Settant'anni fa, il 26 luglio 1942, fu assassinato nel lager di Dachau padre Tito Brandsma, il carmelitano olandese, che Giovanni Paolo II ha elevato nel 1985 all’onore degli altari e proclamato, accanto a san Francesco di Sales, compatrono dei giornalisti.
Brandsma,
entrato nell’ordine dei carmelitani di antica osservanza, ma era molto attratto
anche dalla spiritualità teresiana, è stato una delle più coraggiose voci
cattoliche contro l'occupazione tedesca e contro un giornalismo asservito alla
dittatura. Una dei più limpidi educatori e cercatori di Dio. In un discorso
pubblico provocava i suoi ascoltatori con queste domande: È sconcertante come nel nostro tempo, in cui si registra
progresso in ogni campo, ci si trovi davanti ad un disonore e ad una negazione
di Dio che tendono ad allargarsi a macchia d’olio. Come mai l’immagine di Dio è
così oscurata, che molti non ne restano più colpiti? C’è mancanza solo da parte
loro? O è richiesto qualcosa anche a noi perché questa immagine risplenda di
nuovo sul mondo di una luce più chiara?
Assistente
nazionale dei giornalisti cattolici, quando nel 1940 la stampa cattolica
olandese non può più rifiutare la pubblicazione di annunci presentati dal
Movimento Nazionalsocialista Olandese, è a lui che l’arcivescovo di Utrecht
mons. Juan De Jong affida l’incarico di avvicinare personalmente i direttori
dei vari giornali cattolici e consegnare loro una lettera breve, ma di grande
determinazione, secondo la quale devono rinunciare a inserzioni di articoli di
sapore nazista, anche a costo della sospensione del giornale. L’invito è
accolto da tutti gli interpellati e la lettera di rifiuto è resa pubblica.
Qualche giorno dopo è decisa la deportazione di Brandsma: la sera del 19
gennaio 1942, due individui bussano alla porta del convento carmelitano,
perquisiscono la sua stanza e lo arrestano. Durante la sua prigionia è
trasferito a Scheveningen, Amersfoort, Kleve e, infine, a Dachau. Ovunque
lascia un’impressione indelebile nei suoi compagni. .
“Questi pochi mesi - ricorda proprio oggi
l'Osservatore Romano - esaltano la spiritualità di padre Brandsma.
Unanimi le testimonianze: la sopportazione del dolore pari alla capacità di
consolare e aiutare gli altri, la perseveranza nella preghiera e l’affidamento
a Cristo sostituivano tutto ciò che mancava o tutto ciò che si subiva, sino al
momento dell’iniezione fatale".
Uno dei
compagni di prigionia, un religioso, racconta di essere passato, il 26 luglio
1942, davanti a un capo-blocco, che “sogghignando
mi mostrò un pezzo di carta su cui era annunciata la morte di padre Tito. Io
lessi: Ano Sjoerd Brandsma … dimesso per morte. Morto 26 luglio 1942 ore 14”.
L’avevano ucciso, dopo
lunghi mesi di torture con una siringa di acido fenico, poi ne avevano bruciato
il cadavere. In quelle stesse ore in tutte le chiese dei Paesi Bassi, i vescovi
cattolici, ancora ignari della fine di p. Tito, danno pubblica lettura della
lettera di protesta in cui, tra l’altro, fanno riferimento al triste destino degli ebrei. Conseguenza
di questa pubblica denuncia è una più crudele caccia agli ebrei in Olanda. Il 2
agosto ad Echt è arrestata la filosofa ebrea convertitasi al cattolicesimo
Edith Stein che aveva ipotizzato un tale epilogo già nel 1933 in una lettera
personale al Papa. Il 9 agosto 1942 ad Auschwitz, il suo cadavere, come era
avvenuto per quello di Brandsma, fu bruciato in un forno crematorio.
Stefania ocds
Domani, 27 luglio i carmelitani calzati e scalzi ricordano questa coraggiosa voce del Carmelo
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