S. CATERINA APOSTOLA DI VERITA' E DI AMORE

I punti di contatto con la nostra Teresa di Gesù




E’ il 1970 quando la Chiesa, per la prima volta, proclama due donne Dottore della Chiesa: Teresa d’Avila (il 27 settembre) e Caterina di Siena (3 ottobre), spesso la vita, la spiritualità di queste due donne coraggiose e infiammate dell'amore per Dio, si è svolta su strade parallele, pur nella diversità del periodo storico in cui hanno vissuto. Anche l'iconografia le ritrae spesso in atteggiamenti simili. 

Teresa conosceva la spiritualità della santa italiana, forse aveva letto qualcuno dei suoi scritti (le sue Lettere erano state pubblicate in Spagna nel 1512) e quando fu paragonata a S. Caterina dagli esaminatori del manoscritto del Castello Interiore, fu certamente lusingata. Erano nate nello stesso mese, Caterina il 25 marzo 1347 e Teresa il 28 marzo 1515. Come Caterina anche Teresa fu colpita da un raggio, una freccia luminosa. Teresa fu raggiunta il cuore (trasverberazione) durante un'estasi, mentre Caterina fu investita dai raggi sanguinanti delle ferite del Crocifisso. Raccontò così quella sua estasi: "Ho visto il mio salvatore crocifisso che scendeva verso di me avvolto da una grande luce. Dalle ferite delle cinque piaghe ho visto uscire e venire verso di me i raggi sanguinanti che colpirono le mie mani, i miei piedi e il mio cuore. Compresi il misero e gridai: "Signore, fa' che le cicatrici non siano visibili sul mio corpo". Anche Caterina, come Teresa di Gesù, comprende che i segni e le grazie che le dona il Signore non sono un segno di distinzione o superiorità, ma un invito a soffrire come Lui.
Teresa d'Avila, nelle Seste Mansioni, infatti scrive:

Le grazie predispongono  l'anima che coopera a diventare una generosa serva di Dio


 Per approfondire la conoscenza di questa grande santa domenicana, la donna che ebbe l'ardire di chiamare il Santo Padre Gregorio  XI "Babbo mio, dolce Cristo in terra" e dirgli  "Pregovi che facciate virilmente ciò che avete a fare, e con timore di Dio" (Lettera 185) :




Nel Castello di Teresa con p. Aniano Alvarez ocd


Si sono concluse oggi a Maddaloni le giornate di studio dedicate alla lettura del Castello Interiore con padre Aniano Alvarez-Suarez (nella foto al centro tra p. Luigi Gaetani, Superiore Provinciale Ocd, e p. Andrea l'Afflitto, responsabile della Casa di Spiritualità SS. Annunziata). Dottore il teologia spirituale, docente di Ecclesiologia presso la Pontificia Facoltà teologica Teresianum di Roma, P. Aniano ha illustrato e tre filoni tematici dell'opera scritta nel 1577 da Teresa d'Avila:
1) AUTOBIOGRAFIA _ è il racconto della sua storia, ma è anche l'esempio di come ciascuno di noi può raccontare il proprio percorso all'interno dell'anima
2) LEZIONE DI INTERIORITA' _ Teresa tende a ravvivare la nostra vocazione alla trascendenza, a partire dalla scoperta del mistero che è in noi
3) SENSO DELLA VITA CRISTIANA _ Teresa dimostra che ogni vita cristiana, ogni battezzato può percorrere questo cammino
Un libro intriso di speranza, di riferimenti biblici, di intuizioni di grande capacità comunicativa, di simbolismi. Realizzato in soli sei mesi, Il Castello Interiore è il viaggio dell'anima al centro di se stessa, attraverso sette dimore che rappresentano tutto il cammino cristiano, di un cristiano realmente impegnato nel rispondere, anzi nel corrispondere all'amore di Cristo. La porta per entrare è l'orazione. Ogni dimora è segno del maggiore o minore grado di intimità con Lui. L'anima è attratta verso il suo centro, verso la stanza del Re, che emana luce e calore. la Settima stanza in cui accadono cose di assoluta segretezza fra l'anima e Dio. La felicità è rappresentata da quell'approdo che la santa definisce Matrimonio mistico. Quell'incontro nella luce a cui tutti siamo destinati, se solo lo vogliamo, se lottiamo per non tornare sui nostri passi, se siamo determinati ad andare avanti, per non sciupare nessuno dei doni che Dio fa all'anima.
Nei prossimi giorni pubblicheremo una sintesi più dettagliata delle conferenze.

Comportiamoci da alfieri della fede



La prima lettura di oggi, dalla Prima lettera di San Pietro, invita a rimanere saldi e umili nelle avversità:
Ugualmente, voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. 
Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, 
gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. 
Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. 
Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi. 
E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi

La nostra Teresa di Gesù incita, più o meno allo stesso modo, le sorelle della propria comunità. E anche noi:
"Sorelle, datevi all’orazione mentale, e chi non lo potesse fare, a quella vocale, alla lettura e ai colloqui con Dio, come dirò in seguito. Non lasciate di pregare nelle ore di orazione stabilite per tutte; non si sa quando lo Sposo ci chiamerà: non vi accada come alle vergini stolte. Può darsi che, pur riservandovi delle sofferenze, ve le faccia trovare piacevoli. In caso contrario, sappiate che non siete fatte per questo e che vi conviene attendere alla preghiera vocale; a questo punto interviene il merito dell’umiltà, se avrete la sincera convinzione di essere inabili anche nei riguardi di quello che fate.
 Bisogna procedere con letizia nell’adempiere ciò che ci viene comandato, come ho detto, e se lo si fa con sincera umiltà, felice quella serva della vita attiva, la quale non mormorerà che di sé! Lasci alle altre le loro battaglie, che non son cosa da poco, perché anche in quelle in cui l’alfiere non combatte, non evita di correr un gran pericolo, e nel suo intimo deve soffrire più di tutti perché, portando la bandiera, non può difendersi e, anche se lo fanno a pezzi, non deve lasciarsela sfuggire dalle mani. 
Allo stesso modo i contemplativi devono tenere alta la bandiera dell’umiltà e sopportare tutti i colpi che possano essere loro inferti senza restituirne nessuno, perché il loro compito è quello di soffrire come Cristo, portare alta la croce, non lasciarsela sfuggire di mano, quali che siano i pericoli in cui si trovino né mostrare mai alcuna debolezza nella sofferenza: a tale scopo è stato loro affidato un così onorevole compito. Stiano dunque attenti a quello che fanno, perché, se abbandonano la bandiera, la battaglia sarà perduta; e credo anche che sia di gran danno per le anime non troppo progredite costatare che le opere di coloro che essi considerano capitani e amici di Dio non sono conformi all’ufficio che ricoprono.
 Gli altri soldati tirano avanti come possono e a volte si allontanano dal luogo in cui vedono che il pericolo è maggiore, ma non se ne accorge nessuno, né essi restano disonorati, mentre questi (gli alfieri) hanno tutti gli occhi addosso, né possono fare alcun movimento senza essere notati. Pertanto il loro ufficio è di gran pregio e quegli che ne è investito dal Re riceve, sì, un grande onore e favore, ma nell’accettarlo non è piccolo l’onere a cui si obbliga".
                                                                                                                                                                 (Cammino di perfezione 18,4-6)

I cristiani sono persone gioiose

"Che il mio aspetto sia sempre aperto e allegro, e le mie parole gentili e piacevoli, come conviene a coloro i quali, qualunque sia lo stato della loro vita, godono del più grande di tutti i beni, del favore di Dio e dell'attesa dell'eterna felicità"
 ( J.H. Newman, Meditazioni e preghiere).

In ascolto della Voce del mio Pastore

Immaginiamoci dunque che i sensi e le potenze - che secondo il paragone adottato, sono gli abitanti del castello - siano fuggiti fuori e vivano da giorni ed anni con gente straniera, nemica del bene del castello.
Riconoscendo finalmente il loro torto, ritornano, si avvicinano al castello, ma non si decidono ad entrarvi per la tirannia della cattiva abitudine contratta. Tuttavia, girano intorno e non tradiscono più.
Il gran Monarca che risiede nel castello, vedendo la loro buona volontà si lascia impietosire, e nella sua grande misericordia decide di chiamarli a sé.
A guisa di buon pastore, emette un fischio tanto soave da non esser quasi percepito, ma con il quale fa loro conoscere la sua voce, acciocché lasciata la via della perdizione, rientrino nel castello.
E ciò fanno immediatamente, perché quel fischio è di così grande efficacia da districarli da tutte le cose esteriori fra le quali vivevano. Mi sembra di non essermi mai spiegata così bene come in questo momento.
Quando il Signore accorda questa grazia, si ha un aiuto particolare per cercar Dio in noi stessi. Qui lo si trova meglio e con maggior profitto che non nelle creature, e qui afferma d'averlo trovato anche S. Agostino dopo averlo cercato altrove. (dalle Quarte Mansioni del Castello interiore di Teresa di Gesù).

"Io do loro (alle mie pecore) la vita eterna e non andranno mai perdute" (Gv 10,28). Così afferma Gesù, che poco prima aveva detto: "Il buon pastore offre la vita per le pecore" (cfr Gv 10,11). Giovanni utilizza il verbo tithénai - offrire, che ripete nei versetti seguenti (15.17.18); lo stesso verbo troviamo nel racconto dell’Ultima Cena, quando Gesù "depose" le sue vesti per poi "riprenderle" (cfr Gv 13, 4.12). E’ chiaro che si vuole in questo modo affermare che il Redentore dispone con assoluta libertà della propria vita, così da poterla offrire e poi riprendere liberamente. Cristo è il vero Buon Pastore che ha dato la vita per le sue pecore -per noi- immolandosi sulla Croce. Egli conosce le sue pecore e le sue pecore lo conoscono, come il Padre conosce Lui ed Egli conosce il Padre (cfr Gv 10,14-15). Non si tratta di mera conoscenza intellettuale, ma di una relazione personale profonda; una conoscenza del cuore, propria di chi ama e di chi è amato; di chi è fedele e di chi sa di potersi a sua volta fidare; una conoscenza d’amore in virtù della quale il Pastore invita i suoi a seguirlo, e che si manifesta pienamente nel dono che fa loro della vita eterna (cfr Gv 10,27-28).

Benedetto XVI, aprile 2007

GRAZIE SIGNORE PER IL DONO DI BENEDETTO XVI

Otto anni fa cominciava il Pontificato di Benedetto XVI. Ringraziamo il Signore per questo dono e per l'esempio di vita dedicata alla preghiera che questo grande Papa ci dà.
Scriveva Teresa di Gesù: Rallegrati, anima mia, che ci sia chi ama il tuo Dio com’egli merita. 

Martedì 19 aprile 2005

Vogliamo ricordare questi otto anni di grazia anche con una bellissima foto pubblicata dal sito delle Carmelitane Scalze di Quart in Valle d'Aosta (Benedetto XVI che prega nel coro della clausura
Giovedì 28 febbraio 2013
carmelitana)
Nel monastero di Quart (Ao) nell'estate 2006

I PAPI E TERESA: Albino Luciani


DAL LIBRO ILLUSTRISSIMI:

Cara Santa Teresa,
 Ottobre è il mese della vostra festa: ho pensato che mi permettereste di intrattenermi per iscritto con Voi.
Chi guarda a! famoso gruppo marmoreo, nel quale il Bernini vi presenta trasverberata dalla freccia del Serafino, pensa alle vostre visioni ed estasi. E fa bene: la Teresa mistica dei rapimenti in Dio è pure una vera Teresa.
Ma è vera anche l’altra Teresa, che mi piace di più: quella vicina a noi, quale risulta dall’autobiografia e dalle lettere. E’ la Teresa della vita pratica; che prova le stesse nostre difficoltà e le sa superare con destrezza; che sa sorridere, ridere e far ridere; che si muove con spigliatezza in mezzo a! mondo ed alle vicende più diverse e tutto ciò in grazia delle abbondanti doti naturali, ma più ancora della sua costante unione con Dio.
Scoppia la Riforma protestante, la situazione della Chiesa in Germania e in Francia è critica. Voi ve ne accorate e scrivete: "Pur di salvare un’anima sola delle molte che là si perdevano, avrei sacrificato mille volte la vita. Ma ero donna!".
 Donna! ma che vale venti uomini, che non lascia intentato alcun mezzo e che riesce a realizzare una magnifica riforma interna e con l’opera e gli scritti influisce su tutta la Chiesa; la prima e l’unica donna che, con Santa Caterina, sia stata proclamata Dottore della Chiesa!
Donna dalla lingua schietta e dalla penna forbita e tagliente. Avevate un altissimo concetto della missione delle monache, ma avete scritto a padre Graziano: "Per amor di Dio, badi bene a quello che fa! Non creda mai alle monache, perché se esse vogliono una cosa, tentano tutti i mezzi possibili". E a padre Ambrogio, rifiutando una postulante, dite: "Lei mi fa ridere, dicendomi di avere compreso quell’anima solo a vederla. Non è tanto facile conoscere le donne!".
 E’ vostra la lapidaria definizione del diavolo: "Quel povero disgraziato, che non può amare". A don Sancho Davila: "Distrazioni nella recita dell’Ufficio divino ne ho anch’io... me ne sono confessata da padre Domenico (Bañez, teologo famoso, n.d.a.), il quale mi ha detto di non farne caso. Altrettanto dico a lei, perché il male è incurabile". E’ un consiglio spirituale, questo, ma di consigli ne avete sparsi a piene mani e di tutti i generi; a padre Graziano, avete perfino dato il consiglio di cavalcare nei suoi viaggi un ciuco più dolce, che non avesse il vezzo di scaraventare i frati a terra, oppure di farsi legare al ciuco stesso per non cascare!
 Insuperabile, però, apparite nel momento della battaglia. Il Nunzio, nientemeno, vi fa rinchiudere nel convento di Toledo, dichiarandovi "femmina inquieta, vagabonda, disobbediente e contumace...". Ma dal convento vostri messaggi a Filippo II, a principi e prelati sciolgono ogni matassa.

Vostra conclusione: "Teresa da sola vale nulla; Teresa e un soldo valgono meno di nulla; Teresa, un soldo e Dio possono tutto!".
Per me, Voi siete un caso notevole di un fenomeno, che si ripete regolarmente nella vita della Chiesa Cattolica.
Le donne cioè, di per sé, non governano, questo appartiene alla Gerarchia, ma molto spesso ispirano, promuovono e talvolta dirigono.
Da una parte, infatti, lo Spirito “spira dove vuole”; dall’altra, la donna è più sensibile alla religione e più capace di darsi generosamente alle grandi cause. 
 (...) 

Da una parte c’eravate Voi, ricca di carismi, forze ardenti e luminose concessevi per la Chiesa di Dio; dall’altra c’era il Nunzio ossia la Gerarchia che doveva giudicare l’autenticità dei vostri carismi. In un primo momento, poste le informazioni distorte, il giudizio del Nunzio fu negativo. Una volta date le necessarie spiegazioni ed esaminate meglio le cose, queste si chiarirono: la Gerarchia approvò tutto e i vostri doni poterono espandersi a favore della Chiesa.
Ma di carismi e di Gerarchia si sente parlare tanto anche oggi. Specialista quale foste in materia, mi permetto di attingere dalle vostre opere i seguenti principi.
 1.      Al di sopra di tutto c’è lo Spirito Santo. Da Lui vengono sia i carismi sia i poteri dei Pastori; allo Spirito spetta realizzare l’accordo armonico tra Gerarchia e carismi e promuovere l’unità della Chiesa.
2.      Carismi e Gerarchia sono entrambi necessari alla Chiesa, ma in modo diverso. I carismi agiscono da acceleratore, favorendo il progresso e il rinnovamento. La Gerarchia deve fare piuttosto da freno, a favore della stabilità e della prudenza.
 3.      A volte carismi e Gerarchia si incrociano e sovrappongono. Certi carismi, infatti, sono dati precipuamente ai Pastori come i “doni di governare” ricordati da San Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Viceversa, dovendo la Gerarchia regolare tutte le tappe principali della vita ecclesiale, i carismatici non possono sottrarsi alla di lei guida col pretesto che hanno dei carismi.
 4.      I carismi non sono caccia riservata di nessuno: possono essere dati a tutti: preti e laici, uomini e donne. Altra cosa però è poter avere, altra avere di fatto i carismi.
 Trovo scritto nel vostro libro delle Fondazioni (c. VIII, n. 7): "Una penitente affermava al confessore che la Madonna andava spesso a trovarla e si intratteneva a parlarle più di un’ora, rivelandole il futuro e molte altre cose. E siccome tra tante stramberie ne usciva vera qualcuna, si riteneva tutto per vero. Intesi subito di che si trattava... ma mi contentai di dire al confessore che attendesse l’esito delle profezie, che si informasse del genere di vita della penitente ed esigesse altri segni di santità. Infine... si vide che erano tutte stravaganze".
 Cara Santa Teresa, se veniste oggi! Il nome “carisma” si spreca; si distribuiscono patenti di “profeta” a tutto spiano, attribuendo questo titolo anche agli studenti che affrontano la polizia sulle piazze o ai guerriglieri dell’America Latina. Si pretende di opporre i carismatici ai Pastori. Che ne direste Voi, che obbedivate ai confessori anche quando i loro consigli risultavano opposti a quelli dativi da Dio nell’orazione?
E non crediate che io sia pessimista. Quello di veder carismi dappertutto spero sia solo un andazzo passeggero. D’altra parte, so bene che i doni autentici dello Spirito sono sempre stati accompagnati da abusi e da falsi doni; ciononostante la Chiesa è andata avanti lo stesso.
Nella giovane Chiesa di Corinto, per esempio, c’era una grande fioritura di carismi, ma San Paolo se ne preoccupò alquanto per qualche abuso riscontrato. Il fenomeno si ripeté in seguito in forme aberranti più vistose.
 Due donne, Priscilla e Massimilla, sostenitrici e finanziatrici del Montanesimo in Asia, cominciarono col predicare “carismaticamente” un risveglio morale fatto di grandi austerità, di rinuncia totale al matrimonio, di prontezza assoluta al martirio. Finirono per contrapporre ai vescovi i “nuovi profeti”, uomini e donne, che “investiti dallo Spirito”, predicavano, amministravano i sacramenti, aspettavano il Cristo, che da un momento all’altro sarebbe dovuto venire ad inaugurare il regno millenario.
Al tempo di Sant’Agostino ci fu Lucilla di Cartagine, ricca signora, che il vescovo Ceciliano aveva sgridato perché, prima della Comunione, era solita stringere al petto un piccolo osso non si sa di quale martire. Irritata e risentita, Lucilia indusse un gruppo di vescovi ad opporsi al suo vescovo: perso un processo presso l’episcopato africano, il gruppo protestò, senza successo, presso il papa, poi presso il Concilio di Arles, poi presso lo stesso imperatore e iniziò una chiesa nuova. In quasi tutte le città africane si videro così due vescovi, due cattedrali frequentate da due opposte categorie di fedeli che, incontrandosi, si davano botte: di qua i cattolici, di là i donatisti seguaci di Donato e di Lucilla.
 I donatisti si chiamavano i “puri”; non si sedevano a! posto occupato prima da un cattolico senza averlo pulito con la manica; evitavano come appestati i vescovi cattolici; si appellavano al Vangelo contro la Chiesa, che dicevano sostenuta dall’autorità imperiale; istituirono squadre d’assalto. Il mitissimo Sant’Agostino dovette una volta apostrofarli: "Ci tenete tanto al martirio, perché non prendete una corda per impiccarvi?".
Nel secolo XVII ci furono le monache di Port Royal. Una delle loro Abbadesse, Madre Angelica, era partita bene: aveva “carismaticamente” riformato se stessa e il monastero, respingendo dalla clausura perfino i genitori. Fornita di grandi doti, nata per governare, diventò però l’anima della resistenza giansenista, intransigente fino all’ultimo davanti all’autorità ecclesiastica. Di lei e delle sue monache si diceva: "Pure come angeli, superbe come demoni".
 Quanto è lontano tutto questo dal vostro spirito! Quale abisso tra queste donne e Voi! "Figlia della Chiesa" era il nome che vi piaceva di più. Lo mormoraste sul letto di morte, mentre, durante la vita, per la Chiesa e con la Chiesa avevate tanto lavorato, accettando perfino di soffrire qualcosa dalla Chiesa!
Se insegnaste un po’ il vostro metodo alle “profetesse” di oggi?!
 Albino Luciani (Ottobre 1974)


Maria, una laica fondatrice di monasteri teresiani

La beata, con il velo bianco di monaca conversa, a cui appare S. Teresa

Leggendo la vita della Beata Maria dell’Incarnazione mi sgorga dal cuore un grazie  al Signore che in ogni epoca suscita santi che diventano fari ad illuminare il cammino di chi viene dopo. Questa donna eccezionale può davvero insegnare a tutti il cammino verso di Lui e ciò specialmente a noi laici perché proprio da laica ha vissuto la maggior parte della sua vita, infatti pur avendo manifestato il desiderio di consacrarsi al signore ubbidisce ai propri genitori sposando l’uomo scelto da loro. Trovo che sia da ammirare il suo atteggiamento positivo perché pur accettando un progetto di vita che non ha scelto profonde in esso tutto il suo amore e il suo entusiasmo di vita. Dal suo matrimonio nascono 6 figli, e oltre ad occuparsi della loro educazione e dell’andamento familiare Barbara, questo il suo nome da laica, si dedicava ad opere di beneficenza e intratteneva relazioni con insigni personalità della chiesa primo fra tutti san Francesco di Sales che la incoraggiò nei suoi progetti. Circa nel 1601 lesse le opere della Santa Madre e le venne l’ispirazione di introdurre in Francia la riforma carmelitana, nel 1602 accoglieva le  prime vocazioni e in Francia fu lei, da laica, a fondare i primi monasteri in cui entrarono fra le prime le sue tre figlie. Nel 1614, dopo la morte del marito avvenuta nel 1613, Barbara Avrilot chiese di entrare come semplice conversa nel monastero di Amiens, dove svolgeva con umiltà tutti i lavori richiesti senza lamentarsi anche quando una nuova priora la fece molto soffrire. 
Nel 1616 fu trasferita nel Carmelo di Pontoise dove morì nel 1618 dopo una lunga malattia.Fu beatificata il 5 giugno 1791 per servire d'esempio ai francesi immersi nel disordine religioso della Rivoluzione. Il 1º aprile 1893, in occasione del primo centenario della beatificazione, il cardinale arcivescovo di Parigi la propose come la patrona delle famiglie parigine.
Enza Stefanelli ocds


Due pensieri della beata:

Quando si dà il proprio tempo a Dio, se ne trova per tutto il resto; lo spirito di Dio non è per niente ozioso. Le persone che non vogliono far nulla sono più carnali che spirituali”.

 “Dio mi fece vedere che voleva che io fossi religiosa in questo Ordine e suora laica. Anche nostra madre Santa Teresa intervenne”. I

Un compleanno speciale

. 
 Le cose che il bambino ama rimangono nel regno del cuore fino alla vecchiaia (Kahil Gibran)



Da ottantasei anni c’è qualcuno che sa guardare il mondo con lo stupore di un bambino e a quel qualcuno che  oggi vive nascosto, ma che non dimentichiamo, vogliamo dire con affetto :

Il Cielo è dentro di te


Lo scorso settembre furono organizzate tre giornate di studio dal titolo "Con Teresa di Gesù nella Chiesa e nel mondo", guidate da padre Aniano Alvarez Suarez ocd. Gli incontri si tennero nella sala Mater Carmeli della Casa di Spiritualità dei Carmelitani Scalzi a Maddaloni. Un bellissimo percorso che avrebbe avuto un seguito.
Ci siamo: il 26 e 27 aprile assieme a p. Aniano approfondiremo il corpus letterario della santa di Avila, con una particolare attenzione al testo che ci ha fatto da guida quest’anno “Il Castello interiore”, un testo la santa fece visionare dalla sua piccola carmelitana teologa (mi letradillos),  Maria di Gesù, entrata a soli 17 nel monastero di Toledo e voluta a tutti i costi dalla santa madre nonostante fosse cagionevole di salute. Quando “corresse” le Mansioni aveva 20 anni. 



Anteprima: Il prossimo giugno Convegno mariano a Jaddico


Dal 19 al 23 giugno 2013 la Provincia Napoletana dei Carmelitani Scalzi ha organizzato nel Santuario di Jaddico, Brindisi, un convegno dal titolo "Presenza e ruolo di Maria negli ordini carmelitani", che vedrà riuniti i due rami dell'Ordine (i Carmelitani di Antica Osservanza e i Carmelitani Scalzi, eredi della riforma di Teresa d'Avila) e l’Ordine secolare dei Carmelitani Scalzi ad analizzare la figura di Maria  nel Carmelo medievale, in quello teresiano e ai nostri giorni. 
Il convegno si svolgerà nel Santuario in cui si venera la prodigiosa effige  della Madonna col Bambino, a 50 anni dal prodigio che ha dato origine al suo culto in questa contrada che sorge sulla superstrada da Bari a Brindisi: nel santuario di Jaddico aperto notte e giorno per chi ha bisogno di pregare, e tenuto dai Padri Carmelitani, si riuniranno i maggiori esperti di mariologia e spiritualità carmelitana (Giovanni Grosso o.carm; Emanuele Boaga o.carm,. Aniano Alvarez ocd, Luigi Gaetani ocd, Andrea L’Afflitto, ocd, Luigi Borriello ocd, Giorgio Otranto, Roberto Toni o.carm, Luca Di Girolamo osm, Kevin Alban o.carm, Amedeo Guerriere e Concetta Bomba ocds e la professoressa Concetta Piacente). la prolusione di inizio sarà tenuta dal Preside del Marianum P. Salvatore Perrella osm e le conclusioni della teologa italiana Cettina Militello.
In particolare segnaliamo con piacere la presenza di due relatori appartenenti all'OCDS, provenienti dalla Provincia Romana e Toscana, i coniugi Amedeo Guerriere e Concetta Bomba, entrambi laureati in filosofia. Proporranno una riflessione su "Essere come Maria. Il carmelitano in cammino nel terzo millennio".
Chi è interessato a partecipare (termine di iscrizione è il 10 giugno) può telefonare alla Casa di Spiritualità di Maddaloni 0823 434039 e chiedere di p. Andrea L’Afflitto.

I PAPI E TERESA: Benedetto XVI



Non è facile riassumere in poche parole la profonda e articolata spiritualità teresiana. Vorrei menzionare alcuni punti essenziali. In primo luogo, santa Teresa propone le virtù evangeliche come base di tutta la vita cristiana e umana: in particolare, il distacco dai beni o povertà evangelica, e questo concerne tutti noi; l'amore gli uni per gli altri come elemento essenziale della vita comunitaria e sociale; l'umiltà come amore alla verità; la determinazione come frutto dell'audacia cristiana; la speranza teologale, che descrive come sete di acqua viva. Senza dimenticare le virtù umane: affabilità  veracità, modestia, cortesia, allegria, cultura. In secondo luogo, santa Teresa propone una profonda sintonia con i grandi personaggi biblici e l'ascolto vivo della Parola di Dio. Ella si sente in consonanza soprattutto con la sposa del Cantico dei Cantici e con l'apostolo Paolo, oltre che con il Cristo della Passione e con il Gesù Eucaristico.

La Santa sottolinea poi quanto è essenziale la preghiera; pregare, dice, “significa frequentare con amicizia, poiché frequentiamo a tu per tu Colui che sappiamo che ci ama” (Vita 8, 5) . L'idea di santa Teresa coincide con la definizione che san Tommaso d'Aquino dà della carità teologale, come“amicitia quaedam hominis ad Deum”, un tipo di amicizia dell’uomo con Dio, che per primo ha offerto la sua amicizia all’uomo; l'iniziativa viene da Dio (cfr Summa Theologiae II-ΙI, 23, 1). La preghiera è vita e si sviluppa gradualmente di pari passo con la crescita della vita cristiana: comincia con la preghiera vocale, passa per l'interiorizzazione attraverso la meditazione e il raccoglimento, fino a giungere all'unione d'amore con Cristo e con la Santissima Trinità. Ovviamente non si tratta di uno sviluppo in cui salire ai gradini più alti vuol dire lasciare il precedente tipo di preghiera, ma è piuttosto un approfondirsi graduale del rapporto con Dio che avvolge tutta la vita. Più che una pedagogia della preghiera, quella di Teresa è una vera "mistagogia": al lettore delle sue opere insegna a pregare pregando ella stessa con lui; frequentemente, infatti, interrompe il racconto o l'esposizione per prorompere in una preghiera. ( Benedetto XVI, Udienza generale sui Dottori della Chiesa, 2 febbraio 2011)

La Domenica della Misericordia


LA MISERICORDIA DI DIO 
NELLA VITA DI S. TERESA DI GESU’
Conferenza di p. Vincenzo Caiffa, OCD
del 28 febbraio 2010

Il tema che sono stato invitato a svolgere è il Messaggio contenuto nel “ Libro della Vita” di Santa Teresa di Gesù.
In una lettera scritta a Don Pedro Castro, del 19 novembre 1581 quasi al termine della sua vita, la Santa, parlando del suo libro, dice:“ Com’è grande la misericordia di Dio! Ecco che il racconto delle mie infedeltà ha spinto al bene Vostra Grazia! E ciò non è senza motivo, per avermi lei vista libera dall’inferno da me tante volte meritato. Per questo ho intitolato il libro le misericordie di Dio. Sia per sempre benedetto”. In questa luce scopriremo che tutto il libro è un messaggio. 

Teresa di Gesù ci accoglie con il suo sorriso e la sua luce. È lei che ci parla, è lei che soavemente ci spiega il Tutto della vita: Dio. Ella ci parla di Dio e quindi di se stessa, di noi, del mondo, di tutto. Dio è il suo tutto e il nostro, se lo accogliamo, se lo lasciamo fare quello che vuole. Inoltre come ogni buon mistico, Teresa di Gesù, è donna di autenticità, ben radicata nel reale e nel sostanziale, sobria nella propria vita spirituale infatti così si esprime: “ Il Signore ci liberi da devozioni alla sciocca” (V 13,16). Ecco quello che Teresa ci vuole dire: Dio è la prima parola della vita, della storia, sua e nostra. Dio è il suo e nostro dramma. Dio è la sua soluzione. Teresa di Gesù, quale maestra di vita spirituale, ci aiuta a realizzare il nostro compito come credenti. Ossia, per esprimerci con le sue stesse parole, ci spiega autorevolmente “quali dobbiamo essere” per vivere con responsabilità la nostra vocazione cristiana. 
Teresa non ha altra prospettiva che quella della sua fede cristiana, illuminata e approfondita dalla propria ricca esperienza mistica. Essere cristiano significa per lei semplicemente e chiaramente vivere in pienezza la nostra relazione costitutiva con Dio. Teresa centra il suo interesse sull’uomo cogliendolo nel suo processo verso la propria piena realizzazione e lo contempla nella prospettiva di Dio, perchè Dio è la parola che illumina l’uomo. Il Dio di Teresa è il Dio biblico, presenza operante di salvezza: Dio come grazia. Ed è presenza ininterrotta, che agisce sempre con o contro l’uomo; comunque lo precede sempre. È un Dio desideroso di trovare chi voglia riceverlo, perché necessitato, bisognoso di dare. Dio si rivela operando salvezza. Teresa, conosce Dio attraverso ciò che Egli compie in lei. La modalità con cui Dio si dona e agisce è del tutto secondaria; mentre e assolutamente importante ed essenziale che Dio, donandosi, ricrea l’uomo e lo renda capace del dono-risposta. Dio si da a tutti senza distinzione e si da come Dio, senza misura. Egli, dice la santa: “ama molto che non si pongano limiti alle sue opere”
Tale visione di Dio incide indubbiamente nella vita spirituale dell’uomo, intesa appunto come risposta. Anzi la determina e la caratterizza in un duplice senso: anzitutto porta la persona a situarsi davanti a Lui in atteggiamento recettivo, di povertà, “poiché tutto quello che possediamo l’abbiamo ricevuto da Lui”. Noi glorifichiamo Dio accogliendo quanto Lui ci dona, permettendogli di donare. In secondo luogo perché questa visione di Dio ci colloca subito davanti all’essenza della vocazione cristiana, che consiste nel rispondere personalmente a Lui con assoluta gratuità. “Perché sia vero e l’amicizia duratura occorre parità di condizioni” (V 8,5). Nei confronti di un Dio che si da, l’uomo non può rispondere sostituendo il dono di se stesso con altre cose, fosse pure l’esercizio di certe pratiche.  Non si accoglie Dio se non dando se stessi stabilendo una relazione interpersonale di accoglienza e di dono-risposta. È questo il contenuto dell’idea teresiana: accoglienza di Dio e offerta di sé a livelli sempre più profondi e intimi. In tal modo le relazioni interpersonali crescono in interiorità. Senza una simile visione di Dio non è possibile un progetto di vita cristiana perché si rimarrebbe ciechi su se stessi. 
Occorre però andare oltre. La scoperta di un Dio che dà, che si dà, e comunica grazia agisce sull’uomo con una provocazione di fedeltà. Quanto più siamo consapevoli di ricevere tutto da Dio, tanto più siamo sollecitati a fare della nostra vita un dono gratuito. Teresa lo afferma nel libro della sua vita: “Amore chiama amore” (v 22,14). Ossia l’amore passivo, che io ricevo, genera l’amore attivo con cui rispondo. Il sapersi amati da Dio suscita potenziali di fedeltà che, altrimenti, rimarrebbero eternamente sopiti. Occorre tener presente il vertice spirituale in cui Teresa si trova quando riceve il comando di prendere in mano la penna per scrivere ciò che Dio ha compiuto in lei e spiegare come si è andata intessendo il suo rapporto con Lui. In questa fase del suo percorso spirituale ella è ormai pienamente soggiogata da Dio. Teresa è il risultato di quanto Dio è andato e va operando in lei giorno dopo giorno. Tutto il resto non esiste più, perché Teresa non lo vive. Dio è il tutto per lei. Se per Teresa è giunto il momento di sperimentare l’azione di Dio e la capacità ti poterla esprimere è perché alle sue spalle sta un percorso, lungo quanto la vita in cui Dio è andato operando in lei una salvezza. Scrive la storia di grazie con cui Dio ha accompagnato i suoi passi nel cammino della vita. Teresa sa da sempre, che l’uomo è chiamato ad essere buono, a realizzare quella perfezione per cui si nasce. È questo il filo con cui andrà intrecciando con spontanea semplicità i piccoli e i grandi avvenimenti della sua vita. 
La narrazione di Teresa, sfocia subito sull’altro estremo, Dio, che apre all’uomo la strada per essere buono. Ciò spiega radicalmente il caso teresiano: “ Per essere buona mi sarebbe bastato… di essere stata da Lui tanto favorita” (V 1,1). Il Dio che la favorisce è subito al centro della sua narrazione perché, con sguardo retrospettivo, lo trova già al centro della sua vita. La sua è la nostra vita sono piene della presenza di Qualcuno che la va costruendo. Solo se ci sottomettiamo amorosamente, in attività passiva, a Lui, ci sarà possibile portare a pieno compimento la nostra vocazione umana. Dio è la sostanza e la radice, il centro del nostro essere e della nostra storia. Accettarlo è già cominciare ad essere. Teresa lo afferma, dando testimonianza della sua vita nei primi dieci capitoli del “libro della Vita”dove parla dei suoi peccati, di fronte ai quali non mette né sé stessa né noi in contemplazione della sua miseria, bensì esprime una confessione che va considerata, ricordando sempre che vi è in lei una presenza, da lei stessa avvertita: la presenza del Signore. Egli è anzitutto e principalmente la Presenza che si offre a Teresa già prima di iniziare la propria strada e che l’accompagna in tutte le tappe del cammino, fino a coronare il traguardo con una pienezza di dominio salvifico. Dio è la parola di Teresa, percepita più e ancora meglio che pronunciata. 
È il racconto di una peccatrice che si sente cercata da Dio, ed avverte la crescente necessità di gridare la Verità. 

Accostiamoci alla Comunione, non per cerimonia ma con fede


"Sono convinta che se ci accostassimo una sola volta al santissimo Sacramento con grande fede e amore, questa volta basterebbe per farci ricche. Tanto più, poi, se ciò avvenisse molte volte! Ma sembra che noi ci avviciniamo al Signore solo per cerimonia e per questo ne ricaviamo così poco frutto. Oh, mondo miserabile, che tieni bendati gli occhi di coloro che vivono in te, affinché non vedano i tesori con cui potrebbero guadagnare ricchezze eterne!
 Oh, Signore del cielo e della terra! È possibile che anche stando in questa vita mortale si possa godere di voi con una intimità così straordinaria?"
(Pensieri sull'amor di Dio, di Teresa d'Avila)

Accogliamo la grazia della Risurrezione

La Risurrezione di Gesù, disegnata da Sara Gamardella 
Ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace.
E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero.
Pace per il Medio Oriente, in particolare tra Israeliani e Palestinesi, che faticano a trovare la strada della concordia, affinché riprendano con coraggio e disponibilità i negoziati per porre fine a un conflitto che dura ormai da troppo tempo. Pace in Iraq, perché cessi definitivamente ogni violenza, e, soprattutto, per l’amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i numerosi profughi, che attendono aiuto e consolazione. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?
Pace per l’Africa, ancora teatro di sanguinosi conflitti. In Mali, affinché ritrovi unità e stabilità; e in Nigeria, dove purtroppo non cessano gli attentati, che minacciano gravemente la vita di tanti innocenti, e dove non poche persone, anche bambini, sono tenuti in ostaggio da gruppi terroristici. Pace nell’est della Repubblica Democratica del Congo e nella Repubblica Centroafricana, dove in molti sono costretti a lasciare le proprie case e vivono ancora nella paura.
Pace in Asia, soprattutto nella Penisola coreana, perché superino le divergenze e maturi un rinnovato spirito di riconciliazione.
Pace a tutto il mondo, ancora così diviso dall’avidità di chi cerca facili guadagni, ferito dall’egoismo che minaccia la vita umana e la famiglia, egoismo che continua la tratta di persone, la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo; la tratta delle persone è proprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo!. Pace a tutto il mondo, dilaniato dalla violenza legata al narcotraffico e dallo sfruttamento iniquo delle risorse naturali! Pace a questa nostra Terra! Gesù risorto porti conforto a chi è vittima delle calamità naturali e ci renda custodi responsabili del creato. (PP. Francesco, 31 marzo 2013)

(...) Miei sono i cieli e mia la terra,
miei sono gli uomini,
i giusti sono miei e miei i peccatori.
Gli Angeli sono miei e la Madre di Dio,
tutte le cose sono mie. ...
Lo stesso Dio è mio e per me,
poiché Cristo è mio è tutto per me.
Che cosa chiedi dunque
e che cosa cerchi, anima mia?
Tutto ciò è tuo e tutto per te.
Non ti fermare in cose meno importanti
e non contentarti delle briciole
che cadono dalla mensa del Padre tuo.
Esci fuori e vai superba della tua gloria.
Nasconditi in essa,
e gustala
ed otterrai quanto chiede il tuo cuore. 
S. Giovanni della Croce ocd