Era il 3 novembre del 1985, papa Giovanni Paolo II nella rosa dei testimoni di Dio, sceglie un carmelitano olandese,di antica osservanza, amante dello studio, del giornalismo (di cui è patrono con Francesco di Sales) e soprattutto della verità. Un uomo apparentemente fragile, minuscolo, che muore il 26 luglio 1942 in un campo di concentramento di Dachau, dopo essere stato arrestato per aver osteggiato il nazismo e fatto conoscerne gli orrori.
Nella sua omelia Giovanni Paolo II sottolineava l'imperversare dell’odio, egli ha
saputo amare; tutti, anche i suoi aguzzini:
come, nonostante
“Sono anch’essi figli del buon Dio, diceva, e chi sa se
qualche cosa rimane in loro . . .”.
Questa tenerezza nei confronti dei propri aguzzini, come ha imparato a esercitarla?
Tito aveva imparato a guardare tutto il Creato, dall'animale più piccolo al paesaggio, dall'animale più temibile all'essere umano, come a un dono di Dio. E soprattutto dall'amore verso gli animali di cui si fece portavoce in una breve, ma intensa conferenza (“Insegnare la prevenzione della crudeltà verso gli animali” che tenne nel 1936 presso l’Università di Nimega), che Brandsma imparò il rispetto per tutti.
Lasciò, in chi lo conobbe nei suoi giorni di prigionia il ricordo di una persone dolce, serena. Scrisse proprio in quel periodo un diario intitolato "La mia cella" in cui descrive la grande serenità che gli dava il pensiero di "trovarsi nelle mani di Dio". Non era teresiano, ma conosceva e amava molto gli insegnamenti della nostra Teresa d'Avila.
Estratto di un discorso tenuto da P. Tito a giovani studenti, il 28 ottobre 1936. (Dal Processo di Beatificazione, 1979, pag. 404).
« Noi Olandesi dobbiamo stare doppiamente in guardia. Siamo così inclinati alla mediocrità che la nostra parola d'ordine è: non esagerare. Per questa ragione soffochiamo ogni spontaneità. Ma non lo diciamo.
Noi parliamo di prudenza, così non veniamo in conflitto con quelli che non la pensano come noi. Non pensando che essi avrebbero più ammirazione per il nostro eroismo, prontezza al sacrificio e amore del prossimo; piuttosto che per quella irrisolutezza colla quale non si sa cosa siamo, a che cosa serviamo.
« Noi Olandesi dobbiamo stare doppiamente in guardia. Siamo così inclinati alla mediocrità che la nostra parola d'ordine è: non esagerare. Per questa ragione soffochiamo ogni spontaneità. Ma non lo diciamo.
Noi parliamo di prudenza, così non veniamo in conflitto con quelli che non la pensano come noi. Non pensando che essi avrebbero più ammirazione per il nostro eroismo, prontezza al sacrificio e amore del prossimo; piuttosto che per quella irrisolutezza colla quale non si sa cosa siamo, a che cosa serviamo.
Noi chiamiamo questo: posatezza e realismo. Non vogliamo perdere la testa. Così c'è tanta riservatezza in noi, tanto rispetto umano, tanto freddo calcolo. Amore è sacrificio sono spariti in noi. Invece di considerarci degli eroi, gli avversari non vedono in noi che gente mediocre, priva di qualunque caratteristica".
Estratto di una predica tenuta da p. Tito il 16 luglio 1939, nella memoria dei santi olandesi Willibrodo e Bonifacìo. (Dal Processo di Beatifìcazione, 1979, pag. 411).
“In questo tempo di fiacchezza, quanto dobbiamo, ammirare questi due uomini Willibrodo e Bonifacio che, pur sapendo di rimetterci probabilmente la vita, ciononostante parlano di Dio e tentano di unire gli uomini con Dio, perché sanno e credono che questo li farà felici... Viviamo in un mondo nel quale si condanna persino l'amore chiamandolo debolezza da superare. Niente amore, si dice, ma sviluppo della propria forza. Ciascuno sia il più forte possibile, lasci perire i deboli.
Dicono che la religione cristiana, con la predicazione dell'amore, abbia fatto il suo tempo e debba essere sostituita dall'antica potenza germanica. Oh!, sì, vengono a voi con queste dottrine e trovano gente che le accetta volentieri.
L'amore viene disconosciuto. “Amor non amatur” diceva già San Francesco d'Assisi ed alcuni secoli più tardi, a Firenze, S. Maria Maddalena de' Pazzi suonava, in estasi, la campana del monastero delle monache carmelitane per dire alla gente come sia bello l'amore.
Oh! anch'io vorrei far suonare le campane per dire al mondo come è bello l'amore. Benchè il neopaganesimo (nazionalsocialismo) non voglia più l'amore, nondimeno noi vinceremo con l'amore questo paganesimo. La storia lo insegna. Noi non abbandoneremo l’amore. Esso ci riguadagnerà il cuore dei pagani. La natura è superiore alla teoria. Lasciamo la teoria condannare e respingere l'amore e chiamarlo una debolezza. Ciononostante la pratica della vita lo farà sempre nuovamente essere una forza che vince e che tiene legati i cuori degli uomini.
“Guarda come si vogliono bene tra loro”. Questa frase dei pagani in merito ai primi cristiani, i neopagani dovranno dirla nuovamente di noi. Così vinceremo il mondo”.
Estratto di una predica tenuta da p. Tito il 16 luglio 1939, nella memoria dei santi olandesi Willibrodo e Bonifacìo. (Dal Processo di Beatifìcazione, 1979, pag. 411).
“In questo tempo di fiacchezza, quanto dobbiamo, ammirare questi due uomini Willibrodo e Bonifacio che, pur sapendo di rimetterci probabilmente la vita, ciononostante parlano di Dio e tentano di unire gli uomini con Dio, perché sanno e credono che questo li farà felici... Viviamo in un mondo nel quale si condanna persino l'amore chiamandolo debolezza da superare. Niente amore, si dice, ma sviluppo della propria forza. Ciascuno sia il più forte possibile, lasci perire i deboli.
Dicono che la religione cristiana, con la predicazione dell'amore, abbia fatto il suo tempo e debba essere sostituita dall'antica potenza germanica. Oh!, sì, vengono a voi con queste dottrine e trovano gente che le accetta volentieri.
L'amore viene disconosciuto. “Amor non amatur” diceva già San Francesco d'Assisi ed alcuni secoli più tardi, a Firenze, S. Maria Maddalena de' Pazzi suonava, in estasi, la campana del monastero delle monache carmelitane per dire alla gente come sia bello l'amore.
Oh! anch'io vorrei far suonare le campane per dire al mondo come è bello l'amore. Benchè il neopaganesimo (nazionalsocialismo) non voglia più l'amore, nondimeno noi vinceremo con l'amore questo paganesimo. La storia lo insegna. Noi non abbandoneremo l’amore. Esso ci riguadagnerà il cuore dei pagani. La natura è superiore alla teoria. Lasciamo la teoria condannare e respingere l'amore e chiamarlo una debolezza. Ciononostante la pratica della vita lo farà sempre nuovamente essere una forza che vince e che tiene legati i cuori degli uomini.
“Guarda come si vogliono bene tra loro”. Questa frase dei pagani in merito ai primi cristiani, i neopagani dovranno dirla nuovamente di noi. Così vinceremo il mondo”.
Per conoscerlo meglio:
- Biografia nel sito ufficiale dell’Ordine Carmelitano di antica osservanza
- oppure nel sito inglese
- Il profilo tracciato dalle carmelitane scalze di Concenedo: qui
- Omelia del Santo Papa Giovanni Paolo II del 3.11.1985
Alcuni articoli:
Nasca, Michelangelo, Tito Brandsma, quando la testimonianza diventa martirio
dal sito Vatican Insider, 27.07.2012: clicca qui
Alcuni libri:
- Scapin, Santino, Nella notte la libertà. Tito Brandsma giornalista martire a Dachau con una antologia dei suoi scritti, Rogate, Roma 1985 [ripubblicato poi nel 1990 dalle Edizioni Paoline insieme a Bruno Secondin con il titolo Tito Brandsma. Maestro di umanità martire della libertà].
- Vallainc, Fausto, Un giornalista martire. Padre Tito Brandsma, Àncora, Milano 1985
- Monastero di Concenedo , Beato Tito Brandsma - "Punto" contro Hitler: un sorriso agli aguzzini.
- De Bonis, Stefania, Nel lager "modello" di Dachau in Leggi razziali e orrore dei lager in un decennio di stampa 1937-1946, edito da Emeroteca Biblioteca Tucci, pp. 117-118
- Tito Bransdma, Per vivere senza crudeltà sugli animali, Graphe Edizioni 2013