Solennità di San Giuseppe

Oggi alle ore 17 nella chiesa del monastero delle carmelitane scalze dei Ponti Rossi S. Messa per la Solennità di San Giuseppe, celebrata da p. Alfredo Tortorella Superiore dei padri camilliani del Monaldi. Sarà esposto il quadro prodigioso conservato nel monastero

Prepariamoci alla Festa di san Giuseppe con le parole di Benedetto XVI

 

La figura di san Giuseppe, a noi carmelitani tanto cara, era molto cara anche a papa Benedetto il cui nome secolare era Joseph. Prepariamoci meditando questa sua omelia, pronunciata alla vigilia del suo primo Natale da Papa Emerito . Ci sono molti aspetti della figura di questo santo che ci aiutano a comprendere il cammino della fede di ciascun cristiano.

"Cari amici, accanto a Maria, Madre del Signore, e a san Giovanni Battista oggi la liturgia ci presenta una terza figura, in cui l’Avvento è quasi persona, una figura che incorpora l’Avvento: san Giuseppe. Meditando il testo del Vangelo possiamo vedere, mi sembra, tre elementi costituitivi di questa visione.


Il primo e decisivo è che san Giuseppe viene chiamato “un giusto”. Questa è per l’Antico Testamento la massima caratterizzazione di uno che vive realmente secondo la parola di Dio, che vive l’alleanza con Dio.

Per capirlo bene dobbiamo pensare alla differenza tra Antico e Nuovo Testamento.

L’atto fondamentale di un cristiano è l’incontro con Gesù, in Gesù con la parola di Dio, che è Persona. Incontrandoci con Gesù incontriamo la verità, l’amore di Dio e così la relazione di amicizia diventa amore, la nostra comunione con Dio cresce, siamo realmente credenti e diventiamo santi.

L’atto fondamentale nell’Antico Testamento è diverso, perché Cristo era ancora futuro e quindi al massimo era andare incontro a Cristo, ma non era ancora un vero incontro come tale. La parola di Dio nell’Antico Testamento ha sostanzialmente la forma della legge - “Torah”. Dio guida, questo è il senso, Dio ci mostra la strada. È un cammino di educazione che forma l’uomo secondo Dio e lo rende capace di incontrare Cristo. In tal senso questa giustizia, questo vivere secondo la legge è un cammino verso Cristo, un estendersi verso di Lui; ma l’atto fondamentale è l’osservanza della Torah, della legge, e così essere “un giusto”.

San Giuseppe è un giusto, esemplare ancora dell’Antico Testamento. Ma qui vi è un pericolo e insieme una promessa, una porta aperta.

Il pericolo appare nelle discussioni di Gesù con i farisei e soprattutto nelle lettere di san Paolo. Il pericolo è che se la parola di Dio è sostanzialmente legge, va considerata come una somma di prescrizioni e di divieti, un pacchetto di norme, e l’atteggiamento dovrebbe quindi essere di osservare le norme e così essere corretti. Ma se la religione è così, è solo questo, non nasce la relazione personale con Dio, e l’uomo rimane in se stesso, cerca di perfezionarsi, di essere un perfetto. Ma così nasce un’amarezza, come vediamo nel secondo figlio della parabola del figlio prodigo, che, avendo osservato tutto, alla fine è amaro e anche un po’ invidioso del fratello che, come lui pensa, ha avuto la vita in abbondanza. Questo è il pericolo: la sola osservanza della legge diventa impersonale, solo un fare, l’uomo diventa duro e anche amaro. Alla fine non può amare questo Dio, che si presenta solo con norme e talvolta anche con minacce. Questo è il pericolo.

La promessa invece è: possiamo anche vedere queste prescrizioni, non solo come un codice, un pacchetto di norme, ma come espressione della volontà di Dio, nella quale Dio parla con me, io parlo con Lui. Entrando in questa legge entro in dialogo con Dio, imparo il volto di Dio, comincio a vedere Dio e così sono in cammino verso la parola di Dio in persona, verso Cristo. E un vero giusto come san Giuseppe è così: per lui la legge non è semplice osservanza di norme, ma si presenta come una parola di amore, un invito al dialogo, e la vita secondo la parola è entrare in questo dialogo e trovare dietro le norme e nelle norme l’amore di Dio, capire che tutte queste norme non valgono per se stesse, ma sono regole dell’amore, servono perché l’amore cresca in me. Così si capisce che finalmente tutta la legge è solo amore di Dio e del prossimo. Trovato questo si è osservata tutta la legge. Se uno vive in questo dialogo con Dio, dialogo di amore nel quale cerca il volto di Dio, nel quale cerca l’amore e fa capire che tutto è dettato dall’amore, è in cammino verso Cristo, è un vero giusto. San Giuseppe è un vero giusto, così in lui l’Antico Testamento diventa Nuovo, perché nelle parole cerca Dio, la persona, cerca il Suo amore, e tutta l’osservanza è vita nell’amore.

Lo vediamo nell’esempio che ci offre il Vangelo. San Giuseppe, fidanzato con Maria, trova che aspetta un bambino. Possiamo immaginare la sua delusione: conosceva questa ragazza e la profondità della sua relazione con Dio, la sua bellezza interiore, la straordinaria purezza del suo cuore; ha visto trasparire in tutta questa ragazza l’amore di Dio e l’amore della Sua parola, della Sua verità e adesso si trova gravemente deluso. Che cosa fare? Ecco, la legge offre due possibilità, nelle quali appaiono le due vie, quella pericolosa, fatale, e quella della promessa. Può fare causa davanti al tribunale e così esporre Maria alla vergogna, distruggerla come persona. Può farlo in modo privato con una lettera di separazione. E san Giuseppe, vero giusto, anche se molto sofferente, arriva alla decisione di prendere questa strada, che è una strada di amore nella giustizia, della giustizia nell’amore, e san Matteo ci dice che ha lottato con sé stesso, in sé con la parola. In questa lotta, in questo cammino per capire la vera volontà di Dio, ha trovato l’unità tra amore e norma, tra giustizia e amore, e così, in cammino verso Gesù, è aperto per l’apparizione dell’angelo, aperto per il fatto che Dio gli dà la conoscenza che si tratta di un’opera dello Spirito Santo.

Sant’Ilario di Poitiers, nel iv secolo, una volta, trattando del timore di Dio, ha detto alla fine: «Tutto il nostro timore è collocato nell’amore», è solo un aspetto, una sfumatura dell’amore. Così possiamo dire qui per noi: tutta la legge è collocata nell’amore, è espressione dell’amore e va adempiuta entrando nella logica dell’amore. E qui dobbiamo tener presente che, anche per noi cristiani, esiste la stessa tentazione, lo stesso pericolo che esisteva nell’Antico Testamento: anche un cristiano può arrivare a un atteggiamento nel quale la religione cristiana è considerata come un pacchetto di norme, di divieti e di norme positive, di prescrizioni. Si può arrivare all’idea che si tratta solo di eseguire prescrizioni impersonali e così perfezionarsi, ma così si svuota il fondo personale della parola di Dio e si arriva ad una certa amarezza e durezza del cuore. Nella storia della Chiesa lo vediamo nel giansenismo. Anche noi tutti conosciamo questo pericolo, anche personalmente sappiamo che dobbiamo sempre nuovamente superare questo pericolo e trovare la Persona e, nell’amore della Persona, la strada di vita e la gioia della fede. Essere giusti vuol dire trovare questa strada e così anche noi in realtà siamo sempre di nuovo in cammino dall’Antico al Nuovo Testamento nella ricerca della Persona, del volto di Dio in Cristo. Proprio questo è l’Avvento: uscire dalla pura norma verso l’incontro dell’amore, uscire dall’Antico Testamento, che diventa Nuovo.

Questo quindi è il primo e fondamentale elemento della figura di san Giuseppe come appare nel Vangelo di oggi. Ora due brevissime parole sul secondo e sul terzo elemento.

Il secondo: egli vede nel sogno l’angelo e ne ascolta il messaggio. Questo suppone una sensibilità interiore per Dio, una capacità di percepire la voce di Dio, un dono di discernimento, che sa discernere tra sogni che sono sogni e un vero incontro con Dio. Solo perché san Giuseppe era già in cammino verso la Persona della Parola, verso il Signore, verso il Salvatore, poteva discernere; Dio poteva parlare con lui e ha capito: questo non è sogno, è verità, è l’apparizione del Suo angelo. E così poteva discernere e decidere.

Anche per noi è importante questa sensibilità verso Dio, questa capacità di percepire che Dio parla con me, e questa capacità di discernimento. Certo, Dio non parla normalmente con noi come ha parlato attraverso l’angelo con Giuseppe, ma ha i suoi modi di parlare anche con noi. Sono gesti di tenerezza di Dio, che dobbiamo percepire per trovare gioia e consolazione, sono parole di invito, di amore, anche di richiesta nell’incontro con persone che soffrono, che hanno bisogno di una mia parola o di un mio gesto concreto, un fatto. Qui occorre essere sensibili, conoscere la voce di Dio, capire che adesso Dio mi parla e rispondere.

E così siamo arrivati al terzo punto: la risposta di san Giuseppe alla parola dell’angelo è fede e poi obbedienza, fatto. Fede: ha capito che questa era realmente la voce di Dio, non era un sogno. La fede diventa fondamento sul quale agire, sul quale vivere, è riconoscere che questa è la voce di Dio, imperativo dell’amore, che mi guida sulla strada della vita, e poi fare la volontà di Dio. San Giuseppe non era un sognatore, anche se il sogno era la porta con cui Dio era entrato nella sua vita. Era un uomo pratico e sobrio, un uomo di decisione, capace di organizzare. Non era facile — penso — trovare a Betlemme, perché non c’era posto nelle case, la stalla come luogo discreto e protetto e, nonostante la povertà, degno per la nascita del Salvatore. Organizzare la fuga in Egitto, trovare ogni giorno da dormire, da vivere per lungo tempo: questo esigeva un uomo pratico con senso di azione, con la capacità di rispondere alle sfide, di trovare le possibilità di sopravvivere. E poi al ritorno, la decisione di ritornare a Nazareth, di fissare qui la patria del Figlio di Dio, anche questo mostra che era un uomo pratico, che da falegname ha vissuto e reso possibile la vita di ogni giorno.

Così san Giuseppe ci invita da una parte a questo cammino interiore nella parola di Dio, per essere sempre più vicini alla persona al Signore, ma nello stesso tempo ci invita ad una vita sobria, al lavoro, al servizio di ogni giorno per fare il nostro dovere nel grande mosaico della storia.

Ringraziamo Dio per la bella figura di san Giuseppe. Preghiamo: «Signore aiutaci ad essere aperti per Te, a trovare sempre più il tuo volto, ad amarTi, a trovare l’amore nella norma, essere radicati, realizzati nell’amore. Aprici al dono del discernimento, alla capacità di ascoltare Te e alla sobrietà di vivere secondo la tua volontà e nella nostra vocazione». Amen!"
(22 dicembre 2013 omelia pronunciata nella cappella del monastero Mater Ecclesiae).

Riposa in pace p. Aloysius

Ringraziamo il Signore perché ci ha donato per tanti anni una guida così e ricordiamo con affetto  padre Aloysius  Deeney. Settantacinque anni carmelitano scalzo di origine texane che oggi, in Indonesia, ci ha lasciato ( era ammalato di cancro).
Dal 1989 al 2012 ha guidato i Carmelitani scalzi secolari verso un cammino di autonomia con le nuove Costituzioni e responsabilità con un'attenzione particolare anche alla formazione.  

Uniti nel ricordo della b. Giuseppina di Gesù Crocifisso

Oggi abbiamo ricordato con la celebrazione eucaristica, nella chiesa del monastero delle carmelitane scalze dei Ponti Rossi il transito della B. Giuseppina di Gesù Crocifisso. A presiedere il postulatore generale p. Marco Chiesa ocd (scarica qui la sua omelia) e concelebravano il delegato provinciale p. Andrea l'Afflitto e don Marcello Schiano della fraternità ocds dei Ponti Rossi. 

La sua biografia. Nata il 18 febbraio 1894 a Napoli a Santa Caterina a Chiaia, n 6 dove risiedeva la nonna, Giuseppina è la terzogenita di Concetta Messina e Francesco Catanea, un ferroviere. Le sorelle Antonietta e Maria accolsero con gioia il nuovo arrivo. Di natura gracile, fu battezzata in casa quattro giorni dopo per desiderio della nonna, con i nomi di Giuseppina, Annamaria e Tommasina. Il progetto di Dio su di lei si rivelò subito: nel compiere i primi passi le gambe non la reggevano bene e cominciarono ad arcuarsi.

Gli atteggiamenti che facevano affiorare in lei il carisma teresiano.

In primis l’orazione: Giuseppina cominciò prestissimo a pregare e racconta che, non avendo ancora imparato a leggere, e si ritirava in una stanza stringendo fra le mani un libro, capovolto, ma disponendo il suo piccolo cuore a innalzare quella preghiera che non sapeva leggere né avrebbe potuto farlo tenendo il libro aperto in quel modo. Quando fece la prima Comunione, cominciò a stare spesso in silenziosa compagnia di Gesù (“pur essendo inesperta cominciai a trattenermi con Lui”). Giuseppina, spontaneamente, già pregava come una vera carmelitana. Sentì dentro di sé quel bisogno di essere da sola con Gesù, come S. Teresa d'Avila, (fondatrice dell'Ordine a cui appartiene suor Giuseppina) insegnò alle sue monache nel Cammino di perfezione e nelle altre sue opere. 

Da ciò emerge il nostro carisma: non conta tanto leggere le preghiere ma disporre il cuore nei confronti del Signore ed è questa la vera preghiera. 

 Adulta scrive: “Prima che l’uomo nasca e viva la prima vita per meritare la seconda è assegnata da Dio una missione speciale”. La sua missione era incontrare Gesù nella sofferenza. Ne fu quasi subito consapevole e accettando questa Volontà, ne prese nota nel suo diario “vivere questa vita fuori del progetto divino se non impossibile diventerebbe difficile”, quasi a sottolineare la assoluta fiducia che Dio le avrebbe dato tutta la forza necessaria per vivere quel progetto. “Ognuno di noi nello stato in cui ci si trova deve vivere questa realtà misurandosi con le situazioni che Dio ci mette davanti”. E pregava “Signore assorbimi nella tua vita, trasfonditi in me e fa che io viva solo in te”. 
L’immagine di Cristo rifulgeva in lei: chi incontrava Giuseppina ne era affascinato: dolce, amabile, accogliente (“Lascia in tutte il desiderio di rincontrarla”, confidò un’amica) e con il tempo, la considerano una mamma. Quando, a 39 anni, divenne finalmente monaca carmelitana nel neonato monastero dei Ponti Rossi, quando la malattia glielo permetteva era in parlatorio ad accogliere le richieste di preghiera, di consigli, di confronto. Anche durante la guerra i napoletani s’inerpicavano sulla salita dei Ponti Rossi per raggiungere il Carmelo e quella suora così dolce che sentiva su di sé la grande missione affidatale da Gesù: “essere anello di congiunzione fra Lui e l’umanità”.

E da vera carmelitana ha fatto sua la croce, baciandola e abbracciandola, quasi per sostituire il suo corpo a quello del Cristo sofferente. Tutto con la gioia nel cuore. La gioia di rispondere “sì”, di condividere con Gesù i patimenti e le “piccole croci sconosciute”.

Sono trascorsi 76 anni dalla sua morte (14 marzo 1948). Napoli (e non solo) non ha mai dimenticato questa carmelitana. Allora generazioni di fedeli si sono succedute, prima per onorare il suo corpo (che fu esposto per 13 giorni) e poi per pregare sul suo sepolcro, continuando a chiedere grazie. Il 1 giugno 2008 la beatificazione. Madre Giuseppina per tutti noi è un dono perché ha saputo dimostrare che si può vivere abbracciati alla Croce, perché è Cristo a soffrire in noi e a sorreggerci. (S. d.b.)


Ritiro spirituale a Maddaloni: traccia per la preghiera

 Oggi nel ritiro spirituale a Maddaloni con p. Andrea l’Afflitto, delegato dell’ocds per la Semi provincia Napoletana, le comunità della Campania hanno potuto vivere un momento di silenzio e di unione, concludendo la giornata con la liturgia penitenziale.


La meditazione di p. Andrea ci ha portati a fare l’esperienza della sofferenza di  Gesù, nel Getsemani. 

Il pensiero va alla descrizione di un'esperienza analoga vissuta da Teresa di Gesù, “accanto” a Gesù nell’Orto degli Ulivi (Vita 9,4):

“Questo era il mio metodo di orazione: non potendo discorrere con l’intelletto, cercavo di rappresentarmi Cristo nel mio intimo e mi trovavo meglio, a mio giudizio, ricercandolo in quei tratti della sua vita in cui lo vedevo più solo. Mi pareva che, essendo solo ed afflitto, come persona bisognosa di conforto, mi avrebbe accolta più facilmente. Di queste ingenuità ne avevo parecchie. Mi trovavo assai bene specialmente nell’orazione dell’Orto degli ulivi; lì gli tenevo compagnia; pensavo al sudore e all’afflizione che aveva sofferto; desideravo, potendo, tergergli quel sudore così penoso (ma ricordo che non osavo mai decidermi a farlo, perché mi venivano subito in mente i miei gravissimi peccati). Me ne stavo lì con lui fino a quando i miei pensieri me lo permettevano, essendo molti quelli che mi davano tormento. Per vari anni, la maggior parte delle sere, prima di addormentarmi – allorché per dormire mi raccomandavo a Dio – meditavo sempre un po’ su questo passo dell’orazione dell’Orto degli ulivi, fin da quando non ero ancora monaca, avendo sentito dire che si guadagnavano molte indulgenze. Sono convinta che con questa meditazione la mia anima si sia molto avvantaggiata perché cominciai a praticare l’orazione, senza sapere che cosa fosse, e diventò poi un’abitudine così regolare che non avrei potuto trascurare di farmi il segno della croce prima di addormentarmi”.

Spunti dalla meditazione per la riflessione e la preghiera personale (clicca qui)

Il silenzio orante di Gesù nel Getsemani

 Sabato prossimo, 9 marzo, nella sala dei convegni del centro spirituale dei Carmelitani Scalzi a Maddaloni, p. Andrea L'Afflitto guiderà le comunità ocds della Campania nel ritiro spirituale dedicato all'orazione, in particolare a quella Gesù nel Getsemani.

Teresa ci suggerisce d'essere umili



Sant’Agostino invitava a “lasciarsi portare dal legno della Sua umiltà” e scriveva ancora “Vuoi essere un grande? Comincia con l'essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell'umiltà”.


S. Teresa ha amato molto questo santo. Ne parla nel Libro della Vita, citando il capitolo ottavo delle Confessioni, in cui Sant'Agostino descrisse il momento decisivo della sua risposta a Dio. Teresa vi si era riconosciuta. Così ha fatto propria la sua “lezione” sull'umiltà. Nella prima parte del “Cammino di perfezione” si è soffermata sul valore dell’umiltà. Vi ritorna spesso a dimostrare quanti sia consapevole, per esperienza, della fatica che comporta acquisire la povertà di spirito ma anche della sua necessità per il nostro cammino di trasformazione (non a caso è la prima beatitudine di cui parla Gesù).

 Il vero umile non è mai sicuro delle sue virtù”, dice la santa. È lo stesso Gesù ad invitarci a essere come Lui “miti e umili di cuore”. Del resto anche lui, come tutti gli ebrei pregava con i salmi e uno di questi, il 131, esalta i frutti dell’umiltà: "Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze; lo sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia". Noi dobbiamo imparare ad assorbire come una spugna ogni parola della santa madre, perché il suo messaggio è attualissimo.


Gesù è sempre presente per noi

 

Quando in nessun modo si può ottenere un po’ di riposo esteriore, quando non c’è un posto in cui potersi rifugiare, quando compiti improcrastinabili impediscono di concedersi un’ora tranquilla, allora almeno interiormente ci si isoli per un istante da tutto il resto e si cerchi rifugio nel Signore. Egli è presente e può darci in un solo istante ciò di cui abbiamo bisogno. Teresa Benedetta della Croce 

Non solo una bella ispirazione dello Spirito per  Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein), ma qualcosa che la carmelitana scalza di origine ebrea mise in pratica fino alla fine. Lo possiamo constatare dalla testimonianza di Julius Markan, che l’incontro il 5 agosto (4 giorni prima del martirio) nel lager di Westerbork: suor Teresa Benedetta si distingueva per la sua estrema tranquillità e la sua calma. Fra i nuovi arrivati nel lager c'era molto affanno e un'agitazione indescrivibili. Lei circolava fra le donne, consolando, aiutando, tranquillizzando chiunque come un angelo. Per tutto il tempo in cui si intrattenne nel lager si occupò amorevolmente dei bambini,  del bucato e dell'abbigliamento, lasciando tutti meravigliati.

Che cosa ci insegna Teresina

Santa Teresa di Gesù Bambino è una delle figure carmelitane più popolari nella Chiesa. Per noi carmelitani come lei è anche un impegno e una piccola missione testimoniare la bellezza del suo messaggio. Sappiamo che cos'è il nostro carisma, che è quello che ci ha insegnato  Teresa di Gesù, la grande Teresa, nostra fondatrice nel 1562. La piccola Teresa di Lisieux è una figura dell'ottocento, una giovane monaca di clausura che nei suoi 24 anni di vita è riuscita a trasmettere un tale amore per la famiglia, per Dio, per le sue consorelle, ma soprattutto la consapevolezza che è nel restare piccoli che si può crescere nella fiducia verso il Padre.

Siamo in un periodo in cui ricordiamo alcune date importanti di questa santa e per questo motivo l'Ordine ha pensato ad un cammino di rilettura. Si chiama lettura sapienziale perché serve non a documentarsi, addottorarsi, ma per leggere con il cuore, anche attraverso l'esperienza della propria vita il suo messaggio,

Nel 2023, abbiamo celebrato il 150° anniversario della nascita di Teresa di Gesù Bambino (2 gennaio 1873)  il primo centenario della sua beatificazione (29 aprile 1923), approfondendo la lettura del Manoscritto A. In attesa di celebrare, nel 2025,  il primo centenario della sua canonizzazione (17 maggio 1925), seguendo le indicazioni del Capitolo Generale dei Carmelitani Scalzi, tenutosi a Roma dal 30 agosto al 14 settembre 2021, l’Ordine prosegue il  ciclo di lettura degli scritti di Santa Teresa così: 

Anno 2024 : Manoscritti B e C
Anno 2025 : Preghiere e altri testi. 

Scaricare qui la Lettura degli scritti di Teresa di Lisieux che faremo in condivisione con tutto
l'Ordine dei Carmelitani scalzi e che ci permetterà di far nostro il messaggio di S. Teresa di Gesù Bambino, con la guida dei nostri formatori e di don Marcello.

s.d.b.

L' AMOR DI DIO PER NOI SECONDO GIOVANNI DELLA CROCE

Come amare il Signore? Facciamoci aiutare in questi giorni dal padre del Carmelo, il padre "celestiale" che Teresa d'Avila volle come direttore di anime nei suoi Carmeli: Giovanni della Croce, di cui festeggiamo oggi. Egli ci insegna che la prima cosa da fare è lasciarsi amare da Lui:  Dio si comunica all'anima con amore così vero che non vi è affetto di madre che con uguale tenerezza accarezzi suo figlio né amor di fratello e di amico con cui si possano confrontare. A tanto giungono la tenerezza e la sincerità dell'amore con il quale l'immenso Padre ricrea e solleva l'anima umile e amante  - o cosa mirabile e degna di ogni timore e ammirazione! - da sottomettersi veramente a lei per elevarla, come se Egli fosse il servo e lei il Signore. Ed è così sollecito a favorirla, come se Egli fosse lo schiavo, ed ella Dio, tanto profonda è l'umiltà e la dolcezza di Dio!

Il Dio Bambino per i piccoli che soffrono

Oggi è la Giornata dei diritti dei bambini. Preghiamo con una intensa preghiera dell'arcivescovo di Napoli, Domenico Battaglia.

Preghiera a Dio bambino, amico dei bambini

O Dio Bambino, amico dei bambini, che non sei il dio dei grandi, nel cui nome non si brandiscono armi e non si fanno guerre;

Dio debole e povero, che preferisci stalle e pastori ai palazzi dei potenti e alle riverenze di re e nobili;

O Dio uomo, amico degli uomini, che non chiedi sacrifici, ma hai sacrificato la tua stessa vita perché l’uomo fosse salvo, a te si leva il mio grido!

Dal cumulo di macerie dove le bombe dei grandi mi hanno sepolto, dal rifugio crollato dove sedevo spaventato con i miei fratelli e le mie sorelle,

dalla terra insanguinata dove giaccio accanto al corpo senza vita di mia madre, ti giunga la mia preghiera, Dio Bambino, amico dei bambini!

Non prego per me, io non sono più, ma per i miei fratelli e sorelle rimasti, che piangono orfani sulle nostre tombe.


Dio Bambino, amico dei bambini, non chiedo per loro ricchezze o potere, ma solo che possano quanto prima tornare a scuola, non chiedo successo o denaro, ma solo che possano tornare a ridere spensierati.

Dio Bambino, amico dei bambini, non prego per me, io ormai sono con te.

Solo ti prego: porta in terra il paradiso che ora contemplo!

Trasforma il pianto in gioia, la disperazione in speranza, la croce dei miei fratelli e sorelle in risurrezione.

Dio Bambino, amico dei bambini, tu che nascesti in un paese devastato dalla guerra,

tu che conoscesti le atrocità e le ingiustizie che da essa provengono,

torna a nascere a Betlemme, nelle tante nuove Betlemme,

torna a farti uomo per insegnare agli uomini cosa significhi essere umano.

Amico degli uomini, salvaci da questa disumanità!

Non prego per me, ora sono con Te.

Prego per loro.

Scendi dai cieli e fa’ della terra un paradiso.

don Mimmo Battaglia

Ritiro spirituale di Avvento

Esercizi di Avvento: Radicarsi in Dio.

Anche quest'anno possiamo seguire on line, ogni settimana, gli Esercizi spirituali per l’Avvento 2023 dei Carmelitani Scalzi e delle Edizioni OCD
Dal 29 novembre al 25 dicembre i frati propongono il percorso 
"Radicarsi nella gioia di Dio
con S. Teresa di Los Andes"

 ♥️ «Dio è gioia infinita». Questa famosa affermazione di santa Teresa di Los Andes (1900-1920), la prima cilena ad essere canonizzata, dà il tono agli ESERCIZI SPIRITUALI ONLINE per l’Avvento 2023: sì, Dio è molto più amabile, più bello, più amorevole di quanto generalmente non lo si reputi! Teresa di Los Andes ce lo farà scoprire mostrandoci l’esempio di una santità affabile e condividendo con noi consigli accessibili perché ci radichiamo a nostra volta nella gioia divina. Alla sua scuola, constateremo che quella santità gioiosa, a fianco del Nuovo Nato, ci è accessibile. Basta collegarsi qui

Nasce il cenacolo di preghiera "Gli amici di Santa Teresa e di San Giuseppe

 
Al termine della cerimonia che ha accolto sei nuovi membri nell'Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi, p. Andrea L'Afflitto ha dato notizia della decisione del p. Provinciale di autorizzare il Carmelo dei Ponti Rossi a divenire un cenacolo di preghiera "Gli amici di Santa Teresa e di San Giuseppe". Lo scopo di questa iniziativa nasce proprio dal desiderio di far conoscere a tutti il carisma teresiano e per creare comunque un gruppo unito ispirato ai valori teresiani della preghiera come amicizia con Dio, anche se non aderisce all'Ordine secolare.




La fraternità teresiana cresce

 

Una giornata ricca di emozioni stamattina nella Chiesa del Monastero dei SS. Teresa e Giuseppe di Napoli, dove Antonietta e Vincenzo, Rosaria e patrizio, Lella e Daniela hanno cominciato ufficialmente il percorso di conoscenza e di approfondimento del carisma teresiano, primo passo del percorso formativo alla prima promessa temporanea nell'Ordine Secolare dei carmelitani Scalzi. La cerimonia di ammissione alla presenza delle monache carmelitane, della comunità secolare, di don Marcello è stata presieduta da p. Andrea L'Afflitto Delegato per ocds del Padre Provinciale. "E' un momento di grazia- ha detto p. Andrea - per loro e per tutta la nostra famiglia carmelitana perché grazie a questi fratelli e sorelle si accresce di nuovi membri. voglio vivere tutto questo nella Grazia di Cristo Gesù, affidandoci all'intercessione di Maria, nostra madre e sorella, e all'intercessione della beata Giuseppina affinché possiamo essere veramente fedeli alla vocazione a cui siamo stati chiamati". Accompagnati dalla presidente Ketty Bianco e dal maestro di formazione Paolo De Santi.










P. Anastasio confratello, Generale, Cardinale ... presto beato

 Ottobre è stato un mese importante nelal vita di Alberto Ballestrero, che noi carmelitani conosciamo come p. Anastasio Ballestrero del SS. Rosario, carmelitano scalzo: nasce il 3 ottobre 1913, il 2 ottobre 1924 fa il suo ingresso nel Deserto di Varazze (foto qui in basso), seminario per i carmelitani scalzi e il 17 ottobre 1929 fa la sua professione religiosa nel Carmelo. 
Lo scorso giugno si è chiuso il processo istruttorio per la beatificazione.


Chi era padre Anastasio


Anastasio Ballestrero (al secolo Alberto Ballestrero) nacque a Genova il 3 ottobre del 1913. A nove anni perse la mamma (un dolore grandissimo vissuto con una grande maturità e lo si vide quando nel 1928 quando morì la nonna paterna, scrivendo una lettere al padre ebbe per lui parole tenere e lo incoraggiò a rifugiarsi nel cuore di Gesù come fece lui). L’amore per il cuore di Gesù fu rafforzato quando ricevette da un sacerdote un’immaginetta dell’allora venerabile (oggi è santa) Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù, dove c’era scritto “Deus caritas est”. “Da allora”, scrisse p. Anastasio, “non ho più dimenticato: Dio è amore”.

A 11 cominciò il proprio cammino al Carmelo (“Il Signore mi ha preso presto perché ero un bel tipo. Ho capito poco, ma ho capito che dovevo dire di sì”).


       
A 15 anni iniziò il noviziato. I superiori che inizialmente non volevano ammetterlo perché ribelle e vivace, erano sicuri che si sarebbe arreso strada facendo. Dimostrò un notevole cambiamento: saper vivere alla presenza di Dio è la sapienza suprema di un’anima carmelitana.
Anastasio Alberto Ballestrero fece la professione religiosa il 17 ottobre 1929 con il nome di fra Anastasio del SS. Rosario. Ordinato sacerdote il 6 giugno 1936, insegnò teologia nelle case di formazione della sua provincia religiosa, dove gli furono affidati vari incarichi di responsabilità. Nel 1948 fu eletto Provinciale, nel 1955 Preposito Generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi. Durante il suo mandato diede impulso agli studi teresiani, stimolando fedeltà al carisma originario dell'Ordine, soprattutto al primato assoluto di Dio, all'orazione contemplativa, al senso della Chiesa e allo spirito apostolico. Partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano II come membro della commissione teologica.


Fu consacrato vescovo di Bari il 2 febbraio 1974. Trasferito alla sede episcopale di Torino nel 1977. Giovanni Paolo II lo nominò cardinale nel 1979. Dal 1979 al 1985 fu presidente della CEI. Nel 1988 lasciò la sede di Torino, si ritirò a Bocca di Magra dove morì il 21 giugno 1998.

Qual è la testimonianza lasciataci
Non ha mai voluto scrivere nulla. Quello che di lui abbiamo oggi è stato raccolto dalle monache e dai sacerdoti cui teneva prediche, esercizi spirituali e sistemati p. Giuseppe Caviglia che fu suo segretario.
Il carmelitano sente il bisogno di fare tutto, attimo per attimo alla presenza reale di Dio, cercare continuamente il Signore, di attenderlo. Da qui scaturisce la carica di speranza che fu propria di p. Anastasio.
L’amicizia e l’intimità con il Signore è stata, quindi, alla base del suo essere e del suo operare. 
“Se qualcosa ha dato alla mia vita senso e felicità è aver creduto al Signore e avergli detto di sì a occhi chiusi e averlo seguito come un discepolo che non sa dove va ma che ha la mano nella mano di Qualcuno che lo sa anche per lui
  
L’intransigenza della spiritualità.
 “Niente è più estraneo al Carmelo di quella mentalità che affiora in certi cristiani per i quali si direbbe che il Signore è ridotto alle nostre proporzioni con una faciloneria che non rivela né intimità né familiarità con il Signore, ma solo superficialità”
Anche questa frase di p. Ballestrero, attualissima, evidenzia la forza con cui il cardinale ha saputo riconoscersi creatura: Dio è il Signore e io resto creatura che solo lui può deificare.
Ha amato in modo straordinario l’Ordine; ha voluto che le sue monache e i suoi frati vivessero lo spirito del Carmelo fino in fondo e diede lui per primo esempio di obbedienza piena alla volontà di Dio anche quando questa volontà “taglia, sradica e trapianta”.
Come superiore Ballestrero fu intransigente e metteva in guardia dal destreggiarsi fra Dio e gli idoli. Ma ogni suo insegnamento, anche più intransigente, lo viveva in prima persona.  “Dio al primo posto sempre e in tutto il resto viene dopo” ripeteva e affermava il primato assoluto dell’orazione contemplativa e un apostolato nel modo tipico del Carmelo effusione della comunione con Dio
Quando nel 1967 diede un’Istruzione all’Ordine per il rinnovamento della  vita religiosa secondo il Concilio Vaticano II, fissò alcuni punti inderogabili:
  • Fedeltà alla Chiesa, 
  • ritorno allo spirito dei fondatori,
  • orazione,
  • ascesi,
  • povertà,
  • austerità, 
in conformità della scelta di Sequela Christi, insieme ad un apostolato generoso in conformità con lo spirito del Carmelo.
Quando a Bocca di Magra si ritirò nel monastero di Santa Croce, anziano e malato, dice che è quella la sua ultima dimora “dove il Signore a poco a poco ci demolisce, per provare la fedeltà del nostro amor. Il Signore  cerca anima cui possa chiedere tutto per poter concedere tutto”.
Anche le sue sofferenze, come tutta la sua vita, le mise nelle mani di Dio, ripetendo “Signore tutto questa per la Chiesa e per il bene dell’Ordine”.
 Con questa umiltà si è lasciato consumare fino alla morte con un immenso amore. “Siamo fratelli e tra fratelli ci possono essere anche difficoltà divergenze ma il sangue è lo stesso l’ideale è lo stesso e l’amore non può venire meno”.
Anche la sua ultima testimonianza, dettata al  segretario particolare, è un testamento spirituale di cui far tesoro:
“Il Carmelo è stato ed è la casa del mio cuore e la patria dell’anima dell’anima mia. La mia vita ha trovato nel Carmelo tutto. Tutte le energie, tutte le grazie: il mio cuore si è saziato, la mia anima non è mai stata randagia, le difficoltà della vita hanno trovato in casa sempre la soluzione e oggi che sono alla fine dei miei giorni ringrazio Dio di questo dono, ringrazio la Madonna di questa grazia  e ti auguro che possa essere vero per te come lo è stato per me. La fedeltà al Carmelo è il viatico della vita”.
S.

Oggi preghiamo per la Pace con Edith e Mariam

 Oggi, martedì 17 ottobre, accendiamo una candela della pace nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie come segno di quella luce che non è vinta dalle tenebre di questo mondo accendiamo con umiltà e con coraggio insieme a tutti un grido di speranza per la pace frutto della giustizia e della verità.

 Lo facciamo oggi su invito del patriarca di Gerusalemme e del nostro padre generale pregando con il popolo ebraico perché chi prega insieme semina la pace e questa pace possa raggiungere ognuno di noi nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie lo facciamo con Maria e Giuseppe con Teresa di Gesù tutti i santi del Carmelo soprattutto Edith Stein carmelitana ebrea morta ad Auschwitz e con Mariam Baouardy figlia della terra palestinese carmelitana scalza anche lei martire dell’amore per Gesù e per l’umanità edite Mariam figlie di Teresa di Gesù illuminano il nostro cammino verso una terra promessa di fratelli e sorelle

Esortazione Apostolica su S. Teresa di Gesù Bambino

 «È la fiducia e null’altro che la fiducia che deve condurci all’Amore!», scrisse Teresa di Lisieux.  


Comincia così, con una frase della piccola carmelitana scalza l'Esortazione Apostolica che il Santo Padre  Francesco ha pubblicato oggi, 15 ottobre, in occasione della Solennità della fondatrice del Carmelo, ordine a cui Teresina appartenne. E' una scelta emblematica che la collega non solo alla sua ispiratrice, ma anche alla Chiesa tutta che venera entrambe le sante anche nel numero dei Dottori della Chiesa. Una giovane di 24 anni che sulla fiducia nell'amore nell'amore misericordioso di Dio ha fondato la spiritualità della piccola via. Quest'anno 150° anniversario della nascita di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo.   

Per leggerla integralmente clicca qui

Il Padre Generale scrive a tutto l'Ordine


 

Solennità di S. Teresa d'Avila

Il Papa annuncia una lettera apostolica dedicata a Teresa di Lisieux

 
Aspettiamo la Lettera apostolica su santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle Missioni e prepariamoci sin dai primi vespri di domani 30 settembre al celebrare con fede la sua Festa, nell'anniversario della sua beatificazione.

Alcuni suggerimenti per la approfondire la sua figura:

Il corso con p. Faustino ocd   

Le schede della Curia Generalizia

Il Convegno dei carmelitani scalzi secolari su Santa Teresina

Catechesi di Papa Francesco

Catechesi di Papa Benedetto XVI

La piccola Teresa ha promesso molte volte che dopo la sua morte  avrebbe fatto piovere dal Cielo dei petali di rose. Ella dice a questo proposito: «Un'anima infiammata di amore non può restare inattiva» Affidiamoci a lei
.

20 anni di Costituzioni: la lettera del P. Generale

 
Venti anni fa, l'Ordine secolare dei carmelitani scalzi vide approvate nel 2003 dalla Curia Generalizia le proprie Costituzioni che sostituivano la regola di vita e cercavano di aprire uno sguardo sul mondo laico attraverso il filtro della Regola. Fu il sigillo su un Ordine a tre rami sorti su un'unica radice: la Regola di Sant'Alberto. 

Per l'anniversario il nuovo padre Generale ci ha inviato una lettera (scarica qui) che conclude così: 

Auspico di cuore che il Signore continui a benedirvi nella vostra vocazione, nella passione e nell’amicizia con Gesù, nella preghiera e nella vita fraterna, nell’amore e nel servizio nella Chiesa e nel mondo, nell’intimità con Maria, e che attraverso le vostre Costituzioni possiate continuare a camminare sotto la protezione della Vergine del Carmelo, Stella del Mare e di san Giuseppe, nell’ossequio di Gesù Cristo, glorificando Dio con la vostra vita. Grazie a tutti coloro che, in quel tempo, elaborarono le Costituzioni, a tutti voi che le vivete ogni giorno, a coloro che verranno. Prego per ogni comunità. Iniziamo oggi di bene in meglio, rendendo grazie per questa preziosa eredità ricevuta. A tutti voi, miei fratelli e sorelle, una benedizione e un fraterno abbraccio.
P. Miguel Márquez Calle, OCD Preposito Generale

QUANDO TERESA FU "INCORAGGIATA" DA S. CHIARA

 

Riproponiamo il testo sulle affinità fra Chiara di Assisi di cui oggi celebriamo la memoria liturgica e la nostra Teresa d'Avila che è sul sito del protomostero di Assisi e fu inserito nel sito (oggi inesistente sul web) "Para vos naci", dedicato al V centenario della nascita della carmelitana scalza.


L'11 agosto 1562 nel monastero dell’Incarnazione di Avila le monache partecipano alla celebrazione eucaristica. Tra loro c’è Suor Teresa de Ahumada. È la vigilia di un evento importante: la fondazione di un nuovo monastero carmelitano, organizzato secondo il rigore originario della Regola di Sant’Alberto e destinato a vivere “per la Chiesa e per la redenzione delle anime” . Poco prima della comunione Suor Teresa ha una visione. Ecco come la racconta nel LIBRO DELLA Vita, la sua autobiografia:
 “Il giorno di santa Chiara, mentre stavo per comunicarmi, mi apparve questa santa splendente di bellezza; mi disse di sforzarmi d’andare innanzi nell’opera intrapresa, perché ella mi avrebbe aiutata. Cominciai a nutrire per lei una grande devozione, tanto più che le sue promesse sono risultate così veritiere che un monastero di suore del suo Ordine, vicino al nostro, ci aiuta a mantenerci. E la cosa più importante è che, a poco a poco, ha perfezionato a tal punto il mio desiderio di rinuncia a tutto che la povertà osservata da questa gloriosa santa nella sua casa si osserva anche da noi e viviamo di elemosina. Non mi è costato poca fatica ottenere l’autorizzazione del santo Padre a mantenerci salde in questa Regola, senza discostarcene né aver mai rendite. Il Signore fa molto di più e lo si deve forse alle preghiere di questa santa gloriosa perché, senza esserne richiesto, ci provvede completamente di tutto il necessario. Sia egli benedetto per ogni cosa! Amen. (Vita 33,13)”

È dunque anche grazie all’intercessione della santa di Assisi che Teresa di Gesù fondò il suo primo monastero di stretta clausura, quello di San Giuseppe, inaugurato il 24 agosto 1562. Così a 800 anni dalla consacrazione della santa di Assisi ricordiamo i 450 della riforma teresiana. Due sante molto diverse, vissute in due epoche molto diverse. Eppure dalla clarissa di San Damiano, Teresa sente  non solo di poter ricevere la protezione celeste, ma anche l’ispirazione per lo stile di vita con cui dar vita a una nuova, piccola comunità. Così, rivolta alle consorelle del monastero di San Giuseppe, alle quali insegna il cammino di orazione, Teresa spiega che l’orazione non può prescindere da uno stile di vita  votato all’umiltà, all’amore vicendevole e al distacco. E parla loro di povertà:  
Ecco le armi che devono figurare sulle nostre bandiere e che dobbiamo custodire in ogni circostanza, in casa, nel modo di vestire, nelle parole e soprattutto nel pensiero. Finché vi atterrete a questa norma, non temete che abbia a decadere l’osservanza della Regola in questa casa, col favore di Dio, perché, come diceva santa Chiara, forti mura sono quelle della povertà. Di queste mura – ella diceva – e di quelle dell’umiltà voleva veder recinti i suoi monasteri, e certamente, se si osserva davvero questa pratica, l’onore del monastero e tutto il resto viene salvaguardato molto meglio che non con sontuosi edifici. Guardatevi bene dal costruirne di tali, ve ne scongiuro in nome di Dio e del suo sangue e, se posso dirlo in tutta coscienza, mi auguro che crollino il giorno stesso in cui siano costruiti. (Cammino di perfezione, 2,8)”
Nel Libro della vita, nei capitoli (32-36) in cui ripercorre la fondazione del primo monastero riformato la santa Madre commenta  “Contemplando Cristo in Croce, così povero e nudo, non potevo sopportare di essere ricca, per cui lo supplicai con le lacrime agli occhi di far sì che io divenissi povera come Lui” (Vita 35,3).
Forse Teresa non ha mai letto le parole di Chiara d’Assisi ad Agnese di Praga, ma la sintonia spirituale c’è ed è forte.
 

« In questo specchio rifulge la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità. Contempla lo specchio in ogni parte e vedrai tutto questo. 
Osserva anzitutto l'inizio di questo specchio e vedrai la povertà di chi è posto in una mangiatoia ed avvolto in poveri panni. O meravigliosa umiltà, o stupenda povertà! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra è adagiato in un presepio! Al centro dello specchio noterai l'umiltà, la beata povertà e le innumerevoli fatiche e sofferenze che egli sostenne per la redenzione del genere umano. Alla fine dello stesso specchio noterai l'umiltà, la beata povertà e le innumerevoli fatiche e sofferenze che egli sostenne per la redenzione del genere umano. Alla fine dello stesso specchio potrai contemplare l'ineffabile carità per cui volle patire sull'albero della croce ed in esso morire con un genere di morte di tutti il più umiliante. »
L’invito di entrambe è a tenere gli occhi fissi su di Lui, sempre.

Stefania Db