Dalla musica al Carmelo: Elisabetta della Trinità.

 Oggi ricordiamo una delle figure più belle fra i modelli che il Carmelo di offre: Santa Elisabetta della Trinità. Nata domenica 18 luglio 1880, Elisabetta Catez in una baracca del campo militare d’Avor, vicino a Bourges, dove il padre, Giuseppe Francesco, è ufficiale col grado di capitano, la piccola è segnata subito da un grande dolore, la morte  il 2 ottobre 1887 del papà improvvisamente stroncato da una crisi cardiaca. Muore fra le sue braccia. Bambina molto vivace, a tratti capricciosa, Elisabetta dopo la prima comunione si addolcisce molto. Diventa riflessiva. Comincia a studiare pianoforte. 

Ama molto la musica e trascorre molte ore al piano. Spesso partecipa con successo ai concerti organizzati in città dal Conservatorio e dal grande Teatro di Digione, presso San Michele. I giornali spesso parlano di lei. Eppure la sua strada è un'altra:  “Stavo per compiere 14 anni, quando una mattina nel ringraziamento della Comunione mi sentii spinta irresistibilmente a scegliere Gesù per mio unico Sposo, e senza indugio a Lui mi legai col voto di verginità. Non ci scambiammo parole, ma ci donammo l’un l’altra in silenzio, con un amore così forte, che la risoluzione di non appartenere che a Lui divenne in me definitiva”. (S 23) 

Comincia a frequentare il monastero delle carmelitane scalze. Ma quando parla con la mamma della sua vocazione  le è proibito addirittura di frequentare il Carmelo. Elisabetta soffre, ma ubbidisce convinta che la volontà della madre è volontà di Dio... fino al giorno in cui comprende che Dio ha addolcito il cuore della madre: “…dopo colazione – scrive Elisabetta – questa povera mamma mi ha interrogata, e quando ha veduto che le mie idee erano sempre le stesse, ha pianto molto, e ha detto che a ventun’anni non mi impedirà di partire;… Quanto ho ammirato la sua rassegnazione! È stata propriamente la Madonna che mi ha ottenuto questa grazia, poiché non avevo mai trovato la mamma così. Quando le ho vedute piangere tutte e due (mamma e sorella), anch’io ho pianto a dirotto. O mio Gesù! Bisogna che siate proprio Voi a chiamarmi e sostenermi… perché il mio cuore non si spezzi. Per risparmiare loro una lacrima, tenterei tutto;… ed invece sono propriamente io che le affliggo così!”

Entra nel Carmelo di Digione il 2 agosto 1901, prendendo il nome di Elisabetta della Trinità. Nel 1905 è stata colpita dalla malattia di Addison, una morbo che la porterà alla morte il 9 novembre 1906. 
Beatificata nel 1984 da papa Giovanni Paolo II, è stata proclamata santa da papa Francesco nel 2016.


LA SOFFERENZA IN ELISABETTA DELLA TRINITA'

«se guardo le cose dal punto di vista terreno, vedo la solitudine e anche il vuoto, perché non posso dire che il mio cuore non abbia sofferto; m a se il mio sguardo rimane sempre fisso su di lui, mio astro luminoso, oh, allora tutto il resto scompare e io mi perdo in lui come una goccia d’acqua nell’oceano» (Lettera 190)

Una lettura attenta delle opere di Elisabetta, ci porta alla seguente conclusione: la sofferenza è per lei, un dono che purifica, che rende possibile una realtà nuova, una creatura nuova, con un nuovo nome, avendo come modello Maria. Il dono, accolto e vissuto in questo modo, diventa fonte di gioia. (Juan  Debono,ocd)


Il mistero della sofferenza nel cammino spirituale di S. Elisabetta della Trinità leggi qui la riflessione di p. Juan Debono.

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