Fa' che possa anch'io contemplarti nella Luce

E' RISORTO!






















Il Nuovo Testamento non descrive la Risurrezione di Gesù nel suo attuarsi. Riferisce soltanto le testimonianze di coloro che Gesù in persona ha incontrato dopo essere risuscitato. I tre Vangeli sinottici ci raccontano che quell’annuncio – "È risorto!" – viene proclamato inizialmente da alcuni angeli.
 È, pertanto, un annuncio che ha origine in Dio; ma Dio lo affida subito ai suoi "messaggeri", perché lo trasmettano a tutti. E così sono questi stessi angeli che invitano le donne, recatesi di buon mattino al sepolcro, ad andare con prontezza a dire ai discepoli: "È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete" (Mt 28,7). 
In questo modo, mediante le donne del Vangelo, quel mandato divino raggiunge tutti e ciascuno perché, a loro volta, trasmettano ad altri, con fedeltà e con coraggio, questa stessa notizia: una notizia bella, lieta e portatrice di gioia.(Benedetto XVI, 7 aprile 2010)


"Vieni Signore, 
fa che sia la prima a contemplare colui che il mio cuore ama. 
Voglio vedere te, nella tua luce, ricoperto di gloria e di splendore. 
Solo rafforza i miei occhi mortali per non incenerirli alla tua fiamma. 
Ma neppure questo m'importa. 
Afferrami, portami via con te, o divina Aquila!
Ma se vuoi resto ancora sulla terra.
 Non ho forse trovato già il mio cielo?
Sei tu il mio cielo, mistero di fede, mentre attendo l'eterno faccia a faccia.
Ma parlami, Gesù dimmi del Padre, per ascoltarti saprò far silenzio"
 (Elisabetta della Trinità, da un pia ricreazione sul mistero della Risurrezione)









Nel giorno del silenzio sta per risplendere la Croce


     
Sembra tutto finito
tutto rotolato dietro il buio della pietra 
che chiude il tuo sepolcro
Tutto da dimenticare.
Eppure il cuore sa che non è possibile
i Tuoi occhi, la tua dolcezza 
non possono essere persi per sempre
le tue promesse....
Aspetta, l'anima e tace
Tra le lacrime, aspetta e dice:

"Dove ti sei nascosto, Amato,
 lasciandomi così gemente?
(S. Giovanni della Croce, Cantico spirituale)






Il Sabato santo ci rimanda così a un aspetto della pietà cristiana che forse è stato smarrito nel corso dei tempi. Quando noi nella preghiera guardiamo alla croce, vediamo spesso in essa soltanto un segno della passione storica del Signore sul Golgota. L’origine della devozione alla croce è però diversa: i cristiani pregavano rivolti a Oriente per esprimere la loro speranza che Cristo, il sole vero, sarebbe sorto sulla storia, per esprimere quindi la loro fede nel ritorno del Signore. 
    La croce è in un primo tempo legata strettamente con questo orientamento della preghiera, essa viene rappresentata per così dire come un’insegna che il re inalbererà nella sua venuta; nell’immagine della croce la punta avanzata del corteo è già arrivata in mezzo a coloro che pregano.                          
   
Per il cristianesimo antico la croce è quindi soprattutto segno della speranza. Essa non implica tanto un riferimento al Signore passato, quanto al Signore che sta per venire. Certo era impossibile sottrarsi alla necessità intrinseca che, con il passare del tempo, lo sguardo si rivolgesse anche all’evento accaduto: contro ogni fuga nello spirituale, contro ogni misconoscimento dell’incarnazione di Dio, occorreva che fosse difesa la prodigalità inimmaginabile dell’amore di Dio che, per amore della misera creatura umana, è diventato egli stesso un uomo, e quale uomo! Occorreva difendere la santa stoltezza dell’amore di Dio che non ha scelto di pronunciare una parola di potenza, ma di percorrere la via dell’impotenza per mettere alla gogna il nostro sogno di potenza e vincerlo dall’interno. 

   Ma così non abbiamo dimenticato un po’ troppo la connessione tra croce e speranza, l’unità tra l’Oriente e la direzione della croce, tra passato e futuro esistente nel cristianesimo? Lo spirito della speranza che alita sulle preghiere del Sabato santo dovrebbe nuovamente penetrare tutto il nostro essere cristiani. Il cristianesimo non è soltanto una religione del passato, ma, in misura non minore, del futuro; la sua fede è nello stesso tempo speranza, giacché Cristo non è soltanto il morto e il risorto ma anche colui che sta per venire. 
O Signore, illumina le nostre anime con questo mistero della speranza perché riconosciamo la luce che è irraggiata dalla tua croce, concedici che come cristiani procediamo protesi al futuro, incontro al giorno della tua venuta. Amen.  
(card. Joseph Ratzinger, Meditazioni sul sabato santo)




Fissiamo gli occhi sul Crocifisso e cerchiamo di capire...

Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio. Guardiamoci intorno: quante ferite il male infligge all’umanità! Guerre, violenze, conflitti economici che colpiscono chi è più debole, sete di denaro, che poi nessuno può portare con sé, deve lasciarlo. Mia nonna diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche. Amore al denaro, potere, corruzione, divisioni, crimini contro la vita umana e contro il creato! E anche - ciascuno di noi lo sa e lo conosce - E i nostri peccati personali: le mancanze di amore e di rispetto verso Dio, verso il prossimo e verso l’intera creazione. E Gesù sulla croce sente tutto il peso del male e con la forza dell’amore di Dio lo vince, lo sconfigge nella sua risurrezione. Questo è il bene che Gesù fa a tutti noi sul trono della Croce. La croce di Cristo abbracciata con amore non mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui quel giorno della sua morte. (Papa Francesco, 24 marzo 2013)



PREGHIAMO CON BENEDETTO XVI

O Signore concedici in quest'ora di poter guardare a te, nell'ora della tua oscurità e del tuo abbassamento ad opera di un mondo che vuole dimenticare la croce come si fa con un incidente spiacevole, che si sottrae al tuo sguardo, considerando un inutile sciupio di tempo e non si rende conto che è proprio qui che ci si fa incontro la tua ora decisiva, nella quale nessuno potrà sottrarsi al tuo sguardo.
(...) 
Signore Gesù Cristo concedici in questo venerdì santo di guardare a te, al tuo cuore trafitto. Concedici che i nostri occhi e il nostro spirito, che ogni giorno si bagnano nella vanità e nella banalità, possano una volta, al di là di tutti gli schemi di questo mondo, contemplare il vero Salvatore: te seme di grano morte, dal quale è germogliato il frutto centuplo dell'amore di cui tutti viviamo. O signore, noi esitiamo a venire a te, opponiamo resistenza, quando ci vuoi prendere come semi di grano, quando vuoi tirarci fuori dalla meschina difesa del nostro spirito di autoconservazione nel quale ci siamo rincantucciati mascherando la nostra pusillanimità con parole grosse. Ah tu conosci la nostra debolezza, la nostra incapacità a far fronte alla minima oscurità, l'angoscia nella quale rimaniamo prigionieri di noi stessi. Facci liberi; portaci per mano fuori di noi stessi, oltre la soglia della nostra paura, e ciò di cui non siamo capaci possa essere il dono della ricchezza invitta del tuo cuore aperto. Amen
(da Settimana Santa, ed. Queriniana, meditazioni di Joseph Ratzinger  e Karl Rahner)

Gesù, dal servizio ai fratelli alla solitudine del Getsémani

Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi,
anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri (Gv 13, 14)

Stasera, come spiega nel libro "La Grande Settimana", Anna Maria Cànopi osb,  "ci accingiamo a partecipare alla cena della fraternità con il desiderio di essere pienamente riconciliati con Dio e i fratelli. Ed ecco che Gesù stesso presente in mezzo ai noi ci prepara al suo dono, chinandosi su di noi per lavarci i piedi in segno di purificazione (...). Non è una suggestiva commemorazione del gesto compiuto da Cristo duemila anni fa, ma è un'azione che opera ora in noi ... la stessa purificazione che  operò negli apostoli.   
"La lavanda dei piedi è un invito alla fraternità universale, nella carità.

Sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani, compie proprio lui, il Maestro e il Signore, il gesto di servizio più umile ... L'amore inizia dall'umiltà.

Il gesto di Gesù, la cena con i dodici, l'istituzione dell'Eucaristia... ma per Lui, l'ora è ben altra. Non più quella della condivisione, nemmeno quella dell'amicizia... Gesù prova sulla propria pelle il dolore del tradimento e poi l'abbandono, l'angoscia fino alla consegna della propria volontà nelle mani del Padre ... E si rifugia fra le braccia del Padre. Da Solo a Solo.


"(Gesù) raccoglie amici, ma la delusione dell'amicizia tradita non gli viene risparmiata, come non gli viene risparmiata neanche l'incomprensione dei discepoli bene intenzionati, ma deboli.
Alla fine vi è la solitudine dell'ora di angoscia sul Monte degli Olivi, quando i discepoli dormono: nel suo più intimo rimane incompreso.
Accanto a questa solitudine dell'incomprensione vi è un altro genere ancora di solitudine, l'essere solo di Gesù. Egli ha vissuto la sua vita, partendo fa un punto nel quale gli altri non possono penetrare, l'essere solo con Dio. 
(Joseph Ratzinger in  "Il Cammino Pasquale", esercizi spirituali 1985).

Ciascuno di noi nei momenti più cupi dovrebbe aver presente questo momento della vita di Gesù ed essere consapevoli di vivere anche noi "l'ora di Gesù"

Offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui
che poteva liberarlo da  morte e fu esaudito per la sua pietà (Eb 5, 7)

FACCIAMO ORAZIONE CON TERESA DI GESU'

Santa Teresa di Gesù, maestra di orazione, diceva “Guardiamo Lui che ci guarda”. (...) Immagina lo stesso Signore vicino a te, e guarda con quale amore ti sta guardando (...) Mai lo Sposo distoglie i tuoi occhi da te (...)  Lo troverai nella misura in cui lo desideri … se sei triste o in mezzo a qualche problema, guardano nell’Orto degli Ulivi (...) o sotto il peso della croce.
Lui non attende che questo, che noi lo guardiamo. (…) Facciamogli compagnia, parliamogli, sollecitiamolo, umiliamoci”. 
“La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me” disse Gesù  agli apostoli nell’Orto del Getsemani. Scrive Teresa nel Libro della Vita: “Mi trovavo molto bene con l’orazione dell'orto dove gli facevo compagnia. Pensavo al sudore e all'afflizione che vi aveva sofferto, e desideravo di potergli asciugare quel sudore così penoso. 

Ti sto tradendo anch'io Signore, aiutami


Oggi, Mercoledì Santo, la Chiesa ci invita a riflettere sul tradimento di Giuda Iscariota, un apostolo di Gesù che è stato con Lui, condividendo tre anni della sua vita. Non sappiamo da quando ha cominciato a incrinarsi nel suo cuore il suo rapporto con Cristo. Dentro di sé Giuda è sempre più diviso, ipocrita. Alla fine, quasi senza pudore, quando Gesù annuncia che qualcuno lo avrebbe tradito, gli chiede : «Sono forse io Signore?». 
La risposta di Gesù ("Tu lo dici"), che sentiremo anche di fronte a Pilato, mette Giuda di fronte alla sua responsabilità. E questo deve farci riflettere, perché solo di fronte a Gesù  l'uomo vede se stesso alla luce della verità, impara a non bluffare. 

Dal testo "Il vero spirito del Carmelo" del ven. Giovanni di Saint Simon
La conoscenza di sé è una scienza tanto alta e necessaria che senza di essa non vi può essere profitto per le nostre anime. L'effetto proprio della sapienza infusa e di questa nobile scienza è che l'uomo, gustando Dio, vede e sente nel medesimo tempo la verità del suo niente; e ciò fa sì che il peccatore veramente convertito non possa mai stupirsi abbastanza nel vedere un amore di Dio tanto grande e smisurato a suo riguardo, e come questa sovrana maestà si sia degnata prevenirlo così abbondantemente delle benedizioni della sua dolcezza.
Vedendo in questa luce immensa la bruttezza dei propri peccati si sente tanto penetrato che desta meraviglia come possa resistere a tale vista spaventosa.

DALL'OMELIA DI PAPA FRANCESCO: "Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi; nasce dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti! E in questo momento viene il nemico, viene il diavolo, mascherato da angelo tante volte, e insidiosamente ci dice la sua parola. Non ascoltatelo! Seguiamo Gesù! Noi accompagniamo, seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare in questo nostro mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù (24 marzo 2013)"


PADRE DAMMI GESU'
Padre dammi il dono più bello, più grande,
più prezioso che possiedi: Gesù
Quando sono ammalato, dammi Gesù
perché Egli è la Salute.
Quando mi sento triste, dammi Gesù
perché Egli è la Gioia.
Quando mi sento debole, dammi Gesù
perché Egli è la Forza.
Quando mi sento solo, dammi Gesù
perché Egli è l'Amico.
Quando mi sento legato,
dammi Gesù
perché Egli è la Libertà.
Quando mi sento scoraggiato, dammi Gesù
perché Egli è la Vittoria.
Quando mi sento nelle tenebre, dammi Gesù
perché Egli è la Luce.
Quando mi sento peccatore, dammi Gesù
perché Egli è il Salvatore.
Quando ho bisogno d'amore, dammi Gesù
perché Egli è l'Amore.
Quando ho bisogno di pane, dammi Gesù
perché Egli è il Pane di Vita.
Quando ho bisogno di denaro, dammi Gesù
perché Egli è la ricchezza infinita.
Padre, a qualsiasi mia richiesta
per qualsiasi mio bisogno
rispondi con una sola parola,
la tua parola eterna: Gesù!


(don serafino)

Donami di esserti fedele come vuoi

Gesù vive la sua ultima cena nell'assoluta incomprensione, schiacciato fra due eccessi: il tradimento di Giuda e l'eccessiva devozione di Pietro. Giuda lo tradisce, ma riceve il pane (la comunione!) dalle mani del Maestro. Quando Giuda esce nella tenebra Gesù confessa: ora davvero può manifestare la misura del suo amore, ora davvero può manifestare al mondo la sua gloria. Amando e morendo per uno dei suoi discepoli che lo sta tradendo, egli manifesta il vero volto di Dio. Certo, Giuda è perso, ma il pastore non è venuto proprio a cercare la pecora smarrita? Pietro, invece, esagera, vuole salvare Dio, è abitato da una santa arroganza che già in altri momenti lo ha portato a voler dirigere il giudizio di Dio. Gesù lo richiama, lo invita a lasciarsi salvare, a non opporre resistenza alla croce. Ecco, ora tutto è compiuto, Gesù affronta totalmente solo l'ultima, definitiva prova d'amore (Paolo Curtaz).


DAGLI ULTIMI COLLOQUI di S. Teresina:

Se fossi infedele, se commettessi solamente la minima infedeltà, sento che lo pagherei con terribili turbamenti, e non potrei più accettare la morte. Così non smetto di dire al Buon Dio: "O Dio mio, te ne prego, preservami dalla sventura di essere infedele"....Capisco benissimo che san Pietro sia caduto. Quel povero san Pietro, invece di appoggiarsi unicamente sulla forza del buon Dio si appoggia su se stesso.....sono persuasa che se san pietro avesse detto umilmente a Gesù: "Accordami, te ne prego, la forza di seguirti fino alla morte", l'avrebbe ottenuta subito. 
(Gesù) avrebbe potuto dire a san Pietro: "Chiedimi la forza di compiere ciò che vuoi". Invece no, perché voleva mostrargli la sua debolezza e perché lui, dovendo governare tutta la Chiesa, che è piena di peccatori, doveva sperimentare in prima persona quel che l'uomo può senza l'aiuto di Dio.
Prima della sua caduta Nostro signore gli dice: "quando sarai tornato in te, rafforza i tuoi fratelli". Voleva dire: Persuadili con la tua propria esperienza riguardo alla debolezza delle forze.

Ai piedi di Gesù come Maria


    Il Vangelo di oggi è quello Giovanni 12,1-11, l'episodio di Maria di Betania che unge i piedi di Gesù con olio di nardo. Viene accusata di spreco, ma Gesù la difende.
   Gesù,infatti, non ha la mentalità del contabile, non ragiona così. E Maria ancora una volta ha scelto ciò che più tocca il cuore del Maestro: stare con lui, fare qualcosa per dimostrargli la propria gratitudine. 


Signore Gesù, che io non tema di ‘sprecare' tempo quando interrompo il ritmo della mia giornata per appartarmi una mezz'ora con te, in un colloquio di intima amicizia; Per inginocchiarmi in chiesa, davanti a Tabernacolo, dove Tu silenzioso aspetti. Il mio olio di nardo sarà quello che potrò offrirti di più prezioso in quell'istante, fosse solo il mio tempo. Fa' che non reputi olio sprecato il mio tempo con Te. (ste)

 DALLE PIE RICREAZIONI DI  S. TERESA DI GESU' BAMBINO:

MARIA:  
Mio Dio, Divin Maestro, 
Gesù mio amore unico 
ai piedi vostri stare 
voglio e fissar dimora. 
Gioia invano ho cercata 
quaggiù su questa terra. 
L'amara tristezza solo 
riempito ha il mio cuore.

GESU': 
Maddalena, ai miei piedi
tu sempre troverai
a lenir la tua pena
un dolce sguardo d'amore.
Viver per me Maria, 
tu desideri ormai:
 e in tutta la mia vita 
io soffrirò per te.
(...)

Domenica delle Palme: preludio della Grande Settimana

Dal testo "Il quarto d'ora di orazione" di S. Enrico de Ossò (sacerdote fondatore della Compagnia di S.Teresa di Gesù)

Cinque giorni prima della sua morte Gesù, sapendo che i Giudei, a Gerusalemme avevano intenzione di ucciderlo, volle recarsi lì, a Efren, dove si trovava con gli Apostoli. Egli andava per questa strada davanti a loro, con passo deciso, in modo che gli Apostoli lo seguivano ammirati e pieni di paura.
Gesù va a patire con passo rapido, mostrandoci così la sua adesione alla volontà del Padre anche nelle cose più difficili: Egli va innanzi tutti, quando si tratta di sopportare umiliazioni e tormenti.
(...) Cristo, a cavallo di un asino, con povertà, umiltà e mansuetudine, si avvicina a Gerusalemme; incontro a Lui va moltissima gente. Certuni gettano i loro vestiti a terra, perché vi passi sopra; altri tagliano ramoscelli d'ulivo, altri vengono con palme nella mano, in segno di trionfo, e tutti con gran gioia benedicono Dio dicendo a gran voce: "Osanna, gloria al Figlio di Davide, Re d'Israele. Benedetto Colui che viene nel nome del Signore..."
Guarda come Gesù permette queste acclamazioni per compiere la volontà del Padre, e perché poi maggiore l'oltraggio che gli faranno. (...) Gesù piange in mezzo ai festeggiamenti. sembra che nulla gli appartenga di quel trionfo.
Accompagna Gesù come gli Apostoli, 
sia nel suo ingresso trionfale a Gerusalemme, 
sia nella sua uscita dalla città, 
umile ed ignorante, 
perché Egli ti accolga 
nella sua eterna compagnia

DALL'OMELIA DI PAPA FRANCESCO:  Gesù entra in Gerusalemme. La folla dei discepoli lo accompagna in festa, i mantelli sono stesi davanti a Lui, si parla di prodigi che ha compiuto, un grido di lode si leva: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli» (Lc 19,38).
Folla, festa, lode, benedizione, pace: è un clima di gioia quello che si respira. Gesù ha risvegliato nel cuore tante speranze soprattutto tra la gente umile, semplice, povera, dimenticata, quella che non conta agli occhi del mondo. Lui ha saputo comprendere le miserie umane, ha mostrato il volto di misericordia di Dio e si è chinato per guarire il corpo e l’anima.
Questo è Gesù. Questo è il suo cuore che guarda tutti noi, che guarda le nostre malattie, i nostri peccati. E’ grande l’amore di Gesù. E così entra in Gerusalemme con questo amore, e guarda tutti noi. E’ una scena bella: piena di luce - la luce dell’amore di Gesù, quello del suo cuore - di gioia, di festa.

DALL'OMELIA DEL 2012 DI BENEDETTO XVILa Domenica delle Palme sia per voi il giorno della decisione, la decisione di accogliere il Signore e di seguirlo fino in fondo, la decisione di fare della sua Pasqua di morte e risurrezione il senso stesso della vostra vita di cristiani. E’ la decisione che porta alla vera gioia




E Papa Francesco ringrazia per l'esempio, con un dono

Il dono di papa Francesco a Benedetto XVI: la Madonna dell'umiltà a ricordo dei segni del pontificato del suo predecessore: umiltà e tenerezza. "Ho pensato subito a lei", gli ha detto

Un cuor solo nell'abbraccio dei Papi

 Puoi disegnarci un cuore, seguendo i profili delle due figure bianche che si abbracciano. L'anziano, minuto e tenero Benedetto che va incontro con il suo bastone, a piccoli passi verso il più giovane e energico Francesco. E poi l'abbraccio, pieno di calore e affetto sinceri. Caratteri diversi, certamente e siamo anche un po' stanchi di leggerlo e sentirlo dire, ma se in un uno emerge la timidezza e nell'altro l'espansività sudamericana, entrambi sono l'espressione di una fede radicata in Cristo, vissuta nell'umiltà e nel dono di sè.
Tenero l'abbraccio che a ragione passerà alla storia. Tenero e commovente lo sguardo fra questi due uomini vestiti di bianco, a noi cari e  a cui il Signore oggi affida compiti diversi, ma complementari.

Non spetta a noi fare commenti sulla giornata che, grazie a queste bellissime immagini che Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto hanno dato il permesso di trasmettere, abbiamo potuto vedere (clicca qui
E' stata un'immensa grazia poter essere, anche se da lontano, spettatori dell'abbraccio, dello scambio dei doni, della preghiera silenziosa, l'uno al fianco dell'altro, come ha voluto papa Francesco, dell'inizio di un colloquio durato, si dice, 45 minuti (vedi cronaca qui sotto).


Non ci sono commenti, perché le immagini parlano da sole. Resta un'immensa tenerezza per papa Benedetto che chissà quando potremo rivedere e la fortuna di poter pregare per lui immaginandolo lì, davanti a quel tabernacolo e alla Madonna Nera che lo custodisce. Le parole giuste per lui le ha trovate papa Francesco: la Madonna dell'umiltà è davvero l'icona del pontificato di Benedetto XVI e di tutta la sua vita. Un granellino di senape che diventerà per molti la grande quercia della fede.
Stefania ocds

LA CRONACA DELLA GIORNATA

notizie desunte dal resoconto della visita, fornito ai giornalisti dal Direttore della Sala Stampa, Padre Federico Lombardi,


L’elicottero di Papa Francesco è atterrato all’eliporto di Cast Gandolfo , verso le 12.15 dov'era ad attenderlo il Papa emerito con mons. Georg Gänswein, e mons. Semeraro, vescovo di Albano . Il Santo Padre Francesco era accompagnato dal Sostituto, mons. Becciu, da mons. Sapienza e da mons. Alfred Xuereb. Appena il Papa è sceso,tra Francesco e Benedetto XVI  c’è stato un bellissimo abbraccio. Poi, dopo brevi saluti anche alle altre persone presenti – il vescovo di Albano e il direttore delle Ville Pontificie, Petrillo – hanno preso posto sull'auto che li ha accompagnati all'appartamento.
 I protagonisti dello storico incontro si sono recati subito alla cappella per un momento di preghiera. Nella cappella, il Papa emerito ha offerto il posto d’onore a Papa Francesco, ma questi ha detto: "Siamo fratelli", e ha voluto che si inginocchiassero insieme allo stesso banco. 




Dopo un breve momento di preghiera, si sono portati alla Biblioteca privata dove, verso le 12.30, è incominciato l’incontro riservato. È la Biblioteca in cui normalmente il Papa riceve gli ospiti importanti a Castel Gandolfo. Papa Francesco ha portato una bella icona in dono al Papa emerito e poi è incominciato il colloquio  riservato che è  durato circa 45 minuti. 
In questo fotogramma Benedetto XVI  afferra commosso la mano di Papa Francesco che gli dice "mi permetta di dire una cosa. questa è la Madonna dell'umiltà, io non la conoscevo, ma quando l'ho vista ho subito pensato a lei per i tanti esempi di umiltà del Suo pontificato e per la tenerezza.” - "Grazie infinite. Sono commosso, grazie" è la flebile risposta del Papa emerito,

Questo incontro  è stato un momento di altissima, profondissima comunione tra i due e se Benedetto XVI ha avuto modo di rinnovare il suo atto di riverenza e di obbedienza al  successore, mentre certamente Papa Francesco ha rinnovato la gratitudine sua e di tutta la Chiesa per il ministero svolto da Papa Benedetto nel corso del suo pontificato.
 Poi papa Francesco e Benedetto XVI, dopo aver pranzato insieme, hanno fatto una breve passeggiata nei giardini della villa pontificia e alle 14.45 l'elicottero bianco si è innalzato di nuovo dall'eliporto di Castel Gandolfo per portar in Vaticano il Papa.


Preghiamo per questi due uomini che hanno sulle spalle il peso della Chiesa e che portano tutti noi, nella preghiera, davanti al Signore. Non stanchiamoci mai di chiedere per loro forza e consolazione.

S. GIUSEPPE? FIDATEVI DI LUI, PAROLA DI TERESA


"Non fui mai portata a certe devozioni che alcuni praticano, specialmente donne, nelle quali entrano non so quali cerimonie che io non ho mai potuto soffrire, e che a loro piacciono tanto. Poi si conobbe che non erano convenienti e sapevano di superstizione. Io invece presi come avvocato S. Giuseppe e mi raccomandai a lui con fervore. 

Questo mio padre e protettore mi aiutò nelle necessità in cui mi trovavo e in molte altre più gravi in cui era in gioco il mio onore e la salute dell'anima mia. Ho visto chiaramente che il suo aiuto fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare. Non mi ricordo finora di averlo mai pregato di una grazia senza averla subito ottenuta. Ed è cosa che fa meraviglia ricordare i grandi favori che il Signore mi ha fatto e i pericoli di anima e di corpo da cui mi ha liberata per l'intercessione di questo santo benedetto. 
Ad altri santi sembra che Dio abbia concesso di soccorrerci in questa o in quell'altra necessità, mentre ho sperimentato che il glorioso S. Giuseppe estende il suo patrocinio su tutte. Con ciò il Signore vuole darci a intendere che, a quel modo che era a lui soggetto in terra, dove egli come padre putativo gli poteva comandare, altrettanto gli sia ora in cielo nel fare ciò che gli chiede. Ciò han riconosciuto per esperienza varie altre persone che dietro mio consiglio gli si sono raccomandate. Molte altre gli si son da poco fatte devote per aver sperimentato questa verità.»

«Procuravo di celebrarne la festa con la maggior possibile solennità... Per la grande esperienza che ho dei favori di S. Giuseppe, vorrei che tutti si persuadessero ad essergli devoti. Non ho conosciuta persona che gli sia veramente devota e gli renda qualche particolare servizio senza far progressi in virtù. Egli aiuta moltissimo chi si raccomanda a lui. È già da vari anni che nel giorno della sua festa gli chiedo qualche grazia, e sempre mi sono vista esaudita. Se la mia domanda non è tanto retta, egli la raddrizza per il mio maggior bene». «Chiedo solo, per amor di Dio, che chi non mi crede ne faccia la prova, e vedrà per esperienza come sia vantaggioso raccomandarsi a questo glorioso patriarca ed essergli devoti». 


«Gli devono essere affezionate specialmente le persone di orazione, perché non so come si possa pensare alla Regina degli angeli e al molto da lei sofferto col Bambino Gesù, senza ringraziare S. Giuseppe che fu loro di tanto aiuto. Chi non avesse maestro da cui imparare a far orazione, prenda per guida questo santo glorioso e non si sbaglierà» (Vita 6, 6-8).
per altre riflessioni sulla figura di San Giuseppe, rimando al post del blog di Raffaella, clicca qui

La santità genera la santità (2)


Il primo impegno missionario di ciascuno di noi è proprio la preghiera. E’ innanzitutto pregando che si prepara la via al Vangelo; è pregando che si aprono i cuori al mistero di Dio e si dispongono gli animi ad accogliere la sua Parola di salvezza.

Vi è poi, in questo giorno, un’altra felice coincidenza: proprio oggi, a Lisieux, vengono proclamati beati Louis Martin e Zélie Guérin, genitori di santa Teresa di Gesù Bambino, dichiarata da Pio XI patrona delle missioni. Questi nuovi Beati hanno accompagnato e condiviso, con la loro preghiera e con la loro testimonianza evangelica, il cammino della figlia chiamata dal Signore a consacrarsi a Lui senza riserve tra le mura del Carmelo. Fu lì, nel nascondimento della clausura, che Santa Teresina realizzò la sua vocazione: "Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore" (Manuscrits autobiographiques, Lisieux 1957, 229). Pensando alla beatificazione dei coniugi Martin, mi è caro richiamare un’altra intenzione, che mi sta tanto a cuore: la famiglia, il cui ruolo è fondamentale nell’educazione dei figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi, come pure nella formazione delle vocazioni alla vita missionaria. 

(Benedetto XVI omelia a Pompei 19 ottobre 2008)

La santità genera santità (1)


Giovedì 14 marzo nella Chiesa dei SS. Teresa e Giuseppe a Napoli, si è celebrato solennemente il 65° anniversario della morte della beata Giuseppina di Gesù Crocifisso. A presiedere Sua Eccellenza mons. Marcello Bartolucci, Segretario della Congregazione delle Cause dei santi. Pubblichiamo, di seguito, una sintesi della sua omelia:

Siamo qui così numerosi e così raccolti, invitati a ricordare una beata che appartiene a questo monastero e alla città di Napoli. Questo monastero e l’intera chiesa di Napoli sono orgogliosi di aver ricevuto da Dio un dono così grande di santità. Una città e una Diocesi che generano  santi dimostrano di essere vive e vitali, il fermento, il lievito di una nuova umanità.
Mentre mi stavo preparando per venire ai Ponti Rossi, mi è venuto il desiderio di sapere se al tempo di madre Giuseppina vi fossero nell’Archidiocesi di Napoli altri santi, cristiani di cui oggi si stia celebrando la causa di beatificazione e canonizzazioni. Sapevo che non era sola, mai però avrei immaginato che negli anni in cui visse (1894-1948) ci fossero decine e decine di servi di Dio, di beati e di santi che hanno vissuto il vangelo  con una radicalità e esemplarità degni di essere ricordati e imitati. La memoria dei santi serve a ricordarci che il vangelo non è un percorso riservato a pochi.
Tutti siamo chiamati da Dio a essere nuove creature, a vivere in comunione con Lui. Il mondo si salva se entra nel circuito del pensiero e della vita di Cristo. Il successo di ciascuno sta nel diventare un riflesso della santità, della bontà, della bellezza di Cristo.
Così la b. Giuseppina e gli altri santi sono stati un prolungamento della presenza e dell’azione di Cristo nelle loro famiglie, nelle loro parrocchie, nelle loro comunità religiose. La somiglianza con Cristo le ha rese persone positive, buone, utili ai loro contemporanei. I veri cristiani fanno del bene, portano consolazione, curano, educano, perdonano, guidano gli  altri alla verità, alla giustizia, alla fede. La b. Giuseppina è una risorsa per la città. Anche con la sofferenza possiamo contribuire. Tutti abbiamo la nostra porzione di sofferenza: non sciupiamo questa moneta che Dio pone nelle nostre mani.
Spesso non diventiamo santi perché aspettiamo tempi, occasioni migliori. Non ci impegniamo nel tempo e nel modo in cui ci ha connotato la provvidenza. E la prima opportunità l’abbiamo adesso, non domani, non altrove; ma adesso, qui. La prima opportunità è la famiglia. Il cui ruolo è insostituibile Cominciamo di lì, cominciamo da noi stessi. Quasi sempre i santi hanno avuto famiglie esemplari. La santità genera santità, la bontà genera la bontà.
Così dalla famiglia di Giuseppina vennero gli assi portanti della sua santità. Non ci sarebbe la beata se accanto a lei non ci fosse stata una buona famiglia.
Il valore di una persona è dato dalle sue opere che esprimono coerenza con la fede. E lei si impone alla nostra ammirazione per la sua fede concreta, vissuta, donna di preghiera, continua disponibilità agli altri. Suor Giuseppina fece un bene immenso e la vostra presenza qui è il segno del bene che fece. Le opere buone sono rese più preziose dalle incomprensioni e dalla ingratitudine.
Stando vicino a Dio con la preghiera aveva modellato il suo cuore su quello di Dio imparando ad amare tutti e a pregare per tutti quelli che le si affidavano o le affidavano. E si sacrificava per loro.
Siamo qui, questa sera, non solo per ricordare la santità di questa monaca napoletana. Non solo per cercare di imitarla, ma anche per pregarla con fiducia e affidarci alla sua intercessione.

Quando l'orazione genera figli

Dipinto a olio realizzato da p. Vincenzo Caiffa ocd
"Questa è la mia vita, o Gesù: attività di obbedienza, di fede, di zelo senza stancarmi, per portarti anime, per condurle a te, o Gesù. Ciò vuol dire dar loro la pace, la serenità, il conforto nella vita. che importa che mi costi sacrificio? Non mi hai tu resa mamma delle anime"

Così scriveva Suor Giuseppina di Gesù Crocifisso carmelitana scalza nata a Napoli il 18 febbraio 1894 e morta il 14 marzo 1948. Essere nascosti con Cristo in Dio non esclude l'apostolato dell'amore, la maternità, la paternità. E la B. Giuseppina ne è un luminosissimo esempio. Per spiegarlo suor Gabriella della Natività, carmelitana scalza e biografa della beata ha utilizzato, nel testo "... Ciò che fa l'amore", una frase del carmelitano Joseph Schryvers "Divenire un punto focale su cui si concentrino i raggi dell'amore divino, per spandersi poi su altre anime".
Oggi - a 65 anni  dal ritorno al Cielo della beata Giuseppina che tanti pellegrini richiama ancora al monastero dei Ponti Rossi- la nostra fraternità, alle ore 18, si riunisce in preghiera con la comunità claustrale delle 22 monache e i fedeli  (tantissimi e non solo napoletani) della beata nella chiesa del monastero delle carmelitane scalze, in cui cui visse, intitolata ai SS. Teresa e Giuseppe. E proprio alle 18, ora in cui la carmelitana scalza, che tutti già chiamavano "la monaca santa", tornò alla casa del Padre, sarà celebrata una Messa solenne, presieduta da sua eccellenza mons. Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione delle Cause dei santi.
Come fraternità, gruppo di laici che cerca, ispirandosi alla spiritualità carmelitana teresiana, di vivere questo carisma scoprendone l'attualità nella nostra vita, è bello poter scoprire attraverso figure come quella della Beata come la preghiera contemplativa apra nei cuori una potenzialità senza misura. Davvero si può divenire madri, padri, amici di persone fino a un momento prima sconosciute. Forse, un giorno, scopriremo di essere stati accanto - con l'orazione - anche a qualcuno che non avevamo mai incontrato prima, ma che il Signore proprio nella preghiera ci ha affidato. 

La famiglia teresiana saluta il nuovo Papa


Santo Padre,

la nostra famiglia di carmelitani e carmelitane scalze Le dà il più caloroso benvenuto. Con la semplicità che ci hanno trasmesso i nostri padri e le nostre madri nel Carmelo, le apriamo da subito la porta del nostro cuore. Conti su di noi, Santità, su questi suoi figli e figlie in Cristo Gesù.
La nostra Santa Madre Teresa ci ha insegnato a vivere il dono della fede in comunione di amore con la Chiesa, in spirito di obbedienza al Vicario di Cristo, mettendo le nostre vite al servizio del Regno. Lo abbiamo fatto con i suoi predecessori e adesso lo faremo con Lei.
Portando nel cuore un senso di profonda gratitudine verso il suo predecessore Benedetto XVI, la cui vita ci ha tanto aiutato a fissare lo sguardo su Cristo, abbiamo vissuto con serenità fiduciosa, in attesa orante e con gioia commossa l’elezione del nuovo Papa. Dicevamo ogni giorno al Signore: “Mostraci chi hai scelto per guidare la barca di Pietro in questo tempo di grazia”. E ora che l’abbiamo vista, accogliamo in Lei colui che Dio ci ha inviato.
Grazie di cuore per aver detto di sì. Immaginiamo che non sia stato facile di fronte agli ardui compiti che La attendono. Ma abbiamo scorto nel suo volto l’umiltà vera di chi si offre come strumento del Signore, di chi lascia che sia Lui stesso a operare nelle sue parole, nelle sue scelte, nelle sue azioni. In Lei abbiamo riconosciuto ancora una volta l’opera dello Spirito, la sua forza rinnovatrice, che riserva costantemente sorprese ai suoi fedeli, e di questo rendiamo grazie a Dio.
Vorremmo dirLe con un po’ di audacia che desideriamo essere Suoi amici. Vorremmo che la nostra famiglia del Carmelo fosse per Lei come una nuova Betania, dove possa riposare dalle Sue fatiche e dove insieme possiamo parlare con libertà delle cose che più amiamo: del nostro Amico Gesù Cristo, della sua Chiesa, degli uomini più bisognosi del nostro tempo. Il nome che ha scelto ci incoraggia a farlo: è il nome di chi, sulle orme di Cristo, ha voluto farsi sempre più piccolo dei suoi fratelli.
Saremo con Lei missionari quando si metterà in cammino per annunciare il Vangelo a tutto il mondo. Ci uniremo a Lei quando proclamerà con coraggio e forza la pace e la giustizia del Regno di Dio. Quando apparirà la croce, ci avrà al Suo fianco per abbracciarla insieme a Lei. E saremo con Lei ancora, quando si ritirerà in preghiera, per parlare al cuore di Cristo.
Mettiamo il suo pontificato sotto la protezione di Maria, che per noi è “fiore del Carmelo, vite fiorente, splendore del cielo, vergine feconda, tenera madre, stella del mare”.
Che Dio la benedica!

I suoi figli e figlie del Carmelo teresiano
P. Saverio Cannistrà ocd
Preposito Generale