Mentre tutti erano sbalorditi per tutte le cose che faceva, disse ai
suoi discepoli:
«Mettetevi bene in mente queste parole: Il Figlio dell'uomo sta per
esser consegnato in mano degli uomini». Ma essi non comprendevano questa frase; per
loro restava così misteriosa che non ne comprendevano il senso e avevano paura
a rivolgergli domande su tale argomento.
Una breve riflessione
Questo
breve passaggio tratto dal nono capitolo del Vangelo di Luca mette in risalto un momento
importante del rapporto di Gesù con i suoi discepoli: il momento in cui forse
li vede troppo orgogliosi di ciò che Egli fa di bene e di prodigioso, in cui comprende
che si stanno attaccando a un aspetto solo superficiale. Quel bene, quei
prodigi hanno un senso solo se visti alla luce di un altro evento: la condanna
e la crocifissione. Gesù vuole che ogni discepolo si convinca e non dimentichi
mai che la strada non è quella dell’essere apprezzati da tutti, ammirati e
lodati per ciò che si fa.
Sì
Gesù è capace di sbalordire la gente, ma quella stessa gente lo condannerà ingiustamente.
Gesù fa del bene agli uomini, ma come dice Giovanni nel suo prologo “le tenebre
non lo hanno accolto”, “il mondo non lo riconobbe”. Commenta a questo proposito Paolo Curtaz “Non sono
bastate le parole, i miracoli, la coerenza, la misericordia a piegare il cuore
dell'uomo. Forse lasciarsi andare fino in fondo, abbandonarsi, donarsi,
cambierà qualcosa.”
Non è solo la morte, ma la consegna di sé,
per amore come ha fatto Lui.
“Il verbo "consegnare" – ci fa riflettere un commento di p. Lino
Pedron - indica l'azione del
Padre che ci consegna il Figlio, l'azione del Figlio che si consegna a noi,
l'azione di Giuda che lo consegna al sommo sacerdote e al sinedrio, l'azione
del sommo sacerdote e del sinedrio che lo consegnano a Pilato, l'azione di
Pilato che lo consegna perché sia crocifisso, e, per finire in bellezza,
l'azione di Gesù che consegna la sua vita nelle mani del Padre. Un unico verbo
costituisce il più grande male dell'uomo che tradisce il Figlio di Dio, e il
sommo bene di Dio che, in questa consegna di se stesso, manifesta la sua
passione segreta, il suo amore infinito per l'uomo”.
L’ho
ben capito, la gioia non la troviamo negli oggetti che ci stanno intorno, bensì
nel profondo dell’anima, possiamo averla in una prigione altrettanto bene che
in un palazzo, la prova è che io sono più felice nel Carmelo, anche tra prove
intime ed esteriori, che nel mondo, circondata dalle comodità della vita, e
soprattutto dalle dolcezze del focolare paterno! Santa Teresa di Gesù Bambino
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