Ve n’era una (monaca n.d.r.) non meno virtuosa di quelle anzidette; ella, per effetto di molte discipline e digiuni, era giunta a tale grado di debolezza da cadere subito a terra ogni volta che si comunicava o che aveva motivo d’accendersi di devozione, e così restava otto o nove ore, convinta, come tutte le altre, che si trattasse d’un rapimento. Questo le accadeva tanto spesso che, se non vi si fosse posto rimedio, credo ne sarebbe derivato un gran male. La fama di tali rapimenti si era sparsa in tutta la città; io ne ero afflitta, perché il Signore volle farmi capire, per sua grazia, di che si trattava e mi chiedevo con timore dove ciò sarebbe andato a finire.
Il suo confessore, che era come un padre per me, venne a raccontarmi quanto accadeva. Io gli dissi quello che ne pensavo: vale a dire come fosse una perdita di tempo, essendo impossibile che si trattasse di rapimenti, ma solo di effetti della debolezza naturale. Gli consigliai di proibirle i digiuni e le discipline e di obbligarla a distrarsi. Ella era obbediente e adempì i suoi ordini. Dopo breve tempo, man mano che andò riacquistando le forze, non ci fu più alcun segno di rapimenti, mentre se si fosse trattato realmente di essi, nessun rimedio sarebbe stato utile a farli cessare, fino a quando il Signore non avesse voluto porvi termine. La forza dello spirito è, infatti, così grande, che le nostre energie non bastano a opporre una resistenza; inoltre, come ho detto, lascia grandi effetti nell’anima, mentre in caso diverso non ce ne sono altri, proprio come se non fosse avvenuto nulla all’infuori di una grande spossatezza fisica.
(...) in simili cose non siamo noi a dover essere giudici di noi stessi. Dev’esserlo colui che ha le chiavi per sciogliere e legare. Piaccia al Signore di darci luce per capire come comportarci in questioni di tanta importanza e di assisterci sempre con il suo aiuto, affinché dalle grazie che ci concede non ricaviamo motivo di dispiacergli.
(Teresa di Gesù, Fondazioni 6).
L'ATTUALITA' DI QUESTO TESTO
Anche in questo caso la nostra santa Madre c'insegna l'importanza di un serio discernimento e consiglia l'accompagnamento spirituale. L'ultima parola, infatti, spetta sempre alla Chiesa. A distanza di cinquecento anni, per noi che seguiamo i suoi passi, non deve sembrare anacronistica questa pagina delle Fondazioni. Probabilmente non abbiamo come lei occasione di essere circondate da persone inclini a certe manifestazioni mistiche, ma la "discrezione" che Teresa di Gesù ci spiega è d'obbligo sia nei confronti del nostro cammino nell'orazione sia nei confronti di "fenomeni" mistici con cui possiamo venire a contatto. Fondamentale è conoscere che cosa prevede la Chiesa, a chi bisogna rivolgersi.
In questi casi il discernimento spetta alla Chiesa, ma se in passato le Norme per il discernimento su apparizioni o rivelazioni private erano state inviate ai soli Vescovi, oggi la Congregazione per la Dottrina della Fede (che si occupa della promozione e della tutela della dottrina della fede e della morale, è anche competente per l’esame di casi di pseudo-misticismo) ha pubblicato le suddette norme emanate nel 1978.
"Il Documento, - spiega il cardinale William Levada, Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede deliberato - fu approvato dal Servo di Dio
Papa Paolo VI il 24 febbraio 1978 (...) Oggi bisogna riconoscere che i principali
contenuti di questo importante provvedimento normativo sono di pubblico dominio.
Questa Congregazione per la Dottrina della Fede ha ritenuto pertanto opportuno
pubblicare le suddette Norme, provvedendo ad una traduzione nelle
principali lingue. La attualità della problematica di esperienze legate ai fenomeni
soprannaturali nella vita e nella missione della Chiesa è stata rilevata anche
recentemente dalla sollecitudine pastorale dei Vescovi radunati nella XII
Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nell’ottobre
2008. Tale preoccupazione è stata raccolta dal Santo Padre Benedetto XVI,
inserendola nell’orizzonte globale dell’economia della salvezza, in un
importante passaggio dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale Verbum
Domini".
FISSARE LO SGUARDO UNICAMENTE IN CRISTO
Il passo della Verbum Domini a cui fa riferimento il cadinale William Levada è quello in cui il Pontefice, suggerendo di dare una conveniente attenzione a quei fenomeni soprannaturali, cita il nostro padre fondatore Giovanni della Croce:
«La Chiesa esprime la consapevolezza di trovarsi con Gesù Cristo di fronte
alla Parola definitiva di Dio; egli è "il Primo e l’Ultimo" (Ap 1,17).
Egli ha dato alla creazione e alla storia il suo senso definitivo; per questo
siamo chiamati a vivere il tempo, ad abitare la creazione di Dio dentro questo
ritmo escatologico della Parola; "l’economia cristiana dunque, in quanto è
l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi
alcun’altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore
nostro Gesù Cristo (cfr 1 Tm 6,14 e Tt 2,13)" (Dei Verbum,
4). Infatti, come hanno ricordato i Padri durante il Sinodo, la "specificità del
cristianesimo si manifesta nell’evento Gesù Cristo, culmine della Rivelazione,
compimento delle promesse di Dio e mediatore dell’incontro tra l’uomo e Dio.
Egli ‘che ci ha rivelato Dio’ (Gv 1,18) è la Parola unica e definitiva
consegnata all’umanità" (Propositio 4). San Giovanni della Croce ha
espresso questa verità in modo mirabile: "Dal momento in cui ci ha donato il
Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto tutto in una
sola volta in questa sola Parola e non ha più nulla da dire ... Infatti quello
che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l’ha detto tutto nel suo Figlio,
donandoci questo tutto che è il suo Figlio. Perciò chi volesse ancora
interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo
commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo
sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità" (Salita al
Monte Carmelo, II, 22)».
Tenendo presente quanto sopra, il Santo Padre Benedetto XVI rileva:
«Il Sinodo ha raccomandato di "aiutare i fedeli a distinguere bene la Parola di Dio dalle rivelazioni private" (Propositio 47), il cui ruolo "non è quello... di ‘completare’ la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 67). Il valore delle rivelazioni private è essenzialmente diverso dall’unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa, Dio stesso parla a noi.
Come riconoscere se una rivelazione viene da Dio?
«Il criterio per la verità di una rivelazione privata è il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da Lui, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all’interno del Vangelo e non fuori di esso. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché rimanda all’unica rivelazione pubblica. Per questo l’approvazione ecclesiastica di una rivelazione privata indica essenzialmente che il relativo messaggio non contiene nulla che contrasti la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione. (cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Il messaggio di Fatima, 26 giugno 2000: Ench. Vat. 19, n. 974-1021)».