlo ascoltare!
Giovanni
8,3-6a: La provocazione degli avversari
Improvvisamente,
giungono gli scribi ed i farisei, e portano con loro una donna sorpresa in
flagrante adulterio. La mettono in mezzo al circolo tra Gesù e la folla.
Secondo la legge, questa donna deve essere lapidata. (Lv 20,10; Dt 22,22.24). E
chiedono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.
Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne
dici?” Era una provocazione, una trappola. Se Gesù avesse detto:
"Applicate la legge", gli scribi avrebbero detto alla folla: non è
così buono come sembra, perché ordina di uccidere la donna. Se Gesù avesse
detto: "Non uccidetela”, avrebbero detto: "Non è così buono come
sembra, perché non osserva la legge!" Sotto l’apparenza di fedeltà a Dio,
manipolano la legge e si servono di una donna per poter accusare Gesù.
Giovanni
8,6b: La reazione di Gesù: scrive per terra
Sembrava
una trappola senza uscita. Ma Gesù non si spaventa, né si innervosisce.
Piuttosto il contrario. Con calma, da persona padrona della situazione, si
inclina e comincia a scrivere per terra, con il dito. Scrivere per terra, che
significato ha? Alcuni pensano che Gesù sta scrivendo per terra i peccati degli
accusatori. Altri dicono che è un semplice gesto di chi è padrone della
situazione e non fa caso alle accuse degli altri. Ma è possibile che si tratti
anche di un atto simbolico, di un’allusione a qualcosa di molto più comune. Se
tu scrivi una parola per terra, la mattina dopo non la ritroverai, perché il
vento o la pioggia l’avranno portata via, cancellata. Troviamo un’allusione a
quanto detto in Geremia, dove si legge i nomi attribuiti a Dio sono scritti per
terra, cioè vuol dire che non hanno futuro. Il vento e la pioggia li portano
via (cf Jr 17,13). Forse Gesù vuole dire agli altri: il peccato di cui voi
accusate questa donna, Dio lo ha perdonato già con queste lettere che sto
scrivendo per terra. D’ora in poi non si ricorderanno più i peccati!
Giovanni
8,7-8: Seconda provocazione e la stessa reazione di Gesù
Davanti
alla calma di Gesù, chi si innervosisce sono gli avversari. Insistono e
vogliono da Gesù la sua opinione. Ed allora Gesù si alza e dice: "Chi di
voi è senza peccato, scagli la prima pietra!" Ed inclinandosi ricomincia a
scrivere per terra, non entra in una discussione sterile ed inutile attorno
alla legge, quando, in realtà il problema è un altro. Gesù cambia il centro
della discussione. Invece di permettere di collocare la luce della legge al
disopra della donna per poterla condannare, chiede che i suoi avversari si
esaminino alla luce di ciò che la legge esige da loro. Gesù non discute la
lettera della legge. Discute e condanna l’atteggiamento malevolo di chi
manipola le persone e la legge per difendere gli interessi che sono contrari a
Dio, autore della Legge.
Giovanni
8,9-11: Epilogo: Gesù e la donna
La
risposta di Gesù sconvolge gli avversari. I farisei e gli scribi si ritirano,
pieni di vergogna, uno dopo l’altro, “a cominciare dai più anziani”. Succede il
contrario di ciò che volevano. La persona condannata dalla legge non era la
donna, ma loro stessi che credevano di essere fedeli alla legge. Ed alla fine
Gesù rimane solo con la donna. Gesù si alza, si dirige verso di lei:
"Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata!" Lei risponde:
"Nessuno, Signore!" E Gesù: "Neanche io ti condanno! Vai, e
d’ora in pio non peccare più!" Gesù non permette a nessuno di usare la
legge di Dio per condannare il fratello o la sorella, quando lui stesso, lei
stessa è peccatore, peccatrice. Chi ha una trave nel proprio occhi, non può
accusare chi nell’occhio ha solo una pagliuzza. “Ipocrita, togli prima la trave
dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza
dall’occhio del tuo fratello” (Lc 6,42).
Questo
episodio, meglio di qualsiasi altro insegnamento, rivela che Gesù è la luce del
mondo (Gv 11,12) che fa apparire la verità. Fa vedere ciò che è nascosto nelle
persone, nel loro intimo. Alla luce della parola di Gesù, coloro che sembravano
essere i difensori della legge, si rivelano pieni di peccato e loro stessi lo
riconoscono, e se ne vanno, cominciando dai più anziani. E la donna,
considerata colpevole e meritevole della pena di morte, è in piedi dinanzi a
Gesù, assolta, redenta, piena di dignità (cf. Gv 3,19-21). Il gesto di Gesù la
fa rinascere e le restituisce dignità come donna e figlia di Dio.
Preghiamo con Simeone il Nuovo Teologo (ca 949-1022), monaco greco
Inno 45; SC 196, 103 « Neanch’io ti condanno... Io sono la luce del mondo »
O, mio Dio che ti compiaci nel perdonare, mio Creatore,
fa sorgere su di me il chiarore della tua inaccessibile luce
per colmare di gioia il mio cuore.
Ah! non irritarti! Ah! non abbandonarmi!
ma illumina la mia anima con la tua luce,
poiché la tua luce, sei tu, o mio Dio,...
Mi sono allontanato dalla via retta, dalla via divina,
e sono caduto miseramente dalla gloria che mi avevi data.
Sono stato spogliato del vestito di luce, del vestito divino,
e, caduto nelle tenebre, giaccio ormai nelle tenebre,
senza sapere che sono privo di luce...
Se hai brillato dall’alto, se sei apparso nell’oscurità,
se sei venuto nel mondo, o Misericordioso,
se hai voluto vivere con gli uomini, secondo la nostra condizione,
per amore dell’uomo,
se... ti sei detto la luce del mondo (Gv 8,12),
mentre noi non ti vediamo,
non è forse perché siamo totalmente ciechi
e più sfortunati dei ciechi, o mio Cristo?...
Ma tu, che sei in persona tutti i beni, li dai senza sosta
ai tuoi servi, a coloro che vedono la tua luce...
Chi possiede te, possiede realmente in te ogni cosa.
Non sia privo di te, Maestro! Non sia privo di te,
Creatore!
Io, l’umile straniero, non sia privo di te, Misericordioso...
Ti prego, prendimi con te,
anche se ho moltiplicato i peccati più che tutti gli uomini.
Accogli la mia preghiera come quella del pubblicano (Lc 8,13),
come quella della peccatrice della città (Lc 7,38), Maestro, anche se non piango come lei...
Non sei forse sorgente di pietà, fonte di misericordia,
e fiume di bontà: a questo titolo, abbi pietà di me!
Sì, tu che hai avuto le mani e i piedi inchiodati sulla croce,
e il cui fianco è stato trafitto dalla lancia, o Compassionevole,
abbi pietà di me e strappami dal fuoco eterno...
In quel giorno, possa essere senza condanna davanti a te
per essere accolto nella tua sala di nozze
dove condividerò la tua felicità, mio buon Maestro,
nella gioia inesprimibile, per tutti i secoli. Amen.
A scuola di spiritualità con Elia di San Clemente
Si è svolto sabato 5 marzo, a Napoli, nella sede del monastero dei Ponti Rossi, l’incontro "Elia di San Clemente. Innamorata del mare e immersa nell'amore di Dio" organizzato dalla nostra fraternità per ricordare la beata Elia di San Clemente, nel decennale della sua beatificazione avvenuta a Bari il 18 marzo 2006.
All’incontro hanno partecipato alcuni rappresentanti delle comunità secolari della Campania e numerosi fedeli frequentatori del monastero delle carmelitane scalze dei SS. Teresa e Giuseppe.

Al termine della lettura p. Andrea L'Afflitto, ocd ha presentato la figura e la spiritualità della beata Elia, integrando la sua riflessione con immagini, testi e musiche.
E' stato un viaggio nei luoghi, nel pensieri e nella vita di questa giovane carmelitana scalza capace, già da piccolina, di contemplare la natura e di scorgervi l'immensità del Creatore. L'ultimo filmato sulle note di un canto dedicato a suor Elia, ha riproposto il dipinto fatto per la beatificazione che ritrae Suor Elia in Compagnia della Beata Giuseppina. Intorno a loro tutta la simbologia carmelitana (il giardino, i gigli, le lampade nelle mani delle due vergini il volto di Cristo sulla Sindone)
La serata si è conclusa anche con alcuni interventi dei presenti che hanno chiesto a p. Andrea di approfondire alcuni aspetti che avevano colpito l’attenzione. E’ stata l’occasione non solo per conoscere la figura di Elia di San Clemente in maniera più approfondita, ma anche di fissare ancora una volta i punti salienti di una spiritualità condivisa da monache, frati e laici.
A conclusione dell'incontro è stata distribuita ai presenti un' immagine, realizzata dall’ocds dei Ponti Rossi, con una frase di Elia San Clemente che racchiude il senso di tutte le vocazioni, soprattutto quella laicale “Bisogna saper fiorire dove il Signore ci ha seminati”.Presto la b. Elisabetta sarà santa!
Ieri, 3 marzo, il Santo Padre ha ricevuto in udienza privata Sua Eminenza il card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’udienza Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione a promulgare, tra gli altri i decreti riguardanti:
il miracolo, attribuito all’intercessione della Beata Elisabetta della Trinità (al secolo: Elisabetta Catez), Monaca professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi; nata il 18 luglio 1880 e morta il 9 novembre 1906;
il miracolo, attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Maria-Eugenio di Gesù Bambino (al secolo: Enrico Grialou), Sacerdote professo dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, Fondatore dell’Istituto Secolare di Nostra Signora della Vita; nato il 2 dicembre 1894 e morto il 27 marzo 1967
E' tornata in cielo la mamma di p. Roberto
La Fraternità dei SS. Giuseppe e Teresa ai Ponti Rossi si stringe a p. Roberto Fornara per la perdita della cara mamma.
Iscriviti a:
Post (Atom)