Il 17 ottobre saranno 100 anni dalla nascita di Papa Luciani e nel Bellunese, sua terra d'origine, sono già cominciate varie manifestazioni celebrative. Anche noi vogliamo ricordare la figura di papa Giovanni Paolo I che nel suo libro "Illustrissimi" dedica una bellissima lettera alla nostra santa Madre. Eletto al soglio pontificio il giorno della Trasverberazione del cuore di Teresa di Gesù, il 26 agosto del 1978, visse soltanto altri 33 giorni. Di seguito riportiamo integralmente, ciò che scrisse immaginando di rivolgersi direttamente alla santa di Avila, e vi invitiamo a leggere, dal sito della Santa Sede, le sue quattro uniche catechesi delle udienze generali su umiltà, fede, speranza e carità:
Teresa, un soldo e Dio
Cara Santa Teresa,
Ottobre è il mese della vostra festa: ho pensato che mi permettereste di
intrattenermi per iscritto con Voi. Chi guarda a! famoso gruppo marmoreo, nel
quale il Bernini vi presenta trasverberata dalla freccia del Serafino, pensa
alle vostre visioni ed estasi. E fa bene: la Teresa mistica dei rapimenti in
Dio è pure una vera Teresa. Ma è vera anche l’altra Teresa, che mi piace di
più: quella vicina a noi, quale risulta dall’autobiografia e dalle lettere. E’
la Teresa della vita pratica; che prova le stesse nostre difficoltà e le sa
superare con destrezza; che sa sorridere, ridere e far ridere; che si muove con
spigliatezza in mezzo a! mondo ed alle vicende più diverse e tutto ciò in
grazia delle abbondanti doti naturali, ma più ancora della sua costante unione
con Dio. Scoppia la Riforma protestante, la situazione della Chiesa in Germania
e in Francia è critica. Voi ve ne accorate e scrivete: "Pur di salvare
un’anima sola delle molte che là si perdevano, avrei sacrificato mille volte la
vita. Ma ero donna!". Donna! ma che vale venti uomini, che non lascia
intentato alcun mezzo e che riesce a realizzare una magnifica riforma interna e
con l’opera e gli scritti influisce su tutta la Chiesa; la prima e l’unica
donna che, con Santa Caterina, sia stata proclamata Dottore della Chiesa! Donna
dalla lingua schietta e dalla penna forbita e tagliente. Avevate un altissimo
concetto della missione delle monache, ma avete scritto a padre Graziano:
"Per amor di Dio, badi bene a quello che fa! Non creda mai alle monache,
perché se esse vogliono una cosa, tentano tutti i mezzi possibili". E a
padre Ambrogio, rifiutando una postulante, dite: "Lei mi fa ridere,
dicendomi di avere compreso quell’anima solo a vederla. Non è tanto facile
conoscere le donne!". E’ vostra la lapidaria definizione del diavolo:
"Quel povero disgraziato, che non può amare". A don Sancho Davila:
"Distrazioni nella recita dell’Ufficio divino ne ho anch’io... me ne sono
confessata da padre Domenico (Bañez, teologo famoso, n.d.a.), il quale mi ha
detto di non farne caso. Altrettanto dico a lei, perché il male è
incurabile". E’ un consiglio spirituale, questo, ma di consigli ne avete
sparsi a piene mani e di tutti i generi; a padre Graziano, avete perfino dato
il consiglio di cavalcare nei suoi viaggi un ciuco più dolce, che non avesse il
vezzo di scaraventare i frati a terra, oppure di farsi legare al ciuco stesso
per non cascare! Insuperabile, però, apparite nel momento della battaglia. Il
Nunzio, nientemeno, vi fa rinchiudere nel convento di Toledo, dichiarandovi
"femmina inquieta, vagabonda, disobbediente e contumace...". Ma dal
convento vostri messaggi a Filippo II, a principi e prelati sciolgono ogni
matassa. Vostra conclusione: "Teresa da sola vale nulla; Teresa e un soldo
valgono meno di nulla; Teresa, un soldo e Dio possono tutto!".
Per me, Voi siete un caso notevole di un fenomeno, che si
ripete regolarmente nella vita della Chiesa Cattolica. Le donne cioè, di per
sé, non governano, questo appartiene alla Gerarchia, ma molto spesso ispirano,
promuovono e talvolta dirigono. Da una parte, infatti, lo Spirito “spira dove
vuole”; dall’altra, la donna è più sensibile alla religione e più capace di
darsi generosamente alle grandi cause. Di qui la schiera grandissima di sante,
di mistiche e di fondatrici apparse nella Chiesa Cattolica. Accanto ad esse
bisognerebbe annoverare le donne, che hanno avviato movimenti
ascetico-teologici, i quali influirono su raggio molto vasto. La nobile
Marcella, che diresse sull’Aventino una specie di convento composto di patrizie
ricche e colte, collaborò con San Girolamo alla traduzione della Bibbia. Madame
Acarie influenzò illustri personaggi come il gesuita Coton, il cappuccino de
Canfelt, lo stesso Francesco di Sales e molti altri, influendo su tutta la
spiritualità francese del primo Seicento. La principessa Amalia di Gallitzin,
dal suo “Circolo di Münster”, apprezzato perfino da Goethe, diffuse su tutta la
Germania settentrionale una corrente di vita intensamente spirituale. Sofia
Swetchine, russa convertita, nel primo Ottocento, apparve in Francia la
“direttrice spirituale” dei laici e dei sacerdoti più rappresentativi. Potrei
citarne altri casi, ma ritorno a Voi che, più di figlia, siete stata madre
spirituale di San Giovanni della Croce e dei primi Carmelitani riformati. Oggi
è tutto chiaro e liscio in proposito, ma ai vostri giorni ci fu lo scontro
sopra accennato. Da una parte c’eravate Voi, ricca di carismi, forze ardenti e
luminose concessevi per la Chiesa di Dio; dall’altra c’era il Nunzio ossia la
Gerarchia che doveva giudicare l’autenticità dei vostri carismi. In un primo
momento, poste le informazioni distorte, il giudizio del Nunzio fu negativo.
Una volta date le necessarie spiegazioni ed esaminate meglio le cose, queste si
chiarirono: la Gerarchia approvò tutto e i vostri doni poterono espandersi a
favore della Chiesa.
Ma di carismi e di Gerarchia si sente parlare tanto anche
oggi. Specialista quale foste in materia, mi permetto di attingere dalle vostre
opere i seguenti principi.
1. Al di sopra di
tutto c’è lo Spirito Santo. Da Lui vengono sia i carismi sia i poteri dei
Pastori; allo Spirito spetta realizzare l’accordo armonico tra Gerarchia e
carismi e promuovere l’unità della Chiesa.
2. Carismi e
Gerarchia sono entrambi necessari alla Chiesa, ma in modo diverso. I carismi
agiscono da acceleratore, favorendo il progresso e il rinnovamento. La
Gerarchia deve fare piuttosto da freno, a favore della stabilità e della
prudenza.
3. A volte carismi e Gerarchia si incrociano e
sovrappongono. Certi carismi, infatti, sono dati precipuamente ai Pastori come
i “doni di governare” ricordati da San Paolo nella prima lettera ai Corinzi.
Viceversa, dovendo la Gerarchia regolare tutte le tappe principali della vita
ecclesiale, i carismatici non possono sottrarsi alla di lei guida col pretesto
che hanno dei carismi.
4. I carismi non
sono caccia riservata di nessuno: possono essere dati a tutti: preti e laici,
uomini e donne. Altra cosa però è poter avere, altra avere di fatto i carismi.
Trovo scritto nel vostro libro delle Fondazioni (c. VIII, n. 7): "Una
penitente affermava al confessore che la Madonna andava spesso a trovarla e si
intratteneva a parlarle più di un’ora, rivelandole il futuro e molte altre
cose. E siccome tra tante stramberie ne usciva vera qualcuna, si riteneva tutto
per vero. Intesi subito di che si trattava... ma mi contentai di dire al
confessore che attendesse l’esito delle profezie, che si informasse del genere
di vita della penitente ed esigesse altri segni di santità. Infine... si vide
che erano tutte stravaganze".
Cara Santa Teresa, se veniste oggi! Il nome “carisma” si
spreca; si distribuiscono patenti di “profeta” a tutto spiano, attribuendo
questo titolo anche agli studenti che affrontano la polizia sulle piazze o ai
guerriglieri dell’America Latina. Si pretende di opporre i carismatici ai
Pastori. Che ne direste Voi, che obbedivate ai confessori anche quando i loro
consigli risultavano opposti a quelli dativi da Dio nell’orazione? E non
crediate che io sia pessimista. Quello di veder carismi dappertutto spero sia
solo un andazzo passeggero. D’altra parte, so bene che i doni autentici dello
Spirito sono sempre stati accompagnati da abusi e da falsi doni; ciononostante
la Chiesa è andata avanti lo stesso. Nella giovane Chiesa di Corinto, per
esempio, c’era una grande fioritura di carismi, ma San Paolo se ne preoccupò
alquanto per qualche abuso riscontrato. Il fenomeno si ripeté in seguito in
forme aberranti più vistose. Due donne, Priscilla e Massimilla, sostenitrici e
finanziatrici del Montanesimo in Asia, cominciarono col predicare
“carismaticamente” un risveglio morale fatto di grandi austerità, di rinuncia
totale al matrimonio, di prontezza assoluta al martirio. Finirono per
contrapporre ai vescovi i “nuovi profeti”, uomini e donne, che “investiti dallo
Spirito”, predicavano, amministravano i sacramenti, aspettavano il Cristo, che
da un momento all’altro sarebbe dovuto venire ad inaugurare il regno millenario.
Al tempo di Sant’Agostino ci fu Lucilla di Cartagine, ricca signora, che il
vescovo Ceciliano aveva sgridato perché, prima della Comunione, era solita
stringere al petto un piccolo osso non si sa di quale martire. Irritata e
risentita, Lucilia indusse un gruppo di vescovi ad opporsi al suo vescovo:
perso un processo presso l’episcopato africano, il gruppo protestò, senza
successo, presso il papa, poi presso il Concilio di Arles, poi presso lo stesso
imperatore e iniziò una chiesa nuova. In quasi tutte le città africane si
videro così due vescovi, due cattedrali frequentate da due opposte categorie di
fedeli che, incontrandosi, si davano botte: di qua i cattolici, di là i
donatisti seguaci di Donato e di Lucilla. I donatisti si chiamavano i “puri”;
non si sedevano a! posto occupato prima da un cattolico senza averlo pulito con
la manica; evitavano come appestati i vescovi cattolici; si appellavano al
Vangelo contro la Chiesa, che dicevano sostenuta dall’autorità imperiale;
istituirono squadre d’assalto. Il mitissimo Sant’Agostino dovette una volta
apostrofarli: "Ci tenete tanto al martirio, perché non prendete una corda
per impiccarvi?". Nel secolo XVII ci furono le monache di Port Royal. Una
delle loro Abbadesse, Madre Angelica, era partita bene: aveva “carismaticamente”
riformato se stessa e il monastero, respingendo dalla clausura perfino i
genitori. Fornita di grandi doti, nata per governare, diventò però l’anima
della resistenza giansenista, intransigente fino all’ultimo davanti
all’autorità ecclesiastica. Di lei e delle sue monache si diceva: "Pure
come angeli, superbe come demoni". Quanto è lontano tutto questo dal
vostro spirito! Quale abisso tra queste donne e Voi! "Figlia della
Chiesa" era il nome che vi piaceva di più. Lo mormoraste sul letto di morte,
mentre, durante la vita, per la Chiesa e con la Chiesa avevate tanto lavorato,
accettando perfino di soffrire qualcosa dalla Chiesa! Se insegnaste un po’ il
vostro metodo alle “profetesse” di oggi?!
Albino Luciani, ottobre
1974
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.