Carissimi Fratelli e Sorelle nel Carmelo teresiano, la grazia del Signore conceda a tutti noi di coltivare la bellezza che rese la Benedetta tra le donne, Madre di Dio e Sorella nostra. All’inizio di ogni vita umana c’è un sogno, come quello di coloro che iniziarono l’esperienza del Carmelo lungo il confine fra terra e cielo, nel vento caldo di un’estate, nell’ombra incerta del divenire. Era il sogno di chi voleva fare della Terra Santa l’inizio del Paradiso perduto, di cui la terra che accolse Gesù era come la porta.
La perdita della Terra Santa (assedio di Gerusalemme, 2 ottobre 1187) fu la frantumazione del sogno, l’annientamento di fatiche, speranze, lotte. Molti non ressero l’impatto e tornarono a casa, alcuni restarono; tra questi, quel piccolo resto di sognatori che decisero di dare valore simbolico al sogno che li aveva portati dall’Europa in Terra Santa.
Il monte Carmelo, (Kerem-El, “Vigna di Dio”), assunse per loro, simbolicamente, l’immagine del Paradiso, dove Gesù Cristo è Signore e Re, la Madonna l’albero nuovo al centro del giardino e i frati i giardinieri, coltivando i frutti (le virtù umane e spirituali) che adornano di bellezza la vita teologale, fraterna e di contemplazione.
Se questa rilettura simbolica del sogno è sostenibile, allora si può non tornare, decidendo di rimanere e vivere in “ossequio di Gesù Cristo”, “meditando giorno e notte la Parola del Signore”. Il Carmelo è tutto in quest’unica opzione, che si compone di due parti.
L’ossequio, infatti, è restare sotto il primato di Cristo, come ricorda San Paolo: “Ma queste cose, che per me erano guadagno, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore” (Fil. 3, 7-8).
La meditazione della Parola, ossia la frequentazione della Parola brevissima (Gesù Cristo, secondo la celebre espressione di Origene), è invece assimilazione e configurazione cristica, possibilità di educare al pensiero di Cristo, lasciando crescere un nuovo modo di pensare gli affetti, il lavoro, il riposo e la festa, l’educazione, il dolore, la vita e la morte, il male e la giustizia, facendo di Cristo il criterio per valutare ogni cosa.
In questa prospettiva lasciarsi educare al pensiero di Cristo chiede di immedesimarsi con il pensare e il sentire di Cristo, con il suo modo di guardare e abbracciare la realtà. L’incontro con Cristo, infatti, rende capaci di affrontare ogni situazione e apre al dialogo. San Massimo, con geniale profondità, afferma che avere il pensiero di Cristo (1 Cor. 2, 16) implica anche pensare Cristo stesso attraverso tutte le cose, nessuna esclusa. Non vi è nulla nel reale che sia estraneo a Gesù Cristo e tutto ci parla di Lui, dei “semina verbi”, dei “raggi dell’unica verità” di cui parlavano i Padri della Chiesa (GS, Prologo; Nostra Aetate, 2; Ad gentes, 11.18). Tuttavia questo “culto spirituale”, cioè l’offerta della nostra vita in Cristo, con Cristo e per Cristo, non è automatico. Assecondare l’incontro con Cristo, mettersi alla sua sequela, comporta una permanente conversione per assumere sempre di più la persona e l’esistenza di Cristo come criterio del proprio pensare ed agire.
Questi due elementi suddetti (ossequio a Gesù Cristo e Parola meditata) hanno dato colore al carisma carmelitano e, lungo i secoli, continuano a rappresentare la dimensione simbolica e reale del sogno, che chiamiamo carisma, la possibilità di riprodurre già sulla terra qualcosa del Cielo perduto, rifacendo il Paradiso, l’uomo nuovo (GS, 22).
Questa lettura teologico-spirituale, portò quegli uomini e noi, oggi, a considerare che non è la terra di Galilea e di Giudea che bisogna riconquistare, ma quella terra che siamo noi, umanità assunta dal Verbo, operando un processo di cura, fruttificazione e bellezza perché, per la grazia dell’incarnazione e redenzione, siamo tornati ad essere il paradiso di Dio, in dialogo con Lui, nella comunione, trasfigurati ad immagine del Figlio benedetto.
La Madonna, in tutto questo percorso, è la porta del Paradiso, la Vergine del Paradiso, l’Immacolata che ci forma all’immacolatezza, la Madre che ci riveste delle sue vesti, dello Scapolare, segno della dignità ritrovata, della nudità ricoperta, dell’amore che non si rassegna dinanzi alla vita opaca di ogni figlio.
Carissimi Fratelli e Sorelle nel Carmelo teresiano, l’ossequio a Gesù, la meditazione della Parola e la bellezza della Madre del Carmelo rendano sereni questi giorni di attesa e di festa, questo tempo di speranza obbediente della nostra Provincia.
Fraternamente in Cristo Gesù.
Bari, 16 Luglio 2023
P. Luigi Gaetani, OCD
Provinciale
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