LA CONFERENZA DI P. EMILIO MARTINEZ


Il Carisma teresiano, fonte per il fedele cristiano


Di P. Emilio Martinez
vicario generale dell'Ocd


A destra p. Emilio Martinez ocd
Un carisma non è proprietà di un gruppo nella Chiesa, bensì della Chiesa stessa. Noi i Carmelitani Scalzi, Suore, Frati e Laici condividiamo un stesso carisma, il carisma teresiano, e siamo chiamati a viverlo ognuno secondo il nostro proprio stato (Cfr. Cost. OCDS, 1).
Partecipanti dello zelo apostolico di Santa Teresa e portati a penetrarlo nella nostra orazione e nella nostra vita, dobbiamo offrirlo a tutti i fedeli cristiani come una strada sicura di vita evangelica (Cfr. Cost. OCDS,7 d).
Così l'affermano esplicitamente le Costituzioni dell'Ordine Secolare:  "Il Secolare Carmelitano è chiamato a vivere e testimoniare il carisma del Carmelo Teresiano nella Chiesa particolare, porzione del Popolo di Dio, nella quale si fa presente e agisce la Chiesa di Cristo (Cost. OCDS,27)". Più avanti, si regge ancora:  " Nel suo impegno apostolico porterà la ricchezza della sua spiritualità con le sfumature che comportano i vari campi dell’evangelizzazione ( Cost. OCDS, 28.)".
La necessità di testimoniarlo, come parte essenziale della nostra vocazione, c'obbliga a conoscerlo ed a sapere in che modo è vantaggioso per la vita di tutti i fedeli. Hanno valore le linee che seguono come[1] un primo avvicinamento al compito di riscoprire giorno per giorno l'ispirazione dello Spirito che configurò l'impulso di Santa Teresa, col fine di condividerlo con la Chiesa.

Un carisma vivo


Perché continua a essere così  attuale il carisma teresiano? o, semplicemente: come può illuminare oggi la nostra vita cristiana?
Sono trascorsi  già quasi cinque secoli da quando Teresa venne al mondo;  tutti  pieni di avvenimenti che hanno continuato a cambiare in modo vertiginoso il volto della società, ma, indubbiamente, la Chiesa ed il mondo continuano ad avere bisogno di parole di vita e di verità.  Continuano ad avere bisogno di chi indichi la fonte di acqua viva e il cammino che conduce ad essa, e che riempia quello di orme, segni …   Cercano, senza dubbio avvisi e consigli spirituali, come indica il provvisorio titolo del Cammino di Perfezione. La parola di Teresa segnala, mette sul cammino.[2]
Il carisma teresiano c'offre un cammino di  autenticità, di liberazione, di abbandono che c'avvicina sempre di più alla fonte originale della vita.
Teresa si propone di accompagnarci alla fonte di acqua viva affinché la scopriamo dentro di noi ed accompagniamo gli altri. Invita, cioè ad un'esperienza personale che ridonda in bene per gli altri. Per quel motivo, di modo particolare il Cammino di  Perfezione è stato chiamato manuale di vita cristiana, perché accompagna a fare un'esperienza di Gesù resuscitato che crea comunità missionaria-apostolica. In qualunque ambito, ovviamente, religioso o secolare.

Alla base c’è  l'esperienza orante

La vocazione del Carmelo Teresiano è un impegno a “vivere in ossequio di Gesù Cristo”, “meditando giorno e notte la legge del Signore e vegliando in preghiera”[17]. Fedele a questo principio della Regola, Santa Teresa mise l’orazione come base ed esercizio fondamentale della sua famiglia religiosa. Perciò il Secolare è chiamato a fare in modo che la preghiera penetri tutta la sua esistenza, per camminare alla presenza del Dio vivo (1Re 18,14), mediante l’esercizio costante della fede, della speranza e dell’amore, in modo che tutta la sua vita sia una preghiera, una ricerca dell’unione con Dio. La meta sarà quella di riuscire ad integrare l’esperienza di Dio con l’esperienza della vita: essere contemplativi nell’azione e nel compimento della propria missione( Cost. OCDS, 17)”.
Con queste parole incomincia la terza sezione delle Costituzioni dell'Ordine Secolare, intitolata “Testimoni dell'esperienza di Dio”.[3]
Effettivamente, il Carmelo Scalzo nasce dall'esperienza di Dio che ha fatto Teresa di Gesù. Ella è profeta del Dio vivo e la comunicazione del suo incontro con lui fa che possiamo affermare:  "Come orante, si trasformò in madre spirituale e maestra di spirituali."[4]
Come disse la Madre Cristina Kaufmann, ocd:  "L'esperienza personale della relazione con Dio nell’orazione, nel silenzio e ritiro della vita monastica carmelitana, è per Teresa il fondamento di ogni relazione personale:  con altre persone, con le cose, con sé stessa. L’orazione è una relazione, è centrata nella persona di Gesù di Nazaret (…)
 Il carisma del Santa è una chiamata alla vita mistica (…) verso la relazione vitale con Dio che ci fa sperimentare la sua donazione a noi, la comunione con Lui […]
Il nucleo del carisma di santa Teresa è l’orazione interiore, come attitudine vitale prima della realtà: a  guardare ogni realtà con gli occhi di Dio, occhi di amore e di povertà. Guardandola la facciamo amorevolmente entrare in Dio, la facciamo permeabile per Dio o le restituiamo la sua originale trasparenza, poiché tutto quello creato ci parla del Creatore. Questo guardare, questo contemplare implica una determinata forma di fare, di stare. In fondo non è un'altra cosa che la vita teologale:  esistere credendo, sperando, amando."[5]
Da questo impulso siamo nati e questo impulso ci configura come credenti che offrono alla Chiesa un modo di vita autenticamente evangelico e predicano, con fatti e con parole - agendo, ma innanzitutto essendo - che la fede in Cristo Gesù non consiste nella semplice adesione ad alcuni dogmi o nel vivere alcune norme morali, bensì nell'esperienza concreta di incontro con Lui che, vivente in mezzo a noi, bussa alla porta del cuore di ognuno per cambiare radicalmente la sua esistenza secondo il volere di Dio Padre per l'azione dello Spirito Santo.
Un'esperienza che non può rimanere de puertas para adentro, nascosta delle nostre anime. Commentando di passaggio il capitolo 3º del cammino di Perfezione, ci dirà il P. Tomás Álvarez, ocd:  "Le consegne e l'esclamazione di Teresa danno direttamente nelle nostre fibre più sensibili:  senso ecumenico, necessità di più amore umano, più senso di Chiesa, solidarietà e fraternità universale. Pace. Forza interna, Fede totale nel lievito delle comunità piccole, fatte di cristiani fedeli e scelti.
Convinzione teresiana che pregare è aiutare a chi lavora in altro modo. Pregare è già combattere per Dio."[6]

Contesto e tratti di una proposta


La proposta teresiana si realizza in un contesto difficile, tanto sociale quanto personale.
Santa Teresa di Gesù vive in pieno i difficili tempi della Riforma luterana e la Controriforma imposta dal Concilio di Trento. I cristiani che si affrontano in cruente guerre religiose, non sono esenti, naturalmente, di influenze e legami politici.
Incontra una vita religiosa piena di uomini e donne virtuosi, sì, ma avverte la necessità di profondi cambiamenti a cui tanto il Re come il Papa vogliono spingere, ma a volte con criteri diversi.
Un'epoca di sospetti all'interno del cattolicesimo, dove l’orazione è giudicata come inutile, perfino pericolosa soprattutto nel caso sia praticata dalle donne, emarginate socialmente in gran parte dei casi.
Un Mondo Nuovo pieno di uomini e donne che non hanno ascoltato il messaggio evangelico e per le cui anime Teresa teme.[7]
Infine, un mondo di paure davanti al quale la Santa si presenta, figlia del suo tempo e, contemporaneamente, aperta all'eternità e spinta per l'esperienza della misericordia di Dio che l'avvolge realizzando una promessa rinnovata e rinnovatrice.
Davanti a questa realtà, Santa Teresa vuole, soprattutto, svolgere un ruolo attivo, sociale ed ecclesiale, non per pretese di protagonismo, bensì con l’affanno, l’impazienza di servire. In questo senso, il suo atteggiamento vitale illumina quanto detto nel numero 58 della Christifideles Laici:  "Dio mi chiama e mi invia come operaio alla sua vigna;  mi chiama e mi invia a lavorare per la venuta del suo Regno nella storia. Questa vocazione e missione personale definisce la dignità e la responsabilità di ogni fedele laico e costituisce il punto di appoggio di tutta l'opera formativa, ordinata al riconoscimento gioioso e grato di tale dignità ed all'adempimento fedele e generoso di tale responsabilità.
In effetti, Dio ha pensato a noi dall'eternità e ci ha amati come persone uniche ed irripetibili, richiamandoci ognuno per il nostro nome, come il Buon Pastore che " chiama le sue pecore, ognuna per il suo nome"  (Gv 10,3). Ma l'eterno piano di Dio c'è rivelato solo ad ognuno attraverso lo sviluppo storico della nostra vita e dei suoi avvenimenti, e, pertanto, solo gradualmente:  in un certo senso, di giorno in giorno.
E per scoprire la concreta volontà del Signore sulla nostra vita sono sempre indispensabili l'ascolto attento e docile della Parola di Dio e della Chiesa, l’orazione filiale e costante, il riferimento ad una sapiente ed amorosa direzione spirituale, la percezione nella fede dei doni e talenti ricevuti e contemporaneamente delle diverse situazioni sociali e storiche nelle che si è immerso."
Nel caso di Santa Teresa, lo strumento adeguato per il servizio che vuole prestare sarà l’orazione, ma notiamo che non chiama, né ci chiama, a fare semplicemente orazione, bensì ad essere oranti. Per ciò il Carmelitano Secolare è chiamato a vivere e proporre ai fedeli cristiani "un valore particolare all’orazione che, alimentata con l'ascolto della Parola di Dio e la liturgia, possa condurre al trattare in amicizia con Dio, non solo quando si prega, bensì quando si vive. Impegnarsi in questa vita di orazione esige nutrirsi della fede, la speranza e, soprattutto, della carità per vivere nella presenza e nel mistero del Dio vivo."[8]
La risposta del Santa sarà una risposta di vita che non si impone, di fronte alla cosa ostile ed inospitale. Ella offrirà la vita di orazione come una proposta di riforma integrale che può cambiare  tutti i cristiani e l'integrerà in una forma di vita libera, piena di fiducia motivata nel Dio misericordioso che l’è stato rivelato, e radicale.
La sua proposta, valida per ogni fedele cristiano perché fermamente radicata nel Vangelo, è quella di creare comunità di servizio, partendo della cellula di San José di Avila. L'incontro con Gesù fomentato ed vissuto in quelle comunità invita ad un'etica consistente nell'essere animata dall'amore, la libertà e la verità, con disponibilità permanente, la determinata determinazione.
La sua proposta è aperta a tutti, non è esclusivo, perché tutti siamo qualificati per amare, raccoglierci per guardarlo dentro di noi.  E così c'insegnerà a sviluppare quello sguardo capace da trovarsi con lo sguardo di Gesù che ci guarda per primo.
L'obiettivo di questa proposta, fondata come già detto nel desiderio di servire, di essere qualcosa a beneficio degli altri, è dare frutto per gli altri.

I contenuti

Diamo ora la parola a Santa Teresa affinché sia lei stessa a spiegarci i contenuti della sua proposta.

È Dio che agisce.

Soprattutto nel libro delle Fondazioni, Teresa dimostra chiaramente che è Dio il protagonista  dell'azione.
"In queste fondazioni non è quasi niente quello che hanno fatto le creature"  assicura Teresa. Ma non c'è per caso sempre un'iniziativa umana concreta, un discernere la proposta, un viaggio spossante per disagevoli strade, un andare e venire sollecitando permessi ed aiuto economico? Sono insignificanti le attività per ottenere una casa, ed il compito di trasformarla in monastero? Per caso non devono intervenire tante volte persone influenti per placare la collera delle autorità che si opporsi alla nuova fondazione? Che cosa vuole dire Teresa quando afferma:  "Queste case in parte non le hanno fondate uomini, bensì la mano poderosa di Dio?" La Scrittura assicura:  "Ogni casa ha il suo costruttore, ma il costruttore di tutto è Dio".
È lo sguardo mistico quello che permette di vedere l'azione di Dio nel chiaroscuro della storia umana. Un Dio che non agisce vicino alle persone, o in vece di esse, bensì in esse, facendo affinché esse facciano:  crea creatori.
L'azione di questo Dio trascendente è solo possibile nella cosa immanente, nello sforzo di quelle persone che si lasciano contagiare dal suo Spirito, presente attivamente nella storia, (GS,26)[1].
Cioè, riconoscendo il primato di Dio su tutte le sue opere e l'iniziativa per lui presa[2], Teresa metterà tutte le sue forze ed energie nella realizzazione del progetto il cui fondamento è il Signore.

Implicarsi


"I fedeli laici comunicano solo nella vita della Chiesa non portando a termine le sue funzioni ed esercitando i suoi carismi, ma anche di altri molti modi."[3]
Valga questa citazione della Christifideles Laici per riassumere l'impulso che corre per ognuna delle linee dell'Esortazione Post-sinodale:  riconoscente il primato di Dio, ciò non esime tutti i fedeli cristiani ad un'implicazione seria e determinata, in comunione con la Chiesa, a beneficio dell'evangelizzazione.
La proposta teresiana, tutta di Dio, richiama anche ad un'autentica implicazione del fedele cristiano, tale e come quell'ella ha vissuto. Vediamolo in due testi concreti, per tutti conoscenti:


In questo tempo mi giunse notizia dei danni e delle stragi che avevano fatto in Francia i luterani e di quanto andasse aumentando questa malaugurata setta. Ne provai gran dolore e, come se io potessi o fossi qualcosa, piangevo con il Signore e lo supplicavo di porre rimedio a tanto male. Mi sembrava che avrei dato mille volte la vita per salvare una fra le molte anime che là si perdevano. Ma, vedendomi donna e dappoco, nonché incapace a essere utile in ciò che avrei voluto a servizio del Signore, poiché tutta la mia ansia era, come lo è tuttora, che avendo egli tanti nemici e così pochi amici, decisi di fare quel poco che dipendeva da me. Decisi cioè di seguire i precetti evangelici con tutta la perfezione possibile e di adoperarmi perché queste religiose che son qui facessero lo stesso. Fiduciosa nella grande bontà di Dio, che aiuta sempre chi decide di lasciar tutto per amor suo, pensai che, essendo tali le mie consorelle come io le avevo immaginate nei miei desideri, le loro virtù avrebbero compensato i miei difetti e così io avrei potuto contentare in qualche cosa il Signore; infine pensavo che, tutte dedite alla preghiera per i difensori della Chiesa, per i predicatori e per i teologi che la sostengono, avremmo aiutato come meglio si poteva questo mio Signore, così perseguitato da coloro che ha tanto beneficato, da sembrare che questi traditori lo vogliano crocifiggere di nuovo e che egli non abbia dove posare il capo (Cammino di perfezione 1,2)”.

“Oh, mie sorelle in Cristo, aiutatemi a supplicare il Signore affinché ci conceda questa grazia, poiché è proprio questo il motivo per cui egli vi ha qui radunate; questa è la vostra vocazione; questo dev’essere il vostro compito, queste le vostre aspirazioni, questo l’oggetto delle vostre lacrime, questo lo scopo delle vostre preghiere; non quello, sorelle mie, di interessi mondani. Quando ci vengono a chiedere di pregare Sua Maestà perché conceda rendite e denaro, io me ne rido, ma ne sono anche addolorata. Tale richiesta viene proprio da alcune persone che io vorrei supplicassero Dio di poter calpestare tutto. Esse hanno buone intenzioni e, in fondo, si finisce col tener conto della loro devozione, anche se io sono sicura di non essere mai ascoltata in questo genere di preghiere. Il mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci farebbero avere un’anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di trattare con Dio d’interessi di poca importanza (Cammino di perfezione 1,5)”.

Non è difficile trovare un parallelismo tra questa chiamata del Santa e quanto detto nel numero 3 della Christifideles Laici:  "Il significato fondamentale di questo Sinodo, e pertanto il frutto più prezioso desiderato da esso, è l'accoglienza da parte dei fedeli laici dell'appello di Cristo a lavorare nella sua vigna, a prendere parte attiva, cosciente e responsabile alla missione della Chiesa in questa magnifica e drammatica ora della storia, davanti all'arrivo imminente del terzo millennio.
Nuove situazioni, tanto ecclesiali come sociali, economiche, politiche e culturali, reclamano oggi, con forza molto particolare, l'azione dei fedeli laici. Se il non compromettersi è stato sempre qualcosa di inaccettabile, il tempo presente lo fa ancora più colpevole. A nessuno gli è lecito rimanere pigro."

Servizio

L'ora che viviamo ci chiama, pertanto, a servire, a mettere tutto quello che siamo ed abbiamo a disposizione della Chiesa-comunione, per rispondere alle sfide del mondo attuale. Così Teresa: " Ma perché ho detto questo? Affinché voi intendiate, sorelle mie, che ciò di cui abbiamo supplicare Dio è che nessuno dei buoni cristiani ora rinchiusi in questo piccolo castello passi al nemico e che egli faccia avanzare molto nella via del Signore i capitani di tale castello o cittadella che sono i predicatori e i teologi. E poiché la maggior parte di essi appartiene agli Ordini religiosi, dobbiamo pregarlo affinché possano raggiungere un alto grado di perfezione del loro stato, essendo ciò particolarmente necessario. Infatti, come ho detto, chi ci deve salvare è il braccio ecclesiastico e non quello secolare. E, poiché noi non possiamo nulla, sia con l’uno sia con l’altro, per aiutare il nostro Re, procuriamo di essere tali che le nostre orazioni servano ad aiutare questi servi di Dio i quali, a prezzo di tante fatiche, si sono fortificati con dottrina, virtù e difficili prove, per venire ora in aiuto del Signore (Cammino di perfezione 3,2)”[4].
Vivendo così ognuno il suo proprio carisma[5], i credenti sono chiamati a lavorare in comunione con la Chiesa al servizio della diffusione, con opere e parole, della Buona Notizia.
 
Una risposta di vita
L'intuizione teresiana, motivata nella sua esperienza della povertà di Dio, ci richiama ad una risposta vitale. Fissi gli occhi in Cristo[6], i credenti sono chiamati a imitare la sua vita[7], uniti alla Chiesa[8], per essere come Dio ci vuole:
 Ora, due son le cose per cui io vi chiedo di sforzarvi di esser tali da farci meritare di ottenerle da Dio: la prima è che fra i tanti dotti e religiosi che noi abbiamo, ce ne siano molti i quali possiedano le qualità necessarie a questo fine, come ho detto, e che il Signore vi disponga convenientemente coloro che non lo sono del tutto, perché un uomo perfetto farà più di molti uomini imperfetti. La seconda che, una volta entrati in questa lotta, non certo piccola – come ho detto –, il Signore li sostenga con la sua mano affinché possano salvarsi dai tanti pericoli quali sono quelli che il mondo presenta e riescano ad attraversare questo mare insidioso con le orecchie chiuse al canto delle sirene. Se in questo possiamo qualcosa presso Dio, combattiamo per lui, pur stando in clausura, e io riterrò molto ben impiegati tutti i travagli sofferti per fondare questo piccolo ritiro, dove volli che si osservasse la Regola di nostra Signora e Imperatrice con la perfezione primitiva” (Cammino di perfezione 3, 5).

Cioè, essere santo, non avere paura di esserlo, motivati dall'invito teresiano e conciliare, espresso ancora più chiaramente nella Christifideles Laici:  "La dignità dei fedeli laici c'è rivelato in pienezza quando consideriamo quella prima e fondamentale vocazione che il Padre dirige a tutti essi in Gesù Cristo per mezzo dello Spirito:  la vocazione alla santità, cioè alla perfezione della carità.  Il santo è l'attestazione più splendida della dignità conferita al discepolo di Cristo.
Il Concilio il Vaticano II ha pronunciato parole altamente luminose sulla vocazione universale alla santità. Si può dire che questa chiamata è stata la consegna fondamentale fiduciosa a tutti i figli e figlie della Chiesa, per un Concilio convocato per la rinnovazione evangelica della vita cristiana.
Questa consegna non è una semplice esortazione morale, bensì un'insopprimibile esigenza del mistero della Chiesa. Ella è la Vigna eletta, per mezzo della quale i tralci vivono e crescono con la stessa linfa sacra e santificante di Cristo;  è il Corpo mistico i cui membri comunicano della stessa vita di santità della sua Testa che è Cristo;  è la Moglie amata del Signore Gesù per chi Egli si è arreso per santificarla, (cf. Ef 5, 25 ss.).
Lo Spirito che santificò la natura umana di Gesù nel seno verginale di María, cf. Lc 1,35, è lo stesso Spirito che vive ed opera nella Chiesa, col fine di comunicargli la santità del Figlio di Dio fatto uomo.
È urgente, oggi più che mai che tutti i cristiani ritornino ad intraprendere quello verso la rinnovazione evangelica, accogliendo generosamente l'invito dell'apostolo ad essere "sacri in tutta la condotta"  (1 P 1,15).
Il Sinodo Straordinario del 1985, a venti anni della conclusione del Concilio, ha insistito molto opportunamente in questa urgenza:  "E' quanto mai urgente che oggi tutti i cristiani riprendano il cammino del rinnovamento evangelico, accogliendo con generosità l'invito apostolico ad «essere santi in tutta la condotta» (1 Pt 1, 15). Il Sinodo straordinario del 1985, a vent'anni dalla conclusione del Concilio, ha opportunamente insistito su questa urgenza:

«Poiché la Chiesa in Cristo è mistero, deve essere considerata segno e strumento di santità (...). I santi e le sante sempre sono stati fonte e origine di rinnovamento nelle più difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa. Oggi abbiamo grandissimo bisogno di santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduità»".[9]

Le tre grandi virtù
La proposta teresiana che, come ho detto prima, ha come strumento l’orazione, esige il vissuto comunitario delle così chiamate tre grande virtù teresiane:
“Non pensate, sorelle e amiche mie, che siano molte le cose che vi raccomanderò. Piaccia, infatti, al Signore che osserviamo quelle che i nostri santi Padri hanno ordinato e adempiuto, giacché percorrendo questa strada hanno meritato il nome di santi. Sarebbe un errore cercarne una diversa per nostra iniziativa o istruiti da altri. Mi limiterò a parlarvi solo di tre cose inerenti alle stesse Costituzioni, essendo molto importante intendere l’obbligo rigoroso di osservarle per avere la pace interna ed esterna, che il Signore ci ha tanto raccomandato: la prima è l’amore reciproco, la seconda, il distacco da tutte le creature, la terza, la vera umiltà che, sebbene sia da me nominata per ultima, è la virtù principale e le abbraccia tutte (Cammino di perfezione 4,4)”.
 Come afferma il Documento finale del Definitorio Generale Straordinario dei Carmelitani Scalzi, celebrato in Ariccia tra il 5 ed il 12 di settembre 2011:  "Teresa ci dice che, se vogliamo imparare a pregare, se veramente vogliamo fare della nostra vita un cammino di orazione e viceversa, dobbiamo mettere solide basi esistenziali, senza le quali l’orazione o non si dà affatto,  o almeno non nel modo in cui la pensa Teresa."
 Il testo sopra citato, continua il Documento, "è una sintesi molto efficace di quello che è davvero essenziale nella nostra vita e non può togliersi né cambiare nessuna parola. L'ordine in sé è significativo, come la stessa Teresa fa notare. Da una parte, l'amore reciproco non può non essere il più importante, sia perché risponde al comandamento evangelico fondamentale, sia  perché la riforma teresiana si caratterizza per una particolare insistenza sulla dimensione comunitaria e familiare della vita religiosa.[10] Tuttavia (…) l'amore del quale parla Teresa è un amore che germoglia tra persone umili e disaffezionate (distaccate) del mondo."[11]
 Risolversi
Molte sono le difficoltà che i laici cristiani incontrano oggi per vivere e predicare il messaggio di Gesù. In un certo senso, come ai tempi di Santa Teresa, possiamo parlare anche del nostro cammino spirituale in termini di lotta, di combattimento nel quale dobbiamo resistere e non possiamo lasciare andare mai.
" A tutti gli uomini contemporanei ripeto, ancora una volta, il grido appassionato con il quale ho iniziato il mio servizio pastorale: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla Sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa "cosa è dentro l'uomo". Solo Lui lo sa! Oggi così spesso l'uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è in certo del senso della sua vita su questa terra. E' invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi _ vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia _ permettete a Cristo di parlare all'uomo. Solo Lui ha parole di vita, sì! di vita eterna»,[12] diceva il Beato Giovanni Paolo II.
Teresa prega anche noi di non abbandonare mai il  cammino:  " Poiché non mi ordinò di lasciare questo cammino, quando l’ebbi intrapreso, e fece sì che fossi tuffata nel profondo della sorgente, non c’è dubbio che non lo impedirà a nessuno, anzi, pubblicamente ci chiama a gran voce. Ma, essendo infinitamente buono, non ci costringe a farlo e offre da bere in molti modi a coloro che vogliono seguirlo, affinché nessuno sia privo di conforto né muoia di sete. Da questa fonte abbondante infatti derivano ruscelli, alcuni grandi, altri piccoli, e talvolta piccole pozze per i bambini. A costoro basta poca acqua, mentre il presentare loro molta acqua non farebbe che spaventarli: proprio i bambini sono quelli che si trovano al principio della via di orazione. Pertanto, sorelle mie, non abbiate paura di morire di sete in questo cammino: non manca mai l’acqua delle consolazioni a tal punto che la sete sia intollerabile. Poiché è così, seguite il mio consiglio e non fermatevi lungo la strada, ma lottate da anime forti fino a morire nella ricerca di questo bene, non essendo voi qui se non per combattere la vostra battaglia. Procedendo sempre con la ferma determinazione di morire piuttosto che lasciar di raggiungere la fine del cammino, se il Signore vi farà soffrire un po’ di sete in questa vita, vi darà abbondantemente da bere in quella eterna, ove non dovrete più temere che debba venire a mancarvi. Piaccia al Signore che non siamo noi a venir meno a lui! Amen." (Cammino 20,2).
Determinazione che non è solo assenza di paura[13], ma anche autenticità, desiderio di darsi in realtà:  " Dico, dunque, che è molto importante cominciare con ferma determinazione, per tante ragioni che, a dirle tutte, ci sarebbe da dilungarsi molto. Ve ne voglio dire, sorelle, solo due o tre. La prima è che, quando ci determiniamo a dedicare un po’ del nostro tempo (non certo senza interesse, ma con enorme guadagno) a chi tanto ci ha dato e ci dà di continuo, non è giusto non darglielo con assoluta generosità, ma solo come chi fa un prestito per riprendersi quello che ha dato. Questo a me non sembra un dono. Inoltre, colui al quale si è prestato qualcosa resta sempre un po’ dispiaciuto quando essa gli viene ripresa, specialmente se ne ha bisogno e se la riteneva già come sua, o se i due sono amici e se quello che gliel’ha prestata gli deve molte cose dategli senza alcun interesse. A ragione, ciò gli sembrerà una grettezza e un segno di ben scarso affetto, se non vuol lasciargli in dono nemmeno una piccola cosa sua, non foss’altro come testimonianza d’amicizia.


2. Qual è la sposa che, avendo ricevuto dal suo sposo molte gioie di valore, non gli dia almeno un anello, non per quel che vale, perché ormai tutto ciò che possiede gli appartiene, ma come pegno ch’ella sarà sua fino alla morte? E merita forse meno questo nostro Signore perché ci prendiamo gioco di lui, prima dandogli e poi riprendendoci subito quel niente che gli abbiamo dato? Almeno questo po’ di tempo che ci risolviamo a dedicargli – di tutto quello che sciupiamo per noi stesse o per chi non ce ne sarà grato –, visto che vogliamo darglielo, diamoglielo libere da ogni altro pensiero, staccate da preoccupazioni terrene, e con ferma decisione di non riprenderglielo mai più, nonostante le difficoltà, i contrasti o le aridità. Consideriamo quel tempo come cosa non più nostra e pensiamo che ci può essere richiesto a buon diritto, se non vogliamo consacrarglielo interamente." (Cammino 23, 1 -2).
La determinazione, infine, non è basata sulla nostra forza di volontà o sulle nostre capacità personali, bensì ha radici nell'esperienza di amicizia e bontà di Dio in Cristo:  È, altresì, necessario cominciare con la sicurezza che, se non vogliamo lasciarci vincere, riusciremo vittoriosi; su questo non c’è il minimo dubbio: per quanto piccolo sia il guadagno che ne potremo ricavare, ci ritroveremo molto ricchi. Non temete che il Signore, dopo averci chiamato a bere a questa fonte, ci lasci morire di sete. Ve l’ho già detto e vorrei ripetervelo mille volte, perché il non conoscere bene la bontà del Signore per esperienza personale, anche se la si conosce per fede, rende le anime molto pavide. È davvero un gran vantaggio aver fatto esperienza dell’amicizia e della dolcezza con cui tratta coloro che vanno per questo cammino, di cui paga, per così dire, tutte le spese." (Cammino 23,5) [14].
Dare frutto
  " I FEDELI LAICI (Christifideles laici), la cui « vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo a vent'anni dal Concilio Vaticano II » è stato l'argomento del Sinodo dei Vescovi del 1987, appartengono a quel Popolo di Dio che è raffigurato dagli operai della vigna, dei quali parla il Vangelo di Matteo: « Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna » (Mt 20, 1-2).
 La parabola evangelica spalanca davanti al nostro sguardo l'immensa vigna del Signore e la moltitudine di persone, uomini e donne, che da Lui sono chiamate e mandate perché in essa abbiano a lavorare. La vigna è il mondo intero (cf. Mt 13, 38), che dev'essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell'avvento definitivo del Regno di Dio."[15]
Con questa forte chiamata a dare frutto nella vigna del Signore incomincia l'Esortazione Post-sinodale Christifideles laici.
Anche per Santa Teresa è urgente e necessario questo compito.
In chiave teresiana, la vita di orazione proposta dalla Santa che si sviluppa nella comunità che vive in amicizia, umiltà e distacco, tutto sotto lo sguardo di Gesù, ci fa conoscere e scoprire la volontà di Dio, comprendendo contemporaneamente che Egli può realizzarla in noi e per noi, se glielo permettiamo.
In definitiva, la volontà di Dio è realizzare l'amore nella libertà, offrendoci completamente a tutti come testimoni della nuova realtà realizzata nel Vangelo, in Cristo:  "Perché Tutti i consigli che vi ho dato in questo libro hanno lo scopo d’indurvi a consacrarvi totalmente al Creatore, porre la vostra volontà nella sua e distaccarvi dalle creature. Avrete già capito quanto ciò sia importante e non insisto oltre; voglio soltanto dirvi perché il nostro buon Maestro ponga qui le suddette parole, come chi conosce il gran profitto che trarremo dal rendere questo servizio al suo eterno Padre. Infatti, per mezzo di esse, ci disponiamo ad arrivare rapidamente al termine del cammino e a bere l’acqua viva di quella fonte di cui ho parlato. Se, invece, non rimettiamo completamente la nostra volontà in quella del Signore perché operi in tutto quel che ci riguarda conformemente alla sua volontà, non ci lascerà mai bere l’acqua di tale fonte. L’acqua è la contemplazione di cui mi avete pregato di parlarvi." (C 32, 9).
L'attenzione che siamo capaci di avere per gli altri che include la capacità per condividere con essi la Buona Notizia, è segno del nostro livello di interiorizzazione. Teresa ci propone un cammino di esperienza che ci umanizza e, per ciò, ci riempie di pace, di fiducia e di coraggio per servire.
La volontà del Padre, ci dirà, è che amiamo gli altri;  ce l'ha mostrata in Gesù che si è donato, invitandoci a darci come egli si è dato:  quello è il gran frutto che ci permette di condividere il suo Mistero Pasquale.[16]
In definitiva, il fedele cristiano che ascolta la parola di Teresa e si cimenta a vivere l'esperienza da lei proposta, cambia radicalmente rispetto agli schemi proposti dal mondo ed offre un nuovo modo di vita con gesti e parole. E si trasforma così in un potente evangelizzatore:  "Coloro che amano veramente Dio, amano tutto ciò che è buono, desiderano tutto ciò che è buono, lodano tutto ciò che è buono, si uniscono sempre ai buoni, li aiutano e li difendono; non amano che la verità e ciò che è degno d’essere amato. Pensate che sia possibile, per chi ama veramente Dio, amare cose vane? Su di lui non hanno alcun potere le ricchezze, i piaceri del mondo, gli onori. Non conosce né contese né invidie. Tutto perché non vuole altro se non accontentare l’Amato. Muore dal desiderio d’esserne riamato; pertanto fa consistere la sua vita nel cercare il modo di riuscirgli più gradito. Potrà mai nascondersi tale amore? Oh, l’amore di Dio – se è veramente amore – non si può nascondere! Se non mi credete, guardate san Paolo e la Maddalena: il primo, cioè san Paolo, in tre giorni cominciò a dimostrare d’essere malato d’amore; la Maddalena fin dal primo giorno. E com’era evidente il loro amore! È vero che può essere maggiore o minore, pertanto si rivela in proporzione della sua forza: molto, se è grande; poco, se è piccola, ma poco o molto, se è amore di Dio, si riconosce sempre " (C 40, 3).
 Lo sguardo fissato  in Cristo
Teresa è permanentemente rivolta verso Gesù. Egli è il modello che illumina ognuno dei consigli che ci propone ed il fondamento che trova nel momento di giustificarli. Il riferimento a quello che il Signore fece e fa, a quello che è, Colui che ci ama, è costante.
Messi gli occhi in lui, riscuotiamo forza per resistere le paure che ci paralizzano. Perché Teresa è sicura che se qualcosa può rovinare tutto e fermarci nella nostra vita e nella nostra missione come cristiani è la paura. Solo la libertà di tutto che si fonda nella relazione con Cristo, può assicurare un superamento reale di quella paura.
Non ci chiederà più di quello che possiamo dare, e quel poco, Dio lo considererà molto. Egli ci ha dati a suo Figlio, ci ha dato il suo Regno e ci chiede solo che serviamo questo ospite che ci divinizza, (…) consegnandogli la nostra vita:  " Avete fatto bene, o nostro buon Maestro, a rivolgere al Padre la richiesta precedente per metterci in condizione di adempiere quello che gli offrite da parte nostra; altrimenti, mi sembra, ci sarebbe impossibile farlo. Ma, siccome vostro Padre esaudirà la vostra richiesta di darci quaggiù il suo regno, io so che comproveremo la verità della vostra promessa se offrite quel che offrite da parte nostra. Quando la terra della mia anima sarà cambiata in cielo, sarà più facile che si compia in me la vostra volontà. Senza questa trasformazione, però, e per giunta se si tratta di una terra così vile e sterile come la mia, io non so, Signore, come ciò sarebbe possibile. È gran cosa ciò che offrite da parte nostra ", (Cammino 32,2) .
Dio, ci dirà Santa Teresa, non ci mancherà mai, è sempre al nostro fianco, per aiutarci. In Cristo ci sostenta e tutto sostiene e conosce, è il padrone di tutto:  "Il Dio di Teresa – ci dice S. Castro - non è l'essere supremo dell'astrazione né quello dell'idea motrice del mondo;  è il Dio degli uomini. Dopo un'attenta lettura dell'opera teresiana si potrà parlare con ogni rigore del "antropologismo" di Dio, …. Questa tendenza alla creatura sale alle sue stesse origini. Ma la sua passione per l'essere umano è arrivata al suo punto culminante in Gesù Cristo che, secondo Teresa si è sposato con l'umanità intera mediante il bacio dell'Incarnazione. Questo atteggiamento di Dio produce in lei lo stupore e l'adorazione"[17] Egli è un Dio di povertà, le sue viscere sono piene di amore[18]. Ci guarda sempre, non è indifferente e si mostra qual è per conquistarci[19] Si accontenta e commuove col mero fatto che alziamo gli occhi a lui, perché è l’amico con cui  trattiamo con semplicità e chiarezza.[20]
Un Dio, in definitiva, che ci chiama in Cristo, per darci di bere se vogliamo seguirlo, facendo di noi evangelizzatori capaci di portare ad altri a Gesù, fonte e portatore dell'acqua viva:  " Ora, parlando di quest’acqua che viene dal cielo per riempire e impregnare con la sua abbondanza tutto il giardino, se il Signore non smettesse mai di darla ogni volta che ve ne fosse bisogno, si capisce facilmente quale riposo ne avrebbe il giardiniere. E se non vi fosse mai inverno, ma sempre primavera, non mancando mai fiori né frutta, ben s’intende di quale gioia godrebbe; ma, finché viviamo, ciò è impossibile: bisogna sempre, quando manca un’acqua, procurare l’altra. Questa del cielo viene, molte volte, quando il giardiniere meno se l’aspetta. Veramente, da principio, è quasi sempre dopo una lunga orazione mentale: durante tale ascesa il Signore viene a prendere quest’uccellino e lo depone nel nido perché si riposi. Poiché lo ha visto volare a lungo e adoperarsi con l’intelletto, con la volontà e con tutte le sue forze a cercare Dio e compiacerlo, vuole dargliene il premio sin da questa vita; e che gran premio! È tale che basta un istante di gioia per ripagarlo di tutte le pene che possa aver sofferto  (V 18,9)”.

"In conclusione, nonostante tutto, dunque, l'umanità può sperare, deve sperare: il Vangelo vivente e personale, Gesù Cristo stesso, è la «notizia» nuova e apportatrice di gioia che la Chiesa ogni giorno annuncia e testimonia a tutti gli uomini.
In questo annuncio e in questa testimonianza i fedeli laici hanno un posto originale e insostituibile: per mezzo loro la Chiesa di Cristo è resa presente nei più svariati settori del mondo, come segno e fonte di speranza e di amore."[21]


[1] Troviamo un’ampia e recente riflessione sul carisma teresiano  in D. DE PABLO MAROTO, Ser y misión del Carmelo Teresiano, Editorial de Espiritualidad, Madrid 2011
[2] Cf. S. CASTRO, Ser cristiano según Santa Teresa, Editorial de Espiritualidad, Madrid 1985.
[3] “Santa Teresa di Gesù è all’origine del Carmelo Riformato. Ella visse una profonda fede nella misericordia di Dio, che la fortificò per perseverare nella preghiera, nell’umiltà, nell’amore fraterno e nell’amore alla Chiesa, e che la condusse alla grazia del matrimonio spirituale. La sua abnegazione evangelica, la sua disposizione al servizio e la sua costanza nella pratica delle virtù sono una guida quotidiana per vivere la vita spirituale. I suoi insegnamenti sulla preghiera e sulla vita spirituale sono essenziali per la formazione e la vita dell’Ordine Secolare (Cost. OCDS, 7)”.
[4] D. DE PABLO MAROTO, Teresa en oración, Editorial de Espiritualidad, Madrid 2004, 152.
[5]   C. KAUFMANN, La fascinación de una presencia, Editorial de Espiritualidad, Madrid 2007, 186-188.
[6]   T. ÁLVAREZ, Comentarios a “Vida”, “Camino” y “Moradas” de Santa Teresa, Monte Carmelo, Burgos 2005, 299.
[7] Non tanto differente dal mondo in cui ci troviamo ora, in tempi di nuova evangelizzazione:  " Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell'indifferentismo, del secolarismo e dell'ateismo." (Christifideles Laici, 34).
[8] Const. OCDS,9.  Cf. Ib., 17, sopra citato:  "la meta sarà riuscire ad integrare l'esperienza di Dio con l'esperienza della vita:  essere contemplativi nell’orazione e nel compimento della propria missione." Possiamo ricordare anche Christifideles Laici,16:  " La vita secondo lo Spirito, il cui frutto è la santificazione (cf. Rom 6, 22; Gal 5, 22), suscita ed esige da tutti e da ciascun battezzato la sequela e l'imitazione di Gesù Cristo, nell'accoglienza delle sue Beatitudini, nell'ascolto e nella meditazione della Parola di Dio, nella consapevole e attiva partecipazione alla vita liturgica e sacramentale della Chiesa, nella preghiera individuale, familiare e comunitaria, nella fame e nella sete di giustizia, nella pratica del comandamento dell'amore in tutte le circostanze della vita e nel servizio ai fratelli, specialmente se piccoli, poveri e sofferenti."
[9]CARMELITAS DESCALZAS DE PUÇOL, Comenzando siempre. Páginas escogidas del Libro de las Fundaciones. Teresa de Jesús, Editorial de Espiritualidad, Madrid 2011, 43.



[10] leerse, entre otros textos: F 1, 1; 2, 7; 13, 7; 21, 21; 25, 427, 11, 28, 15-16. 19; 29, 5-6. 24; 31, 11-12. 50.


[11]Christifideles Laici, 25.


[12]Puoi vedere anche C 3, 3. 5-6; 20, 3.


[13]Cf. CHRISTIFIDELES LAICI, 24


[14]Cf. C 2, 1


[15]Cf. C 2, 7


[16]Cf. C 3, 2


[17]CHRISTIFIDELES LAICI, 16.


[18]Che si può e deve estendere all'intera famiglia cristiana: "Sentiamo di nuovo le parole di Gesù: "Io sono la vite vera, e mio Padre è il vignaiolo (...). Rimanete in me, e me in voi" (Gv 15, 1 -4).

Con queste semplici parole c'è rivelata la misteriosa comunione che vincola in unità il Signore coi discepoli, Cristo con quelli battezzati; una comunione viva e vivificante, per la quale i cristiani non appartengono più a se stessi, ma sono proprietà di Cristo, come i tralci uniti alla vite.

La comunione dei cristiani con Gesù ha come modello, fonte e meta la stessa comunione del Figlio col Padre nel dono dello Spirito Santo: i cristiani si uniscono al Padre unendosi al Figlio nel vincolo amoroso dello Spirito.

Gesù continua: "Io sono la vite; voi i tralci" (Gv 15,5). La comunione cristiani tra loro nasce dalla sua comunione con Cristo: tutti siamo tralci dell'unica Vite che è Cristo. Il Signore Gesù c'indica che questa comunione fraterna è il riflesso meraviglioso e la misteriosa partecipazione nella vita intima di amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Per lei Gesù chiede: "Che tutti siano uno. Come te, Padre, in me e me in te che anche essi siano uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai inviato" (Gv 17,21).

Questa comunione è lo stesso mistero della Chiesa, come lo ricorda il Concilio il Vaticano II, con la celebre espressione di San Cipriano: "La Chiesa universale si presenta come "un paese congregato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (CHRISTIFIDELES LAICI,18).


[19] “¿Qué tales habremos de ser?” Comunidades teresianas para la Iglesia y el Mundo de hoy, 11.


[20] CHRISTIFIDELES LAICI, 34


[21]Cf. Cammino di perfezione 20, 3; 21, 2.


[22]Nella Christifideles Laici, 34 leggiamo: “L'uomo è amato da Dio! E' questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all'uomo. La parola e la vita di ciascun cristiano possono e devono far risuonare questo annuncio: Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è «Via, Verità, Vita!» (Gv 14, 6).

[23]Christifideles Laici 1


[24]Cammino 33,3


[25]S. CASTRO, Essere cristiano…, 174.


[26]Cf. Cammino 3, 8-9.


[27] Cf. C 26, 3.


[28] Cf. C 23, 3; 37, 4.


[29] CHRISTIFIDELES LAICI, 7.







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