Che cosa c'insegna oggi la b. Giuseppina


In occasione della memoria liturgica della B. Giuseppina di Gesù  Crocifisso proponiamo alcuni stralci della lettera di p. Luigi Gaetani ocd, nostro Superiore Provinciale, per la Quaresima 2012 

Ritratto della beata fatto da p. Enzo Caiffa ocd
La santità di Dio ha visitato la nostra Provincia attraverso la vita bella del Vangelo della Beata Sr. M. Giuseppina. Come non ricordare i racconti di tanti nostri Padri che l’hanno conosciuta e che sempre hanno serbato un ricordo vivo e grato della Sua amabilità e della testimonianza coraggiosa della sequela di Gesù? Come non fare memoria delle tante visite fatte da tanti di noi, ancora giovani frati, al monastero dei Ponti Rossi per parlare con la Madre Giuseppina o, semplicemente, per sentire la sua presenza e la bellezza della vita passata, quasi come un testimone, nella vita bella di tante sorelle? L’intreccio di questi ricordi e di quello che Ponti Rossi significa per tutti noi, fa la storia di una relazione che mi auguro possa sempre più tramutarsi in dono meraviglioso e speranza viva per la Provincia.

 Impegno di conformazione

Il ricordo, però, rappresenta per noi come un memoriale, riveste una portata che non è solo pensiero rivolto all’indietro, ma impegno di conformazione e di trasformazione della propria vita nel presente. Il memoriale, infatti, non ha solo forza attrattiva, ma coinvolge, ti rende compresente all’evento, crea come una forma di partecipazione profonda tra la tua vita e quello che il memoriale rappresenta. In questo senso possiamo realisticamente credere che la testimonianza della Beata Sr. M. Giuseppina è impegno di santità, di vita buona del Vangelo soprattutto per noi frati, monache e laici dell’OCDS della Provincia di Napoli. Questa singolarità non rappresenta un privilegio, ma deriva proprio dalla comune e condivisa partecipazione al carisma Carmelitano teresiano in questa Circoscrizione dell’Ordine e in questa parte di Chiesa. Anzi, è proprio questo nostro ricordo vivo che portiamo di Lei –come Carmelitani Scalzi- che produce come una espansione ecclesiale della sua stessa vita e della sua testimonianza, fino a rendere quel ricordo vitale un dono che non ci appartiene, perché dono per la Chiesa, per l’umanità.

L'attenzione all'altro

La Beata Sr. M. Giuseppina è stata una donna che ha prestato attenzione alla gente, che sentiva come parte di se stessa, della sua vocazione e missione. La vita buona del Vangelo l’aveva portata a capire che Dio non può essere felice mentre il mondo langue: “La mia felicità è far contenti gli altri, sollevarli, aiutarli”. 

La Beata M. Giuseppina ha vissuto la responsabilità verso i fratelli prendendosi cura di ogni persona che bussava alla porta del monastero, si è sentita custode dei suoi fratelli (Gen. 4,9). Lei ha vissuto il dono della reciprocità in mezzo ad un mondo lacerato dalla guerra e dalla povertà, mentre la società del suo tempo, come la nostra, sembrava sorda non solo alle sofferenze fisiche, ma anche a quelle spirituali e morali della vita. La <custodia> della memoria che la Beata Sr. M. Giuseppina ha avuto verso gli altri ci deve portare a vivere in comunione, legati gli uni agli altri come membra di un solo corpo. 
Ciò significa che l’altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2012).

 Cammina davanti a noi

Lei ha vissuto la santità come un camminare davanti a noi. “L’attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore, <come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio> (Pr. 4,18), in attesa di vivere il giorno senza tramonto di Dio” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2012). Il suo camminare dinanzi è stato come un mostrarci la via. La Beata  M. Giuseppina non si è mai risparmiata, non ha conosciuto la scienza del calcolo: “Il mio riposo consiste nel servire, aiutare, sopportare”.

Solo chi decide di vivere il quotidiano in questo modo, da battistrada, può capire che la carità è il ministero dell’inquietudine e della felicità che si fa attenzione all’altro, del volto bagnato dalle lacrime della gioia e della sofferenza condivisa, il ministero della passione per il Regno che spinge la vita a tendere alla “misura alta” (Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Novo millennio ineunte, 31).


Anna di S. Bartolomeo, la vergine carmelitana con la lampada d'olio



"Il fatto che Giovanni vide sul monte Sion una schiera di vergini « seguire l’Agnello dovunque andasse » e udì « emettere un dolcissimo cantico che nessuno poteva comprendere », mostra chiaramente che presso Dio la pura verginità è considerata un modo di vivere certamente più conforme alla natura angelica che a quella umana. Senza dubbio all’interno dell’eletto gruppo delle Vergini prudenti, la venerabile serva di Dio Anna di San Bartolomeo, monaca professa dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, discepola e compagna della Santa Madre Teresa, può essere giustamente riconosciuta come una che con la lampada fornita di olio andò incontro allo Sposo che tardava, e da lui che veniva fu trovata e riconosciuta pronta, degna di entrare con lui alle nozze. Come nella Riforma della Spiritualità Carmelitana Teresa sembrò un nuovo Elia, che ricondusse l’antico Ordine fondato dal Santo Profeta sul Monte Carmelo alla primitiva regola, così Anna fu vista come un nuovo Eliseo, lei che, accogliendo lo spirito della santa maestra e Madre legislatrice che spirava tra le sue braccia, portò a termine le opere iniziate da Teresa, le ampliò e compì cose mirabili nella propria vita.
Nella stessa regione in cui era nata Santa Teresa, entro i confini della Diocesi di Avila in Spagna, nel villaggio di Armendral, vicino alla città di Baldense, il 1° ottobre 1549 nacque la venerabile serva di Dio dai pii coniugi Ferdinando Garzia e Maria Mancanas; battezzata con l’acqua lustrale nella chiesa parrocchiale di quel villaggio, le fu dato il nome di Anna. Si racconta che durante la celebrazione del rito, sopra il fonte battesimale una celeste luce sfolgorò simile a quella di una stella, come per far conoscere ai presenti che quella bambina « era stata data come luce per illuminare le genti », per portare loro la salvezza. Educata religiosamente dai genitori, fin dall’infanzia brillò per fama di pietà e innocenza di vita. Infatti, la fanciulla, di indole non comune, più che nei giochi infantili era solita trascorrere il tempo nel silenzio e nella solitudine. Immersa nella contemplazione delle cose celesti, era attratta verso Dio da un ardente amore e, misericordiosa verso i poveri, cercava di provvedere alle loro necessità con un fervoroso esercizio della carità e sottraendo cibi dalla mensa". (dal testo di Benedetto XV che nel 1917 la proclamò beata)
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Anima, cercati in me

« Alma, buscarte has en mí » 



Anima, cercati in me, 
E, cercami in te.
L’amore è arrivato a tanto,
a riprodurti in me, o Anima,
che nemmeno il più grande pittore
potrebbe, con tanto talento,
disegnare una tale immagine.
Per amore fosti creata,
bella, bellissima, e per questo
dipinta nelle mie viscere,
se ti perdessi, amata mia,
dovresti cercarti in me.
Perché so che troverai
nel fondo del mio cuore il tuo ritratto,
dipinto in modo così rassomigliante
che, vedendoti, ti rallegrerai
di vederti così splendidamente dipinta.
Se per caso, non sapessi
in quale luogo trovarmi,
non andare di qua e di là,
ma, se vuoi trovarmi,
cercami in te.
Poiché sei il mio focolare,
la mia casa, la mia dimora,
Chiamo, in ogni momento,
se trovo chiusa
la porta del tuo pensiero.
Fuori di te, non cercarmi,
poiché per trovarmi,
basta che mi chiami;
e a te verrò senz’indugio.
Cercami in te.

Lasciamoci conquistare da Dio!

La morte dell’uomo vecchio, con tutte le sue passioni è la fase negativa di una realtà esaltante: la trasformazione in veri figli di Dio, figli nel Figlio Gesù Cristo. Dio è un fuoco che consuma e trasforma in sé tutto ciò che tocca. Egli brucia progressivamente le radici dell’uomo vecchio che noi saremmo incapaci di estirpare con le nostre sole forze e, dopo, ci trasforma in Sé. Capita, allora, qualcosa d’inaspettato: quand’eravamo ancora piuttosto lontani da Dio, la presenza del Signore nella preghiera poteva anche rappresentare un’esperienza di gran benessere, fisico e spirituale; quando, invece, Dio si fa vicino e ci avvolge, alla sua Luce vediamo con gran chiarezza tutte le tenebre che ancora abitano nel nostro cuore.  

Una cosa è, infatti, dormire placidamente accanto al fuoco, un’altra finirci dentro: allora, sì, che ci rendiamo conto, con molta concretezza, d’essere assai diversi da lui! Si tratta qui di un vero purgatorio in cui l’uomo lotta con Dio per essere preso e trasformato da Lui. La preghiera ci fa restare dentro questo fuoco con fiducia e abbandono. Siamo simili al bambino che impara a nuotare: più si agita, più va a fondo, mentre inizia a nuotare appena accetta di lasciarsi portare dalla corrente. L’unico atteggiamento valido è, quindi, quello di firmare in bianco e di lasciarsi portare da Dio. 

(dal Carmelo di Quart)