Gli atteggiamenti che facevano affiorare in lei il carisma teresiano.
In primis l’orazione: Giuseppina
cominciò prestissimo a pregare e racconta che, non avendo ancora imparato a
leggere, e si ritirava in una stanza stringendo fra le mani un libro,
capovolto, ma disponendo il suo piccolo cuore a innalzare quella preghiera che
non sapeva leggere né avrebbe potuto farlo tenendo il libro aperto in quel
modo. Quando fece la prima Comunione, cominciò a stare spesso in silenziosa
compagnia di Gesù (“pur essendo inesperta cominciai a trattenermi con Lui”).
Da ciò emerge il nostro carisma:
non conta tanto leggere le preghiere ma disporre il cuore nei confronti del
Signore ed è questa la vera preghiera.
Adulta scrive: “Prima che l’uomo nasca e viva
la prima vita per meritare la seconda è assegnata da Dio una missione
speciale”. La sua missione era incontrare Gesù nella sofferenza. Ne fu quasi
subito consapevole e accettando questa Volontà, ne prese nota nel suo diario
“vivere questa vita fuori del progetto divino se non impossibile diventerebbe difficile”,
quasi a sottolineare la assoluta fiducia che Dio le avrebbe dato tutta la forza
necessaria per vivere quel progetto. “Ognuno di noi nello stato in cui ci si
trova deve vivere questa realtà misurandosi con le situazioni che Dio ci mette
davanti”. E pregava “Signore assorbimi nella tua vita, trasfonditi in me e fa
che io viva solo in te”.
L’immagine di
Cristo rifulgeva in lei: chi incontrava Giuseppina ne era affascinato: dolce,
amabile, accogliente (“Lascia in tutte il desiderio di rincontrarla”, confidò
un’amica) e con il tempo, la considerano una mamma. Quando, a 39 anni, divenne
finalmente monaca carmelitana nel neonato monastero dei Ponti Rossi, quando la
malattia glielo permetteva era in parlatorio ad accogliere le richieste di
preghiera, di consigli, di confronto. Anche durante la guerra i napoletani
s’inerpicavano sulla salita dei Ponti Rossi per raggiungere il Carmelo e quella
suora così dolce che sentiva su di sé la grande missione affidatale da Gesù:
“essere anello di congiunzione fra Lui e l’umanità”.
E da vera carmelitana ha fatto
sua la croce, baciandola e abbracciandola, quasi per sostituire il suo corpo a
quello del Cristo sofferente. Tutto con la gioia nel cuore. La gioia di
rispondere “sì”, di condividere con Gesù i patimenti e le “piccole croci
sconosciute”.
Sono trascorsi 76 anni dalla sua
morte (14 marzo 1948). Napoli (e non solo) non ha mai dimenticato questa
carmelitana. Allora generazioni di fedeli si sono succedute, prima per onorare
il suo corpo (che fu esposto per 13 giorni) e poi per pregare sul suo sepolcro,
continuando a chiedere grazie. Il 1 giugno 2008 la beatificazione. Madre
Giuseppina per tutti noi è un dono perché ha saputo dimostrare che si può
vivere abbracciati alla Croce, perché è Cristo a soffrire in noi e a
sorreggerci. (S. d.b.)
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