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Anniversario della proclamazione di S. Giovanni della Croce Dottore della Chiesa

Bisogna prestare attenzione alle parole che il nostro Salvatore ha pronunciato riguardo a questa via attraverso San Matteo, capitolo 7, quando disse: Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! (…) Perché il progresso (l'avanzamento) si trova solo imitando Cristo, che è la via, la verità e la vita, e nessuno viene al Padre se non per mezzo di lui, come egli stesso dice attraverso San Giovanni (14:6). E altrove (10:9) dice: Io sono la porta; se qualcuno entra attraverso di me, sarà salvato. Quindi qualsiasi spirito che voglia procedere per dolcezza e facilità e fugga dall'imitazione di Cristo, non lo considererebbe buono.”
 San Giovanni della Croce, Salita del Monte Carmelo, II, 7, 2.
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Queste parole del santo padre del Carmelo teresiano ci guidano in questa domenica e nella sua liturgia. Un giorno particolare oggi perché il 24 agosto 1926, giorno del già ricordato anniversario della Fondazione il primo monastero Teresiano e inizio della grande riforma, Giovanni della Croce, carmelitano scalzo artefice con Santa Teresa della riforma degli Scalzi, fu proclamato dottore della Chiesa da papa Pio XI. Chi aveva subito intuito la grandezza di questo piccolo frate fu Teresa di Gesù che lo aveva definito “un uomo celestiale e divino” e aveva sottolineato che “nessuno come lui capace di comunicare tanto fervore per la via del cielo”. Una grande amicizia con profonde radici in Cristo.

Ricordiamo oggi la proclamazione di S. Teresina, dottore della Chiesa

 Nel 1997, il 19 ottobre, S. Teresa di Gesù Bambino è proclamata da Giovanni Paolo II Dottore della Chiesa (terzo santo carmelitano scalzo a ottenere questa qualifica), dedicandole la lettera apostolica "Divini Amoris Scientia"

Qui potete rileggere l'omelia dell'allora Santo Padre, che tra l'altro disse:  A nessuno sfugge, pertanto, che oggi si sta realizzando qualcosa di sorprendente. Santa Teresa di Lisieux non ha potuto frequentare una Università e neppure studi sistematici. Morì in giovane età: e tuttavia da oggi in poi sarà onorata come Dottore della Chiesa, qualificato riconoscimento che la innalza nella considerazione dell'intera comunità cristiana ben al di là di quanto possa farlo un "titolo accademico".

Quando, infatti, il Magistero proclama qualcuno Dottore della Chiesa, intende segnalare a tutti i fedeli, e in modo speciale a quanti rendono nella Chiesa il fondamentale servizio della predicazione o svolgono il delicato compito della ricerca e dell'insegnamento teologico, che la dottrina professata e proclamata da una certa persona può essere un punto di riferimento, non solo perché conforme alla verità rivelata, ma anche perché porta nuova luce sui misteri della fede, una più profonda comprensione del mistero di Cristo.


Giovanni della Croce c'insegna a lasciarci amare da Dio

Ricordiamo oggi con la catechesi di Benedetto XVI il nostro Giovanni della Croce:


  Amico spirituale di santa Teresa, riformatore, insieme a lei, della famiglia religiosa carmelitana: san Giovanni della Croce, proclamato Dottore della Chiesa dal Papa Pio XI, nel 1926, è soprannominato nella tradizione Doctor mysticus, “Dottore mistico”.

Giovanni della Croce nacque nel 1542 nel piccolo villaggio di Fontiveros, vicino ad Avila, nella Vecchia Castiglia, da Gonzalo de Yepes e Catalina Alvarez. La famiglia era poverissima, perché il padre, di nobile origine toledana, era stato cacciato di casa e diseredato per aver sposato Catalina, un'umile tessitrice di seta. Orfano di padre in tenera età, Giovanni, a nove anni, si trasferì, con la madre e il fratello Francisco, a Medina del Campo, vicino a Valladolid, centro commerciale e culturale. Qui frequentò il Colegio de los Doctrinos, svolgendo anche alcuni umili lavori per le suore della chiesa-convento della Maddalena. Successivamente, date le sue qualità umane e i suoi risultati negli studi, venne ammesso prima co­me infermiere nell'Ospedale della Concezione, poi nel Collegio dei Gesuiti, appena fondato a Medina del Campo: qui Giovanni entrò diciottenne e studiò per tre anni scienze umane, retorica e lingue classiche. Alla fine della formazione, egli aveva ben chiara la propria vocazione: la vita religiosa e, tra i tanti ordini presenti a Medina, si sentì chiamato al Carmelo.

Nell’estate del 1563 iniziò il noviziato presso i Carmelitani della città, assumendo il nome religioso di Giovanni di San Mattia. L’anno seguente venne destinato alla prestigiosa Università di Salamanca, dove studiò per un triennio arti e filosofia. Nel 1567 fu ordinato sacerdote e ritornò a Medina del Campo per celebrare la sua Prima Messa circondato dall'affetto dei famigliari. Proprio qui avvenne il primo incontro tra Giovanni e Teresa di Gesù. L’incontro fu decisivo per entrambi: Teresa gli espose il suo piano di riforma del Carmelo anche nel ramo maschile dell'Ordine e propose a Giovanni di aderirvi “per maggior gloria di Dio”; il giovane sacerdote fu affascinato dalle idee di Teresa, tanto da diventare un grande sostenitore del progetto. I due lavorarono insieme alcuni mesi, condividendo ideali e proposte per inaugurare al più presto possibile la prima casa di Carmelitani Scalzi: l’apertura avvenne il 28 dicembre 1568 a Duruelo, luogo solitario della provincia di Avila. Con Giovanni formavano questa prima comunità maschile riformata altri tre compagni. Nel rinnovare la loro professione religiosa secondo la Regola primitiva, i quattro adottarono un nuovo nome: Giovanni si chiamò allora “della Croce”, come sarà poi universalmente conosciuto. Alla fine del 1572, su richiesta di santa Teresa, divenne confessore e vicario del monastero dell’Incarnazione di Avila, dove la Santa era priora. Furono anni di stretta collaborazione e amicizia spirituale, che arricchì entrambi. Α quel periodo risalgono anche le più importanti opere teresiane e i primi scritti di Giovanni.

L’adesione alla riforma carmelitana non fu facile e costò a Giovanni anche gravi sofferenze. L’episodio più traumatico fu, nel 1577, il suo rapimento e la sua incarcerazione nel convento dei Carmelitani dell'Antica Osservanza di Toledo, a seguito di una ingiusta accusa. Il Santo rimase imprigionato per mesi, sottoposto a privazioni e costrizioni fisiche e morali. Qui compose, insieme ad altre poesie, il celebre Cantico spirituale. Finalmente, nella notte tra il 16 e il 17 agosto 1578, riuscì a fuggire in modo avventuroso, riparandosi nel monastero delle Carmelitane Scalze della città. Santa Teresa e i compagni riformati celebrarono con immensa gioia la sua liberazione e, dopo un breve tempo di recupero delle forze, Giovanni fu destinato in Andalusia, dove trascorse dieci anni in vari conventi, specialmente a Granada. Assunse incarichi sempre più importanti nell'Ordine, fino a diventare Vicario Provinciale, e completò la stesura dei suoi trattati spirituali. Tornò poi nella sua terra natale, come membro del governo generale della famiglia religiosa teresiana, che godeva ormai di piena autonomia giuridica. Abitò nel Carmelo di Segovia, svolgendo l'ufficio di superiore di quella comunità. Nel 1591 fu sollevato da ogni responsabilità e destinato alla nuova Provincia religiosa del Messico. Mentre si preparava per il lungo viaggio con altri dieci compagni, si ritirò in un convento solitario vicino a Jaén, dove si ammalò gravemente. Giovanni affrontò con esemplare serenità e pazienza enormi sofferenze. Morì nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1591, mentre i confratelli recitavano l'Ufficio mattutino. Si congedò da essi dicendo: “Oggi vado a cantare l'Ufficio in cielo”. I suoi resti mortali furono traslati a Segovia. Venne beatificato da Clemente X nel 1675 e canonizzato da Benedetto XIII nel 1726.

Giovanni è considerato uno dei più importanti poeti lirici della letteratura spagnola. Le opere maggiori sono quattro: Ascesa al Monte Carmelo, Notte oscura, Cantico spirituale Fiamma d'amor viva.

Nel Cantico spirituale, san Giovanni presenta il cammino di purificazione dell’anima, e cioè il progressivo possesso gioioso di Dio, finché l’anima perviene a sentire che ama Dio con lo stesso amore con cui è amata da Lui. La Fiamma d'amor viva prosegue in questa prospettiva, descrivendo più in dettaglio lo stato di unione trasformante con Dio. Il paragone utilizzato da Giovanni è sempre quello del fuoco: come il fuoco quanto più arde e consuma il legno, tanto più si fa incandescente fino a diventare fiamma, così lo Spirito Santo, che durante la notte oscura purifica e “pulisce” l'anima, col tempo la illumina e la scalda come se fosse una fiamma. La vita dell'anima è una continua festa dello Spirito Santo, che lascia intravedere la gloria dell'unione con Dio nell'eternità.

L’Ascesa al Monte Carmelo presenta l'itinerario spirituale dal punto di vista della purificazione progressiva dell'anima, necessaria per scalare la vetta della perfezione cristiana, simboleggiata dalla cima del Monte Carmelo. Tale purificazione è proposta come un cammino che l’uomo intraprende, collaborando con l'azione divina, per liberare l'anima da ogni attaccamento o affetto contrario alla volontà di Dio. La purificazione, che per giungere all'unione d’amore con Dio dev’essere totale, inizia da quella della vita dei sensi e prosegue con quella che si ottiene per mezzo delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità, che purificano l'intenzione, la memoria e la volontà. La Notte oscura descrive l'aspetto “passivo”, ossia l'intervento di Dio in questo processo di “purificazione” dell'anima. Lo sforzo umano, infatti, è incapace da solo di arrivare fino alle radici profonde delle inclinazioni e delle abitudini cattive della persona: le può solo frenare, ma non sradicarle completamente. Per farlo, è necessaria l’azione speciale di Dio che purifica radicalmente lo spirito e lo dispone all'unione d'amore con Lui. San Giovanni definisce “passiva” tale purificazione, proprio perché, pur accettata dall'anima, è realizzata dall’azione misteriosa dello Spirito Santo che, come fiamma di fuoco, consuma ogni impurità. In questo stato, l’anima è sottoposta ad ogni genere di prove, come se si trovasse in una notte oscura.

Queste indicazioni sulle opere principali del Santo ci aiutano ad avvicinarci ai punti salienti della sua vasta e profonda dottrina mistica, il cui scopo è descrivere un cammino sicuro per giungere alla santità, lo stato di perfezione cui Dio chiama tutti noi. Secondo Giovanni della Croce, tutto quello che esiste, creato da Dio, è buono. Attraverso le creature, noi possiamo pervenire alla scoperta di Colui che in esse ha lasciato una traccia di sé. La fede, comunque, è l’unica fonte donata all'uomo per conoscere Dio così come Egli è in se stesso, come Dio Uno e Trino. Tutto quello che Dio voleva comunicare all'uomo, lo ha detto in Gesù Cristo, la sua Parola fatta carne. Gesù Cristo è l’unica e definitiva via al Padre (cfr Gv 14,6). Qualsiasi cosa creata è nulla in confronto a Dio e nulla vale al di fuori di Lui: di conseguenza, per giungere all'amore perfetto di Dio, ogni altro amore deve conformarsi in Cristo all’amore divino. Da qui deriva l'insistenza di san Giovanni della Croce sulla necessità della purificazione e dello svuotamento interiore per trasformarsi in Dio, che è la meta unica della perfezione. Questa “purificazione” non consiste nella semplice mancanza fisica delle cose o del loro uso; quello che rende l'anima pura e libera, invece, è eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose. Tutto va collocato in Dio come centro e fine della vita.

Il lungo e faticoso processo di purificazione esige certo lo sforzo personale, ma il vero protagonista è Dio: tutto quello che l'uomo può fare è “disporsi”, essere aperto all'azione divina e non porle ostacoli. Vivendo le virtù teologali, l’uomo si eleva e dà valore al proprio impegno. Il ritmo di crescita della fede, della speranza e della carità va di pari passo con l’opera di purificazione e con la progressiva unione con Dio fino a trasformarsi in Lui. Quando si giunge a questa meta, l'anima si immerge nella stessa vita trinitaria, così che san Giovanni afferma che essa giunge ad amare Dio con il medesimo amore con cui Egli la ama, perché la ama nello Spirito Santo. Ecco perché il Dottore Mistico sostiene che non esiste vera unione d’amore con Dio se non culmina nell’unione trinitaria. In questo stato supremo l'anima santa conosce tutto in Dio e non deve più passare attraverso le creature per arrivare a Lui. L’anima si sente ormai inondata dall'amore divino e si rallegra completamente in esso.

Cari fratelli e sorelle, alla fine rimane la questione: questo santo con la sua alta mistica, con questo arduo cammino verso la cima della perfezione ha da dire qualcosa anche a noi, al cristiano normale che vive nelle circostanze di questa vita di oggi, o è un esempio, un modello solo per poche anime elette che possono realmente intraprendere questa via della purificazione, dell'ascesa mistica? Per trovare la risposta dobbiamo innanzitutto tenere presente che la vita di san Giovanni della Croce non è stata un “volare sulle nuvole mistiche”, ma è stata una vita molto dura, molto pratica e concreta, sia da riformatore dell'ordine, dove incontrò tante opposizioni, sia da superiore provinciale, sia nel carcere dei suoi confratelli, dove era esposto a insulti incredibili e a maltrattamenti fisici. E’ stata una vita dura, ma proprio nei mesi passati in carcere egli ha scritto una delle sue opere più belle. E così possiamo capire che il cammino con Cristo, l'andare con Cristo, “la Via”, non è un peso aggiunto al già sufficientemente duro fardello della nostra vita, non è qualcosa che renderebbe ancora più pesante questo fardello, ma è una cosa del tutto diversa, è una luce, una forza, che ci aiuta a portare questo fardello. Se un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli dà quasi ali, e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù. 

Questo lasciarsi amare è la luce che ci aiuta a portare il fardello di ogni giorno. E la santità non è un'opera nostra, molto difficile, ma è proprio questa “apertura”: aprire e finestre della nostra anima perché la luce di Dio possa entrare, non dimenticare Dio perché proprio nell'apertura alla sua luce si trova forza, si trova la gioia dei redenti. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a trovare questa santità, lasciarsi amare da Dio, che è la vocazione di noi tutti e la vera redenzione. Grazie.



P. Emerito Benedetto XVI - 2011 

27 settembre 1970: Teresa divenne dottore della Chiesa


In occasione del 45esimo anniversario della proclamazione di Teresa di Gesù, dottore della Chiesa, ci regaliamo il trailer del nuovo film a lei dedicato e presentato in Spagna ieri. In attesa di vederlo integralmente cliccate qui 

Paolo VI e la Multiforme Sapienza di Dio


La multiforme Sapienza di Dio talvolta si rivela in maniera più manifesta ad alcuni amati discepoli di Cristo e ad essi, per arcano disegno e liberalità singolare, vien concesso di comprendere quale sia «la larghezza e la lunghezza e l'altezza e la profondità: di conoscere anche la carità di Cristo che supera ogni scienza» (Ef 13, 8). Infatti «lo Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il popolo di Dio e lo guida e adorna di virtù, ma, distribuendo a ciascuno i propri doni come a lui piace (1 Cor 12, 11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere e uffici, utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa» (LG 12).
Teresa di Gesù, grande e nobile vergine, e inoltre riformatrice dell'Ordine della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, fu arricchita a profusione di questa divina abbondanza di sacri carismi. Di semplici costumi e ignara di cultura letteraria, eccelse talmente con la parola e con gli scritti, che a lei si possono riferire queste parole: «aprì la sua bocca in mezzo all'Assemblea» (Sir 15, 5), e a buon diritto fu proclamata santa da uomini santi e fu anche venerata come sicurissima guida e maestra da dottori di scienze sacre. Sebbene si interessasse a moltissimi affari inerenti al suo dovere, si vide tuttavia che aspirava ininterrottamente a una patria migliore, cioè a quella celeste; quasi sempre sofferente nel corpo e carica di tribolazioni, affrontò impavida qualsiasi impresa per la gloria di Dio e per l'utilità della Chiesa di Cristo. 
Perciò, dal momento che questa serva di Dio è stata sempre esaltata, sia per i fatti straordinari della sua vita sia per le rare virtù del suo animo sia per l'acume del suo spirito, reputiamo con certezza questo fatto motivo giusto e nobile a che, come il Nostro predecessore Gregorio XV le ha decretato gli onori dei santi, affinché tutti i fedeli di Cristo comprendessero con quale abbondanza Dio avesse ricolmato di Spirito Santo la sua serva (cf Lett. Decr. Omnipotens sermo), così Noi non dubitiamo doverla proclamare dottore della Chiesa, prima fra le donne, specialmente per la sua conoscenza e dottrina delle cose divine. Abbiamo infatti fiducia e confidiamo che Teresa di Gesù, dichiarata con solenne decreto maestra di vita cristiana, stimoli fortemente anche gli uomini del nostro tempo a coltivare soprattutto ciò che favorisce l'amore dell'anima verso la contemplazione e il conseguimento delle cose celesti
Cominciava così la Lettera Apostolica "Multiformis sapientia Dei" del nuovo Beato, Paolo VI, allora Pontefice Romano. Con queste parole, proclamava santa Teresa di Gesù, vergine di Avila, Dottore della Chiesa, prima donna della schiera, seguita subito dopo da S. Caterina da Siena e nel 1987 da S. Teresa di Gesù Bambino (altra carmelitana scalza) e nel 2012 da Sant'Ildegarda di Bingen.
 Al nuovo beato che con i carmelitani ha sempre avuto un affetto particolare (tra l'altro una sua parente era carmelitana scalza a Roma e con lei "festeggiò" il pomeriggio del 27 settembre 1970 la proclamazione a dottore di Santa Teresa).
Stamattina è toccato a lui, non il dottorato, ma la proclamazione a beato. E mentre il Papa leggeva la formula di beatificazione, dopo la presentazione da parte del postulatore, padre Antonio Marrazzo, sulla loggia delle benedizioni veniva scoperta l'immagine sacra, che ritrae il beato a figura intera. Papa Francesco ha fissato la festa liturgica per il 26 settembre, giorno della nascita di Paolo VI, al secolo Giovanni Montini. La cerimonia di questa mattina è stata anche l'occasione di rivedere il papa emerito, un sorridente Benedetto XVI che nel 2012 aveva approvato le virtù eroiche del nuovo beato.