Il Carisma teresiano, fonte
per il fedele cristiano
Di P. Emilio Martinez
vicario generale dell'Ocd
A destra p. Emilio Martinez ocd
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Un carisma non è proprietà di un gruppo nella Chiesa, bensì
della Chiesa stessa. Noi i Carmelitani Scalzi, Suore, Frati e Laici
condividiamo un stesso carisma, il carisma teresiano, e siamo chiamati a
viverlo ognuno secondo il nostro proprio stato (Cfr. Cost. OCDS, 1).
Partecipanti dello zelo apostolico di Santa Teresa e portati
a penetrarlo nella nostra orazione e nella nostra vita, dobbiamo offrirlo a
tutti i fedeli cristiani come una strada sicura di vita evangelica (Cfr. Cost.
OCDS,7 d).
Così l'affermano esplicitamente le Costituzioni dell'Ordine
Secolare: "Il Secolare Carmelitano
è chiamato a vivere e testimoniare il carisma del Carmelo Teresiano nella
Chiesa particolare, porzione del Popolo di Dio, nella quale si fa presente e
agisce la Chiesa di Cristo (Cost. OCDS,27)". Più avanti, si regge
ancora: " Nel suo impegno
apostolico porterà la ricchezza della sua spiritualità con le sfumature che
comportano i vari campi dell’evangelizzazione ( Cost. OCDS, 28.)".
La necessità di testimoniarlo, come parte essenziale della
nostra vocazione, c'obbliga a conoscerlo ed a sapere in che modo è vantaggioso
per la vita di tutti i fedeli. Hanno valore le linee che seguono come[1] un primo avvicinamento al
compito di riscoprire giorno per giorno l'ispirazione dello Spirito che
configurò l'impulso di Santa Teresa, col fine di condividerlo con la Chiesa.
Un carisma vivo
Perché continua a essere così attuale il carisma teresiano? o, semplicemente:
come può illuminare oggi la nostra vita cristiana?
Sono trascorsi già
quasi cinque secoli da quando Teresa venne al mondo; tutti
pieni di avvenimenti che hanno continuato a cambiare in modo vertiginoso
il volto della società, ma, indubbiamente, la Chiesa ed il mondo continuano ad
avere bisogno di parole di vita e di verità.
Continuano ad avere bisogno di chi indichi la fonte di acqua viva e il
cammino che conduce ad essa, e che riempia quello di orme, segni … Cercano, senza dubbio avvisi e consigli spirituali, come indica il provvisorio titolo del
Cammino di Perfezione. La parola di Teresa segnala, mette sul cammino.[2]
Il carisma teresiano c'offre un cammino di autenticità, di liberazione, di abbandono che
c'avvicina sempre di più alla fonte originale della vita.
Teresa si propone di accompagnarci alla fonte di acqua viva
affinché la scopriamo dentro di noi ed accompagniamo gli altri. Invita, cioè ad
un'esperienza personale che ridonda in bene per gli altri. Per quel motivo, di
modo particolare il Cammino di Perfezione è stato chiamato manuale di
vita cristiana, perché accompagna a fare un'esperienza di Gesù resuscitato che
crea comunità missionaria-apostolica. In qualunque ambito, ovviamente,
religioso o secolare.
Alla base c’è
l'esperienza orante
La vocazione del Carmelo Teresiano è un impegno a “vivere in
ossequio di Gesù Cristo”, “meditando giorno e notte la legge del Signore e
vegliando in preghiera”[17]. Fedele a questo principio della Regola, Santa
Teresa mise l’orazione come base ed esercizio fondamentale della sua famiglia
religiosa. Perciò il Secolare è chiamato a fare in modo che la preghiera
penetri tutta la sua esistenza, per camminare alla presenza del Dio vivo (1Re
18,14), mediante l’esercizio costante della fede, della speranza e dell’amore,
in modo che tutta la sua vita sia una preghiera, una ricerca dell’unione con
Dio. La meta sarà quella di riuscire ad integrare l’esperienza di Dio con
l’esperienza della vita: essere contemplativi nell’azione e nel compimento
della propria missione( Cost. OCDS, 17)”.
Con queste parole incomincia la terza sezione delle
Costituzioni dell'Ordine Secolare, intitolata “Testimoni dell'esperienza di Dio”.[3]
Effettivamente, il Carmelo Scalzo nasce dall'esperienza di
Dio che ha fatto Teresa di Gesù. Ella è profeta del Dio vivo e la comunicazione
del suo incontro con lui fa che possiamo affermare: "Come orante, si trasformò in madre
spirituale e maestra di spirituali."[4]
Come disse la Madre Cristina Kaufmann, ocd: "L'esperienza personale della relazione con
Dio nell’orazione, nel silenzio e ritiro della vita monastica carmelitana, è
per Teresa il fondamento di ogni relazione personale: con altre persone, con le cose, con sé
stessa. L’orazione è una relazione, è centrata nella persona di Gesù di Nazaret
(…)
Il nucleo del carisma di
santa Teresa è l’orazione interiore, come attitudine vitale prima della realtà:
a guardare ogni realtà con gli occhi di Dio,
occhi di amore e di povertà. Guardandola la facciamo amorevolmente entrare in
Dio, la facciamo permeabile per Dio o le restituiamo la sua originale
trasparenza, poiché tutto quello creato ci parla del Creatore. Questo guardare,
questo contemplare implica una determinata forma di fare, di stare. In fondo
non è un'altra cosa che la vita teologale:
esistere credendo, sperando, amando."[5]
Da questo impulso siamo nati e questo impulso ci configura come
credenti che offrono alla Chiesa un modo di vita autenticamente evangelico e
predicano, con fatti e con parole - agendo, ma innanzitutto essendo - che la
fede in Cristo Gesù non consiste nella semplice adesione ad alcuni dogmi o nel
vivere alcune norme morali, bensì nell'esperienza concreta di incontro con Lui
che, vivente in mezzo a noi, bussa alla porta del cuore di ognuno per cambiare
radicalmente la sua esistenza secondo il volere di Dio Padre per l'azione dello
Spirito Santo.
Un'esperienza che non può rimanere de puertas para adentro, nascosta delle nostre anime. Commentando
di passaggio il capitolo 3º del cammino di Perfezione, ci dirà il P. Tomás
Álvarez, ocd: "Le consegne e
l'esclamazione di Teresa danno direttamente nelle nostre fibre più sensibili: senso ecumenico, necessità di più amore
umano, più senso di Chiesa, solidarietà e fraternità universale. Pace. Forza
interna, Fede totale nel lievito delle comunità piccole, fatte di cristiani
fedeli e scelti.
Convinzione teresiana che pregare è aiutare a chi lavora in
altro modo. Pregare è già combattere per Dio."[6]
Contesto e tratti di una
proposta
La proposta teresiana si realizza in un contesto difficile,
tanto sociale quanto personale.
Santa Teresa di Gesù vive in pieno i difficili tempi della
Riforma luterana e la Controriforma imposta dal Concilio di Trento. I cristiani
che si affrontano in cruente guerre religiose, non sono esenti, naturalmente,
di influenze e legami politici.
Incontra una vita religiosa piena di uomini e donne
virtuosi, sì, ma avverte la necessità di profondi cambiamenti a cui tanto il Re
come il Papa vogliono spingere, ma a volte con criteri diversi.
Un'epoca di sospetti all'interno del cattolicesimo, dove
l’orazione è giudicata come inutile, perfino pericolosa soprattutto nel caso
sia praticata dalle donne, emarginate socialmente in gran parte dei casi.
Un Mondo Nuovo pieno di uomini e donne che non hanno
ascoltato il messaggio evangelico e per le cui anime Teresa teme.[7]
Infine, un mondo di paure davanti al quale la Santa si
presenta, figlia del suo tempo e, contemporaneamente, aperta all'eternità e
spinta per l'esperienza della misericordia di Dio che l'avvolge realizzando una
promessa rinnovata e rinnovatrice.
Davanti a questa realtà, Santa Teresa vuole, soprattutto,
svolgere un ruolo attivo, sociale ed ecclesiale, non per pretese di
protagonismo, bensì con l’affanno, l’impazienza di servire. In questo senso, il
suo atteggiamento vitale illumina quanto detto nel numero 58 della Christifideles
Laici: "Dio mi chiama e mi invia come operaio alla sua vigna; mi chiama e mi invia a lavorare per la venuta
del suo Regno nella storia. Questa vocazione e missione personale definisce la
dignità e la responsabilità di ogni fedele laico e costituisce il punto di
appoggio di tutta l'opera formativa, ordinata al riconoscimento gioioso e grato
di tale dignità ed all'adempimento fedele e generoso di tale responsabilità.
In effetti, Dio ha pensato a noi dall'eternità e ci ha amati
come persone uniche ed irripetibili, richiamandoci ognuno per il nostro nome,
come il Buon Pastore che " chiama le sue pecore, ognuna per il suo
nome" (Gv 10,3). Ma l'eterno piano
di Dio c'è rivelato solo ad ognuno attraverso lo sviluppo storico della nostra
vita e dei suoi avvenimenti, e, pertanto, solo gradualmente: in un certo senso, di giorno in giorno.
E per scoprire la concreta volontà del Signore sulla nostra
vita sono sempre indispensabili l'ascolto attento e docile della Parola di Dio
e della Chiesa, l’orazione filiale e costante, il riferimento ad una sapiente
ed amorosa direzione spirituale, la percezione nella fede dei doni e talenti
ricevuti e contemporaneamente delle diverse situazioni sociali e storiche nelle
che si è immerso."
Nel caso di Santa Teresa, lo
strumento adeguato per il servizio che vuole prestare sarà l’orazione, ma
notiamo che non chiama, né ci chiama, a fare semplicemente orazione, bensì ad
essere oranti. Per ciò il Carmelitano Secolare è chiamato a vivere e proporre
ai fedeli cristiani "un valore particolare all’orazione che, alimentata
con l'ascolto della Parola di Dio e la liturgia, possa condurre al trattare in amicizia con Dio, non solo
quando si prega, bensì quando si vive. Impegnarsi in questa vita di orazione
esige nutrirsi della fede, la speranza e, soprattutto, della carità per vivere
nella presenza e nel mistero del Dio vivo."[8]
La risposta del Santa sarà una
risposta di vita che non si impone, di fronte alla cosa ostile ed inospitale.
Ella offrirà la vita di orazione come una proposta di riforma integrale che può
cambiare tutti i cristiani e l'integrerà
in una forma di vita libera, piena di fiducia motivata nel Dio misericordioso
che l’è stato rivelato, e radicale.
La sua proposta, valida per
ogni fedele cristiano perché fermamente radicata nel Vangelo, è quella di creare
comunità di servizio, partendo della cellula di San José di Avila. L'incontro
con Gesù fomentato ed vissuto in quelle comunità invita ad un'etica consistente
nell'essere animata dall'amore, la libertà e la verità, con disponibilità
permanente, la determinata determinazione.
La sua proposta è aperta a
tutti, non è esclusivo, perché tutti siamo qualificati per amare, raccoglierci
per guardarlo dentro di noi. E così
c'insegnerà a sviluppare quello sguardo capace da trovarsi con lo sguardo di
Gesù che ci guarda per primo.
L'obiettivo di questa proposta,
fondata come già detto nel desiderio di servire, di essere qualcosa a beneficio
degli altri, è dare frutto per gli altri.
I contenuti
Diamo ora la parola a Santa
Teresa affinché sia lei stessa a spiegarci i contenuti della sua proposta.
È Dio che agisce.
Soprattutto nel libro delle
Fondazioni, Teresa dimostra chiaramente che è Dio il protagonista dell'azione.
"In queste fondazioni non
è quasi niente quello che hanno fatto le creature" assicura Teresa. Ma non c'è per caso sempre
un'iniziativa umana concreta, un discernere la proposta, un viaggio spossante
per disagevoli strade, un andare e venire sollecitando permessi ed aiuto
economico? Sono insignificanti le attività per ottenere una casa, ed il compito
di trasformarla in monastero? Per caso non devono intervenire tante volte
persone influenti per placare la collera delle autorità che si opporsi alla
nuova fondazione? Che cosa vuole dire Teresa quando afferma: "Queste case in parte non le hanno
fondate uomini, bensì la mano poderosa di Dio?" La Scrittura
assicura: "Ogni casa ha il suo costruttore, ma il costruttore di tutto è Dio".
È lo sguardo mistico quello che
permette di vedere l'azione di Dio nel chiaroscuro della storia umana. Un Dio
che non agisce vicino alle persone, o in vece di esse, bensì in esse, facendo affinché
esse facciano: crea creatori.
L'azione di questo Dio
trascendente è solo possibile nella cosa immanente, nello sforzo di quelle
persone che si lasciano contagiare dal suo Spirito, presente attivamente nella
storia, (GS,26)[1].
Cioè, riconoscendo il primato
di Dio su tutte le sue opere e l'iniziativa per lui presa[2],
Teresa metterà tutte le sue forze ed energie nella realizzazione del progetto
il cui fondamento è il Signore.
Implicarsi
"I fedeli laici comunicano solo nella vita della Chiesa non portando a
termine le sue funzioni ed esercitando i suoi carismi, ma anche di altri molti
modi."[3]
Valga questa citazione della
Christifideles Laici per riassumere l'impulso che corre per ognuna delle linee
dell'Esortazione Post-sinodale:
riconoscente il primato di Dio, ciò non esime tutti i fedeli cristiani
ad un'implicazione seria e determinata, in comunione con la Chiesa, a beneficio
dell'evangelizzazione.
La proposta teresiana, tutta di
Dio, richiama anche ad un'autentica implicazione del fedele cristiano, tale e
come quell'ella ha vissuto. Vediamolo in due testi concreti, per tutti
conoscenti:
“In questo tempo mi giunse notizia dei danni e delle stragi che avevano
fatto in Francia i luterani e di quanto andasse aumentando questa malaugurata
setta. Ne provai gran dolore e, come se io potessi o fossi qualcosa, piangevo
con il Signore e lo supplicavo di porre rimedio a tanto male. Mi sembrava che
avrei dato mille volte la vita per salvare una fra le molte anime che là si
perdevano. Ma, vedendomi donna e dappoco, nonché incapace a essere utile in ciò
che avrei voluto a servizio del Signore, poiché tutta la mia ansia era, come lo
è tuttora, che avendo egli tanti nemici e così pochi amici, decisi di fare quel
poco che dipendeva da me. Decisi cioè di seguire i precetti evangelici con
tutta la perfezione possibile e di adoperarmi perché queste religiose che son
qui facessero lo stesso. Fiduciosa nella grande bontà di Dio, che aiuta sempre
chi decide di lasciar tutto per amor suo, pensai che, essendo tali le mie
consorelle come io le avevo immaginate nei miei desideri, le loro virtù
avrebbero compensato i miei difetti e così io avrei potuto contentare in
qualche cosa il Signore; infine pensavo che, tutte dedite alla preghiera per i
difensori della Chiesa, per i predicatori e per i teologi che la sostengono,
avremmo aiutato come meglio si poteva questo mio Signore, così perseguitato da
coloro che ha tanto beneficato, da sembrare che questi traditori lo vogliano
crocifiggere di nuovo e che egli non abbia dove posare il capo (Cammino di
perfezione 1,2)”.
“Oh, mie sorelle in Cristo, aiutatemi a supplicare il
Signore affinché ci conceda questa grazia, poiché è proprio questo il motivo
per cui egli vi ha qui radunate; questa è la vostra vocazione; questo
dev’essere il vostro compito, queste le vostre aspirazioni, questo l’oggetto
delle vostre lacrime, questo lo scopo delle vostre preghiere; non quello,
sorelle mie, di interessi mondani. Quando ci vengono a chiedere di pregare Sua
Maestà perché conceda rendite e denaro, io me ne rido, ma ne sono anche
addolorata. Tale richiesta viene proprio da alcune persone che io vorrei
supplicassero Dio di poter calpestare tutto. Esse hanno buone intenzioni e, in
fondo, si finisce col tener conto della loro devozione, anche se io sono sicura
di non essere mai ascoltata in questo genere di preghiere. Il mondo è in
fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo
contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo
sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci
farebbero avere un’anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di
trattare con Dio d’interessi di poca importanza (Cammino di perfezione 1,5)”.
Non è difficile trovare un
parallelismo tra questa chiamata del Santa e quanto detto nel numero 3 della
Christifideles Laici: "Il significato fondamentale di questo
Sinodo, e pertanto il frutto più prezioso desiderato da esso, è l'accoglienza
da parte dei fedeli laici dell'appello di Cristo a lavorare nella sua vigna, a
prendere parte attiva, cosciente e responsabile alla missione della Chiesa in
questa magnifica e drammatica ora della storia, davanti all'arrivo imminente
del terzo millennio.
Nuove situazioni, tanto ecclesiali come sociali, economiche,
politiche e culturali, reclamano oggi, con forza molto particolare, l'azione
dei fedeli laici. Se il non compromettersi è stato sempre qualcosa di
inaccettabile, il tempo presente lo fa ancora più colpevole. A nessuno gli è
lecito rimanere pigro."
Servizio
L'ora che viviamo ci chiama,
pertanto, a servire, a mettere tutto quello che siamo ed abbiamo a disposizione
della Chiesa-comunione, per rispondere alle sfide del mondo attuale. Così
Teresa: " Ma perché ho detto questo? Affinché voi intendiate, sorelle
mie, che ciò di cui abbiamo supplicare Dio è che nessuno dei buoni cristiani
ora rinchiusi in questo piccolo castello passi al nemico e che egli faccia
avanzare molto nella via del Signore i capitani di tale castello o cittadella
che sono i predicatori e i teologi. E poiché la maggior parte di essi
appartiene agli Ordini religiosi, dobbiamo pregarlo affinché possano
raggiungere un alto grado di perfezione del loro stato, essendo ciò particolarmente
necessario. Infatti, come ho detto, chi ci deve salvare è il braccio
ecclesiastico e non quello secolare. E, poiché noi non possiamo nulla, sia con
l’uno sia con l’altro, per aiutare il nostro Re, procuriamo di essere tali che
le nostre orazioni servano ad aiutare questi servi di Dio i quali, a prezzo di
tante fatiche, si sono fortificati con dottrina, virtù e difficili prove, per
venire ora in aiuto del Signore
(Cammino di perfezione 3,2)”[4].
Vivendo così ognuno il suo
proprio carisma[5],
i credenti sono chiamati a lavorare in comunione con la Chiesa al servizio
della diffusione, con opere e parole, della Buona Notizia.
Una risposta di vita
L'intuizione teresiana,
motivata nella sua esperienza della povertà di Dio, ci richiama ad una risposta
vitale. Fissi gli occhi in Cristo[6], i
credenti sono chiamati a imitare la sua vita[7],
uniti alla Chiesa[8],
per essere come Dio ci vuole:
Cioè, essere santo, non avere
paura di esserlo, motivati dall'invito teresiano e conciliare, espresso ancora
più chiaramente nella Christifideles Laici:
"La dignità dei fedeli laici
c'è rivelato in pienezza quando consideriamo quella prima e fondamentale
vocazione che il Padre dirige a tutti essi in Gesù Cristo per mezzo dello
Spirito: la vocazione alla santità, cioè
alla perfezione della carità. Il
santo è l'attestazione più splendida della dignità conferita al discepolo di
Cristo.
Il Concilio il Vaticano II ha
pronunciato parole altamente luminose sulla vocazione universale alla santità.
Si può dire che questa chiamata è stata la consegna fondamentale fiduciosa a
tutti i figli e figlie della Chiesa, per un Concilio convocato per la
rinnovazione evangelica della vita cristiana.
Questa consegna non è una
semplice esortazione morale, bensì un'insopprimibile esigenza del mistero della
Chiesa. Ella è la Vigna eletta, per mezzo della quale i tralci vivono e
crescono con la stessa linfa sacra e santificante di Cristo; è il Corpo mistico i cui membri comunicano
della stessa vita di santità della sua Testa che è Cristo; è la Moglie amata del Signore Gesù per chi
Egli si è arreso per santificarla, (cf. Ef 5, 25 ss.).
Lo Spirito che santificò la
natura umana di Gesù nel seno verginale di María, cf. Lc 1,35, è lo stesso
Spirito che vive ed opera nella Chiesa, col fine di comunicargli la santità del
Figlio di Dio fatto uomo.
È urgente, oggi più che mai che
tutti i cristiani ritornino ad intraprendere quello verso la rinnovazione
evangelica, accogliendo generosamente l'invito dell'apostolo ad essere
"sacri in tutta la condotta" (1
P 1,15).
Il Sinodo Straordinario del
1985, a venti anni della conclusione del Concilio, ha insistito molto
opportunamente in questa urgenza: "E' quanto mai urgente che oggi tutti i
cristiani riprendano il cammino del rinnovamento evangelico, accogliendo con
generosità l'invito apostolico ad «essere santi in tutta la condotta» (1 Pt 1,
15). Il Sinodo straordinario del 1985, a vent'anni dalla conclusione del
Concilio, ha opportunamente insistito su questa urgenza:
«Poiché la Chiesa in Cristo è mistero, deve essere considerata
segno e strumento di santità (...). I santi e le sante sempre sono stati fonte
e origine di rinnovamento nelle più difficili circostanze in tutta la storia
della Chiesa. Oggi abbiamo grandissimo bisogno di santi, che dobbiamo implorare
da Dio con assiduità»".[9]
Le tre grandi virtù
La proposta teresiana che, come
ho detto prima, ha come strumento l’orazione, esige il vissuto comunitario
delle così chiamate tre grande virtù teresiane:
“Non pensate, sorelle e amiche mie, che siano molte le cose
che vi raccomanderò. Piaccia, infatti, al Signore che osserviamo quelle che i
nostri santi Padri hanno ordinato e adempiuto, giacché percorrendo questa
strada hanno meritato il nome di santi. Sarebbe un errore cercarne una diversa
per nostra iniziativa o istruiti da altri. Mi limiterò a parlarvi solo di tre
cose inerenti alle stesse Costituzioni, essendo molto importante intendere
l’obbligo rigoroso di osservarle per avere la pace interna ed esterna, che il
Signore ci ha tanto raccomandato: la prima è l’amore reciproco, la seconda, il
distacco da tutte le creature, la terza, la vera umiltà che, sebbene sia da me
nominata per ultima, è la virtù principale e le abbraccia tutte (Cammino di perfezione 4,4)”.
Il testo sopra citato, continua il Documento,
"è una sintesi molto efficace di
quello che è davvero essenziale nella nostra vita e non può togliersi né
cambiare nessuna parola. L'ordine in sé è significativo, come la stessa Teresa
fa notare. Da una parte, l'amore reciproco non può non essere il più
importante, sia perché risponde al comandamento evangelico fondamentale, sia perché la riforma teresiana si caratterizza
per una particolare insistenza sulla dimensione comunitaria e familiare della
vita religiosa.[10]
Tuttavia (…) l'amore del quale parla Teresa è un amore che germoglia tra
persone umili e disaffezionate (distaccate) del mondo."[11]
Molte sono le difficoltà che i
laici cristiani incontrano oggi per vivere e predicare il messaggio di Gesù. In
un certo senso, come ai tempi di Santa Teresa, possiamo parlare anche del nostro
cammino spirituale in termini di lotta, di combattimento nel quale dobbiamo
resistere e non possiamo lasciare andare mai.
" A tutti gli uomini
contemporanei ripeto, ancora una volta, il grido appassionato con il quale ho
iniziato il mio servizio pastorale: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate
le porte a Cristo! Alla Sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i
sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà,
di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa "cosa è dentro l'uomo".
Solo Lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel
profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è in certo del senso della
sua vita su questa terra. E' invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi _ vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia _ permettete
a Cristo di parlare all'uomo. Solo Lui ha parole di vita, sì! di vita eterna»,[12]
diceva il Beato Giovanni Paolo II.
Teresa prega anche noi di non abbandonare
mai il cammino: " Poiché non mi ordinò di lasciare questo
cammino, quando l’ebbi intrapreso, e fece sì che fossi tuffata nel profondo
della sorgente, non c’è dubbio che non lo impedirà a nessuno, anzi,
pubblicamente ci chiama a gran voce. Ma, essendo infinitamente buono, non ci
costringe a farlo e offre da bere in molti modi a coloro che vogliono seguirlo,
affinché nessuno sia privo di conforto né muoia di sete. Da questa fonte
abbondante infatti derivano ruscelli, alcuni grandi, altri piccoli, e talvolta
piccole pozze per i bambini. A costoro basta poca acqua, mentre il presentare
loro molta acqua non farebbe che spaventarli: proprio i bambini sono quelli che
si trovano al principio della via di orazione. Pertanto, sorelle mie, non
abbiate paura di morire di sete in questo cammino: non manca mai l’acqua delle
consolazioni a tal punto che la sete sia intollerabile. Poiché è così, seguite
il mio consiglio e non fermatevi lungo la strada, ma lottate da anime forti
fino a morire nella ricerca di questo bene, non essendo voi qui se non per
combattere la vostra battaglia. Procedendo sempre con la ferma determinazione
di morire piuttosto che lasciar di raggiungere la fine del cammino, se il
Signore vi farà soffrire un po’ di sete in questa vita, vi darà abbondantemente
da bere in quella eterna, ove non dovrete più temere che debba venire a
mancarvi. Piaccia al Signore che non siamo noi a venir meno a lui! Amen." (Cammino 20,2).
Determinazione che non è solo
assenza di paura[13],
ma anche autenticità, desiderio di darsi in realtà: " Dico, dunque, che è molto importante
cominciare con ferma determinazione, per tante ragioni che, a dirle tutte, ci
sarebbe da dilungarsi molto. Ve ne voglio dire, sorelle, solo due o tre. La
prima è che, quando ci determiniamo a dedicare un po’ del nostro tempo (non
certo senza interesse, ma con enorme guadagno) a chi tanto ci ha dato e ci dà
di continuo, non è giusto non darglielo con assoluta generosità, ma solo come
chi fa un prestito per riprendersi quello che ha dato. Questo a me non sembra
un dono. Inoltre, colui al quale si è prestato qualcosa resta sempre un po’
dispiaciuto quando essa gli viene ripresa, specialmente se ne ha bisogno e se
la riteneva già come sua, o se i due sono amici e se quello che gliel’ha
prestata gli deve molte cose dategli senza alcun interesse. A ragione, ciò gli
sembrerà una grettezza e un segno di ben scarso affetto, se non vuol lasciargli
in dono nemmeno una piccola cosa sua, non foss’altro come testimonianza
d’amicizia.
2. Qual è la sposa che, avendo ricevuto dal suo sposo molte
gioie di valore, non gli dia almeno un anello, non per quel che vale, perché
ormai tutto ciò che possiede gli appartiene, ma come pegno ch’ella sarà sua
fino alla morte? E merita forse meno questo nostro Signore perché ci prendiamo
gioco di lui, prima dandogli e poi riprendendoci subito quel niente che gli
abbiamo dato? Almeno questo po’ di tempo che ci risolviamo a dedicargli – di
tutto quello che sciupiamo per noi stesse o per chi non ce ne sarà grato –,
visto che vogliamo darglielo, diamoglielo libere da ogni altro pensiero,
staccate da preoccupazioni terrene, e con ferma decisione di non
riprenderglielo mai più, nonostante le difficoltà, i contrasti o le aridità.
Consideriamo quel tempo come cosa non più nostra e pensiamo che ci può essere
richiesto a buon diritto, se non vogliamo consacrarglielo interamente." (Cammino 23, 1 -2).
La determinazione, infine, non è
basata sulla nostra forza di volontà o sulle nostre capacità personali, bensì ha
radici nell'esperienza di amicizia e bontà di Dio in Cristo: È, altresì, necessario
cominciare con la sicurezza che, se non vogliamo lasciarci vincere, riusciremo
vittoriosi; su questo non c’è il minimo dubbio: per quanto piccolo sia il
guadagno che ne potremo ricavare, ci ritroveremo molto ricchi. Non temete che
il Signore, dopo averci chiamato a bere a questa fonte, ci lasci morire di
sete. Ve l’ho già detto e vorrei ripetervelo mille volte, perché il non
conoscere bene la bontà del Signore per esperienza personale, anche se la si
conosce per fede, rende le anime molto pavide. È davvero un gran vantaggio aver
fatto esperienza dell’amicizia e della dolcezza con cui tratta coloro che vanno
per questo cammino, di cui paga, per così dire, tutte le spese." (Cammino
23,5) [14].
Dare
frutto
Con questa forte chiamata a dare
frutto nella vigna del Signore incomincia l'Esortazione Post-sinodale Christifideles laici.
Anche per Santa Teresa è
urgente e necessario questo compito.
In chiave teresiana, la vita di
orazione proposta dalla Santa che si sviluppa nella comunità che vive in
amicizia, umiltà e distacco, tutto sotto lo sguardo di Gesù, ci fa conoscere e
scoprire la volontà di Dio, comprendendo contemporaneamente che Egli può
realizzarla in noi e per noi, se glielo permettiamo.
In definitiva, la volontà di
Dio è realizzare l'amore nella libertà, offrendoci completamente a tutti come
testimoni della nuova realtà realizzata nel Vangelo, in Cristo: "Perché
Tutti i consigli che vi ho dato in questo libro hanno lo scopo d’indurvi a consacrarvi
totalmente al Creatore, porre la vostra volontà nella sua e distaccarvi dalle
creature. Avrete già capito quanto ciò sia importante e non insisto oltre;
voglio soltanto dirvi perché il nostro buon Maestro ponga qui le suddette
parole, come chi conosce il gran profitto che trarremo dal rendere questo
servizio al suo eterno Padre. Infatti, per mezzo di esse, ci disponiamo ad
arrivare rapidamente al termine del cammino e a bere l’acqua viva di quella
fonte di cui ho parlato. Se, invece, non rimettiamo completamente la nostra
volontà in quella del Signore perché operi in tutto quel che ci riguarda
conformemente alla sua volontà, non ci lascerà mai bere l’acqua di tale fonte.
L’acqua è la contemplazione di cui mi avete pregato di parlarvi." (C
32, 9).
L'attenzione che siamo capaci
di avere per gli altri che include la capacità per condividere con essi la
Buona Notizia, è segno del nostro livello di interiorizzazione. Teresa ci
propone un cammino di esperienza che ci umanizza e, per ciò, ci riempie di pace,
di fiducia e di coraggio per servire.
La volontà del Padre, ci dirà,
è che amiamo gli altri; ce l'ha mostrata
in Gesù che si è donato, invitandoci a darci come egli si è dato: quello è il gran frutto che ci permette di
condividere il suo Mistero Pasquale.[16]
In definitiva, il fedele
cristiano che ascolta la parola di Teresa e si cimenta a vivere l'esperienza da
lei proposta, cambia radicalmente rispetto agli schemi proposti dal mondo ed
offre un nuovo modo di vita con gesti e parole. E si trasforma così in un
potente evangelizzatore: "Coloro che amano veramente Dio, amano tutto
ciò che è buono, desiderano tutto ciò che è buono, lodano tutto ciò che è
buono, si uniscono sempre ai buoni, li aiutano e li difendono; non amano che la
verità e ciò che è degno d’essere amato. Pensate che sia possibile, per chi ama
veramente Dio, amare cose vane? Su di lui non hanno alcun potere le ricchezze,
i piaceri del mondo, gli onori. Non conosce né contese né invidie. Tutto perché
non vuole altro se non accontentare l’Amato. Muore dal desiderio d’esserne
riamato; pertanto fa consistere la sua vita nel cercare il modo di riuscirgli
più gradito. Potrà mai nascondersi tale amore? Oh, l’amore di Dio – se è
veramente amore – non si può nascondere! Se non mi credete, guardate san Paolo
e la Maddalena: il primo, cioè san Paolo, in tre giorni cominciò a dimostrare
d’essere malato d’amore; la Maddalena fin dal primo giorno. E com’era evidente
il loro amore! È vero che può essere maggiore o minore, pertanto si rivela in
proporzione della sua forza: molto, se è grande; poco, se è piccola, ma poco o
molto, se è amore di Dio, si riconosce sempre " (C 40, 3).
Teresa è permanentemente rivolta
verso Gesù. Egli è il modello che illumina ognuno dei consigli che ci propone
ed il fondamento che trova nel momento di giustificarli. Il riferimento a
quello che il Signore fece e fa, a quello che è, Colui che ci ama, è costante.
Messi gli occhi in lui,
riscuotiamo forza per resistere le paure che ci paralizzano. Perché Teresa è
sicura che se qualcosa può rovinare tutto e fermarci nella nostra vita e nella
nostra missione come cristiani è la paura. Solo la libertà di tutto che si
fonda nella relazione con Cristo, può assicurare un superamento reale di quella
paura.
Non ci chiederà più di quello
che possiamo dare, e quel poco, Dio lo considererà molto. Egli ci ha dati a suo
Figlio, ci ha dato il suo Regno e ci chiede solo che serviamo questo ospite che
ci divinizza, (…) consegnandogli la nostra vita: " Avete fatto bene, o nostro buon Maestro, a
rivolgere al Padre la richiesta precedente per metterci in condizione di
adempiere quello che gli offrite da parte nostra; altrimenti, mi sembra, ci
sarebbe impossibile farlo. Ma, siccome vostro Padre esaudirà la vostra
richiesta di darci quaggiù il suo regno, io so che comproveremo la verità della
vostra promessa se offrite quel che offrite da parte nostra. Quando la terra
della mia anima sarà cambiata in cielo, sarà più facile che si compia in me la
vostra volontà. Senza questa trasformazione, però, e per giunta se si tratta di
una terra così vile e sterile come la mia, io non so, Signore, come ciò sarebbe
possibile. È gran cosa ciò che offrite da parte nostra ", (Cammino 32,2) .
Dio, ci dirà Santa Teresa, non
ci mancherà mai, è sempre al nostro fianco, per aiutarci. In Cristo ci sostenta
e tutto sostiene e conosce, è il padrone di tutto: "Il
Dio di Teresa – ci dice S. Castro - non
è l'essere supremo dell'astrazione né quello dell'idea motrice del mondo; è il Dio degli uomini. Dopo un'attenta
lettura dell'opera teresiana si potrà parlare con ogni rigore del
"antropologismo" di Dio, …. Questa tendenza alla creatura sale alle
sue stesse origini. Ma la sua passione per l'essere umano è arrivata al suo
punto culminante in Gesù Cristo che, secondo Teresa si è sposato con l'umanità
intera mediante il bacio dell'Incarnazione. Questo atteggiamento di Dio produce
in lei lo stupore e l'adorazione"[17] Egli
è un Dio di povertà, le sue viscere sono piene di amore[18].
Ci guarda sempre, non è indifferente e si mostra qual è per conquistarci[19]
Si accontenta e commuove col mero fatto che alziamo gli occhi a lui, perché è l’amico
con cui trattiamo con semplicità e
chiarezza.[20]
Un Dio, in definitiva, che ci
chiama in Cristo, per darci di bere se vogliamo seguirlo, facendo di noi
evangelizzatori capaci di portare ad altri a Gesù, fonte e portatore dell'acqua
viva: " Ora,
parlando di quest’acqua che viene dal cielo per riempire e impregnare con la
sua abbondanza tutto il giardino, se il Signore non smettesse mai di darla ogni
volta che ve ne fosse bisogno, si capisce facilmente quale riposo ne avrebbe il
giardiniere. E se non vi fosse mai inverno, ma sempre primavera, non mancando
mai fiori né frutta, ben s’intende di quale gioia godrebbe; ma, finché viviamo,
ciò è impossibile: bisogna sempre, quando manca un’acqua, procurare l’altra.
Questa del cielo viene, molte volte, quando il giardiniere meno se l’aspetta.
Veramente, da principio, è quasi sempre dopo una lunga orazione mentale:
durante tale ascesa il Signore viene a prendere quest’uccellino e lo depone nel
nido perché si riposi. Poiché lo ha visto volare a lungo e adoperarsi con
l’intelletto, con la volontà e con tutte le sue forze a cercare Dio e
compiacerlo, vuole dargliene il premio sin da questa vita; e che gran premio! È
tale che basta un istante di gioia per ripagarlo di tutte le pene che possa
aver sofferto (V 18,9)”.
"In conclusione, nonostante tutto, dunque, l'umanità può sperare, deve
sperare: il Vangelo vivente e personale, Gesù Cristo stesso, è la «notizia»
nuova e apportatrice di gioia che la Chiesa ogni giorno annuncia e testimonia a
tutti gli uomini.
In questo annuncio e in questa testimonianza i fedeli laici
hanno un posto originale e insostituibile: per mezzo loro la Chiesa di Cristo è
resa presente nei più svariati settori del mondo, come segno e fonte di
speranza e di amore."[21]
[1]
Troviamo un’ampia e recente riflessione sul carisma teresiano in D. DE PABLO MAROTO, Ser y misión del Carmelo Teresiano, Editorial de Espiritualidad,
Madrid 2011
[2]
Cf. S. CASTRO, Ser cristiano según Santa Teresa, Editorial de Espiritualidad,
Madrid 1985.
[3]
“Santa Teresa di Gesù è all’origine del Carmelo Riformato. Ella visse una
profonda fede nella misericordia di Dio, che la fortificò per perseverare nella
preghiera, nell’umiltà, nell’amore fraterno e nell’amore alla Chiesa, e che la
condusse alla grazia del matrimonio spirituale. La sua abnegazione evangelica,
la sua disposizione al servizio e la sua costanza nella pratica delle virtù
sono una guida quotidiana per vivere la vita spirituale. I suoi insegnamenti
sulla preghiera e sulla vita spirituale sono essenziali per la formazione e la
vita dell’Ordine Secolare (Cost. OCDS, 7)”.
[4]
D. DE PABLO MAROTO, Teresa en oración, Editorial de Espiritualidad, Madrid
2004, 152.
[5]
C. KAUFMANN, La fascinación de una
presencia, Editorial de Espiritualidad, Madrid 2007, 186-188.
[6]
T. ÁLVAREZ, Comentarios a “Vida”,
“Camino” y “Moradas” de Santa Teresa, Monte Carmelo, Burgos 2005, 299.
[7]
Non tanto differente dal mondo in cui ci troviamo ora, in tempi di nuova
evangelizzazione: " Interi paesi e
nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai
fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora
messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal
continuo diffondersi dell'indifferentismo, del secolarismo e
dell'ateismo." (Christifideles Laici, 34).
[8]
Const. OCDS,9. Cf. Ib., 17, sopra
citato: "la meta sarà riuscire ad
integrare l'esperienza di Dio con l'esperienza della vita: essere contemplativi nell’orazione e nel
compimento della propria missione." Possiamo ricordare anche Christifideles
Laici,16: " La vita secondo lo
Spirito, il cui frutto è la santificazione (cf. Rom 6, 22; Gal 5, 22), suscita
ed esige da tutti e da ciascun battezzato la sequela e l'imitazione di Gesù
Cristo, nell'accoglienza delle sue Beatitudini, nell'ascolto e nella
meditazione della Parola di Dio, nella consapevole e attiva partecipazione alla
vita liturgica e sacramentale della Chiesa, nella preghiera individuale,
familiare e comunitaria, nella fame e nella sete di giustizia, nella pratica
del comandamento dell'amore in tutte le circostanze della vita e nel servizio
ai fratelli, specialmente se piccoli, poveri e sofferenti."
[9]CARMELITAS DESCALZAS DE PUÇOL, Comenzando siempre. Páginas escogidas del Libro de las Fundaciones. Teresa de Jesús, Editorial de Espiritualidad, Madrid 2011, 43.
[10] leerse, entre otros textos: F 1, 1; 2, 7; 13, 7; 21, 21; 25, 427, 11, 28, 15-16. 19; 29, 5-6. 24; 31, 11-12. 50.
[11]Christifideles Laici, 25.
[12]Puoi vedere anche C 3, 3. 5-6; 20, 3.
[13]Cf. CHRISTIFIDELES LAICI, 24
[14]Cf. C 2, 1
[15]Cf. C 2, 7
[16]Cf. C 3, 2
[17]CHRISTIFIDELES LAICI, 16.
[18]Che si può e deve estendere all'intera famiglia cristiana: "Sentiamo di nuovo le parole di Gesù: "Io sono la vite vera, e mio Padre è il vignaiolo (...). Rimanete in me, e me in voi" (Gv 15, 1 -4).
Con queste semplici parole c'è rivelata la misteriosa comunione che vincola in unità il Signore coi discepoli, Cristo con quelli battezzati; una comunione viva e vivificante, per la quale i cristiani non appartengono più a se stessi, ma sono proprietà di Cristo, come i tralci uniti alla vite.
La comunione dei cristiani con Gesù ha come modello, fonte e meta la stessa comunione del Figlio col Padre nel dono dello Spirito Santo: i cristiani si uniscono al Padre unendosi al Figlio nel vincolo amoroso dello Spirito.
Gesù continua: "Io sono la vite; voi i tralci" (Gv 15,5). La comunione cristiani tra loro nasce dalla sua comunione con Cristo: tutti siamo tralci dell'unica Vite che è Cristo. Il Signore Gesù c'indica che questa comunione fraterna è il riflesso meraviglioso e la misteriosa partecipazione nella vita intima di amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Per lei Gesù chiede: "Che tutti siano uno. Come te, Padre, in me e me in te che anche essi siano uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai inviato" (Gv 17,21).
Questa comunione è lo stesso mistero della Chiesa, come lo ricorda il Concilio il Vaticano II, con la celebre espressione di San Cipriano: "La Chiesa universale si presenta come "un paese congregato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (CHRISTIFIDELES LAICI,18).
[19] “¿Qué tales habremos de ser?” Comunidades teresianas para la Iglesia y el Mundo de hoy, 11.
[20] CHRISTIFIDELES LAICI, 34
[21]Cf. Cammino di perfezione 20, 3; 21, 2.
[22]Nella Christifideles Laici, 34 leggiamo: “L'uomo è amato da Dio! E' questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all'uomo. La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è «Via, Verità, Vita!» (Gv 14, 6).
[23]Christifideles Laici 1
[24]Cammino 33,3
[25]S. CASTRO, Essere cristiano…, 174.
[26]Cf. Cammino 3, 8-9.
[27] Cf. C 26, 3.
[28] Cf. C 23, 3; 37, 4.
[29] CHRISTIFIDELES LAICI, 7.
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