La carmelitana che tenne fra le braccia Teresa mentre saliva al Cielo

B. ANNA DI S. BARTOLOMEO
È una di quelle sante i cui segni di predilezione da parte di Dio sono evidenti nei primi anni di vita. Sembra infatti che Anna Garcia (nata il 1 ottobre 1549 ad Almendral) da piccina vide Gesù e, nella sua autobiografia attesta: "A partire da quel momento, mi rimase un grande timore di peccare.. e di offendere il mio Dio".
Non sappiamo a quell’età quale fosse la sua nozione di peccato, forse voleva esprimere il desiderio di non dispiacere a Qualcuno che probabilmente le fece avvertire affetto, protezione.
Figlia di contadini, alla morte dei genitori, fu destinata dai suoi fratelli (ne aveva 5 più grandi di lei e una nata dopo) ad accudire il gregge. Anche questa atmosfera bucolica le agevolò l’esercizio della presenza di Dio. Si dice che spesso, quand’era fuori con  il gregge, perdesse la cognizione del tempo al punto che i fratelli dovessero tornare indietro a cercarla, temendo che avesse avuto un incidente. Starsene da sola a parlare con Gesù era il proprio ideale, i progetti familiari erano ovviamente altri: darle marito. Per Anna fu un periodo difficile di prove e preghiera e una notte le apparve Maria SS. col bambino Gesù in braccio e le disse: "Non prenderti pena e non temere, io stessa ti condurrò in un luogo dove sarai religiosa e porterai il mio abito".
Avendo saputo dal parroco che S. Teresa di Gesù aveva fondato, ad Avila, il monastero di S. Giuseppe, nel 1569 andò a chiedere di esservi ammessa. I fratelli pur non condividendo non si opposero. Tuttavia il tentativo di entrare a San Giuseppe fallì perché la riformatrice, che in quel tempo si trovava a Pastrana, inizialmente non intendeva accettare delle converse. L’attesa durò circa un anno, durante il quale Anna fu soggetta anche a un male  che la rese inabile  a qualsiasi lavoro. Fu accompagnata, in quello stato,  ad un pellegrinaggio nella cappella dedicata a S. Bartolomeo. Al suo ritorno trovò fra la corrispondenza  una lettera del Carmelo di S. Giuseppe, che l’invitava a tornare. S. Teresa, infatti, aveva capito quanto fosse opportuno avere delle converse giacché le coriste non potevano sopperire a turno a tutte le necessità della comunità. Questa volta, però, trovò nella famiglia una forte opposizione fino a essere costretta a rifugiarsi in una cantina per non essere colpita con violenza da un fratello. Entrò in monastero il 2 novembre  1570 e Anna fu la prima religiosa conversa della riforma carmelitana (in seguito avrebbe preso il nome di Suor Anna di S. Bartolomeo).
Per tutto l'anno di noviziato si occupò del refettorio. Ci aspetteremmo di trovare una donna che inizia a dissetarsi dell’Acqua Viva eppure proprio dal momento del suo ingresso fu assalita da una sensazione di aridità, di abbandono, di ripugnanza per la vita religiosa e d'incertezza per la vocazione. Disperava persino per la propria salvezza. Fu tale la sua sofferenza che si ridusse ad uno scheletro.
Nel maggio del 1571  suor Anna incontrò per la prima volta con  Teresa di Gesù. Fra le due ci fu subito una grande intesa, direi complicità.  
Con la professione religiosa, il 15 agosto 1572, Suor Anna ritrovò il Signore, il gusto per l’orazione soprattutto nella contemplazione dell’uomo dei dolori, che le comunicò sempre un grande desiderio di patire per la salvezza delle anime. E a proposito di questo nell’autobiografia lei raccontò un episodio quasi simile a quello avvenuto a Teresa d’Avila: fermatasi in preghiera in un romitorio aveva fissato lo sguardo su un Gesù alla colonna e chiedendogli interiormente quale fosse la sete a cui lui faceva riferimento sul Calvario, sentì rispondere: La mia fu sete di anime. È tempo che tu rifletta a ciò e percorra un diverso cammino … solo per la via della croce si salvano le anime”.
Sr. Anna Lo supplicò soltanto di riservarle sofferenze senza che fossero di peso alla comunità. Non ebbe spesso confessori che la compresero, per questo si confidava, frequentemente, con Teresa d’Avila che la rassicurava, ma una volta la rimproverò “Figliola, quando è tempo di dormire, lasci stare la preghiera e dorma”.
Nel 1577 S. Teresa, dopo aver visto l’abnegazione e l’obbedienza nonostante la sofferenza fisica di Suor Anna, la nominò priora delle malate e fu proprio grazie a questo incarico che la conversa poté curare e accudire la santa Madre quando, la  di Natale del  1577 Teresa cadde e si fratturò il braccio sinistro cadendo per le scale mentre si recava in coro.
 La santa avrebbe voluto farsi aiutare dalla conversa anche per il disbrigo della corrispondenza, ma come fare che non sapeva scrivere?
Un giorno Sr. Anna le disse: "Madre, datemi un modello e imparerò". S. Teresa tracciò alcune righe e gliele diede. La sera stessa Suor Anna, con quel modello davanti agli occhi, era già in grado di stendere una lettera alle religiose di Avila. Dopo d'allora ne scrisse tante in nome della riformatrice la quale si limitava ad apporvi la firma o ad aggiungervi qualche riga. Dal 1580 al 1582 accompagnò  Teresa di Gesù, soggetta ad attacchi di paralisi,a visitare diversi monasteri :"era un paradiso il servirla, e la più grande pena che ebbe accanto a lei fu quella di vederla soffrire". S. Teresa stimava assai Suor Anna perché era così prudente e gran serva di Dio da esserle più utile di molte coriste. Più volte l'aveva esortata a sostituire il velo bianco con il nero, ma Suor Anna si era rifiutata perché preferiva una vita di nascondimento e di penitenza. Mentre S. Teresa stava per morirle tra le braccia, per lo spazio di un credo, la beata vide ai piedi di lei il Signore, venuto con i suoi santi a prenderne l'anima.
La morte di Teresa fu per Sr. Anna che aveva all’epoca 33 anni come ave perso un’altra volta la mamma.
Dopo la morte di S. Teresa ci fu una crisi nell'Ordine. Il P. Nicola Doria cambiò indirizzo e sostituì molte priore. A reggere il monastero di Madrid mandò Madre Maria di S. Girolamo, nipote della santa, con Suor Anna di S. Bartolomeo. Per tutto il tempo che vi rimase, la beata cercò di amalgamare le suddite con la superiora. Il Signore un giorno le apparve sotto le sembianze di un giardiniere e le disse cingendole il capo con il braccio: "Qui vedrai che cosa sia vivere senza lamentele e cosa sia la carità". Suor Anna si distinse pure in quel tempo nella pratica dell'umiltà, della discrezione conciliante, non pronunciò mai la minima parola che potesse indicare fatica, disgusto o impazienza.
In seguito Suor Anna andò con Madre Maria di S. Girolamo a fondare il monastero di Ocana. Mentre vi si santificava, le fu rivelato, nella notte di Natale, che sarebbe andata "a lavorare e a soffrire" in Francia. Chi aiutò le Carmelitane a stabilirsi a Parigi fu don Giovanni di Quintanaduenas Brétigny col tradurre e diffondere in Francia gli scritti di S. Teresa d'Avila. Anche la B. Maria dell'Incarnazione, al secolo Barbara Avrillot, sposata a Pietro Acarie, si adoperò per lo stesso scopo. Il generale dell'Ordine era contrario. Difatti chi avrebbe predicato alle religiose ignare della lingua? Chi le avrebbe dirette e confessate? Nel 1604 Pietro de Bérulle (+1629), più tardi fondatore dell'Oratorio e cardinale, accompagnato dal segretario di stato di Enrico IV, si presentò alla corte del re di Spagna per chiedergli alcune carmelitane per la Francia. Il nunzio persuase il superiore generale dell'Ordine a sottoscrivere le patenti per Madre Anna di Gesù de Lobera (+1621), Suor Anna di S. Bartolomeo e altre quattro coriste, a condizione che le carmelitane di Parigi rimanessero sotto l'ubbidienza dei Carmelitani Scalzi.
Strada facendo la beata fu frequentemente visitata dal suo sposo divino. Un giorno le compagne le dissero che erano dispiaciute di averla presa con loro perché la ritenevano una buona a nulla. Il Signore le apparve inchiodato alla croce e la confortò dicendole: "Figlia, fatti coraggio; io ti aiuterò e sarò con te". Prima ancora che partisse le aveva detto, per risollevarla dallo scoraggiamento in cui era caduta: "Non lasciare di andarci perché diversamente non si farà nulla. Tutte le altre, arrivate colà, torneranno indietro".
A Parigi, Suor Anna attese alle solite occupazioni di portinaia e d'infermiera. L'impressione che fece ai prelati francesi fu talmente buona che, poco tempo dopo il suo arrivo, le consigliarono di passare tra le coriste. Per iniziativa di Madame Acarie e della principessa Caterina de Longueville, oltre al carmelo di Parigi fu fondato pure quello di Pontoise (1605). Madre Anna ne fu eletta priora. Ella era tanto convinta della sua incapacità che sentì il bisogno di ricorrere a Dio con la preghiera. Il Signore le apparve e le disse: "Fatti animo perché ti tengo nel mio cuore: ed Io sarò nel tuo!".
Al pensiero di dover governare quella comunità si sentiva, come condannata a morte. Ma se, ignara della lingua e delle scienze, supplicava il Signore perché l'aiutasse, egli le rispondeva: "Eccomi qui, io ti custodisco come la pupilla dei miei occhi".
Se lo pregava di suggerirle quello che doveva raccomandare alle religiose nel capitolo, le diceva: "Osserva la regola, in essa troverai la forza di cui hai bisogno". Se si lamentava perché, non sentendosi all'altezza del suo compito, si considerava come paglia, la consolava dicendole: "Appunto con della paglia io accendo il fuoco".
Nessuna carmelitana contribuì quanto Madre Anna di S. Bartolomeo a comunicare ai monasteri di Francia il genuino spirito di S. Teresa. Il segreto del suo successo risiedeva nell'umiltà. Il Signore le manifestava così la sua volontà: "Io voglio che tu nulla sia e nulla sappia, per potere fare con te quello che mi pare. I sapienti del mondo con la loro prudenza non mi danno ascolto perché pensano di sapere tutto da loro stessi".
Non era ancora terminato il suo primo anno di priorato a Pontoise, quando Madre Anna fu richiamata a Parigi perché sostituisse nel governo del monastero Madre Anna di Gesù, partita per la fondazione del Carmelo di Digione. La priora, confusa e timorosa, fece ricorso, come al solito, all'orazione. Le apparve il Signore e le disse: "Coloro che fanno le opere di Dio, debbono camminare come io camminai in terra, afflitto e disprezzato". Nel monastero di Parigi la beata trascorse un anno in pace, poi, con lo zelo per la salvezza delle anime crebbero le tribolazioni. Scrisse nell'autobiografia: "Le mie pene interne aumentarono al punto che, non sentendo più l'unzione della grazia, mi credevo in stato di peccato mortale e a due dita dalla dannazione eterna". Alle tribolazioni morali si aggiunsero i dissapori con Pietro de Bérulle, suo superiore e confessore, il quale pretendeva di dirigere il monastero secondo le sue vedute personali. La beata fu irremovibile nel tutelare il vero spirito della riforma carmelitana. Un giorno, mentre pregava in coro, il Signore le disse: "Perché sei triste? Non dovresti essere contenta che dicano di te quello che vogliono, e ti considerino donna di poca testa e di poco valore. Di me dissero anche cose peggiori. Le leggi del mondo differiscono molto dalle mie. Quello che mi piace di più è la sofferenza, la mortificazione e la pazienza".
Al termine del suo triennio Madre Anna di S. Bartolomeo fu mandata a governare il monastero che era stato fondato da un nobile a Tours (1608). Oltre le persecuzioni da parte degli ugonotti dovette sostenere pure l'incomprensione da parte di Pietro de Bérulle. Timoroso che i Carmelitani Scalzi costruissero dei conventi sul suolo francese e che la beata passasse sotto la loro giurisdizione, la fece sorvegliare dalla sottopriora, e ordinò che gli fossero spedite a Parigi tutte le lettere in partenza e in arrivo dalla Spagna. In mezzo a tante pene ogni tanto a Madre Anna appariva S. Teresa d'Avila. Un giorno la condusse per mano fino in Fiandra.
Terminati i tre anni di priorato a Tours, Madre Anna optò per il Carmelo di Parigi. In città, essendosi stabiliti i Carmelitani Scalzi con il favore della reggente Maria de' Medici, le sarebbe stato possibile comunicare con loro. Quando costatò che ciò non le era più possibile, fece di tutto per uscire di Francia. Fu allora destinata alla fondazione del monastero di Anversa (1612). Il Signore continuò a rivelarsi e ad arricchirla di doni soprannaturali. Non stupisce perciò che ogni sorta di persone andasse a farle visita per chiederle consiglio e raccomandarsi alle sue preghiere. Le monache le attribuirono, per ben tre volte, la liberazione di Anversa dalle mani degli ugonotti olandesi capitanati da Maurizio di Nassau, principe di Grange.
Finché visse, Madre Anna fu a tutte le religiose modello di perfetta osservanza. Con tutte le suddite si mostrò comprensiva e materna. Morì il 7-6-1626 dopo aver mormorato: "Ave Maria". Fu beatificata da Benedetto XV il 10-4-1917. Le sue reliquie sono venerate nel monastero di Anversa.
Sue caratteristiche erano quelle di una vera e genuina carmelitana:  adesione infrangibile ala Chiesa di Dio, affettuoso amore al suo Ordine ed ardente zelo per la salvezza delle anime.
Benché si distinguesse dall'inizio per la sua umiltà fino alla fine della sua vita, fu dotata dal Signore di eccellenti doti di governo e di qualità eccezionali per dare consiglio a chi glielo chiedeva.
La vita spirituale della beata Anna fu del tutto centrata nella volontà di Dio, la quale cercò sempre, amò e compi con  generosa fedeltà.

La sua raccomandazione fu questa:
Che ardiamo in zelo per estendere la Chiesa.
che sappiamo servire con carità agli altri. 
che cerchiamo di essere buoni "samaritani" coi malati.

che la carità sia il modello della nostra vita

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