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Un viaggio nel silenzio con i santi del Carmelo

L'Apostolo (Paolo) raccomanda poi il silenzio,
nel prescrivere di lavorare silenziosamente,
e come afferma il Profeta: il culto della giustizia è il silenzio
e inoltre: nel silenzio e nella speranza sarà la vostra forza.
Dall'art. 21 della Regola carmelitana




IL NOSTRO APPROFONDIMENTO
Il tema del Silenzio è sempre stato un tema centrale nella teologia e nella spiritualità tanto importante che anche le scienze umane mi hanno fatto un oggetto di studio e anche l'arte lo ha tradotto nel proprio linguaggio.

  
Si dice che il Carmelo è un silenzio pieno di Dio e allora su questa scia, anche attraverso gli scritti di alcuni padri carmelitani, sintetizziamo il contributo che a questo tema così largamente affrontato anche in campo biblico sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento ha dato la Regola del Carmelo  e poi nei santi carmelitani a partire dai nostri padri fondatori,  Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce, a cui si sono ispirati santi e sante che nel nostro Carmelo sono le stelle che illuminano il nostro cammino. Con loro, "scalzi sui passi di Teresa" in cerca di quel Silenzio che ci fa incontrare il Signore.
Seguiremo lo schema che p. Silvio José Baez ocd ha presentato su questo tema nel "Dizionario Carmelitano".

LA BIBBIA E IL SILENZIO.  

La sacra scrittura utilizza la metafora del silenzio di Dio per riferirsi al suo mistero trascendente e alla sua apparente assenza nella storia nel Carmelo. Il silenzio è indispensabile e inseparabile dall'ideale eremitico dei primi Carmelitani sul Monte Carmelo che favorisce l'ascolto quotidiano e perseverante della parola di Dio, invigorisce la solitudine del deserto interiore in cui il carmelitano si riveste dell'armatura di Dio per resistere alle insidie del maligno e crea il clima spirituale necessario per vigilare continuamente in preghiera. 

LA REGOLA E IL SILENZIO

Così, partendo dal pensiero di San Paolo, nell'articolo 21 della nostra Regola si sottolinea un'armonia tra la fatica e lo sforzo esteriore che nascono dal lavoro da un lato e  l'atteggiamento di serenità e pace interiore con cui si realizza. 

Un aspetto in cui noi carmelitani scalzi secolari possiamo riconoscerci e verso il quale possiamo impegnarci.  Nella vita quotidiana si vive la fatica del lavoro, delle relazioni a volte complicate con le persone, degli imprevisti, dei distacchi dolorosi e quel silenzio interiore che rappresenta la serenità nata se si vive realmente quel rapporto di intima amicizia con Dio.

Per la Regola coltivare il silenzio è :

  • un modo di generare nell'interiorità la giustizia 
  • il desiderio di essere gradito a Dio e vivere secondo la sua volontà 
  • l'atteggiamento interiore di fiducia la speranza in Dio che dà la forza di resistere 
  • ascesi del linguaggio
S. TERESA D'AVILA E IL SILENZIO

Che cos'è il silenzio per Santa Teresa?  

Per lei il silenzio è virtuoso quando è motivato dalla carità fraterna. Per esempio esorta le sue consorelle ad evitare le mormorazioni. Nel Castello interiore (terze mansioni) scrive: "Cercate di vivere sempre nel silenzio e nella speranza". Lei stessa ha saputo tacere molte volte per non creare problemi nella relazione con gli altri o aumentare le tensioni comunitarie. Abbiamo tanti esempi nel Libro della vita (33, 2-3) oppure nel libro delle Fondazioni (3, 4 e 6,10). Il modello di un silenzio da imitare è quello di Gesù che tacque e non si difese davanti alle accuse ingiuste e infamanti. Scrive nel Cammino di perfezione (15,1): "è davvero un segno di grande umiltà tacere quando si è accusate ingiustamente attenendosi strettamente all'esempio del Signore"

Il silenzio è anche espressione di docilità e di fiducia in Dio. Teresa, alla vigilia di un nuovo destino conventuale confessa: "non faccio altro che tacere e pregare il Signore" 

Per Teresa di Gesù il silenzio è necessario soprattutto per la preghiera di amicizia con Dio. "Da solo a Solo": il silenzio della solitudine è il terreno in cui si realizza e si svolge il tratto intimo di fede e di amore con Dio. Scrive infatti nel Cammino di perfezione "non ha bisogno di ali per andare a cercarlo, ma solo di ritirarsi in solitudine sentirlo dentro di sé".

Nel progredire dell'esperienza dell'orazione silenzio e preghiera diventano inseparabili e nel Castello interiore, nella settima dimora Teresa afferma tutto ciò di cui si serve il Signore per arricchire e istruire l'anima avviene in tanta pace e in tale assoluto silenzio che mi fa pensare alla costruzione del tempio di Salomone dove non si doveva sentire alcun rumore, così in questo tempio di Dio, in questa sua mansione, solo lui è l'anima gioiscono l'uno dell'altro, in un profondissimo silenzio".


S. GIOVANNI DELLA CROCE E IL SILENZIO

Nella dottrina di San Giovanni della Croce il silenzio è prima di tutto la metafora di Dio e della rivelazione Divina: "Il Padre pronunciò una parola: suo figlio. Questa Parola parla per sempre in un eterno silenzio e nel silenzio deve essere ascoltata dall'anima". Spiega così
 il silenzio che nasce dalla fede e dall'ascolto. Un silenzio da coltivare nell'anima in cui può raggiungerci la Parola divina, profonda e delicata (il libro di Osea ci ricorda: "parlerò al suo cuore")

Egli non ignora il danno che si può causare con il parlare indiscreto imprudente poco caritativo infatti per Giovanni della Croce in linea con la tradizione biblica il saper parlare e il saper tacere è questione di sapienza.

Anche Giovanni della Croce quando parla di imitazione del silenzio di Cristo scrive quando le si presentano dispiaceri o sofferenze si ricordi di Cristo crocifisso e taccia anche nell' ascetica del silenzio il punto di riferimento obbligato e la vita concreta di Gesù e consiglia non fare cosa né dire parola importante che Cristo non avesse fatto detto se si fosse trovato nella situazione in cui mi trovo io e avessi avuto la mia età e la mia salute

Per il dottore mistico il silenzio è una caratteristica delle persone spiritualmente mature che accolgono con semplicità i doni di Dio nella loro vita e li manifestano in un'esistenza evangelica discreta e umile un silenzio che non è violenza né frutto del proprio sforzo ma espressione una persona centrata interiormente in Dio e orientata dai grandi valori del Vangelo E in sintonia con la regola il santo invita i suoi figli spirituali a vivere in silenziosa e fiduciosa speranza

  • S. ELISABETTA DELLA TRINITA'
In una lettera alla signorina Germana de Gemeaux la giovane carmelitana scalza di Digione scrive: "Ami il silenzio, l'orazione che è l'essenza della vita del Carmelo, chieda alla Regina del Carmelo, nostra madre, che le insegni ad adorare Gesù in raccoglimenti profondi".
  • S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
"Se proviamo a contemplare silenziosamente il cammino percorso dalla Madre di Dio, dalla Purificazione al Venerdì Santo, sarà Lei a farci trovare le vie del silenzio!", scrive la Stein in un bollettino destinato a un'associazione di donne cattoliche. L'articolo s'intitola "le vie del silenzio".
  • VEN. GIOVANNI DI GESU' E MARIA 
Nella istruzione dei novizi il venerabile Giovanni di Gesù Maria scrive che i"l silenzio ha una certa affinità con la contemplazione divina e il rapimento dell'anima in quanto fa anch'esso capire senza strepito di parole cose superiori alla capacità del mondo" e ancora "il silenzio è strada quel raccoglimento interiore per il quale l'anima desiderosa di Dio riposa in grandissima pace".
  • S. TITO BRANDSMA
S. Tito racconta che "i primi eremiti del Carmelo amavano la solitudine dopo il rumore e il tumulto della lotta si sono ritirati dal mondo nella quiete delle caverne del Carmelo per dedicare la loro vita interamente e unicamente a Dio".
  • S. TERESA DI LISIEUX
"Il silenzio, ci ricorda Santa Teresa di Gesù Bambino, è il dolce linguaggio dell'amore".

  • B. ELIA DI SAN CLEMENTE
Voglio passare la mia vita in un profondo silenzio per ascoltare nell’intimo dell’anima la delicata voce del mio dolce Gesù".

DOVE TI NASCONDESTI…?

Riflessione di p. Enzo Caiffa ocd

Da diversi mesi, stiamo vivendo e attraversando tempi difficili e pericolosi poiché il coronavirus sta minacciando la vita degli esseri umani in tutto il mondo. Viviamo anche altre difficoltà politiche, economiche, sociali che fanno male e che danneggiano ognuno di noi. Una grande prova, quindi che ci pone di fronte a una domanda : Che cosa siamo?
Qual è la risposta?
Per il credente, la risposta dovrebbe essere chiara ed è una sola: Sono, immagine viva di Dio!
Una storia stupenda, voluta da Dio, ma pur faticosa e drammatica! Dio crea l’uomo a “sua immagine”, costituendolo signore del creato; ma ad un certo momento, l’uomo non vuole più essere semplicemente immagine e così tutto …va in frantumi! Dio però, che è Amore onnipotente, ricompone l’immagine più splendida che mai, mandando il suo Unigenito nel mondo, perché Lui, immagine perfetta, salvi l’uomo dall’abisso del peccato e lo trasformi di luce in luce rendendolo simile a sé, fino a ricondurlo nella Patria, dove l’immagine si perderà nel Suo Esemplare e il Signore sarà il Signore glorioso dell’uomo, della storia, dell’universo.
Formuliamo una ulteriore domanda: Nel quadro, allora, della nostra storia, di questa emergenza sanitaria io, Carmelitano Scalzo, al quale viene chiesto dal Signore, dalla Chiesa, qualcosa di più, chi sono? cosa faccio?
Noi tutti dovremmo sapere che la missione più attuale e più urgente del Carmelo nel mondo inquieto e vertiginoso di oggi, devastato dal rumore e dalla dissipazione, emerge dalla natura stessa del suo mistero che è essenzialmente interiorità, preghiera, raccoglimento, contemplazione. Dove ogni vero Carmelitano deve rendere familiare la Presenza di Dio.
Tutto ciò, ci viene proposto con sublimità di dottrina da tutti i nostri Santi, maestri di vita spirituale!
Per esempio il nostro Santo Padre Giovanni della Croce, addita come termine terreno del cammino spirituale lo stato di unione in cui l’anima si trasforma in Dio per amore; lo stato più alto a cui si possa giungere in questo mondo. Così si esprime, mettendo sulla bocca della sposa del Cantico: “Godiam l’un l’altro, Amato in tua beltà a contemplarci andiamo, sul monte e la collina, dove acqua pura sgorga; dove è più folto dentro penetriamo”.
E’ giusto, quindi domandarci: abbiamo qualcosa da dire e da dirci perché ci serva per riflettere seriamente sulla nostra vita e quali sono le scelte dell’uomo per il quale noi carmelitani “Siamo davanti a Lui”? (Edit Stein).
Credo che molti uomini e donne , in questo periodo di pandemia, carico di pericoli e incertezze, si siano posto, come sempre, la domanda : Dio dove sei?
É come sentire la domanda della sposa del Cantico dei Cantici: “Dove ti nascondesti in gemiti lasciandomi, Diletto?”
Ancora una volta ci viene in aiuto S. Giovanni della Croce e ci dice che è il grido dell’anima desiderosa di unione con Dio. Ci dice che c’è un livello più profondo che dobbiamo scoprire e che è quello di una visione di fede della storia, con la presenza di Dio in mezzo alle tribolazioni e alle prove dell’umanità. L’oscurità, la tenebra, la mancanza di evidenza appartengono alla natura della fede. Evidenziare e vivere questo aspetto della fede è il primo tratto caratteristico della vocazione carmelitana. Abbiamo bisogno di essere compresi dalla trascendenza di Dio, per non rischiare di rendere il Signore così “spicciolo”, semplice, elementare da pretendere o illudersi di capirlo, di conoscerlo. Una fede che scende in profondità, senza fermarsi in superficie, alle apparenze. Questo desiderio nasce in ogni cristiano fervente che rigenerato dal Battesimo e rivestito dalla grazia divina, prende pienamente coscienza delle virtualità contenute nella sua elevazione allo stato di figlio di Dio e aspira a vederle attuate.
L’uomo ha bisogno di Dio! Io ho bisogno di Dio!
Tale bisogno trova la sua prima radice nella nostra condizione di creature. I nostri contemporanei si sono convinti, che per essere liberi, occorra non dipendere da nessuno. È un tragico errore! 
La diffidenza dei moderni riguardo a ogni forma di dipendenza spiega molti mali. Essa , purtroppo, non ha cessato di diffondere i suoi effetti nefasti. Se dipendere da un altro, viene infatti percepito come una negazione della libertà, ogni relazione vera e durevole sembrerà pericolosa. L’uomo si ritrova prigioniero di se stesso. Pertanto l’essere figli, che ci fa dipendere da un padre e da una madre, diventa per noi contemporanei un ostacolo alla pienezza della libertà. Questa esperienza è insopportabile per l’uomo contemporaneo, il quale vorrebbe essere l’unica causa di tutto ciò che gli capita e di tutto ciò che egli è. Ricevere gli sembra in contrasto con la propria dignità. L’ educazione ricevuta dai nostri genitori appare come un’offesa a una libertà che pensa se stessa come auto creatrice. A maggior ragione, l’idea di ricevere la nostra natura di uomini e di donne da un Dio Creatore diventa umiliante e alienante. Secondo questa logica, è necessario negare la nozione stessa di natura umana o la realtà di un sesso che non è stato scelto.
Credo sia giunto il momento di liberare l’uomo da questo odio per tutto ciò che ha ricevuto. 
“Dove la libertà del fare diventa la libertà di farsi da se, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso e con ciò, infine, anche l’uomo quale creatura di Dio, quale immagine di Dio viene avvilito nell’essenza del suo essere” ( Benedetto XVI).
Noi esistiamo e lo crediamo per fede, solo perché Dio ci ha creati e ci conserva nell’esistenza; anzi abbiamo bisogno di lui continuamente per vivere e per agire. Anche le nostre azioni sono dipendendo dall’Essere supremo che deve darcene la capacità pur nelle cose minime: “senza di Lui non possiamo nulla”. Vi sono poi tante situazioni umane, quella, per esempio che stiamo vivendo: l’emergenza del coronavirus, dinnanzi alle quali l’uomo serio e prudente prende più che mai coscienza della sua limitatezza e dell’incertezza della riuscita, spesso dipendente da condizioni che sfuggono in gran parte al suo influsso personale. Allora soprattutto sente la necessità di ricorrere a Dio, di fare appello alla sua onnipotenza e provvidenza, e umilmente chiede al suo Signore di concedergli ciò che supera le sue possibilità. 
L’uomo ha bisogno di Dio e del ricorso a Lui!
Purtroppo sono numerosissimi coloro, anche cristiani, che non coltivano questa bella inclinazione o che la lasciano soffocare dalle tante tendenze e passioni naturali che li trascinano verso le creature allontanandoli da Dio e dove tocchiamo con mano una crisi culturale e identitaria. L’uomo, soprattutto nell’occidente, non sa più chi è, perché non sa più e non vuole più sapere chi l’ha creato, chi l’ha plasmato. Motivo questo anche di una crisi di fede, di una crisi della Chiesa di una crisi del Sacerdozio, di una crisi della famiglia, l’odio per l’uomo, l’odio per la vita. qual è il pericolo? È la perdita della verità . “Conoscerete la verità, dice Gesù, e la verità vi farà liberi”.
Quando invece si cerca di dominare gli impulsi naturali e in tal modo si raggiunge una certa tranquillità interiore, allora si risveglia e si sprigiona facilmente l’inclinazione verso Dio, che era come nascosta e sepolta sotto il cumulo delle passioni. Ed ecco che il cristiano comincia a sentire il bisogno di Dio, di avvicinarsi a LUI, di restare con Lui, di entrare nella sua intimità, riaffiorano, allora, sulle labbra le parole dell’anima innamorata: “Dove ti nascondesti…?”
Noi , sicuramente desideriamo sapere dove è nascosto quel Dio cui aneliamo unirci, perciò ascoltiamo la risposta del nostro S. Padre Giovanni della Croce: “Affinché quest’anima sitibonda giunga a trovare lo Sposo e a unirsi a Lui con unione di amore in questa vita, per quanto è possibile… sarà bene che noi a nome dello Sposo rispondiamo, indicandone il luogo più certo dove Egli sta nascosto, affinché sicuramente lo trovi con la maggiore perfezione e sapore possibile...E’ da notarsi che il Verbo, Figlio di Dio, insieme al Padre e con lo Spirito Santo, essenzialmente e presenzialmente sta nascosto nell’intimo essere dell’anima...e qui che il buon contemplativo lo deve cercare con amore”...” o anima bellissima fra tutte le creature, che tanto brami di sapere dov’è il tuo Diletto per incontrarlo e unirti con Lui, ormai ti viene detto che tu stessa sei la stanza in cui dimora il nascondiglio dove si cela. Ben puoi rallegrarti sapendo che tutto il tuo bene, l’oggetto della tua speranza, ti sta così vicino da abitare in te o, per meglio dire, che tu non puoi stare senza di Lui” (Cant. Spir. I,6-7)
Chi brama l’unione con Dio non si contenta di sapere dove cercarlo; vuole qualcosa di più: vuole trovarlo!
La risposta del Santo presenta tutto un piano di conquista: “Dato che Colui che io Amo è dentro di me, perché non lo sento e non lo trovo?… la causa è che egli sta nascosto, e tu non ti nascondi al pari di Lui per trovarlo e sentirlo. Chi cerca una cosa nascosta deve penetrare fino al nascondiglio dove essa sta e, quando la trova, anch’egli è nascosto con quella” (Cant. Sp. 1,9).
Sì, Dio sta in noi, ma è nascosto, celato sotto il cumulo delle nostre preoccupazioni troppo umane, tutte volte all’attuazione dei piani personali a profitto e a vantaggio nostro, piani che vogliono realizzare senza tenere sufficientemente conto della volontà divina e dei diritti degli altri. Nel nostro interno c’è troppo spesso tutto un mondo di tendenze, di impulsi di passioni molto vive, che ci spingono verso le creature e ci inducono a dare ad esse il nostro cuore, ci fanno porre in loro la nostra speranza e cercare il nostro conforto nel loro ricordo. E noi viviamo in questo mondo superficiale, che ci occupa al tal punto da farci dimenticare una vita più profonda che potremmo vivere ma non viviamo, la vita veramente interiore dove l’anima si mette in relazione con il suo Dio e finisce col trovarlo. Il Signore ci aspetta, nel fondo dell’anima nostra, ma noi non vi entriamo, presi come siamo dai nostri affari ai quali va tutto il nostro interesse.
Ecco perché non lo troviamo!
Per trovarlo bisogna andare dove Egli sta, sottraendoci a una immersione eccessiva nelle creature. Bisogna “nascondersi al pari di Lui”, fuggire la vita superficiale per entrare nella vita profonda, abbandonare la cerchia più esteriore dei nostri interessi umani, dove tutto si muove intorno al nostro piccolo io, per scendere nel centro più profondo dell’anima dove essa impara a convivere con il suo Dio:
“Giacché dunque l’amato tuo Sposo è il tesoro nascosto nella vigna dell’anima tua...bisognerà che anche tu, dimenticando tutto e allontanandoti da tutte le creature, ti nasconda per trovarlo nell’intimo ritiro del tuo spirito. Qui serrata la porta dietro di te, cioè chiusa la volontà ad ogni cosa, pregherai nel nascondimento il Padre tuo, e allora nel nascondimento lo sentirai e lo amerai e lo gusterai di nascosto, ossia in maniera superiore ad ogni espressione e sentimento umano” (Cant. sp.1,9)
L’autentico carmelitano va a Dio così: con l’insaziabile ricerca della fede che lo rende familiarissimo ed insieme rispettosissimo del Signore. Solo la fede può mettere nell’anima l’intimo desiderio di perdersi nel mistero di Dio, può impegnare la vita a contemplare e, se occorre, anche a soffrire il mistero di DIO.
È la vocazione essenziale, cui dobbiamo essere fedeli fino alla morte!
E allora senza una chiara consapevolezza di chi siamo, o che cosa siamo, cosa sarebbe di noi semplici creature?
NULLA TI TURBI, NULLA TI SPAVENTI, SOLO DIO BASTA!

Avvolti dalla Benedizione di Dio


Esiste un'oggettiva difficoltà: esercitarsi nella Presenza del Signore. Eppure basta poco. C'è un libricino di Anselm Grun "Il cammino del silenzio" che può aiutarci a staccarci dallo stress quotidiano e insegnarci a immergerci nel silenzio, crearlo in noi per attingerne forza e percepire il Signore in noi, con noi, anche negli ambienti che ci sono familiari. Come il salotto della nostra casa:  "Sedetevi per una volta nella vostra stanza preferita, che probabilmente è il salotto, e assaporate il silenzio che vi domina. Immaginate di non essere soli nel soggiorno, ma abbracciati e avvolti nella benedizione divina. Non dovete far nulla, neppure pregare devotamente