S. Elisabetta della Trinità, nostra sorella nel Carmelo

Dipinto a olio di p. Enzo Caiffa ocd
Ricordiamo oggi S. Elisabetta della Trinità, (qui la liturgia) la carmelitana scalza che ha vissuto, ancora prima di entrare nel chiostro di un Carmelo, gli ideali che tutti i carmelitani – compresi noi secolari – siamo chiamati a vivere. Elisabetta Catez, francese di Bourges, trasferitasi a Digione dopo la prematura morte del papà.
La sua fu una vocazione giovane (già nel 1894 fece voto di verginità), ma la mamma si oppose a lungo al suo ingresso in clausura e quindi benché avesse chiara in sé la chiamata al Carmelo, Elisabetta aspettò chiedendo al Signore di potersi santificare nel mondo:
“Che questo mondo non m’impedisca d’andare a lui, e le futilità terrene non mi seducano, né mi ritardino il cammino”.


Viaggiava, seguiva la propria passione per la musica, per il pianoforte partecipando anche a concorsi e desiderando ardentemente di primeggiare eppure Dio lavora in lei e piano piano anche la voglia di essere la più brava e di essere apprezzata per questo diminuì fino a scomparire. Avrebbe suonato per Dio, avrebbe ballato per lui alle feste a cui era costretta a partecipare. Il suo cuore era sempre più distante dallo sfarzo, dagli apprezzamenti, dalla competitività. La mamma non poteva non accorgersi di questo.

Si dice che per vocazione e missione la vita carmelitana è vita di preghiera e di unione con Dio, deve essere un continuo spogliarsi di tutto ciò che ostacola il desiderio di Dio di riversare il suo amore in noi.



Teniamo presente questi elementi: preghiera, unione con Dio, Amore di Dio che riempie la nostra anima
fino a farne la sua dimora.

In lei ritroviamo:  
Fedeltà alla Regola

Quanto l’amo questa regola che è la forma di santità che Egli brama da me. Che m’importa allora il genere di occupazione nel quale egli mi vuole? Stando Egli sempre con me, l’orazione e il cuore a cuore non debbono mai finire. Io lo sento così vivo nell’anima mia!
Ricerca dell’intimità con Dio

Per trovarlo dentro di me, basta che io mi raccolga, ed è questo che che forma tutta la mia felicità. Egli mi ha messo in cuore una sete di infinito, un tale bisogno di amore, che Egli solamente può saziare. Vado perciò a Lui, come un bambino alla madre, affinché mi riempia e tutta mi invada, perché mi prenda e mi porti fra le braccia.

e anche

Amo tanto questo mistero che un pio autore ha chiamato "la discesa dell'amore" e penso che nella contemplazione di esso S. Paolo ha potuto dire: "Dio ci ha troppo amato...(Lettera 219).

L’esercizio del distacco 
E' il presupposto di un cuore puro da offrire a Dio è testimoniato da molte lettere che Elisabetta ha scritto ad amiche, alla mamma, alla sorella.

Ecco alcuni stralci:

Anche quando si è contrariati, si può essere ugualmente felici. Bisogna sempre guardare al buon Dio. Agl'inizi bisogna fare degli sforzi poiché si sente tutto ribollire in sé, ma lentamente, a forza di pazienza e con l'aiuto del buon Dio, si viene a capo di tutto (Lettera 123).


Com'è difficile sopportare i differenti caratteri! Un santo l'ha chiamato il fiore della carità. D'ora innanzi, o mio Gesù, non uscirà dalla mia bocca una parola contraria al prossimo; lo scuserò sempre, e, ingiustamente accusata, penserò a Voi, e saprò tutto sopportare senza lamentarmi (Poesia 49).

Fiducia e Abbandono in Dio: 
 “vivere in pace sotto la sua mano che lavora”

"Mi sembra che l'anima più debole, perfino la più colpevole, sia quella che ha più motivi per sperare e che l'atto che ella compie per dimenticarsi e gettarsi nelle braccia di Dio lo glorifichi e lo riempia di gioia più di tutti i ripiegamenti su se stessa e ogni altro esame che la fa vivere con le proprie infermità, mentre essa possiede in se stessa un Salvatore che la vuole purificare in ogni momento. Non dica che questo è troppo per lei, che è troppo miserabile, perché al contrario è una ragione in più per andare verso Colui che salva. Non è guardando alla nostra miseria che saremo purificati, ma guardando a Colui che è tutto purezza e santità" (L 249).
Se leggiamo la preghiera Elevazione alla SS. Trinità che Elisabetta scrisse a 24 anni, due anni prima di morire - a causa del morbo di Addinson - ritroviamo tutti i temi della spiritualità carmelitana.

 

Padre Raffele Amendolagine ocd le dedicò una dolcissima preghiera di ringraziamento

Ed ecco il monastero delle Carmelitane scalze di Digione clicca qui e come la ricorda.

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