Il ritiro per la Quaresima che sabato 8 marzo si è svolto a Bari e che ha coinvolto le fraternità carmelitane scalze secolari di Puglia e Basilicata è stato guidato da padre Enzo Caiffa ocd. L’incontro ha posto l’accento sulla conversione (“Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino”), un tema svolto alla luce nel carisma carmelitano scalzo e delle due figure più importanti: Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce. Entrambi hanno proposto un itinerario di conversione e di purificazione, per vivere l’impegno umano di vita cristiana. Il cristiano è, infatti, chiamato a vivere una vita di santità e di unione con Dio e perché così sia, deve impegnarsi a vivere la vocazione che Dio gli ha donato. Componente essenziale della vita cristiana, per me carmelitano, è la vita di santità e di unione con Dio. È il fine della mia della mia vocazione battesimale inserita nel Carmelo. Ne parleremo, in varie tappe, per meglio approfondire il senso del nostro cammino.
E che cos’è per Giovanni della
Croce l’unione trasformante, se non l’unione
delle volontà (la nostra e quella di Dio)? Nel primo libro della Salita (Salita
I, 11 2) scrive “L’anima, invece, che vuol pervenire all’unione perfetta con Dio, deve
eliminare e disfarsi di tutti gli appetiti volontari, anche se piccoli, sia di
quelli più gravi che conducono al peccato mortale, sia di quelli meno gravi che
spingono al peccato veniale, sia di quelli meno gravi ancora che portano alle
imperfezioni. Questo perché lo stato di tale unione consiste nel trasformare la
volontà dell’anima in quella di Dio, in modo tale che in essa non vi sia nulla
di contrario al volere di Dio, ma tutto, in tutti i suoi atti, sia voluto
unicamente da Dio.”
È un esercizio da compiere,
questo è l’esercizio della Quaresima. Dobbiamo sforzarci di allontanare da noi
ciò che è contrario alla volontà divina. Ci sembra impossibile? Per noi sì, per
Dio nulla è impossibile. Egli ci viene incontro nella misura in cui noi diamo
la nostra disponibilità. Ecco perché si dice che il Carmelo é l’altare
sacrificale. E io, nello stato in cui mi trovo (di laico o di religioso), vivendo
la spiritualità che il Signore mi ha proposto divento sacrificio gradito a Dio.
È un percorso che potrebbe durare tutta
la vita fino a che la mia anima non si perda o meglio non si abbandoni nella
volontà del Padre. I nostri santi ci offrono immagini molto eloquenti, a riguardo:
S. Teresina dice che vuole essere una goccia d’acqua in un oceano immenso. Lei
è una goccia caduta dell’oceano che rappresenta Dio. La goccia immersa in Dio
ne diviene parte e non si distingue più. Giovanni della Croce dice: provate a
gettare nel fuoco un ramo verde e che cosa succede? Non arde fino a quando sarà
privo di tutta l’umidità. Allora diventerà fuoco nel fuoco.
Santa Elisabetta della Trinità
nella preghiera all’Elevazione della Trinità chiede: O miei TRE, mio Tutto, mia Beatitudine, Solitudine infinita, Immensità
in cui mi perdo, mi consegno a Voi come una preda. Seppellitevi in me, perché
io mi seppellisca in Voi, in attesa di venite a contemplare, nella vostra luce,
l’abisso delle vostre grandezze.
La vita cristiana è questa: orientata
all’ unione dell’anima con Dio. Se non è vissuta con questo spirito è
semplicemente un atto esteriore. Cerchiamo di andare avanti con l’aiuto di Dio
perché da soli non potremmo fare assolutamente nulla, pur desiderandolo.
Avevamo indicato i due cardini
della conversione: distacco e preghiera. Ricordate l’immagine dell’uccellino legato da
un filo invisibile? In Fiamma d’Amor viva 11,4 Giovanni della Croce Scrive: Poco importa che un uccello sia legato ad un
filo sottile invece che ad uno grosso, perché, per quanto sia sottile, rimarrà
legato come al grosso, fin tanto che non lo romperà per volare. La verità è che
quello sottile è più facile da rompere; però, per facile che sia, se non lo
rompe, non volerà. Occorre il distacco. Che cosa è il movimento delle ali? La preghiera abilita a volare.
La rinuncia, il distacco è
purificare innanzitutto la nostra volontà. Non è il mangiare o no il venerdì la
carne o privarsi del dolce; è la rinuncia del proprio modo di essere irascibile,
calunnioso, orgoglioso, egoista …
la Santa madre quando parla di
come ordinare il giardino dell’anima, estirpando le erbacce del vizio per
piantare i fiori delle virtù dice appunto questo. Purtroppo è sempre più evidente
la perdita del senso del peccato. “Il
peggiore peccato dell’età moderna è quello di aver perduto la coscienza del
peccato”, diceva il Papa Pio XII. Il peccato infrange l’immagine di Dio
creata in noi, ma la misericordia di Dio ci salva: “Dio da prova del suo amore verso di noi proprio in questo, che mentre
eravamo ancora dei peccatori, Cristo è morto per noi” (Rom. 5,8).
Ma se noi non abbiamo più
coscienza del peccato come possiamo comprendere fino in fondo questo? È in
questo contesto che si colloca l’ascesi cristiana. L’imitazione di Cristo è
l’unica via per giungere alla perfezione. Essere cristiani significa rispondere
al disegno provvidenziale di Dio, mediante un’inserzione cosciente e reale in
Cristo, mediante una morte mistica in Lui (eliminazione del peccato) e mediante
la rinascita e la redenzione dell’uomo interiore. Si comprende poco oggi questo
linguaggio e soprattutto parlare di mistero della croce, oggi. Il nostro Santo
Padre Giovanni della Croce ci dice di non cercare Cristo senza la croce perché un
Cristo senza la croce non esiste. Ma bisogna comprenderne il Mistero.
(I parte)
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