Oggi la Diocesi di Napoli ricorda un santo della Compagnia di Gesù, Francesco De Geronimo (1642-1716) nato a Grottaglie, ma che ha trascorso molti anni nella nostra città. In realtà si commemora l'11 maggio ma ieri era domenica, giorno del Signore, e quindi lo veneriamo oggi anche da questo blog, con una meditazione che tanto ricorda l'amore di Teresa per la sacra umanità di Cristo. Non dimentichiamo che la s. madre ha avuto confessori gesuiti e quindi forte è stata anche la loro influenza sulla sua formazione. De Gironimo, tuttavia, è nato in un periodo successivo rispetto a quello vissuto dalla nostra madre e maestra di Avila.
Dai «Manoscritti» di san Francesco De Geronimo,
sacerdote
(Archivio dei Gesuiti, Grottaglie)
Dobbiamo
spesso meditare la passione di Gesù Cristo
La meditazione della Passione muove le anime all'amore
delle sante virtù e all'odio dei vizi, perché nella passione tutte le virtù
furono praticate da Cristo come Maestro.
Ivi l'umiltà, la massima che sia possibile a un Dio:
Umiliò se stesso (Fil 2, 8); or quale uomo superbo, vedendo un Dio tanto
umiliato, non si vorrà umiliare, se si mette a considerare le lezioni di umiltà
che gli dà Cristo? E perciò Cristo disse: Imparate da me, che sono mansueto ed
umile di cuore (Mt 11, 29).
Ivi si vede la
pazienza in cose tanto amare e dolorose che eccedono ogni amarezza e pena
patibile; e lui come un agnello che sta muto dinanzi a colui che lo tosa, non
aprì la sua bocca (Is 53,7). Egli tacque: or chi non imparerà ad aver pazienza
nelle cose minori, se un Dio in cose sì grandi soffre con tanta pazienza?
Ivi si scorge
la sua grande carità, perché solo per carità patì, affine di
liberar noi dai tormenti eterni; ora nessuno ha carità più grande di colui che
dà la vita per i suoi amici (Gv 15,13); chi dunque non compatirà il prossimo e
non gli darà aiuto, potendo, massimamente ai poveri? Ivi la mansuetudine,
mentre non solo Cristo non si vendica, ma perdona pregando: Padre, perdona loro
(Lc 23, 24); chi avrà cuore così crudele da non perdonare a chi lo offese?
La meditazione della Passione inoltre accende nel
cuore due amori.
Il primo, verso questo amoroso e tormentato Signore,
che per solo amore verso di noi si sottomise volontariamente alle grandissime
ignominie e pene che tollerò nella sua Passione. Se il non far conto di pena
alcuna per l'amato è segno certissimo di amore, devi concludere che l'amore
portato a noi da Cristo sia stato non grande, ma massimo, inarrivabile,
infinito, per essersi sottoposto per nostro amore alle massime pene e ai
massimi tormenti che hanno superato tutti quelli dei martiri. E se amore si
paga con amore, devi accenderti, quanto più si può, a corrispondere a tanto
amore, acciocché per l'avvenire non abbia ardire di far cosa indegna di sì
eccessiva carità.
Il secondo amore che devi accendere nel tuo cuore è un
tenero affetto verso la Passione di Gesù, in modo che ogni giorno consideri le
acerbe pene tollerate con tanto amore da Cristo per noi.
Senti dunque l'amore per Gesù e rifletti fra te stesso
che cosa devi correggere nella tua vita, che cosa devi aggiungere, che cosa
vincere".