Domani la festa di S. Teresa di Los Andes

 Nel suo viaggio in Cile, il 3 aprile 1987, Giovanni Paolo II proclamò beata una "ragazza quoti­diana", una cristiana di tutti i giorni. Si chiamava Giovanna, Juanita.  Un'infanzia vissuta in famiglia, con i genitori, Michele Fernández e Lucia Solar, tre fratelli, due sorelle, il nonno materno, zii e cugini. La sua fu una fede semplice, una vocazione sbocciata quasi naturalmente.


"Come dice Teresa de los Andes- affermò il Papa -: “Gesù è la nostra gioia infinita”. Per questo la nuova beata è un modello di vita evangelica per la gioventù del Cile. Lei, che giunse a praticare con eroismo le virtù cristiane, trascorse gli anni della sua adolescenza e della sua giovinezza negli ambienti normali di una giovane del suo tempo: nella sua vita di ogni giorno si esercitò nella pietà e nella collaborazione ecclesiale come catechista, nella scuola, tra i suoi amici e le sue amiche, nelle opere di misericordia, nei momenti di divertimento e di svago. La sua vita esemplare si riveste dell’umanesimo cristiano con il sigillo inconfondibile dell’intelligenza viva, della delicatezza premurosa, della capacità creativa del popolo cileno. In lei si esprime l’anima e il carattere della vostra patria e la perenne gioventù del Vangelo di Cristo, che entusiasmò e attrasse suor Teresa de los Andes".  

Leggi qui l'omelia integrale della beatificazione.

E il 21 marzo 1993 a Roma fu canonizzata. Clicca qui per leggere l'omelia di canonizzazione.

Ragazza ordinaria (nata a Santiago del Cile in 5 luglio 1900) attira ogni mese circa 200 mila persone  al suo Santuario che la definiscono "la piccola suora carmelitana". 

Iniziando a 15 anni il suo Diario e dedicandolo a una suora che era sua professoressa e guida spiri­tuale, ella, Juanita di battesimo, Teresa nella vita re­ligiosa, scriveva: "Lei crede che s'imbatterà con una sto­ria interessante. Non voglio che s'inganni... La storia della mia anima si riassume in due parole: soffrire e amare". A 17 anni la lettura di santa Teresa di Gesù la spinse a vivere la preghiera come amicizia e dono al prossimo. Conobbe anche gli scritti di Teresa di Lisieux e di Elisabetta della Trinità, verso la quale sperimentò una grande sintonia, dato che anche lei desidera essere “casa di Dio” e “lode della sua gloria”. Ebbe un rapporto epistolare con Madre Angelica, priora delle Carmelitane Scalze di los Andes, alla quale confidò la sua ricerca vocazionale. Una vita brevissima: soltanto undici mesi di vita trascorsi nel monastero carmelitano dell'Espíritu Santo di Los Andes dove, non ancora terminato l'anno canonico del Noviziato, fu ammessa anticipatamente  a emettere i voti religiosi per poi morire di tifo neppur ventenne, il 12 aprile 1920. 

Per approfondire la sua figura ci si può collegare a questo sito: clicca qui

Liturgia carmelitana. Scarica qui il foglietto

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