Amore per il SS. Sacramento
Memoria liturgica: 14 giugno
Madre Maria Candida dell'Eucaristia, al secolo Maria Barba, nacque a Catanzaro il 16 gennaio 1884 e visse a Palermo, dove fu trasferito il padre, magistrato. Era la decima di 12 figli. Il 3 aprile del 1894 fece la Prima Comunione. Benché fosse una bambina capricciosa e vanitosissima, questo momento fu la chiave di volta della sua vita. Aveva già da piccola il desiderio di nutrirsi di Gesù. Tanto che aspettava la mamma di ritorno dalla Messa come racconta“Quand’ero ancora piccina e ancora non mi era stato dato Gesù, accoglievo la mamma mia dal ritorno della S.ma Comunione, quasi alla soglia di casa, e spingendo i piedi per arrivare fino a lei, le dicevo: ‘a me pure il Signore!’. Mamma s’abbassava con affetto e fiatava sulle mie labbra; io subito la lasciavo e, incrociando e stringendo le mani sul petto, piena di gioia e di fede, ripetevo, saltellando: ‘io pure ho il Signore! Io pure ho il Signore!” Così la mamma aveva saputo avvicinarla con semplicità al grande Mistero Eucaristico. La sua famiglia era, infatti, profondamente credente (del padre diceva: Era commovente vederlo, la sera, dopo un giorno intenso di lavoro e preoccupazione per la decisione di gravi sentenze in tribunale, prendere fra le mai la corona del Rosario e recitarla, scoprendosi il capo nelle Litanie e della mamma che era soprannominata “la donna della carità”).
La vocazione di Maria si manifestò chiaramente verso il 1899. Aveva 15 anni ma solo nel 1919 poté entrare in monastero. Inizialmente fu terziaria francescana. Verso i 18 anni, nel 1902, maturò in lei la devozione per Gesù Eucaristia e questa consapevolezza del Mistero di un Dio che sceglie di rimanere in mezzo a noi (che divenne la caratteristica della sua spiritualità) nacque dopo un episodio. Arrivata tardi in Chiesa per la celebrazione della Messa, Maria stava per far ritorno a casa, quando fu fermata da una donna che le disse “Perché non entra nella sagrestia per fare almeno una visitina a Gesù”? In seguito Madre Maria Candida disse che così apprese la vita di Gesù nel tabernacolo e questa cosa entrò nella sua mente e nel cuore. Alla comunione che cercava di fare quotidianamente affiancò la visita a Gesù nel Tabernacolo. Durante un ritiro spirituale, ebbe il permesso dal suo confessore di emettere il «voto di verginità» da rinnovare ogni tre mesi. Sentiva sempre più forte il bisogno di stare davanti al Tabernacolo e di comunicarsi ma per tre mesi fu costretta a privarsene, poiché il padre si era gravemente ammalato. Il 21 giugno del 1904 il padre morì. In obbedienza al direttore spirituale, iniziò la stesura della sua Confessione generale (che scrisse fino al 1918 e che testimoniò anche il periodo di depressione, inseguito alla “malattia degli scrupoli” che la lasciò nel 1913).
Per Maria fu difficile l’approdo alla vita consacrata, soprattutto dopo la morte dei genitori. Siamo agli inizi del Novecento, la donna è relegata in casa. Maria, come tutte, aveva interrotto gli studi a 14 anni. Pensò di orientarsi verso le suore della Visitazione, ma poi scelse le Carmelitane. Solo il 25 settembre 1919, a 35 anni, poté entrare fra le Carmelitane Scalze di Ragusa, su consiglio dell’arcivescovo di Palermo Lualdi. Il distacco dalla famiglia di cui era stata il sostegno, fu straziante, i fratelli (che avevano anche cercato di impedirle di frequentare la Chiesa per raffreddare il suo sogno di farsi religiosa) non andarono neppure a salutarla quando partì da Palermo. Questo dolore non la fece desistere. Spesso ci si chiede come di fronte alle difficoltà, una persona riesca a non mollare. E’ la Grazia di Dio a sostenerla e ad attirarla. Da parte della persona c’è il desiderio di corrispondere alle attese di Dio, a un progetto che sente poter ben calzare sulla propria vita, ma da sola non ce la farebbe mai. Le parole di Maria sono illuminanti in questo senso: “Quella spaventosa clausura mi sarebbe apparsa una cosa tanto semplice, blanda, nel disprezzo di ogni cosa per l’amore di Lui, con Lui. Com’è facile ogni cosa alla Sua potenza! Sta a Lui disporre totalmente dei nostri cuori, delle nostre volontà, e può fare in un solo istante”. Oltre al Vangelo di Luca che può tornarci alla memoria, quando l’Angelo dice a Maria di Nazaret “Nulla è impossibile a Dio”, leggendo questa frase di Maria Candida, riecheggiano le parole di Teresa di Gesù, quando scrive nel Libro della Vita delle grazie che il Signore può concedere in un attimo.
L’attesa è stata per Maria Barba tempo d’esercizio di pazienza e di obbedienza, ma soprattutto di abbandono in Dio. E’la prova di come Dio alleni alla vita religiosa o a qualsiasi vocazione la persona che chiama. E questo allenamento, guardando la propria vita a ritroso è indiscutibile. Scrive infatti Maria: “Ero superba nel parlare, sprezzante, a volte altera con le sorelle o con le persone di servizio; usavo spesso parole pungenti, offensive, che mettevano in luce i loro difetti. Gesù però interveniva spesso, facendomi subire delle belle umiliazioni o togliendomi quelle cose che avrebbero potuto farmi insuperbire”.La vita di postulante non fu facile per lei, sia perché cagionevole sia per il suo carattere (il cibo frugale, la levata alle 4,30 del mattino, la vita in comune e l’adeguarsi ai differenti caratteri delle consorelle le costarono sacrifici testimoniati da alcune pagine dei suoi diari) ma non trapelò mai. Il 16 aprile 1920 iniziò il Noviziato con il nuovo nome di Maria Candida dell’Eucaristia. Nel ritiro che aveva preceduto questo giorno, Maria aveva chiesto al Signore un nome indicante purezza a conferma del perdono per i peccati commessi in gioventù. Per lei ricevere quel nome dalla Priora fu la risposta di “Gesù Ostia” e anche il suo programma di vita nel Carmelo. Il 17 aprile 1921 dopo emise i primi voti e il 23 aprile 1924 quelli solenni. Benché fossero passati solo pochi mesi dai voti, fu eletta priora con una speciale dispensa il 10 novembre 1924 e fu per tre anni maestra delle novizie, carica che le fu confermata ripetutamente nel 1927, 1933, 1937, 1940, 1944. Negli anni 1930-33 ebbe il compito di sagrestana e maestra delle novizie; restaurò tre antichi monasteri in Sicilia e fu l’artefice del ritorno dei Carmelitani Scalzi nel 1946 nell’isola.
Come priora nei primi tempi ebbe difficoltà, soprattutto con i parenti delle monache per il rigore nelle visite e nell’uso del velo. Molti protestarono con i Superiori e il generale P. Guglielmo di S. Alberto la invitò a essere meno severa. Madre Maria Candida si sottomise alla volontà del Generale che rappresentava la volontà di Dio. Fu solo uno degli episodi che misero in difficoltà la giovane Priora. Tra le monache anche le poche non convinte delle novità introdotte dalla Madre piano piano le si affezionarono. A loro Maria Candida ripeteva spesso: “è una volta sola che si lavora per essere perfette: questo lavoro si fa in questa vita … Non perdiamo tempo!”. Spesso lasciava loro dei bigliettini con consigli, ammonizioni del tipo “Del nostro prossimo o parli bene o niente!”
corso della sua vita nel Chiostro visse due eventi importanti per il Carmelo e per la Chiesa: il 17 maggio del 1925 fu canonizzata Teresa di Lisieux di cui nel 1912 aveva letto Storia di un’anima, avvicinandosi per la prima volta al Carmelo di Palermo. Il 19 marzo del 1934 è canonizzata un’altra carmelitana, italiana: Teresa Margherita Redi.Dal 1947 benché la comunità la volesse Priora, fu designata fondatrice del Carmelo di Siracusa (che avviò senza poterne vedere la realizzazione) e ritornò a vivere la vita del chiostro. Nel 1949 fu colpita da un carcinoma al fegato. Morì, dopo atroci spasmi e sofferenze, il 12 giugno 1949, nella Solennità della SS. Trinità.
Come priora nei primi tempi ebbe difficoltà, soprattutto con i parenti delle monache per il rigore nelle visite e nell’uso del velo. Molti protestarono con i Superiori e il generale P. Guglielmo di S. Alberto la invitò a essere meno severa. Madre Maria Candida si sottomise alla volontà del Generale che rappresentava la volontà di Dio. Fu solo uno degli episodi che misero in difficoltà la giovane Priora. Tra le monache anche le poche non convinte delle novità introdotte dalla Madre piano piano le si affezionarono. A loro Maria Candida ripeteva spesso: “è una volta sola che si lavora per essere perfette: questo lavoro si fa in questa vita … Non perdiamo tempo!”. Spesso lasciava loro dei bigliettini con consigli, ammonizioni del tipo “Del nostro prossimo o parli bene o niente!”
corso della sua vita nel Chiostro visse due eventi importanti per il Carmelo e per la Chiesa: il 17 maggio del 1925 fu canonizzata Teresa di Lisieux di cui nel 1912 aveva letto Storia di un’anima, avvicinandosi per la prima volta al Carmelo di Palermo. Il 19 marzo del 1934 è canonizzata un’altra carmelitana, italiana: Teresa Margherita Redi.Dal 1947 benché la comunità la volesse Priora, fu designata fondatrice del Carmelo di Siracusa (che avviò senza poterne vedere la realizzazione) e ritornò a vivere la vita del chiostro. Nel 1949 fu colpita da un carcinoma al fegato. Morì, dopo atroci spasmi e sofferenze, il 12 giugno 1949, nella Solennità della SS. Trinità.
Ebbe sia in vita sia dopo, una fama di santità eccezionale, che con tante grazie attribuite alla sua intercessione, fecero introdurre la causa per la sua beatificazione il 15 ottobre 1981 e fu beatificata da Giovanni Paolo II il 21 marzo 2004. Il miracolo riconosciuto anche perché meglio documentato fu la guarigione di Sr. Maria Margherita da un eczema purulento a un piede. Era stata l’infermiera di Madre Candida e nella notte successiva alla morte della beata guarì definitivamente dal suo male. Il corpo di Madre Maria Candida era ancora esposto nel coro. Il 16 luglio 2007, giorno della Solennità della B. Vergine del Monte Carmelo si è aperto il processo diocesano sul presunto miracolo eucaristico attribuito alla sua intercessione. La sua memoria liturgica è il 14 giugno, stesso giorno in cui il Carmelo ricorda S. Eliseo.
L’AMORE PER L’EUCARISTIA “Questo è il patto che ho fatto con Gesù: che in ogni chiesa del mondo cattolico, ovunque sia un tabernacolo, ovunque sia Lui sacramentato, il mio cuore resti con Lui, per rendergli amore, lode, riparazione, fino alla consumazione dei secoli” Per chi desidera affidarsi a lei per qualche intercessione, sicuramente la più immediata da chiedere è proprio l’amore per l’Eucaristia.
“Concedimi, o Gesù, anime che si comunichino per amore e con amore, che facciano il possibile per dare tempo, il più che possono, al rendimento di grazie, e io ti darò, o Diletto, in breve anime appassionate, ferme nel dono di sé e sinceramente date al lavoro per la propria santificazione”.Oggi il pensiero va anche a tanti oltraggi fatti ai Tabernacoli, all’Eucaristia. E’ attualissima l’intuizione di diventare attraverso il desiderio e la preghiera la custode, la lampada sempre accesa di fronte a tutti quei tabernacoli abbandonati, davanti ai quali non si inginocchia nessuno o si passa per onorare la statua di un santo senza rendersi conto che nel Tabernacolo c’è Gesù vivo.
Benché maturata nell’Ottocento siamo di fronte a una spiritualità che rifiuta il bigottismo e per la sua passionalità può sembrare imbarazzante, ma anche in questo è figlia di Teresa. Il suo amore per Gesù coinvolge ogni suo senso. Quando sosta davanti al Tabernacolo quasi incrocia lo sguardo di Cristo.
“Anche quand’Egli si nasconde, anche quando l’impotenza e la distrazione mi flagellano, anche quando il mio fisico soffre, anche sotto la stretta di un dolore o di vere sofferenze, io non so, non posso, non voglio lasciarlo, sia che il tempo sia a mia disposizione, o se la Regola m’impone il coro. Gesù, Gesù mio come lasciarti? Tu sei là per noi, per me: anche inutile, anche fredda, purché io stia là ove sei Tu, purché Tu mi veda!”.E qui sembra di sentire la poesia di Teresa di Lisieux “Gesù mia gioia”: Quando il Cielo azzurro diventa scuro/e sembra abbandonarmi/ La mia gioia, è di restare nell'ombra/di nascondermi, abbassarmi/La mia gioia, e la Volontà Santa/ di Gesù mio unico amore/Così vivo senza alcun timore. E come per Teresa d’Avila la preghiera e l’amore per l’Eucaristia non restano chiusi nel suo cuore. Scrive la B. Maria Candida: “La preghiera è il mezzo sovrano d’apostolato, essa sola arriva a tutto e a tutti; essa sola attira con sicurezza la grazia, poiché Gesù è fedele e ha promesso tutto alla preghiera” Frutto è l’amore all’altro. L’amore quasi passionale per Gesù non può esaurirsi in questo sentimento ma diventa esigenza profonda di dare sostegno alle necessità dell’altro, diventa zelo per la salvezza delle anime, con tutta la tenerezza, la comprensione e la capacità di donarsi di cui si è capaci .
(Stefania ocds)
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