LE PAROLE DEL PAPA


Il Papa, al termine dell’udienza generale di mercoledì 30 maggio 2012 (udienza quanto mai gremita di fedeli che hanno manifestato tutto il loro affetto per Benedetto XVI), ha detto con pacata risolutezza:

 Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia ed i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove, la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino. Si sono moltiplicate, tuttavia, illazioni, amplificate da alcuni mezzi di comunicazione, del tutto gratuite e che sono andate ben oltre i fatti, offrendo un’immagine della Santa Sede che non risponde alla realtà. Desidero per questo rinnovare la mia fiducia, il mio incoraggiamento ai miei più stretti collaboratori e a tutti coloro che quotidianamente, con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio mi aiutano nell’adempimento del mio ministero”.

Queste le parole del Papa che ha ripreso il tema della consolazione nelle prove, approfondito nel corso della catechesi in cui ha commentato la seconda lettera di San Paolo ai Corinzi (2Cor 1,3-14.19-20), applicandolo agli eventi di questi giorni. Traiamone un grande insegnamento, per la nostra vita. E nello stesso tempo dobbiamo imparare a considerare la Chiesa "guidata dallo Spirito Santo", impariamo a testimoniare l'immagine vera della Chiesa. E accogliamo anche noi il messagio che il Papa ha lanciato a chiusura del suo breve intervento: per la Chiesa e per sostenere il ministero del Papa si lavora "con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio". Direbbe S. Teresa che occorre discrezione in tutto. E rispetto.

PRUDENTI E OBBEDIENTI: SOLO DIO BASTA

Ve n’era una (monaca n.d.r.)  non meno virtuosa di quelle anzidette; ella, per effetto di molte discipline e digiuni, era giunta a tale grado di debolezza da cadere subito a terra ogni volta che si comunicava o che aveva motivo d’accendersi di devozione, e così restava otto o nove ore, convinta, come tutte le altre, che si trattasse d’un rapimento. Questo le accadeva tanto spesso che, se non vi si fosse posto rimedio, credo ne sarebbe derivato un gran male. La fama di tali rapimenti si era sparsa in tutta la città; io ne ero afflitta, perché il Signore volle farmi capire, per sua grazia, di che si trattava e mi chiedevo con timore dove ciò sarebbe andato a finire.
Il suo confessore, che era come un padre per me, venne a raccontarmi quanto accadeva. Io gli dissi quello che ne pensavo: vale a dire come fosse una perdita di tempo, essendo impossibile che si trattasse di rapimenti, ma solo di effetti della debolezza naturale. Gli consigliai di proibirle i digiuni e le discipline e di obbligarla a distrarsi. Ella era obbediente e adempì i suoi ordini. Dopo breve tempo, man mano che andò riacquistando le forze, non ci fu più alcun segno di rapimenti, mentre se si fosse trattato realmente di essi, nessun rimedio sarebbe stato utile a farli cessare, fino a quando il Signore non avesse voluto porvi termine. La forza dello spirito è, infatti, così grande, che le nostre energie non bastano a opporre una resistenza; inoltre, come ho detto, lascia grandi effetti nell’anima, mentre in caso diverso non ce ne sono altri, proprio come se non fosse avvenuto nulla all’infuori di una grande spossatezza fisica.
(...) in simili cose non siamo noi a dover essere giudici di noi stessi. Dev’esserlo colui che ha le chiavi per sciogliere e legare. Piaccia al Signore di darci luce per capire come comportarci in questioni di tanta importanza e di assisterci sempre con il suo aiuto, affinché dalle grazie che ci concede non ricaviamo motivo di dispiacergli.

(Teresa di Gesù, Fondazioni 6).

L'ATTUALITA' DI QUESTO TESTO

Anche in questo caso la nostra santa  Madre c'insegna l'importanza di un serio discernimento e consiglia l'accompagnamento spirituale. L'ultima parola, infatti, spetta sempre alla Chiesa. A distanza di cinquecento anni, per noi che seguiamo i suoi passi, non deve sembrare anacronistica questa pagina delle Fondazioni. Probabilmente non abbiamo come lei occasione di essere circondate da persone inclini a certe manifestazioni mistiche, ma la "discrezione" che Teresa di Gesù ci spiega è d'obbligo sia nei confronti del nostro cammino nell'orazione sia nei confronti di "fenomeni" mistici con cui possiamo venire a contatto. Fondamentale è conoscere che cosa prevede la Chiesa, a chi bisogna rivolgersi.

In questi casi il discernimento spetta alla Chiesa, ma se in passato le Norme per il discernimento su apparizioni o rivelazioni private erano state inviate ai soli Vescovi, oggi la Congregazione per la Dottrina della Fede (che si occupa della promozione e della tutela della dottrina della fede e della morale, è anche competente per l’esame di casi di pseudo-misticismo) ha pubblicato le suddette norme emanate nel 1978.
"Il Documento, - spiega il cardinale William Levada, Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede deliberato -  fu approvato dal Servo di Dio Papa Paolo VI il 24 febbraio 1978 (...)  Oggi bisogna riconoscere che i principali contenuti di questo importante provvedimento normativo sono di pubblico dominio. Questa Congregazione per la Dottrina della Fede ha ritenuto pertanto opportuno pubblicare le suddette Norme, provvedendo ad una traduzione nelle principali lingue. La attualità della problematica di esperienze legate ai fenomeni soprannaturali nella vita e nella missione della Chiesa è stata rilevata anche recentemente dalla sollecitudine pastorale dei Vescovi radunati nella XII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nell’ottobre 2008. Tale preoccupazione è stata raccolta dal Santo Padre Benedetto XVI, inserendola nell’orizzonte globale dell’economia della salvezza, in un importante passaggio dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale Verbum Domini".

FISSARE LO SGUARDO UNICAMENTE IN CRISTO

Il passo della Verbum Domini a cui fa riferimento il cadinale William Levada è quello in cui il Pontefice, suggerendo di dare una conveniente attenzione a quei fenomeni soprannaturali, cita il nostro padre fondatore Giovanni della Croce:
«La Chiesa esprime la consapevolezza di trovarsi con Gesù Cristo di fronte alla Parola definitiva di Dio; egli è "il Primo e l’Ultimo" (Ap 1,17). Egli ha dato alla creazione e alla storia il suo senso definitivo; per questo siamo chiamati a vivere il tempo, ad abitare la creazione di Dio dentro questo ritmo escatologico della Parola; "l’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo (cfr 1 Tm 6,14 e Tt 2,13)" (Dei Verbum, 4). Infatti, come hanno ricordato i Padri durante il Sinodo, la "specificità del cristianesimo si manifesta nell’evento Gesù Cristo, culmine della Rivelazione, compimento delle promesse di Dio e mediatore dell’incontro tra l’uomo e Dio. Egli ‘che ci ha rivelato Dio’ (Gv 1,18) è la Parola unica e definitiva consegnata all’umanità" (Propositio 4). San Giovanni della Croce ha espresso questa verità in modo mirabile: "Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola e non ha più nulla da dire ... Infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l’ha detto tutto nel suo Figlio, donandoci questo tutto che è il suo Figlio. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità" (Salita al Monte Carmelo, II, 22)».

Tenendo presente quanto sopra, il Santo Padre Benedetto XVI rileva:
«Il Sinodo ha raccomandato di "aiutare i fedeli a distinguere bene la Parola di Dio dalle rivelazioni private" (Propositio 47), il cui ruolo "non è quello... di ‘completare’ la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 67). Il valore delle rivelazioni private è essenzialmente diverso dall’unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa, Dio stesso parla a noi.

Come riconoscere se una rivelazione viene da Dio?

«Il criterio per la verità di una rivelazione privata è il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da Lui, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del Vangelo e non fuori di esso. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché rimanda all’unica rivelazione pubblica. Per questo l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione. (cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Il messaggio di Fatima, 26 giugno 2000: Ench. Vat. 19, n. 974-1021)».


QUELL'ALLEGRO SCAMPANELLIO



Il 24 agosto 1562 un allegro scampanellio annunciò a tutta la città di Avila la nascita di un nuovo monastero. C’ erano già 11 monasteri carmelitani in Spagna, ma questo che nasceva era il primo frutto della  grande riforma teresiana: il monastero di San Giuseppe, in cui le prime 4 novizie vestirono l’abito delle  carmelitane scalze.
 
Qui arrivò anche Teresa nel luglio successivo e si racconta che dopo essersi fermata nella Chiesa di san Vincenzo si tolse le scarpe ed entrò in monastero a piedi nudi. Quello di San Giuseppe fu il primo di sedici monasteri fondati nei successivi vent’anni, fino cioè alla morte di Teresa di Gesù.
 Nel Congresso sul Libro della Vita tenutosi nell'estate 2010 nella Cities di Avila,  di p. Teófanes Egido tenne una conferenza centrata sul senso ecclesiale e sociale della fondazione di San Giuseppe, due aspetti strettamente uniti fra loro. Si trattava per Teresa di una società sacralizzata. Il relatore fece riferimento alla migliore documentazione a disposizione sul monastero di S. Giuseppe: i capitoli dal 32 al 36 della Vita e il libro delle Fondazioni (F. 9,3); nonché la storia del monastero di San Giuseppe di P. Ruano, dal 1562 al 1568 è una sorta di enciclopedia in otto volumi. Esiste una bibliografia molto ricca a proposito. Dalla lettura di questi documenti si può seguire come Teresa progettò un monastero di clausura con poche monache, ispirato alla povertà francescana (che apprese dal suo confessore S. Pietro di Alcantara). Confortata dalle rivelazioni private che le donava il Signore, Teresa era così guidata nella realizzazione della sua prima fondazione. Decise di organizzare tutto con un estremo rigore, con il nascondimento, la penitenza e l’orazione. Tra le novità anche una statua di Maria e una di San Giuseppe come “custodi” delle porte del monastero: una novità rispetto agli altri monasteri (Vita 32,11). Cominciarono le persecuzioni a Teresa, nel monastero dell’Incarnazione. P. Teófanes ha ricordato che Teresa procedette in segreto per poter disporre della casa dove fondare il 24 agosto del 1562 il suo primo monastero. La santa rivelò le difficoltà che dovette superare (Vita 36,9). Furono lunghi mesi si sofferenza e silenzio. Ne parlò nella Vita con molta delicatezza l’opposizione anche di alcuni suoi confessori (Vita 33,7), la mancanza di un conforto amico, il pericolo dell’Inquisizione.

TERESA, NOI SCALZI E LA PREGHIERA PER LA CHIESA

Il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi ha oggi affermato che “l’attività di indagine avviata dalla Gendarmeria" sulla diffusione di documenti riservati vaticani "secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia, ha permesso di individuare una persona in possesso illecito" di tale materiale. “Questa persona – ha aggiunto il direttore della Sala Stampa vaticana - si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti”.

Non vogliamo commentare. Non ci compete.
Nonostante tutto miri a screditare l'unità e il volto della Chiesa dobbiamo fare la nostra parte: innanzitutto continuare a credere che insieme alla zizzania i fili di grano dorato crescono numerosi, quindi essere fieri di far parte della Chiesa di Cristo. Infine chiediamoci: Che cosa avrebbe fatto oggi Teresa di Gesù, così sensibile a quanto ai suoi tempi, sporcava il volto della Chiesa e, in particolare, degli ordini religiosi?
Teresa d'Avila ci chiederebbe di pregare per la Chiesa e i suoi "capitani".
Sentiamo rivolte anche a noi le parole con cui spronò le sue figlie del monastero di san José: "Procuriamo di essere tali che le nostre orazioni servano ad aiutare questi servi di Dio i quali, a prezzo di tante fatiche, si sono fortificati con dottrina, virtù e difficile prove, per venire ora in aiuto del Signore... Credete voi, figlie mie, che ci voglia poca virtù per trattare con il mondo, vivere in mezzo al mondo, occuparsi degli affari del mondo, conformarsi, come ho detto, alle conversazioni del mondo, ed essere interiormente estranei al mondo, nemici del mondo, vivendo in esso come chi vive in esilio e, infine, non essere uomini, ma angeli? Se, infatti, non fosse così, non meriterebbero il nome di capitani, e allora il Signore non permetta che escano dalle loro celle, perché faranno più male che bene. Non è, infatti, questo il tempo che consenta di scorgere imperfezioni in coloro che devono essere di esempio." (Cammino di perfezione 3,2-3)

Anche il Santo Padre proprio durante una delle recenti udienze generali ha sottolineato che "l’episodio della liberazione di Pietro raccontato da Luca ci dice che la Chiesa, ciascuno di noi, attraversa la notte della prova, ma è la vigilanza incessante della preghiera che ci sostiene. Anche io, fin dal primo momento della mia elezione a Successore di san Pietro, mi sono sempre sentito sorretto dalla preghiera di voi, dalla preghiera della Chiesa, soprattutto nei momenti più difficili".

E di sicuro il Papa ci chiede oggi di pregare non solo per Lui, ma anche per tutti quanti operano nella Chiesa, affinchè siano fedeli e nella verità.

Ricordiamo sempre di trasformare ciò che viviamo e di cui siamo testimoni in materia del nostro quotidiano dialogo con Dio  (cfr. art. 22 Costituzioni OCDS) 


ESERCIZI SPIRITUALI
E CORSI ESTIVI NELLA PROVINCIA NAPOLETANA

Dal 21 al 14 giugno si svolgeranno a Nusco, nella casa di spiritualità dei PP. Carmelitani Scalzi, gli esercizi spirituali per le Fraternità della Provincia sul tema “Come incarnare la Parola di Dio oggi a partire dall’esperienza di S. Teresa di Gesù”, relatrice Chiara Vasciaveo, carmelitana. 
Per le meditazioni utilizzeremo una sala adiacente alla Cappella privata della casa di spiritualità.  E’ garantita per tutto il periodo l’assistenza spirituale di almeno due padri carmelitani. Domenica 24 giugno sarà presente anche il Superiore Provinciale. 

    Il corso estivo, invece, dal  promosso dal Centro di Spiritualità SS. Annunziata di Maddaloni (Caserta) in collaborazione con l’Istituto Diocesano di Animatori musicali della Liturgia di Bari e Universa Laus (area italiana) con la direzione di Mons. Antonio Parisi, si svolgerà dal 2 al 7 luglio. Nasce dall’esigenza di offrire anche nell’Italia centro meridionale un esempio di “professionalità” liturgica, creando una competenza al servizio della liturgia, nell’ottica della ministerialità
Il corso prevede due livelli:
Ucorso base (età minima 16 anni compiuti) che porta ad acquisire gli elementi musicali di base (laboratori di Liturgia, Lettura della Musica, Vocalità, Repertorio).
Un corso di I livello ( età minima 18 anni compiuti) destinato a chi ha già seguito un corso base o possiede già alcune basilari competenze musicali. Esso comprende laboratori di: Liturgia, Guida del
Canto dell’Assemblea e/o Direzione di coro, Vocalità, Repertorio. Per ulteriori informazioni clicca qui.

TUTTO COMINCIO' QUEL 24 AGOSTO1562

Oggi lo chiamano il Monastero della Madre: è la prima fondazione del Carmelo teresiano. Fu inaugurato il 24 agosto 1562 da Teresa di Gesù, con l'intento di stabilire un nuovo stile di vita ispirato alla Regola primitiva donata ai primi eremiti del monte Carmelo da Sant'Alberto di Gerusalemme e approvata nel 1247 dal Papa Inocenzo IV. La Regola che si osservava al monastero dell'Incarnazione dov'era originariamente Teresa d'Avila era stata modificata da una Bolla di mitigazione il 15 febbraio 1432
Pensando a quello che avrei potuto fare per Iddio - scrisse infatti nel libro della Vita, Teresa - vidi che anzitutto dovevo corrispondere ai doveri della mia vocazione religiosa, osservando la mia Regola con ogni possibile perfezione" .
La storia di questa prima grande fondazione - a cui è stato dedicato il  sito www.sanjosedeavila.es - è raccontata dalla stessa Teresa di Gesù nel Libro della Vita, dal capitolo 32 al capitolo 36. Anche dal Cammino di perfezione si può ricostruire il clima che si respirava in questa prima comunità che rappresenta la prima scuola di spiritualità animata da Teresa; quella in cui la riformatrice del Carmelo ebbe l'opportunità di trattare con la maggior parte delle figure spirituali più importanti: San Pedro de Alcantara, Juan de la Cruz, Domingo Banez...
Proprio nel Cammino di perfezione la santa scrisse: "Se sulla terra vi può essere il paradiso, esso è in questa casa: vita felicissima conducono infatti le anime che, disprezzando ogni propria soddisfazione, non pensano che a contentare il Signore. Ma quelle che qui cercassero altra cosa, non solo non la troverebbero, ma perderebbero tutto" (Cammino, 13,7
L'attuale convento de San José è nato sulle fondamenta della costruzione primitiva che fece edificare la Santa e l'11 maggio 1968 ottenne il titolo di monumento storico-artistico con un decreto. Un valore dovuto anche al museo teresiano che conserva alcune opere e diverse reliquie della santa di Avila.
Il primo novembre del 1982 il monastero fu visitato dal b. Giovanni Paolo II che disse "Qui ad Avila, con la fondazione del monastero di san Giuseppe, a cui sono seguite le sue altre 16 fondazioni, si è compiuto un disegno di Dio per la vita della Chiesa. Teresa di Gesù fu lo strumento provvidenziale, la depositaria di un nuovo carisma di vita contemplativa, che avrebbe prodotto tanti frutti."


PER RIFLETTERE SULL'IDENTITA' DELL'OCDS

Una delle figure più lungimiranti del Carmelo teresiano è stata senza dubbio quella del cardinale Anastasio Ballestrero, che alla fine degli anni Settanta, mentre il Terz’ordine si trasformava in Ordine Secolare dei Carmelitani scalzi propose una serie di meditazioni sull’Ocds, poi raccolte nel volumetto “Partecipi di uno stesso carisma”.  Riflessioni che derivavano in lui non soltanto dall’esperienza ultradecennale come Generale dei Carmelitani scalzi.  Uno squarcio grande, nel silenzio della sua vita – scrisse, infatti, del decennale della sua morte p. Luigi Gaetani, Superiore della Provincia Napoletana dei Carmelitani Scalzi - è rappresentato sicuramente dall’ esperienza che visse come formatore di religiosi e religiose, di sacerdoti e laici, attraverso la predicazione”,
Vi proponiamo un passaggio di p. Anastasio Ballestrero che può aiutarci nella riflessione propostaci dal nostro padre Generale, soprattutto a proposito della “cura della vocazione”:

“…  sono convinto che il rapporto fra il Primo Ordine e Terz’Ordine è un rapporto vivificante che aiuta, evidentemente, il terzo Ordine ad essere ciò che è, perché senza il rapporto col Primo Ordine evidentemente si svigorisce e si anemizza; ma aiuta anche il Primo Ordine ad essere quello che è, perché lo aiuta ad una verifica, ad un ripensamento costante, per quegli adeguamenti che sono inevitabili. Infatti i carismi spirituali sono autentici nella misura in cui  sono vivi e non sono cristallizzati in forme inerti e in situazioni immobili”.
 
 

L’ASCENSIONE DI GESU’ e LA SALITA AL  MONTE CARMELO


La preghiera del Regina Coeli è stata preceduta  da una riflessione del Papa sull'Ascensione nel corso della quale è stato citato un passo della Salita al Monte Carmelo. 
l'immagine è tratta da un dipinto
di p. Vincenzo Caiffa ocd

 (…) Cari amici - ha detto  il santo Padre  - l’Ascensione ci dice che in Cristo la nostra umanità è portata alle altezze di Dio; così, ogni volta che preghiamo, la terra si congiunge al Cielo. E come l’incenso, bruciando, fa salire in alto il suo fumo, così, quando innalziamo al Signore la nostra fervida e fiduciosa preghiera in Cristo, essa attraversa i cieli e raggiunge Dio stesso, viene da Lui ascoltata ed esaudita.

 Nella celebre opera di san Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo, leggiamo che «per vedere realizzati i desideri del nostro cuore, non v’è modo migliore che porre la forza della nostra preghiera in ciò che più piace a Dio. Allora, Egli non ci darà soltanto quanto gli chiediamo, cioè la salvezza, ma anche quanto Egli vede sia conveniente e buono per noi, anche se non glielo chiediamo» (Libro III, cap. 44, 2, Roma 1991, 335).

 Supplichiamo infine la Vergine Maria, perché ci aiuti a contemplare i beni celesti, che il Signore ci promette, e a diventare testimoni sempre più credibili della sua Resurrezione, della vera vita.

Papa Benedetto XVI, Regina Coeli 20 maggio 2012



Testo integrale della conferenza del Padre Generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi al Congresso Iberico dell'Ocds

EL CARISMA TERESIANO EN EL SEGLAR CARMELITA

De puertas adentro: identidad

di P. Saverio Cannistrà  preposito Generale OCD


            Prendo la parola con piacere in questo IV Congresso iberico dei carmelitani secolari e vi ringrazio dell’invito, che mi dà l’occasione di incontrare una parte importante della famiglia carmelitana in Spagna e Portogallo.
            In questi giorni rifletterete sulle questioni più importanti che riguardano la vostra vocazione, la vostra vita e la vostra missione. Lo scambio di esperienze sarà sicuramente di grande importanza per rispondere alle tante domande che si pongono a chi vuole vivere nel mondo di oggi la vocazione carmelitano-teresiana. Gli organizzatori hanno voluto che anche il centro dell’Ordine fosse presente, e non solo nella persona del Delegato per l’Ordine Secolare (e in questo momento devo dire, eccezionalmente, dei Delegati, perché qui sono presenti entrambi, il Delegato uscente e il Delegato entrante). Eccoci dunque qui, il Vicario Generale ed io, per dare inizio a questo incontro con alcuni spunti di riflessione fondamentali. Mi piacerebbe riuscire a proporre qualche punto fermo, che possa servire di base agli sviluppi successivi del dibattito, ma non so se ne sarò capace, vista l’obiettiva complessità della materia e la mia scarsa esperienza in questo ambito. Cercherò di concentrarmi su tre aspetti essenziali dell’identità di un carmelitano secolare: la sua “laicità”; la specificità della vocazione al Carmelo teresiano; la formazione o cura della vocazione.

Chi è il laico cristiano?

            Parlo a dei laici che appartengono alla stessa famiglia del Carmelo, a cui anche io appartengo come religioso. Come possiamo capire e spiegare questa appartenenza comune di laici e di religiosi alla medesima famiglia o, più precisamente, al medesimo Ordine[1]?  La risposta non è così facile e scontata. Credo che stiamo ancora cercando il modo più corretto teologicamente e più adeguato ai tempi di vivere questa compresenza di stati di vita diversi nell’esperienza del medesimo carisma. Tale modo non può consistere né nel trasformare i laici in religiosi, né nel “laicizzare” la vocazione dei religiosi. In altri termini, la difficoltà non si risolve mettendo tra parentesi le differenze che caratterizzano la vita del religioso e quella del laico. Al contrario, a mio parere, l’unico modo corretto di comprendere la relazione è a partire dalla chiara definizione e rispetto delle differenze.
            Certamente, la definizione dello stato di vita del religioso è molto più chiara e circostanziata di quella del laico. Nel Codice di diritto canonico al can. 607 si caratterizza la vita religiosa in base a tre elementi: la professione pubblica dei voti [che non vuol dire fatta in pubblico, ma “nelle mani di un superiore ecclesiastico legittimo, che li accetta in nome della chiesa”], la vita fraterna in comune e il distacco dal mondo. Questi elementi non sono propri dello stato di vita laicale. Pertanto, è importante evitare ogni possibile confusione, ad esempio tra la professione dei voti religiosi e le promesse che fa un secolare o tra la vita in comune di un religioso e l’appartenenza a una comunità o fraternità dell’ordine secolare o ancora tra il distacco dal mondo del religioso e il non essere del mondo di ogni cristiano (sono cose che hanno conseguenze molto concrete; faccio solo un esempio molto chiaro e comprensibile: l’attività politica).
            Il problema della definizione dello stato di vita laicale è che quasi sempre viene formulata in termini negativi. Anche noi abbiamo detto, per esempio, che i laici non sono religiosi. Ma chi è il laico? La risposta a questa domanda è evidentemente la premessa logica per poter poi rispondere alla domanda successiva sull’identità del laico carmelitano.
            La storia del termine “laico” è molto istruttiva sull’evoluzione della posizione del laico nella storia della chiesa e nella storia civile. Come sapete, è un termine che appartiene originariamente al linguaggio della chiesa e indica nei primi secoli coloro che appartengono al laós, al popolo di Dio. Pertanto, la prima connotazione di questo termine è positiva: esprime partecipazione e corresponsabilità nell’unica realtà del popolo di Dio. Solo successivamente, a partire dal IV-V secolo si insiste sulla differenza tra i laici e la gerarchia; mentre agli inizi laico voleva dire pressappoco “cristiano”, ora passa a significare “non sacerdote”. A partire dal XIX secolo, con la separazione tra Stato e Chiesa, conseguente alla rivoluzione francese, la nozione di laico assume ancora un altro significato: è laico tutto ciò che fa parte della sfera “civile”, riconosciuta come “indipendente e neutrale rispetto a qualunque religione o culto”. Oggi, spesso, quando si usa l’aggettivo laico lo si intende nel senso di “non religioso”, estraneo o addirittura ostile a qualsiasi credenza religiosa.
            Noi invece parliamo qui di “laici cristiani” e addirittura di laici che appartengono a una famiglia religiosa, comprendente frati e monache. È evidente lo choc culturale che ciò provoca nell’attuale situazione culturale in cui tutti siamo immersi, almeno in Occidente (e sappiamo che in Spagna, in modo particolare, il processo di laicizzazione della società e della morale ha assunto da diversi anni un ritmo incalzante). Tuttavia, ritengo che sia nostro compito recuperare il concetto di laico e di laicità originariamente appartenente al cristianesimo. Del resto, è ciò che il Concilio Vaticano II ha cercato di fare, rivalutando la figura e la missione del laico in prospettiva teologica ed ecclesiologica. Com’è noto, ai laici, alla loro vocazione e missione è stata attribuita come specifica “l’indole secolare”:


CULTURA, VOLONTARIATO E LAVORO NELLA VITA DEL LAICO CRISTIANO



Sabato 19 maggio nel corso dell’Udienza al Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, alla Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario e al Movimento Cristiano Lavoratori,  il Papa  ha delineato l’impegno nella cultura e nella società del fedele laico. Pubblichiamo qui di seguito un ampio stralcio del suo discorso, che può aiutarci nel lavoro di verifica del ruolo del laico carmelitano nella società di oggi.


Cultura, volontariato e lavoro costituiscono un trinomio indissolubile dell’impegno quotidiano del laicato cattolico, che intende rendere incisiva l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa, tanto nell’ambito privato quanto nella sfera pubblica della società. Il fedele laico si mette propriamente in gioco quando tocca uno o più di questi ambiti e, nel servizio culturale, nell’azione solidale con chi è nel bisogno e nel lavoro, si sforza di promuovere la dignità umana. Questi tre ambiti sono legati da un comune denominatore: il dono di sé.
 L’impegno culturale, soprattutto quello scolastico ed universitario, teso alla formazione delle future generazioni, non si limita, infatti, alla trasmissione di nozioni tecniche e teoriche, ma implica il dono di sé con la parola e con l’esempio. Il volontariato, risorsa insostituibile della società, comporta non tanto il dare delle cose, ma il dare se stessi in aiuto concreto verso i più bisognosi.
 Il lavoro infine non è solo strumento di profitto individuale, ma momento in cui esprimere le proprie capacità spendendosi, con spirito di servizio, nell’attività professionale, sia essa di tipo operaio, agricolo, scientifico o di altro genere.
 Ma per voi tutto questo ha una connotazione particolare, quella cristiana: la vostra azione deve essere animata dalla carità; ciò significa imparare a vedere con gli occhi di Cristo e dare all’altro ben più delle cose necessarie esternamente, donargli lo sguardo, il gesto d’amore di cui ha bisogno. Questo nasce dall’amore che proviene da Dio, il quale ci ha amati per primo, nasce dall’intimo incontro con Lui (cfr Deus Caritas est, 18). San Paolo, nel discorso di congedo dagli anziani di Efeso, ricorda una verità espressa da Gesù: «Si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35).
Cari amici, è la logica del dono, una logica spesso bistrattata, che voi valorizzate e testimoniate: donare il proprio tempo, le proprie abilità e competenze, la propria istruzione, la propria professionalità; in una parola, donare attenzione all’altro, senza aspettare contraccambio in questo mondo; e vi ringrazio per questa grande testimonianza. Così facendo non solo si fa il bene dell’altro, ma si scopre la felicità profonda, secondo la logica di Cristo, che ha donato tutto se stesso.
 La famiglia è il primo luogo in cui si fa esperienza dell’amore gratuito; e quando ciò non accade, la famiglia si snatura, entra in crisi. Quanto viene vissuto in famiglia, il donarsi senza riserve per il bene dell’altro è un momento educativo fondamentale per imparare a vivere da cristiani anche il rapporto con la cultura, il volontariato e il lavoro” (PP. Benedetto XVI).


OSARE UNA NUOVA PARTENZA

«Osare una nuova partenza» è il titolo del  98° Katholikentag, la manifestazione dei cattolici tedeschi che quest'anno si svolge a Mannheim. Per l'occasione il Santo Padre ha inviato un messaggio che invitiamo a leggere nella sua versione integrale poiché è importante anche per noi: ci guida a individuare il nostro posto nella Chiesa, la nostra missione. E' sorprendente e significativo vedere come questo messaggio s'intrecci con i temi e il cammino del laico carmelitano teresiano nella Chiesa, messi in risalto dalla conferenza del nostro Preposito Generale. E' segno della profonda ecclesialità del nostro Ordine e che gli uomini di preghiera e di grande sensibilità intellettuale camminano sulla stessa strada, verso l'Unica Destinazione: "la relazione vivifica con Dio", dice il Papa. "L'unione trasformante", secondo un termine più familiare nel Carmelo.

Leggiamo un passaggio delle parole del Papa.

«Che cosa ci vogliono dire in realtà queste parole? Partire significa mettersi in moto, mettersi in cammino. Spesso, però, implica anche la decisione di cambiare e rinnovare. Può partire solo chi è disposto a lasciarsi dietro il vecchio e affrontare il nuovo. Questo che cosa significa però per la comunità della Chiesa, che secondo l'Apostolo Paolo è il Corpo mistico di Cristo? Cristo è il Capo e noi siamo le membra. Non possiamo manipolare la Chiesa nel suo Capo, piuttosto, come membra, siamo chiamati a orientarci sempre di nuovo al Capo, l'«autore e perfezionatore» della nostra fede (cfr.Eb 12, 2). Il rinnovamento dà frutto solo se avviene a partire da ciò che è veramente nuovo di Cristo, che è via, verità e vita (cfr. Gv 14, 6).Quindi la partenza riguarda ogni credente in modo personale e intimo. Attraverso il Battesimo siamo nuovi in Cristo. Il Signore ha liberato la nostra umanità dalla schiavitù del peccato e l'ha «fatta partire» verso la relazione vivifica con Dio. Questa partenza donata a partire da Dio deve quindi diventare sempre una partenza personale verso Dio. Ognuno deve preoccuparsi della sua fede personale, di viverla concretamente e di continuare a svilupparla. Ma nella nostra fede non siamo soli, isolati dagli altri. Crediamo con e nella comunità della Chiesa. La partenza di ogni battezzato è allo stesso tempo partenza nella Chiesa e con essa! (...)  A chi, come voi, ha ancora la vita davanti, viene continuamente chiesto di prendere decisioni e, anche in caso di delusioni, di rialzarsi e di modellare con forza il futuro. Abbiate il coraggio di orientarvi a Gesù Cristo! Rafforzatevi gli uni gli altri nella fede! Sostenete tra i vostri amici, a scuola, al lavoro, il messaggio del Vangelo! Così come Cristo ama la Chiesa (cfr. Ef 5, 25), anche noi vogliamo amare la Chiesa. Sì, identificatevi con la Chiesa, perché Cristo s'identifica con la Chiesa, perché Cristo s'identifica con noi! Attingete alla vita e alla verità che Cristo ci dona nella Chiesa! Tutti noi vogliamo portare questo tesoro dell'amore di Dio agli uomini nel nostro Paese».

IL CARISMA TERESIANO NEL CARMELO SECOLARE


Su "Crescere in Fraternità", il bollettino della Provincia Napoletana Ocds che viene inviato anche ad altre comunità secolari dell'Ocds d'Italia, è stato pubblicato il testo della conferenza del nostro P. Generale, Saverio Cannistrà (nella foto), presentata al Congresso dell'Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi della Penisola Iberica, sull'identità del laico nel Carmelo secolare. E' un testo molto importante che ci aiuta nella riflessione del ruolo che abbiamo nel Carmelo, nella Chiesa e nella vita di tutti i giorni. E' un tassello che ci aiuta a crescere nella consapevolezza della nostra identità, che ci aiuta a superare certi stereotipi sulla vocazione carmelitana del laico e ad aprirci al confronto. Ringraziamo di cuore p. Saverio per aver messo anche a nostra disposizione questa conferenza che c'interpella e ci spinge a definire meglio il nostro cammino sui passi di Teresa.

Cercheremo come fraternità di non perdere l'occasione per confrontarci con questo testo e fra di noi.

Cominciamo, per esempio, a riflettere proprio sul termine "laico", facendoci aiutare dalle parole di p. Saverio.

   "La difficoltà che troviamo nel parlare dell’identità del fedele laico dipende probabilmente dalla insufficienza della nostra riflessione teologica sulle realtà secolari e dalla resistenza  a pensare il mondo come luogo dello Spirito. Secoli di tradizione ci hanno abituati a pensare al mondo come a una realtà negativa, che si oppone alla vita cristiana e alla vita dello spirito. Invece, il mondo è – secondo la prospettiva del Concilio ripresa nella CL – “l’ambito e il mezzo della vocazione cristiana dei fedeli laici” (CL 15). Il mondo, quindi, con le sue concrete realtà, situazioni e impegni, diventa lo strumento di cui la grazia di Dio si serve per la santificazione dei fedeli laici".

(...) La vita secolare è quindi l’ambito in cui il cristiano laico è chiamato ad assumere il mondo e unirlo alla vita di Cristo, perché in Lui giunga al compimento del suo essere creato e sia ristabilito nell’unità di tutte le cose. Nel fare ciò il laico realizza al tempo stesso la sua vocazione alla santità e la sua missione nella chiesa

(...)  il laico carmelitano può essere definito come una persona che ricerca la santità, ossia la pienezza della sua vocazione battesimale, e vive una “vita apostolica”, bella espressione che dice non solo l’assunzione di una serie di impegni e attività di apostolato, ma l’atteggiamento di chi mette tutta la sua vita a servizio di Cristo e del vangelo. Per fare tutto ciò, però, egli non modifica la sua condizione di vita nel mondo, con le sue varie dimensioni affettive, economiche, sociali, politiche e culturali. In tutte queste egli è presente e le vive fino in fondo, evangelizzandole nella sua stessa persona, cioè unendole al Cristo di cui egli è membro, poiché il battezzato  – come diceva Agostino – “è diventato non solo cristiano, ma Cristo stesso” (Commento al vangelo di Giovanni 21,8).


L’OCDS HA UN NUOVO DELEGATO GENERALE



  Il P. Generale  Saverio Cannistrà ed il Definitorio hanno nominato P. Alzinir Debastiani, della Provincia di San Giuseppe del sud-est del Brasile, nuovo Delegato Generale per il Carmelo Secolare. Succede a p.  Aloysius Deeney, destinato al Commissariato dell'Indonesia per aiutare quelle comunità e Delegato dell'OCDS per la zona dell'Asia-Oceania.



P. Alzinir è nato il 10 novembre 1962 a Abdon Batista, nello stato brasiliano di S. Catarina. Ha emesso la sua prima professione nel 1984 ed è stato ordinato sacerdote nel 1991. Ha compiuto gli studi di Filosofia nella Pontificia Università Cattolica di Minas Gerais (Belo Horizonte), di Teologia nella Pontificia Facoltà del Teresianum di Roma ed il Corso di Spiritualità Teresiano-Sanjuanista nel CITeS di Avila.
Nella sua Provincia ha svolto incarichi di responsabilità: è stato parroco, formatore, consigliere provinciale, superiore locale e delegato dell'OCDS. Nel 2008 è stato scelto come Superiore Provinciale, incarico che ha svolto fino al Capitolo del 2011.
A p. Alzinir la fraternità dei SS. Teresa e Giuseppe di Napoli augura un buon inizio di ministero e assicura il sostegno con la preghiera. Un saluto pieno di gratitudine a p. Aloysius che ci ha aiutato, nel  passaggio dalla Regola di Vita alle Costituzioni, a definire la nuova identità del carmelitano secolare.