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A proposito di identità carmelitana

 Come abbiamo letto sul blog dell’Ocds d’Italia, ha avuto inizio la prima tappa della Scuola laboratorio nazionale. Le linee guida di questa formazione che approfondiranno gli attuali e i futuri incaricati alla formazione, offrono materia di riflessione per tutti noi: per chi comincia un cammino nel Carmelo e per chi ha già fatto promessa definitiva.  
Occorre disponibilità a lasciarsi lavorare se si vuole vivere della patria del Carmelo.

P.  Aldo Formentin ocd, assistente nazionale dell’ocds ha spiegato che cosa significa essere fedele all’identità secolare carmelitana e ha sottolineato la necessità di “essere coscienti dell’impegno personale che l’appartenenza al carisma carmelitano richiede nella vita quotidiana”. E ci ha suggerito di seguire un itinerario di discernimento su questi temi: la fedeltà e l’identità carismatica; la responsabilità e la costanza nella quotidianità e, infine, il mettersi alla scuola dei santi.

Qual è l’ identità del Carmelo teresiano a cui apparteniamo?  

 Bisogna partire dalla consapevolezza che prima di tutto, alla base di ogni vocazione, c’è l’incontro con Dio. Come nella storia di Abramo, anche nella nostra c’è l’iniziativa di Dio. Lui ci ha chiamati alla vita, a viverla come cristiani (con il Battesimo per cui tutti siamo destinati alla santità). E ha chiamato ciascuno a una vocazione particolare che aiuti a portare a compimento la vocazione cristiana. Per noi ha scelto e ci ha donato il cammino della vocazione al Carmelo.

Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che Dio è anche il primo ad amare. E dalla consapevolezza di essere amati inizia tutto. Ci aiuta la nostra fondatrice Teresa di Gesù quando afferma che l’orazione mentale non è altro – per conto mio – che un trattare con amicizia, intrattenendosi molte volte da solo a Solo con Chi sappiamo che ci ama” (Vita 8,5).

“All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Benedetto XVI in “Deus Caritas est”).

Chiediamoci: abbiamo incontrato realmente il Signore? Ci siamo sentiti amati? Abbiamo sentito in noi la necessità di rispondergli, di capire verso quale orizzonte vuole orientarci?

Il Carmelo è la strada che Dio ci offre per ravvivare quell’incontro con noi.  

La fedeltà a quest’incontro con Dio diventa una necessità di vita.

Cerchiamo di comprendere allora come è nata la nostra vita al Carmelo e come nel momento in cui prendiamo il pubblico impegno di accogliere questo dono. La Promessa è un vincolo che accettiamo (articoli 12 e 16 delle nostre Costituzioni) è l’impegno a continuare a incontrare Dio nella propria vita di carmelitano. Perché Dio, l’unico necessario come dice S. Elisabetta della Trinità, Dio continua a parlarci, a orientarci e ad amarci attraverso il suo spirito.

Nell’accettare gli insegnamenti di Gesù ci si consegna alla Sua persona (art. 10 delle nostre Costituzioni).

L’ingresso definitivo nella fraternità non è un traguardo, ma un punto di partenza.

Nei versetti dell’Apocalisse Dio mette in guardia dalla tiepidezza, dal non alimentarsi più alla Sorgente (Ap 3, 15-16 e Ap, 2, 4-5). Questo riguarda i formatori ed i formandi.

Responsabilità e Costanza. È il passaggio dall’ideale al reale. Questa Promessa ci fa aderire all’amore che Dio ci dona, quindi, siamo chiamati a esserGli fedeli, giorno per giorno, con un’amicizia sempre più profonda. Un’amicizia che cresce con l’orazione a tu per tu con Dio.

Abbiamo capito che prima di qualsiasi devozione per noi è necessaria l’orazione mentale quotidiana? Se la trascurassimo è come se non alimentassimo mai quell’io-Tu che con la Promessa abbiamo promesso di coltivare.

Dio ci aspetta, la nostra vocazione non può vivere senza questa intimità divina.

 Che cosa impariamo alla scuola dei santi? Lo ricorda nel suo libricino “Partecipi dello spesso carisma” p. Anastasio Ballestrero ocd : i membri del popolo di Dio, specialmente i più impegnati, i più coerenti, i più seri… si rivolgono a quei santi che sono più ricchi di dottrina e che, per la loro storia e i loro carismi spirituali sono padri di anime e patriarchi dello spirito”.

Nella lettera agli Ebrei San Paolo dice “Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa” (10,36).

Come essere costanti in questo cammino?  Abbiamo grandi esempi nel Carmelo.

Nel libro La vita mariana nel Carmelo Maria Eugenio del Bambino Gesù scrive “Maria è per l’eccellenza la regina del Carmelo…l’esempio vivo delle virtù specifiche del carmelitano, l’universale mediatrice di grazia presso suo figlio, sorella madre e patrona del carmelitano. Di conseguenza questi deve amare teneramente, imitare con fedeltà Maria e vivere in intimità perfetta con lei per raggiungere l’intimità con Dio”.

Recentemente il Teresianum ha dedicato due incontri alla figura di Maria.

E non dimentichiamo: Dio s’incontra nei Sacramenti, nella Liturgia delle Ore e soprattutto nell’orazione mentale, caratteristica della nostra vocazione, che è la mezz’ora di colloquio personale con il Signore. Quel tempo che riserviamo ogni giorno all’incontro con Gesù, un tempo che possiamo anche suddividere nel corso della giornata in più momenti, ci educa alla consapevolezza di essere al cospetto di una Persona reale.

Seconda figura fondamentale per imparare con semplicità come tener vivo in noi l’incontro con il Signore è fra Lorenzo della Risurrezione.  Egli insegna a vivere alla presenza di Dio “Bisogna adattarsi, rendersi adatti a stare alla Sua presenza, a far conto della sua presenza credendo che Gesù ci ha detto che “nulla è impossibile a Dio”.

Fra Lorenzo entrato nel convento dei carmelitani a 26 anni dopo un passato di soldato riceve la missione di cercare Dio tra le pentole i frati lo nominano cuoco della comunità poi ammalatosi diventa calzolaio dei suoi fratelli carmelitani vivrà quindi la sua vocazione tra preghiera e lavoro. Tra le prime cose che egli svela e che non c’è al mondo un modo di vivere più dolce né più felice della continua conversazione con Dio possono comprenderla solo coloro che la praticano e la gustano.

“Questa presenza di Dio all’inizio, un po’ faticosa, praticata con fedeltà opera segretamente nell’anima effetti meravigliosi , vi attira in abbondanza le grazie del Signore e la conduce impercettibilmente a questo semplice sguardo, a questa visione amorosa di Dio presente ovunque, che è la più Santa, la più solida, la più facile, la più efficace maniera di pregare”.

“Occorre all’inizio un po’ di applicazione per crearsi l’abitudine di conversare continuamente con Dio e narrargli tutto ciò che si fa; ma dopo un po’ di esercizio ci si sente risvegliati dal suo amore”

Se a volte ci si distrae un poco da questa presenza divina Dio si fa subito sentire nell’anima”. Spesso quando è più preso dalle sue occupazioni esterne allora Lorenzo risponde con fedeltà assoluta a questi richiami interiori e comincia a elevare il cuore a Dio anche con frasi molto semplici: “non sarà fuori luogo per coloro che cominciano questa pratica formare interiormente una qualche espressione del tipo mio Dio sono tutti tuo Dio d’amore ti amo con tutto il cuore signore fa di me secondo il tuo cuore o altre parole che l’amore produce all’istante” Insomma fra Lorenzo insegna a servirci di tutte le azioni del nostro stato per amore di Dio e per trattenere la sua presenza in noi. Come disse una volta con grande semplicità “io rigiro la mia frittata nella padella per amore di Dio

Pregare con fra Lorenzo 1 a cura delle Carmelitane Scalze di Firenze

Pregare con fra Lorenzoa cura delle Carmelitane Scalze di Firenze

Stefania De Bonis ocds

Fraternità, luogo di condivisione

 Riproponiamo uno stralcio della conferenza del nostro P. Generale sulla natura e l'identità dell'OCDS, del maggio 2012 su cui vorremmo riflettere all'indomani dell'integrazione delle nostre Costituzioni.       

(...)
Non si può identificare la comunità dell’Ordine secolare con la comunità religiosa. Sono realtà differenti, sia dal punto di vista antropologico ed esperienziale, sia dal punto di vista teologico ed ecclesiologico. La comunità religiosa ha semmai il suo parallelo in altre comunità di vita, come la famiglia.
            La comunità dell’Ordine secolare ha caratteristiche e finalità diverse. Si riunisce con una periodicità non troppo frequente (una o due volte al mese). Ciò che la tiene unita è, mi sembra, più che una interazione costante tra i membri, il fatto di camminare insieme, o meglio nella stessa direzione, condividendo obiettivi e finalità, ciascuno nella particolare situazione di vita in cui si trova.
            Proprio questo elemento di “condivisione” diventa fondamentale per una comunità che non vive insieme, ma si ritrova periodicamente per riprendere forza e motivazione nel cammino. Siamo capaci di fare delle nostre comunità secolari degli autentici luoghi di condivisione e di revisione di vita? Se così fosse, esse non potrebbero non essere attraenti, perché mai come oggi si sente il bisogno di luoghi capaci di favorire la concentrazione e il discernimento in una società che tende invece alla dispersione e alla distrazione. Naturalmente, realizzare tali luoghi di condivisione implica un lavoro e un impegno, non esente da rischi. Si tratta di crescere nella fiducia e nella conoscenza reciproca, in modo che la parola possa essere  scambiata con libertà, senza timore di essere giudicati, fraintesi o addirittura traditi. Penso che una comunità debba interrogarsi seriamente se stia facendo questo cammino di maturazione e se il suo ruolo nella vita dei suoi membri sia effettivamente importante o solo marginale.

Costituzioni ocds: ecco le integrazioni

Ecco il testo delle nostre Costituzioni che integra quello approvato nell'aprile del 2003 e che lo scorso 7 gennaio è stato approvato con un decreto della "Congregazione per gli istituti di vita consacrata e per le società di vita apostolica".


III -B- LA COMUNIONE FRATERNA

 

24-a) La Chiesa, famiglia di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, è mistero di comunione[1]. Gesù è venuto tra di noi infatti per rivelarci l’amore trinitario e la vocazione a partecipare alla comunione d’amore con la SS. Trinità, a cui è chiamata ogni persona umana, creata a Sua immagine e somiglianza (cf.: Gn 1,26-27). Alla luce di questo mistero si rivela la vera identità e la dignità della persona in genere e, in particolare, della vocazione di ogni cristiano nella Chiesa[2]. Di natura spirituale, la persona umana si realizza e matura nell’essere in relazione autentica con Dio, ma anche con le altre persone[3].

Pertanto, la Comunità locale dell’Ordine Secolare del Carmelo Teresiano, segno visibile della Chiesa e dell’Ordine[4], è un ambito per vivere e promuovere la comunione personale e comunitaria con Dio in Cristo e nello Spirito e con gli altri fratelli (cf.: Rm 8,29) secondo il carisma teresiano. La persona di Cristo è il centro della Comunità. I membri si radunano periodicamente nel suo nome (cf.: Mt 18,20),  ispirandosi al gruppo formato da Lui con i dodici Apostoli (Cf. Mc 3,14-16.34-35)[5] e alle prime comunità cristiane (cf.: At 2,42; 4, 32-35). Cercano di vivere l’unità richiesta da Gesù (Gv 17,20-23) e il suo comandamento di amare come Lui li ama (Gv 13,34). Promettono di tendere alla perfezione evangelica[6], nello spirito dei consigli evangelici, delle beatitudini (Mt 5,1-12) e delle virtù cristiane (cf.: Col 3,12-17; Fil 2,1-5), nella consapevolezza che questa realtà comunionale è parte integrante della spiritualità carmelitana.

24-b) S. Teresa di Gesù inizia un nuovo modello di vita in comunità. Il suo ideale di vita comunitaria prende spunto dalla certezza di fede che Gesù Risorto è in mezzo alla comunità e che essa vive sotto la protezione della Vergine Maria[7]. Ha coscienza che lei e le sue monache sono state radunate per aiutare la Chiesa e collaborare alla sua missione. Le relazioni fraterne sono segnate dalle virtù dell’amore vero, gratuito, libero, disinteressato; dal distacco e dall’umiltà. Sono virtù fondamentali per la vita spirituale  che portano la pace interna ed esterna[8].