IL CARDINALE MARTINI E LA BELLEZZA DELLA PREGHIERA


Vorremmo ricordare anche noi, come tanti in queste ore, il cardinale Carlo Maria Martini, insigne biblista, 'storico' cardinale di Milano, riconosciuto da tutti come uomo del dialogo, che è morto a Gallarate lo scorso 31 agosto all'età di 85 anni. Lo facciamo proponendo un brano tratto dal testo che scrisse nel 2002: “La Bellezza che salva. Discorsi sull’arte”. Vedrete quante cose “familiari” ci sottolineerà:

1. È davvero bella la preghiera?

Siamo tutti convinti che la preghiera è giusta, doverosa, necessaria, che la preghiera è un atto buono e vero. Ma è anche bella, affascinante, attraente? Che cosa la rende invece pesante, ce la fa interrompere oppure non ci permette nemmeno di iniziare a pregare nel timore di compiere un gesto frustrante?

Ci sono di fatto dei termini negativi con cui qualifichiamo la preghiera: richiede sforzo, richiede perseveranza, è un po' come camminare nel deserto. La distrazione è un altro elemento negativo: molte persone che vorrebbero pregare si bloccano per le troppe distrazioni e ritengono che se la preghiera è distratta non può servire a niente (pensiamo a una mamma che non riesce a concentrarsi perché le vengono in mente i lavori da fare in casa, a un papà preoccupato da problemi di lavoro).

E vorrei allora introdurre la santa che ci fa da testimone per la bellezza della preghiera, Teresa d'Avila, la prima donna che ha ricevuto il titolo di dottore della Chiesa, conferitole da Paolo VI il 27 settembre 1970. È la santa che ha forse scritto le pagine più belle sulla preghiera. Dice a proposito delle distrazioni: nel cammino dell'orazione “l'essenziale non è già nel molto pensare, ma nel molto amare, per cui le vostre preferenze devono essere in quelle cose che più eccitano l'amore. Forse non sappiamo ancora in che cosa consista l'amore. L'amore di Dio non sta nei gusti spirituali, ma nell'essere fermamente risolute a contemplarlo in ogni cosa, nel fare ogni sforzo per non offenderlo, nel pregare per l'accrescimento dell'onore e della gloria di suo Figlio... i segni dell'amore sono questi, non già non distrarsi, quasi basti la più piccola divagazione per mandare a monte ogni cosa” (S. TERESA DI GESÙ, Opere, Castello interiore, IV, I, 7, Roma 1958, p. 813). Dunque questa grande maestra di preghiera ci esorta a non lasciarci spaventare dalle distrazioni, anche se è uno dei motivi per cui la preghiera appare poco bella. Ancora, la preghiera non appare bella per il suo carattere ripetitivo o monotono (pensiamo al Rosario).

Un altro aggettivo negativo è frustrante: prego e non ottengo, ho pregato e il Signore non mi ha ascoltato, prego e non cambia nulla; è perciò meglio lasciar perdere... Ci siamo così messi in ascolto delle difficoltà che la gente adduce – spesso anche noi – per liberarsi dall'impegno della preghiera e abbiamo capito che non è scontato, evidente, parlare di bellezza della preghiera.

 2. Perché è bella la preghiera?

Affido a santa Teresa d'Avila il compito di spiegarci perché la preghiera si può chiamare bella. Ella ci insegna che è bella anzitutto in quanto è un gesto d'amicizia, è un atto di amore: “Ho molta fiducia nella misericordia di quel Dio che nessuno ha mai preso invano per amico, giacché l'orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto d'amicizia, un frequente intrattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati” (op. cit., Vita, VII, 12, p. 88). Troviamo qui la risposta all'obiezione di molti: Non ho tempo, non ho mai un momento tranquillo, non ho un luogo dove ritirarmi... La Santa più esperta nel cammino della preghiera afferma che non c'è bisogno di solitudine, non c'è bisogno di tempo, perché la preghiera è un atto di amore, un gesto di amicizia; è quindi bella come l'amicizia, è bella come l'amore. Prima di citare altri brani di Teresa d'Avila, vorrei sottolineare che la preghiera è bella anche perché ci trasfigura. Nell'episodio della Trasfigurazione, descritto da Luca, Gesù diviene bellissimo pregando. Ma un altro passo del vangelo ci permette di intuire che questo accade ogni volta che Gesù pregava: “Un giorno si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: 'Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli'. Ed egli disse loro: 'Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione'” (Lc 11, 1-4). Se gli apostoli non avessero visto che dopo la preghiera Gesù era bellissimo, non gli avrebbero chiesto di insegnare loro a pregare! Del resto la nostra esperienza conferma che la preghiera se non trasfigura necessariamente il volto, trasfigura almeno il cuore: tutti abbiamo avuto la gioia di incontrare uomini e donne di preghiera e di ricavarne un'impressione di pace, di serenità profonda, di armonia. La preghiera ci cambia, trasforma il nostro nervosismo, la nostra irascibilità, l'ansia e la preoccupazione in armonia, serenità, pace. La preghiera è bella perché, malgrado tutte le apparenze, è efficace per chi ha fede e si abbandona alla parola di Dio.

Riprendiamo Lc 11: “Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito santo a coloro che glielo chiedono” (vv. 5- 13). Gesù sembra ripeterci: la vostra preghiera è efficace, non dovete dubitarne, ma piuttosto perseverare perché otterrete ciò che chiedete. Se chiediamo davvero la venuta del Regno, la nostra santificazione, la santificazione del mondo, il Signore ci esaudisce. Possiamo anche dire che ogni parola di ogni preghiera che recitiamo col cuore (e magari un po' distrattamente!) equivale a costruire un ponte verso l'eternità; ogni parola che sembra buttata nel vuoto è invece gettata verso l'eternità e non verrà mai meno, mentre tutte le altre parole che pronunciamo passano e svaniscono. È un aspetto che, quando lo abbiamo compreso, ci fa cogliere il fascino e la bellezza della preghiera.

 3. Come gustare la bellezza della preghiera?

Come arrivare a percepire la bellezza della preghiera persino nei momenti di fatica o di frustrazione? Ricordo quattro vie che ci aiutano a gustare la preghiera. ◌ Anzitutto la via del silenzio: la preghiera deve nascere dal desiderio e dalla volontà di fare un po' di silenzio dentro di sé. I Padri del deserto, tra cui Cassiano, parlano moltissimo della preghiera, partendo sempre dal bisogno di mettersi in silenzio e di purificare il cuore. Sono convinto che anche nei momenti più turbolenti della giornata è possibile dare spazio al silenzio, se lo desideriamo davvero ◌ Una seconda condizione o un secondo modo per gustare la preghiera è di cominciare sul serio a pregare; o ricominciare. Ritorno a santa Teresa: “Chi ha cominciato a fare orazione, non pensi più di tralasciarla, malgrado i peccati in cui gli avvenga di cadere. Con l'orazione potrà presto rialzarsi, ma senza di essa sarà molto difficile. Non si faccia tentare dal demonio a lasciarla per umiltà, come ho fatto io, e si persuada che la parola di Dio non può mancare. Se il nostro pentimento è sincero, egli ci accoglie nell'amicizia di prima, ci fa le medesime grazie di prima e alle volte anche più grandi. Quanto a color che non hanno ancora cominciato a pregare, li scongiuro per amore di Dio a non privarsi di tanto bene. Qui non vi è nulla da temere, ma tutto da desiderare. Anche se non facessero progressi, né si sforzassero di essere perfetti, guadagnerebbero sempre con imparare il cammino del cielo” (op. cit., Vita, VIII, 5, p. 96). Cominciare a pregare, dunque, con coraggio, senza troppo pensarci. Di nuovo Teresa: “A chi vuol battere la strada della preghiera senza più fermarsi, importa molto conoscere come incominciare: si deve prendere una risoluzione ferma e decisa di non fermarsi fino a che non si sia raggiunta quella fonte. Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuole succedere, mormori chi vuol mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare, ma a costo di morire a mezza strada, scoraggiati per molti ostacoli che si presentano, si tenda sempre alla meta!” (op. cit., Cammino, XXI, 2, p. 664). ◌ La terza via per gustare la bellezza della preghiera consiste nell'insistere, nel perseverare. Tale bellezza, infatti, non si mostra molte volte subito, ma dopo un certo tempo. ◌ Un quarto modo è quello di contemplare Gesù. Tra i tanti testi di santa Teresa al riguardo, ne richiamo due: “Si immagini di trovarsi innanzi a Gesù Cristo, conversi spesso con lui e cerchi di innamorarsi della sua umanità, tenendola sempre presente. Gli chieda aiuto nel bisogno, pianga con lui nel dolore, si rallegri con lui nella gioia, si guardi dal dimenticarlo nella prosperità, e questo non con preghiere studiate, ma con parole semplici. Non dobbiamo preoccuparci se non sentiamo devozione, ma ringraziare il Signore che ci permette di desiderare di contentarlo, nonostante la miseria delle nostre opere. Aver sempre presente Gesù giova in ogni stato, ed è un mezzo sicurissimo per farci avanzare nel cammino dell'orazione” (op. cit., Vita, XII, 2-3, p. 128). In un passo del Cammino di perfezione spiega che la vita di Gesù è adatta per tutti i tipi di preghiera: “Se siete nella gioia potete contemplarlo risorto, e nel vederlo uscire dal sepolcro, la vostra allegrezza abbonderà. Che bellezza! Che splendore! Quanta Maestà! Se invece siete afflitte o fra i travagli, potete contemplarlo mentre si reca al giardino degli ulivi. Consideratelo poi legato alla colonna, sommerso nello spasimo, con le carni a brandelli: e tutto per il grande amore che ci porta” (XXVI, 5, p. 667). La preghiera deve essere vivificata dalla presenza di Gesù, dal contemplarlo o leggendo il vangelo o anche meditando i misteri del Rosario. Il mio augurio è che tutti possano gustare la bellezza della preghiera, perché è veramente una bellezza che salva.


4. Domande per noi

Concludo con quattro domande utili alla riflessione personale e comunitaria.

1. La preghiera per me è piuttosto facile o difficile? Sarebbe interessante scambiarsi le esperienze in proposito, così da imparare gli uni dagli altri?

2. Che cosa mi aiuta a pregare più volentieri?

3. Come vivo l'equilibrio tra preghiera liturgica e preghiera personale? Quanto abbiamo detto vale, di fatto, per ogni preghiera, ma naturalmente vale anzitutto per quella perfettissima preghiera che è l'eucarestia, la preghiera ufficiale della Chiesa in Gesù. E però l'eucarestia, la messa ha bisogno di essere preparata e seguita da momenti di preghiera personale. Forse alcuni non gustano molto la preghiera perché non mantengono il giusto equilibrio tra la preghiera liturgica e la preghiera personale; esse sono complementari, l'una richiama l'altra.

Vorrei congedarmi da voi questa sera lasciandovi una parola di San Paolo:

“State sempre lieti, pregate incessantemente” (1Ts 5, 16-17). Notiamo che la Prima lettera ai Tessalonicesi è il documento più antico del Nuovo Testamento, il primo documento scritto in maniera completa. Mi colpisce perciò che in questo testo Paolo dia, alla conclusione, alcune ammonizioni in forma quasi poetica, e le prime due siano la letizia e la preghiera incessante, a indicare che se vogliamo essere sempre lieti dobbiamo sempre pregare. Il Signore ci doni di sperimentare il rapporto fruttuoso tra le due esperienze.

Card. Carlo Maria Martini

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