Pubblichiamo l'omelia del Vicario Generale all'inaugurazione del corso accademico del Teresianum
Vangelo
Gv 7,14-18.37-39
In quel
tempo, 14 quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e si mise
a insegnare. 15 I Giudei ne erano meravigliati e dicevano: “Come mai costui
conosce le Scritture, senza avere studiato?”. 16 Gesù rispose loro: “La mia
dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. 17 Chi vuol fare la sua
volontà, riconoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me
stesso. 18 Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la
gloria di colui che lo ha mandato è veritiero, e in lui non c’è ingiustizia. 37
Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò:
“Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva 38 chi crede in me. Come dice la
Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. 39 Questo egli
disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi
era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.
Omelia
La festa di quest’anno si situa infatti pochi giorni dopo la ricorrenza del 50º anniversario della proclamazione di Teresa come dottore della Chiesa. Lei, che non era teologa, che non era “letrada” perché non poteva esserlo nel suo tempo, ha raggiunto tuttavia una conoscenza tale del mistero di Dio da essere riconosciuta maestra degli spirituali. Teresa è stata maestra non nelle aule universitarie, ma all’interno delle sue comunità, verso le sue sorelle, ma anche verso tante persone di ogni condizione che avevano la fortuna di essere a contatto con lei. Lo era con le sue parole e con il suo 2 esempio. Già in vita lo era anche con i suoi scritti, e lo è tuttora: maestra di preghiera, di spiritualità, di vita in Dio. Su Teresa si può dire quello che Giovanni della Croce diceva ad Anna di Gesù nel dedicare a lei il Cantico Spirituale: “Infatti, se è vero che a Vostra Reverenza manca la pratica della teologia scolastica, mediante la quale si intendono le verità divine, non le manca quella della mistica, che si conosce per amore, nel quale le cose non solo si conoscono, ma insieme si gustano” (CB prol., 3). Teresa conosce per amore. Fa l’esperienza dell’amore di Dio e conosce Dio grazie al rapporto di amicizia con lui. Ma lei non dimentica mai che l’esperienza personale può essere ingannevole e per questo cerca sempre la conferma della Parola di Dio. La trova mediante i dotti, i suoi famosi “letrados”. Sappiamo che quando parla dei “letrados”, e lo fa spesso, pensa ai teologi, in particolare a quelli che conoscono bene la Scrittura (cfr. V 13,17): “la scienza è gran cosa, perché dà insegnamenti e luce a noi che poco sappiamo, sì che, giunti alle verità della sacra Scrittura, facciamo ciò che dobbiamo.” (V 13,16).
Ma è fondamentale che
siano veramente istruiti: Teresa lamenta il grande danno che le hanno fatto i
confessori dotti a metà (“medio letrados”, V 5,3; cfr. 5M 1,8), mentre afferma
invece che un teologo sapiente mai l’ha ingannata (“buen letrado nunca me
engañó”, íd.). È così fino al punto che preferisce un buon teologo che non sia
spirituale a uno spirituale che non conosca davvero la Scrittura (cfr. V 13,19;
34,11). Teresa ammira e ringrazia coloro che hanno studiato con impegno e
dedizione la Parola di Dio e la scienza dello spirito, e lamenta che ci siano
persone che non vogliano ricorrere a loro: “Molte volte mi stupisce la fatica
che ai dotti, specialmente religiosi, è costato acquistare quella scienza della
quale, senz’altra fatica se non quella di farne richiesta, io posso giovarmi. E
pensare che ci sono persone che non vogliono approfittarne!” (V 13,20)
Oggi ricordiamo Teresa
come maestra e dottore della Chiesa nel contesto specifico dell’inaugurazione
dell’anno accademico 2020-2021 nella Pontifica Facoltà Teologica e nel
Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum. Questo centro di studi
teologici e spirituali che porta appunto il nome della Santa, è stato creato
dalla famiglia fondata di Teresa ed è affidato alla sua protezione, il che dà
al Teresianum un’impronta specifica e una responsabilità particolare. Il
Teresianum è chiamato proprio a formare “letrados”, teologi che siano a
conoscenza della Parola di Dio e possano così illuminare e guidare tutti nelle
vie dello spirito. Per questo c’è bisogno di tutti gli elementi adatti alla
ricerca ed allo studio, e il Teresianum li ha: strutture, libri, spazi, risorse
economiche, tempo, strumenti tecnologici e informatici (questi più necessari
che mai nei nostri tempi, e ancora di più nello strano contesto dell’attuale
pandemia) …
C’è bisogno poi
dell’impegno personale di ognuno per usufruire al meglio di tutte queste
possibilità, della fatica per acquisire la scienza della quale parlava Teresa.
Tuttavia, allo stesso tempo c’è soprattutto bisogno per tutti, professori e
studenti, della disposizione adeguata, della volontà di essere insegnati dallo
Spirito. Ci vuole l’ascolto permanente del maestro interiore, è necessaria la
docibilitas, la disponibilità allo Spirito. Direi che Teresa chiederebbe
senz’altro ad un’istituzione come il Teresianum che serva a formare persone che
rispondano al suo ideale di maestri di vita spirituale che siano allo stesso
tempo dotti e spirituali, persone di scienza e di esperienza (cfr. 6M 8,9). E
che siano, ovviamente, di vita buona (cfr. CV 3,2), cioè, servi di Dio (cfr. F
27,15), umili e virtuosi, pieni di bontà (cfr. CV 5,5) e di santità (cfr. F
17,17). Chiediamo al Signore, per intercessione di Teresa, di ricevere ed
accogliere la sapienza che viene dall’alto.
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